Non conosco l'autore, chissà un giorno forse ci incroceremo sulla strada dei tori, o magari no: ma mi pareva ingiusto lasciare confinata là in fondo, a nota di un pezzo tra i tanti, questa spontanea e inaspettata poesia.
A voi.

“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Tanto negli anni ottanta prima o poi si va in Spagna. Età da scuola media e via coi genitori. Forse Barcellona, non ricordo; ma comunque la corrida perché tanto ormai ci siamo.
Dio mio. La prima fu lacrime e sangue, fu tanta rabbia e speriamo che lo incorni; ché non si capisce perché si debba ammazzare una povera bestia in questo modo. D’altra parte vaglielo a spiegare te ad un pischelletto. Italiano.
E poi ‘sta Spagna: sporco, slot-machine e un toro pisciasangue. Questa la primera vez. Chi l’avrebbe mai detto.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
C’è poi che il tempo passa, lontano, e ti ritrovi col ‘Vecchio e il mare’, uno di quei libri che dopo l’autore lo chiami per nome, mica più per cognome. Mi è sempre rimasto dentro, quel vecchio che sognava i leoni. E allora sì che ti vien voglia d’andare: ‘Fiesta’, ‘Addio alle armi’ e i ‘Quarantanove racconti’. Che poi tanto un giorno arriva ‘Morte nel pomeriggio’, e lì finalmente ci si guarda negli occhi.
Un romanzo-trattato-manuale pesante, tecnico e lungo. E bellissimo, affascinante e sorprendente. Che ti svela e t’innamora. Porcaputtana Ernest, prima o poi ci torno in Spagna.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Quest’anno, dopo tanto, c’ero anch’io alla Maestranza di Siviglia, il 27 di settembre. Terza corrida vista davvero e tre volte in Spagna nel duemilanove. Ma la prima con una faena come quella del Luque. Non capisci, finché non la vedi. Anche i miei amici, tutti profani, a peliritti e boccaperta.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Ogni giorno nei mercati ittici di tutto il mondo si ripete questa frase perché ogni giorno milioni di persone mangiano pesce; che rimane impigliato una nottata nelle reti e poi crepa di lenta asfissia il giorno dopo tra ghiaccio e polistirolo. Ma nessuno si lamenta.
Eppure si mangia anche il toro, e soffre infinitamente di meno.
E allora? O qui qualcosa mi sfugge, oppure siamo tutti spagnoli. Perché io preferirei nascere toro piuttosto che pollo Amadori.
Ho 34 anni, non son vegetariano e non biasimo la caccia. Però non ci vado allo zoo, non faccio la pesca sportiva perché o è ‘pesca’ o è ‘sport’, e un siberian husky non lo comprerei mai, perché abito vicino a Firenze, mica a Capo Nord. Ma mi piace tanto la corrida, perché c’è dentro un senso profondo di vita e di morte, di coraggio e di paura, di uomo e di bestia. E fatela finita di chiamarla ‘spettacolo’, perché non c’è spettacolo dove si muore.
(foto Ronda - Arles 26.03.05; mi scuserà l'autore di questo pezzo, l'immagine è oggettivamente terribile. Ma è presa alla prima corrida a cui abbiamo assistito, e mi sembrava l'accostamento migliore alle sue parole: da allora di strada ne è stata fatta, tanto nell'aficion quanto nella fotografia...)
mi sei piaciuto !!! è vero : non c'è "spettacolo" dove si muore .
RispondiEliminaroberto.
Ti ringrazio Roberto per l'apprezzamento. Io credo che questo sia il punto fondamentale per cercare di capire questo mondo, soprattutto per un non-spagnolo. Gli orientali hanno una bella frase che dice 'Il primo passo verso la saggezza è chiamare le cose con il loro nome'; è vero, alla corrida si paga il biglietto, ma non siamo né a teatro né allo stadio.
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