lunedì 29 ottobre 2012

Il Re

 


Il mondo del toro si è dato appuntamento a Fuenlabrada, pochi giorni fa, per omaggiare il Maestro.
Di fronte ad un teatro pieno, El Fundi ha ricevuto l'affetto e l'ammirazione di una cittadina intera: a celebrarlo, oltre che alla sua famiglia e a tutti i suoi compaesani, allevatori come José Escolar o Miura o Yonnet, e toreri come Diego Urdiales, José Tomas, Sergio Aguilar, Fernando Robleño.
Bastano questi nomi per far capire quanto seria e importante sia stata la carriera del torero.
78 corride di Miura, 186 paseillos in Francia (un record), sono medaglie sul petto di un gladiatore, di un matador valoroso e rispettato, integro e impeccabilmente torero.

Nelle parole che José Tomas ha detto quel giorno, rivolgendosi microfono in mano direttamente al El Fundi, c'è dentro molto, c'è dentro tutto.

"Negli ultimi anni abbiamo condiviso il cartel in numerose corride, è questo che giustifica la mia presenza qui, e la verità è che in questo omaggio in modo sincero ed emotivo che ti stanno offrendo la tua gente, i tuoi concittadini, la tua famiglia, i tuoi amici e i tuoi colleghi occorre dire che, come ho detto José Alfredo Jimenez, uno dei più grandi compositori di rancheras del mondo, se non il migliore, "no hay que llegar primero, pero hay que saber llegar”.

"Hai scelto una strada piena di coraggio, e, soprattutto, di valori. Valori come l'onestà, e il superamento, il sacrificio, la responsabilità, la sensibilità e, soprattutto, la fedeltà alla tua professione. Quei valori sempre sono stati nella corrida, ma non tutti sono stati loro fedeli come lo sei stato tu " 

"Penso che il cammino di nessun torero sia facile. Il tuo non lo è stato, come abbiamo visto ripassando questa sera la tua vita professionale. Ma credo che tu abbia lo abbia intepretato in modo esemplare, crescendo, soprattutto, in campo artistico (come abbiamo visto in queste ultime faenas) e per questo, penso che ci sia bisogno di avere grande saggezza, mota pazienza e un'anima d'acciaio. Come torero, come compagno, voglio esprimere oggi il mio rispetto e il mio orgoglio per te. Il rispetto e l'ammirazione innanzitutto, per come hai percorso questa strada; e il mio orgoglio, per averlo potuto condividere in quei pomeriggi in cui abbiamo fatto il paseillo insieme. Stare dall'altra parte della staccionata, aspettando il mio toro vedendoti toreare, è stato un vero privilegio per me. "

"Non voglio dilungarmi oltre, tutto ciò che desidero è che questa anima d'acciaio che tu hai possa incontrare una nuova strada che la possa alimentare".

El Fundi, ascoltandolo, piangeva.


Pero sigo siendo el rey.
Continuerà ad essere il Re.


(nota di servizio: questo post va inteso anche come omaggio a El Pana, in realtà non c'è nessun legame tra lui e Fundi e per ora non si è ritirato dalla professione,  ma quando si ascolta El Rey il pensiero va inevitabilmente a lui)



domenica 28 ottobre 2012

Natural de frente

Il corpo ben collocato nell'asse preciso del toro, nel centro geometrico delle corna, il petto esposto, le gambe affiancate.
Dritto, la cintura perpendicolare al corso dei binari.
Il braccio destro abbandonato con malcelata noncuranza a cadere lungo il fianco, il gomito solo un poco piegato e la mano appoggiata all'anca a reggere lo spadino, in parte nascosto dietro la gamba.
La mano sinistra che regge la muleta al centro del bastone, il braccio sinistro che avanza teso verso l'animale, il panno rosso tenuto davanti, piatto, parallelo al corpo e di traverso alla dorsale del toro, in asse.
Ora il volto si abbassa verso terra, gli occhi ancora fissi sul toro ma il mento che arriva quasi a toccare il petto e le labbra che si increspano in un grugno maschio e di sfida.
Il tocco, l'animale che scatta e sbuffando parte.
La gamba di uscita che adesso si apre e diventa ostacolo e capo da doppiare, la muleta che aggancia il toro e lo aspira, lo costringe a deviare la sua carica travolgente e mortale, lo obbliga all'ubbidienza.
I piedi che rimangono inchiodati a terra, la cintura che non vacilla, e il busto che ruota.
Il braccio sinistro che scivola lieve e si allunga a indicare la via, il braccio destro ancora arcuato e la mano ancora appoggiata all'anca.
La muleta che ora si abbassa, si offre e sfugge, si impone.
I brividi, in tutti, gli olé.

Quanta poesia struggente in un natural de frente, quanta verità in un solo passo, quanta grandezza.

Natural: passo di muleta disegnato con la sola mano sinistra. (Claude Popelin - La Tauromachie; ed. Seuil, 1970)

Fernando Robleño a Ceret, il 15 luglio, di fronte a Calerito di Escolar Gil, cinque anni di rabbia e follia all'attivo. Davanti ci saranno due ore di battaglia totale con gli altri cinque albaserrada, e pure già ora la muleta  è tenuta a sinistra, piatta e ben davanti, il corpo oscenamente fermo, le gambe pronte a pesare sul passaggio della bestia, per piegarla lì dove è più difficile.

Natural: il passo di muleta considerato il passo-base e il più estetico. Si chiama naturale perché in origine, quando il matador si presentava davanti al toro, teneva la spada nella mano destra e il panno in quella sinistra. (Robert Berard - La Tauromachie, histoire et dictionnnaire; ed. Laffont, 2003)

Diego Urdiales sulla sabbia grigia di Bilbao,a fine agosto, con l'ultimo toro della feria. Pachuqueño è un Victorino Martin con non troppo entusiasmo, la mancina di Urdiales lo va a cercare con pazienza e fermezza: il panno si svolge davanti al muso dell'animale che ora passa proprio di fianco alla gamba sinistra di quell'uomo, senza accorgersi che quel piccolo torero sta cesellando un natural, un singolo natural, perfetto.
Domenica 26 agosto quel passo con la sinistra, quello, ha dato senso alla intera vita di un toro.

Il cuore di un lavoro di muleta ben eseguito è il natural. Il natural è il passo completo, il più pericoloso perché non si può mai sapere come entrerà il toro nel panno, ma anche il più armonioso; è dunque il passo fondamentale nel toreo di muleta. (Tio Pepe - Genèse de la corrida moderne; ed. Cairn, 2000).

Ivan Fandiño che piazza lontano Laurel di Fuente Ymbro il lunedì di Pasqua, nel cuore della Provenza. Seduti sui gradini dell'anfiteatro di Arles, il 9 aprile migliaia di aficionados vedono quel toro sbranare schiumando i metri che lo separano da quel panno rosso, teso provocatorio proprio davanti ai suoi occhi, armeggiato da un torero statico, sicuro. Il braccio teso e la muleta reggera spezzano quella corsa, vorticando attorno all'uomo che rimane in posizione, ancora orientato verso il suo nord.


(foto Ronda - Vistalegre, Bilbao 2012)




sabato 27 ottobre 2012

Belmonte a teatro

Il nostro ufficio stampa ci segnala che il 27 e 28 novembre prossimi, al teatro Elfo Puccini di Milano (*), andrà in scena Belmonte, spettacolo di teatro danza diretto da Cesc Gelabert in cui la corrida è al centro della sceneggiatura.

Posto che il sottoscritto non ha la più pallida idea di chi sia Cesc Gelabert (*), e che ritiene la danza una forma d'arte piuttosto noiosa e di appeal stucchevolmente borghese, mi sembrava una buona idea darne notizia, si sa mai che lo spettacolo non incroci i gusti degli aficionados milanesi.


giovedì 25 ottobre 2012

Video killed the radio star (2)

Galvanizzati dalla prolifica attività di carico e scarico di filmati in rete, e convinti dalle prime nebbie padane a prediligere comode serate casalinghe a oscure e umide avventure per la città, ecco una sventagliata di video che, sperabilmente, potranno rendere meno malinconici i dopocena qua dalle nostre parti.

A Barcellona i tori non sono ancora solo un lontano ricordo: sulla conversione della Monumental se ne sono dette tante, di sicuro c'è che là dentro ancora suonano pasodoble e cavalcano picadores. Non in modo ortodosso, certo, più che altro ortodontico.
Avviso ai nostri amici amici dei nostri amici a quattro zampe: video cruelty-free.

I ragazzi arrivati a Saragozza per la finale del Campionato di Spagna di Recortadores hanno un'aficion infinita, si prendono senza battere ciglio tori che andrebbero bene per Bilbao o Ceret e la gente un paio di settimane fa ha riempito all'inverosimile l'arena per applaudirli. Tante corna così i nostri del giddieci le vedono solo nei peggiori incubi, vuelta al ruedo per questi coraggiosi.
Avviso ai nostri amici amici dei nostri amici a quattro zampe: video cruelty-free.

Infine una supertopa di cui, colpevolmente, fino ad oggi ignoravo l'esistenza, evidentemente adusa a presenziare di fronte alle telecamere, ha deciso di provare il brivido del toro: Adela Ucar, giornalista e splendida, si è messa nelle mani de El Juli e di Padilla e nel giro di tre settimane ha cominciato a maneggiare capa e muleta prima e si è messa di fronte a un torello alla fine.
Ne è venuto fuori questo 21 dias toreando, un reportage divertente come lo sono quei filmettini-popcorn per adolescenti, insomma non roba da premio Oscar ma perfetta per passare una serata senza pensieri.
Avviso ai nostri amici amici dei nostri amici a quattro zampe: video non cruelty-free, ma la ragazza in traje campero merita un piccolo sacrificio.



(foto Ronda - Madrid, mercado de San Anton)






mercoledì 24 ottobre 2012

Video killed the radio star


Per chi ancora non ne avesse goduto, Signes du Toro ha trasmesso domenica scorsa un'interessante puntata monografica dedicata al solo francese di José Tomas: Ce monsieur, questo il titolo del lavoro, alterna immagini di quella trionfale mattinata alle parole di Rafael Lisita, unico subalterno francese ad officiare quel giorno agli ordini del maestro, e di Denis Podalydes, attore e regista francese che ha assistito alla corrida e ne è uscito travolto di emozioni.

E' vero che il video e a maggior ragione la differita deprimono e castrano la visione della corrida, che trova la sua grandezza nell'effimero e irripetibile hic et nunc, ma d'altronde per chi quel giorno non era a Nimes questa è una buona occasione, conosciuta anche l'avarizia di José Tomas nel concedersi alle telecamere.

In realtà quel 16 settembre gli aficionados francesi sparsi per il sud avevano un'alternativa romantica: la radio.
France Bleu ha trasmesso la radiocronaca dell'evento, e occorre ammettere che una corrida raccontata in diretta, per sola voce, nell'era di internet e della multimedialità esasperata, beh...è un'idea romantica davvero.
Deve essere straniante e affascinante insieme sentirsi rivelare una serie di veroniche o l'entrata del toro così, da una voce che arriva dall'aria, indovinando gli olé dell'arena in sottofondo, riconoscendo i suoni abituali dietro all'inevitabile gracchiare.
Via Campos y Ruedos abbiamo scoperto che un aficionado francese ha addirittura messo online, su una sua pagina, alcuni passaggi di quella trasmissione: il tutto assume a questo punto una dimensione diversa, e si arriva senza dubbio a toccare il surreale.

Ecco dunque cosa avrebbero regalato all'etere i due commentatori, quel giorno, quel 16 settembre ormai storico:
- al primo toro "Due orecchie, è troppo"
- al secondo: "E' una faena da una sola orecchia in un'arena di prima categoria, ma qui oggi è speciale, allora due orecchie, è normale"
- al terzo toro: "Non cè ancora stato alcun toro da trionfo" (e si era già a sei orecchie)
- al quarto: "Cosa chiedono adesso, l'indulto? No, non bisogna".
- al quinto toro: "Il toro è di una razza discutibile". "Un'orecchia è sufficiente, il presidente non vuole, seconda orecchia e via tutto".
- al sesto: "E' mancato un grande toro in questa mattinata". "Abbiamo vissuto un grande momento, ma non un'apoteosi, è stata una corrida rilassante".

Quella chiosa, quel corrida rilassante, è un pezzo di geniale sarcasmo e di perfetta capacità di sintesi, roba che solo alla radio.

Video killed the radio star.
Video killed the radio star.
Pictures came and broke your heart. 



(foto Ronda - un Miles Davis torero, quest'anno in esposizione a Nimes)


martedì 23 ottobre 2012

El toro bravo - ganaderias miticas

Viene istintivo, sfogliando avidamente le pagine, provare molta e sincera invidia per l'autore di questo libro: José Luis Prieto Garrido ha confezionato con El toro bravo - ganaderias miticas un compendio entusiasmante sopra il toro da combattimento, un testo completo che analizza un ventaglio di encastes impressionante.
L'invidia nasce essenzialmente immaginando Prieto Garrido, che di mestiere fa il veterinario, guidare la sua vettura per tutta la Spagna, a visitare e studiare i 37 allevamenti di bravos che sono illustrati nell'opera: da Adolfo Martin a Cuadri, passando per Alba Reta e Osborne, per trentasette volte il nostro autore ha varcato le soglie di una finca per incontrare il mayoral o l'allevatore, per intervistare i suoi ospiti sulle caratteristiche morfologiche o comportamentali dei loro tori, per discutere di bravura e genìa.

Dopo un interessante preambolo che introduce alle caratteristiche principali del toro da combattimento, il libro si snocciola in ventiquattro capitoli, ognuno dei quali si sofferma su una casta o su un encaste in particolare: dal pedrajas all'atanasio fernandez, dalla vazqueña alla cabrera, l'appassionato di tori troverà in queste 500 pagine di che soddisfare ogni curiosità e desiderio di conoscenza circa genealogie, origini e evoluzioni di un ramo di sangue, morfologia o comportamento delle caste in via di sparizione o degli encastes oggi più alla moda.

Particolarmente interessanti e illuminanti le trascrizioni delle chiacchierate, ché parlare di intervista sarebbe non adeguato, che Prieto Garrido ha intrattenuto con i proprietari o i curatori dei tori cui portava visita: discussioni senza copione in cui si va dall'idea di bravura che ogni allevatore promuove ai diversi approcci alla tienta,  dalle censure nette alle fundas (Tomas Prieto de la Cal, Cuadri) all'esaltazione delle fundas (Torrestrella, JPD), da aneddoti succosi alle storie dei tori più celebri di ogni allevamento.

Un libro prezioso, dove si parla solo del toro, da godere lentamente come un bicchiere di buon vino.




domenica 21 ottobre 2012

Davanti agli occhi miei

Ti capita di sederti nel tendido di Las Ventas per una delle ultime della stagione, sulla sabbia i sei di Palha.
Roba dura, inadatta ai fenomeni della classifica, per gente sincera e coraggiosa.
Ti capita di palpitare per quanto succede là al centro, per quelle corna smisurate, per quei muscoli tesi, per quei corpi sproporzionati.
E poi ti capita infine di girarti un attimo, solo un attimo, e renderti conto che c'è chi sta vivendo, in quell'istante, un momento diverso, una sospensione infinita, un'angoscia privata.

"Quando si guarda toreare il proprio fratello, lo si fa con le budella, non con gli occhi."

La foto è di Zanzibar: quarto toro del pomeriggio, in pista Fernando Robleño, con la testa fra le mani suo fratello.


(foto Zanzibar, la ragazza si è messa pure a scrivere su Campos y Ruedos: per chi pratica il francese, una delizia)





venerdì 19 ottobre 2012

Giornalismo di qualità

Già me li vedo i manipoli di puristi della fiesta agglomerarsi davanti all'arena e fischiando e ululando brandire cartelli con scritto "Il barbaro show deve tenersi all'aperto!" o ancora "Giù le mani dalla sanguinaria corrida!".

Straordinario Gian Antonio Orighi oggi sulla Stampa.



(foto Ronda - Las Ventas)

giovedì 18 ottobre 2012

In morte di Bernardo Valencia

Esattamente un anno fa se ne andava Bernardo Valencia, matador de toros venezuelano: pubblichiamo questa intensa lettera che ci invia proprio oggi un nostro lettore


Venezia, 18 ottobre 2012

La notte scorsa, con la nebbia fuori dalla finestra, mi sono deciso a recuperare una scatola di latta piena di biglietti di corride alle quali presenziai in ventinove anni di passione, e subito ho pensato di estrarre il pezzo più pregiato: corrida de toros del '98, con un cartel formato da Bernardo Valencia, Joselito e José Luis Moreno.
Il ricordo è meno nitidio, le parole non esistono in questa malinconia: cerco ancora nei miei tesori, e gli occhi rossi stanno piangendo lacrime.
Lacrime per Bernardo Valencia, l'uomo, il torero amico mio, que non c'è più.
Siamo ancora qui con polso fermo, con i pensieri incupiti dalle tante difficoltà, noi i tuoi ammiratori continuiamo a combattere per vedere un giorno il tuo nome inciso nella pietra.
A volte, solo in questa terra, mi vengono in mente le tue storie. Oggi sarebbero ventotto anni di carriera: il totero più importante della geografia nazionale, Bernardo della più prolifica dinastia di toreri dopo quella dei Bienvenida, Bernardo il figlio di Evelia e del Quemao.
Una carriera di cui fui testimone in preima persona, insieme al tuo amico Carlos Carli: Bombita non si sbagliava nel dire che saresti stato, un giorno, torero!
Maestro, vorrei dirti che i tuoi figli seguono il tuo cammino, Cristian si è da poco presentato in piccata in Spagna, il figlio di Cesare, Cesar Valencia, ha debuttato a Madrid e il figlio di José Antonio Berna Valencia sta portando avanti il nome della dinastia in Venezuela.
Sono sempre in contatto con i tuoi fratelli, e in modo speciale con Luis Miguel: e quando ci riuniamo sempre torniamo a ricordare quei giorni, quei momenti prima e dopo le corride.
Perdonami se non ricordo dettagli e date che tutti conoscono, ma mi considero un tuo amico e non un matematico, perdonami, però mentre cercavo nella mia scatola ho trovato una delle tue largas cambiadas, e i miei occhi stanno piangendo lacrime.
Lacrime per Bernardo Valencia, che non c'è più

Carlos Javier Carli “Chamaquito”


martedì 16 ottobre 2012

La patata intera

E' un'antologia di delizie, il numero 1936 di Toros: andrebbe distribuito gratuitamente fuori dalle arene e gli abbonamenti si impennerebbero, non c'è dubbio.
La copertina passa a colori, in virtù di una scelta imposta da spietate leggi tipografiche, e questo è l'unico neo di un'edizione altrimenti perfetta: sarà difficile non rimpiangere l'austero bianconero della facciata, screziato solo da quella testata rossa e bianca, altrettanto austera e seriosa. Certo è che il passaggio alla quadricromia regala al lettore una splendida veduta aerea di Ronda (che, non fosse altro per il nome, è evidentemente la città più bella d'Europa), e la malinconia si attenua. La perfetta rotondità della Real Maestranza si affianca al chirurgico taglio del Tajo, e subito tornano alla memoria le serate fresche e felici passate lassù, in quell'estate altrove torrida, e le parole giuste di Hemingway. Ronda è la città dove fuggire con un'amante, diceva papa Ernesto.
La base di questa nuova tiratura della rivista è proprio Ronda e la sua corrida goyesca: Joel Bartolotti e Pierre Dupuy, due pesi massimi dell'aficion francese e mondiale, picchiano duro e confezionano un servizio appassionante e perfettamente documentato sulla scuola rondeña, sulle prime dinastie torere della città, sulla genia degli Ordoñez. 
In effetti l'entusiasmo che queste pagine suscitano nell'aficionado si stempera e deprime subito dopo, leggendo l'impietosa cronaca della goyesca di settembre (la 56° edizione), uno spettacolo ormai ridotto al barzelletta mondana: e pensare che un tempo la corsa settembrina di Ronda radunava i migliori toreri e i migliori tori.

Ma poco male, la Vecchia Signora prosegue snocciolando nelle sue pagine grigie e vintage le reseñas complete e didattiche delle corse principali del settembre transalpino: ad Arles la goyesca ("è un'occasione unica per far piacere alla propria suocera, invitandola") e la concorso ("un profondo sentimento di saldi di fine stagione, quando invece una corrida concorso dovrebbe essere il massimo, il nec plus ultra della corsa di tori"); a Dax il successo di Ivan Fandiño grazie al suo toreo sincero ("donando costantemente la priorità al toro, permettendogli di esprimersi nel primo tercio, mettendolo convenevolmente in suerte e non lasciandolo sfiancarsi contro il cavallo, chiamandolo da lontano per mettere in evidenza la sua casta, non proponendogli altro che un toreo fondamentale"; "due orecchie e un successo enorme e meritato") e il leit-motiv delle corride commerciali ("arena piena e delusione"); a Nimes tutta la feria delle Vendemmie, tra un Morante preso a mal partito dal pubblico ("bronca di gala"), parole di rispetto per Lescarret all'ultima corrida della carriera ("per sintetizzare in una sola parola: dignità! Merci, monsieur") e naturalmente la cronaca della storica encerrona di José Tomas, dall'indicativo titolo di Quia nominor leo!; a Ceret, infine, per una corrida "molto seria" di Prieto de la Cal: "tutti pesavano più di 500 chili, muscolosi, ben armati; tre di essi con più di cinque anni di età, sono morti tutti con la bocca chiusa".

Ecco, ce ne sarebbe per leggere e rileggere tutto l'inverno.
Se non che, a rendere davvero antologico e unico questo numero 1936, c'è in seconda copertina l'abituale editoriale di Manolillo.
E in poco più di una cinquantina di righe si arriva all'estasi.

La storia è già un poco conosciuta, ma a leggerla così dettagliatamente raccontata si gode ancora.
Dunque succede che, come ogni anno, il sodalizio degli Amici della Goyesca offra la Chiave d'Oro del parador di Ronda a una personalità legata all'evento: quest'anno l'onore toccava a Rafael de Paula, come omaggio alla carriera e per celebrare il suo debutto nell'arena rondeña, avvenuto 55 anni or sono.
Ma Rafael Soto Moreno non è un personaggio qualunque, era imprevedibile e geniale di fronte ai tori e resta imprevedibile e geniale a 72 anni di età: in dieci minuti di leggendario capolavoro quel vecchio gitanaccio ha dato una lezione di protagonismo e arte unica e commovente nella sua follia, dieci minuti di surrealità perfetta, di toreria d'altri tempi.
C'è un video che circola in rete e che Manolillo sintetizza bene nel suo fondo, quando chiude il pezzo descrivendo l'esibizione del vecchio torero come un atto militante.
Esatto, un atto militante di anticonformismo, di sincerità, di lotta a qualsiasi comoda ipocrisia.
Un fanculo torero al  politically correct.

Il sindaco della città, attesa alla cerimonia, è in ritardo? Rafael de Paula dà fuoco alle polveri e dichiara senza imbarazzi ai giornalisti e agli invitati: "il sindaco è il sindaco, ma qui il personaggio principale sono io".
Il sindaco non arriva ancora? "Bene, me ne vado, sono venuto ma adesso vado".
Un inizio straordinario.
E si prosegue meglio: al direttore del parador, tutto occupato a giustificare il ritardo della signora sindaco, Rafael de Paula ricorda invece che "dovrebbe invece preoccuparsi di trovare da sedere per quelle ragazze là in fondo alla sala, costrette a stare in piedi; questo è il suo dovere".
Al sindaco finalmente giunto, dedica allora queste parole: "non so se comanda lei o no in municipio, dipenderà dal numero dei vostri consiglieri; però grazie per la sua presenza" .
Questa è arte, signori.
I giornalisti con ogni probabilità si stavano fregando le mani, qualcuno in sala rideva, ma sul tavolo delle autorità le facce erano tirate e nervose. Ma ancora non era si era alla fine.
Rigirandosi in mano il biglietto di invito alla cerimonia, Rafael il torero si rivolgeva direttamente a Humberto Parra, il pittore che aveva disegnato l'immagine in copertina: "Lei non sa dipingere, vi auguro che Dio vi tenga in vita abbastanza per imparare".
E infine, con i taccuini dei giornalisti ormai in cortocircuito, la stoccata finale.
Il figlio di De Paula, anch'egli presente alla cerimonia, aveva pubblicato poco tempo fa un libro biografico sulla vita e la storia torera del padre: il titolo non essendogli andato a genio, il nostro non esitava e concludeva questo enorme show invitando tutti "a non comprare neanche una copia di questo libro".
Genio.
"Ciò che c'è da avere nella vita è carisma; come sono venuto io me ne vado, perché qua è tutto malo: il libro è mal titolato e falso, il quadro sul biglietto è brutto e la sindachessa non so se comanda o no; e adesso torno a Jerez de la Frontera dove si mangia la patata intera".

Un atto militante di genialità.

Ecco, tutto questo sta nel numero 1936 di Toros.


domenica 14 ottobre 2012

Adios, Maestro

Oggi, 14 ottobre 2012, José Pedro Prados Martin, in arte El Fundi, darà l'addio ai tori.
Porterà l'ultima stoccata a un esemplare di Juan Pedro Domecq, e la sabbia sarà quella dell'arena di Palos de la Frontera.
Misero finale, in una piazza pueblerina, per un gigante della tauromachia.

Dal porto di Palos de la Frontera, parecchio tempo fa, salparono tre navi destinate ad andare a scoprire le Americhe e a cambiare la storia del mondo:  El Fundi non ha altrettanta ambizione, e si limiterà a combattere onestamente i suoi due tori, e a dare sobriamente il suo saluto all'aficion.
Le americhe di José Pedro Prados Martin sono state tutte le tardes di lotta e sudore, di combattimento autentico e di corna spaventose, non c'è più bisogno di scoprire niente, tutto è già stato detto e tutto è già stato scoperto.

Dolores Aguirre, Miura, Escolar Gil, Isaías y Tulio Vázquez, La Quinta, Charro de Llén, Hernández Pla, Hubert Yonnet, Prieto de la Cal, Samuel Flores, Veiga Teixeira, Victorino Martín, sono solo alcuni degli allevamenti che questo torero ha affrontato in carriera, una carriera costruita a combattere tori duri e rognosi, tori vigliacchi e terribili, tori che la maggior parte dei suoi più ricchi colleghi non ha mai voluto vedere neanche in fotografia: dai riflettori di Madrid ai pomeriggi apocalittici di Ceret, due luoghi dove El Fundi è stato per le stesse ragioni  amato, la sua concezione del toreo ha convinto e rapito gli aficionados più romantici, quelli legati all'idea di tauromachia come catarsi e riscatto definitivo dell'uomo, all'idea di tauromachia come disciplina grande e inarrivabile a condizione che a questa funzione partecipino tori integri e solidi, forti e selvaggi.
El Fundi, di questa liturgia autentica, è stato in venticinque anni di alternativa sacerdote privilegiato.

El Fundi per me è stato il maestro di quella encerrona concorso in un settembre di un pò di anni fa, impeccabile per tutto il pomeriggio; è stato il torero torero torero di quel lunedì glaciale ad Arles, nel 2008, di fronte a dei Miura terrificanti. E poi di nuovo a Bayonne o Dax, Barcellona o Madrid e altrove ancora, ora con il polso fermo, ora invece con i pensieri annebbiati, ma sempre, anche nelle giornate peggiori, dignitoso e serio.

Torero.
El Fundi era un torero così, senza aggettivi.

Adios, Maestro.


 (foto Ronda - El Fundi a Barcellona, 2010)





martedì 9 ottobre 2012

L'archivio Luce

"Oggi la storia sta finalmente per rendere onore a questi eroi:
non per apporre postuma sui loro orgogliosi petti una inutile medaglia
ma per rendere omaggio alla Storia dell'Uomo  
che si eleva al di sopra della Bestia
e dall'alto la dileggia; 
credano lorsignori a quel che vogliano,
lo si pensi anche ad un artefatto della cinematografia 
per il diletto di bimbi e donnine
e irridano pure questi orgogliosi e fieri fotogrammi
scritti col sangue e il sudore degli eroi..."



L'Istituto Luce è un pezzo importante dell'Italia per gli  italiani, già che in poco meno di un secolo di attività ha fatto da collettore per un popolo che si è ricostruito e infine identificato: strumento di propaganda del regime prima, capillare veicolo di informazioni e conoscenze poi, infine sistema di produzione di documentari e pellicole, l'Istituto ha portato il suo bianco e nero dalla grana grossa in giro per il paese, sugli schermi dei Lux urbani o sui teli arrangiati alla bene e meglio nei saloni parrocchiali di provincia.
In quelle immagini rigidamente bicromatiche gli italiani si sono riconosciuti e hanno imparato a conoscersi, hanno scoperto costumi e cultura nazionali come patrimonio collettivo, e hanno avuto davanti agli occhi immagini sì lontane ma in un qualche modo familiari: quei filmati di pochi minuti, confezionati con tecnologie ancora imperfette e che restituivano movimenti innaturali e saltellanti, sono l'album di fotografie in movimento della famiglia Italia, dagli anni venti ai primi del nuovo secolo.
Ed è capitato anche ai giovanotti della mia generazione di vedere, prima o poi, una Settimana Incom (in replica, naturalmente, che non siamo così vecchi), e di sentire quel tono metallico standard della voce fuori campo, a illustrare con aggettivi desueti e una prosa bizzarra le immagini che scorrevano sullo schermo.

Dal luglio di quest'anno, con un'operazione ammirevole e incalcolabilmente preziosa, l'Istituto Luce ha reso disponibile in rete il suo sterminato archivio: il canale Youtube di Cinecittà Luce sistematizza 30mila filmati, centinaia e centinaia di ore di cinegiornali, tonnellate di immagini e parole e musiche a raccontare quasi cinquant'anni di storia patria e di vicende del mondo.
Una delizia, sul serio.

A soddisfare le pruderie italiche, non di rado i servizi dell'Istituto si dedicavano al racconto di esotismi vari, narrando di vicende di paesi lontani, fatti curiosi o notizie di cronaca, con uno sguardo intrigato e teneramente ingenuo.
Ce n'è, naturalmente, anche per gli aficionados nostrani: inserendo come chiave di ricerca le parole corrida, o torero, da quel baule magico escono come per incanto filmati unici e divertenti, documenti storici affascinanti e magnifici. 
Ci si può passare qualche bella serata, adesso che si va verso l'inverno e i tori si stanno allontanando.

Finiti quei video, si può tornare alle cose serie e alla conquista di Marte: il capolavoro guzzantiano che è l'eredità migliore che l'Istituto Luce ha lasciato





domenica 7 ottobre 2012

Nuovi argomenti

Con colpevole ritardo, ma infine proprio nel giorno più giusto, diamo notizia dell'uscita del numero 59 di Nuovi Argomenti - rivista letteraria trimestrale fondata a suo tempo da Moravia.

L'edizione in questione porta il significativo titolo di Cover, ed in effetti non potrebbe essere altrimenti: si cimentano in questa uscita 19 autori, alle prese con atrettanti brani classici che nelle loro mani vengono rivisti, riscritti, reintepretati.

Il nostro Matteo Nucci non si è sottratto all'impegnativa sfida, e compare in Nuovi Argomenti con "Lontano dalla capitale del mondo", racconto che riprende e dà nuova vita al classico e famoso testo di Hemingway.
Nucci se la cava egregiamente, ma non gli si faccia mancare il sostegno dell'aficion: la rivista, ormai stabilmente nel circuito Mondadori, si reperisce facilmente in ogni libreria.

Olé maestro.




giovedì 4 ottobre 2012

4 ottobre, San Francesco d'Assisi

Oggi 4 ottobre il santo del giorno è San Francesco di Assisi, protettore degli animali: calendario dixit.
Per celebrare la considerevole ricorrenza la pagina Facebook di Animal Amnesty, non meglio precisata accozzaglia di potenziali liberatori di animali ("azione diretta come strumento di lotta privilegiato per la liberazione animale.", si legge nel profilo sul social network), ha deciso di pubblicare la foto qua di fianco.
Visono ritratti, in uno scatto perfetto e insuperabilmente tragico, Israel Lancho e il corno che Sevilhano, toro di Palha, gli infilò nel costato a Madrid: era il maggio del 2009.
La didascalia, come il logo in alto, naturalmente sono opera dei liberatori.

Con spirito deliziosamente e convintamente francescano, iscritti e simpatizzanti a quella pagina dell'Amnistia Animale hanno voluto nelle ore successive alla pubblicazione commentare l'immagine, così, en surplace, per contribuire al progresso dell'umanità.
Si va da un perentorio "sta gente deve crepare" (V.A.), a un delicato "mi piace eccome" (D.LD.B), passando da "peccato che sia morto l'animale e non la bestia" (E.P.), "questo sì che è uno spettacolo" (F.C.), "spero sia andato molto, molto a fondo" (F.S.P.), a "spero che muoia tra atroci sofferenze oppure rimanga invalido a vita" (M.P.M.), che vale come sintesi e manifesto.

Ora, è evidente che stiamo parlando con ogni probabilità di persone inconsapevoli della portata delle proprie azioni verbali, ed è altrettanto vero che Facebook è il luogo per eccellenza dello sfogo disarticolato e disgraziato: qualsiasi minchiata o brutalità venga in mente uno la può pubblicare, senza moderazione.
Si pensi solo che su quella stessa pagina di liberatori, gli amministratori sono convinti che l'elefante sia vegetariano e non invece erbivoro, e non paghi fanno dell'elefante un modello di vegetarianesimo, dieta a loro dire capace di rendere forti e grandi.

In definitiva c'è poco da commentare, sarebbe esercizio troppo facile vista la disparità delle intelligenze in campo e, riconosciamolo, in qualche misura inutile.
Solo, occorre prendere atto.





lunedì 1 ottobre 2012

Treddì

Oddio, la tecnologia "anche tu nel vivo dell'azione" del Supermotogipìeccetera arriva pure alla corrida.

Qua è Lescarret, fresco di despedida, che si è infilato una telecamera in testa e ha ripreso la lidia di una vacchetta, in una giornata organizzata tra peñas nel sud-ovest della Francia.

In sottofondo, One degli U2.