Come è tradizione di fine anno di club, blog e associazioni di vario tipo, ecco anche Alle cinque della sera assegnare i propri premi per la temporada ormai conclusa.
Abbiamo partecipato a 18 tra corride e novilladas, 7 le plazas de toros visitate: Arles (5), Madrid (2), Ceret (3), Bayonne (1), Dax (3), San Sebastian (1), Nimes (3).
Certo, i numeri non sono granché e di conseguenza non sono molti gli elementi per farsi un giudizio preciso, ma tant'é: l'aficion è un mestiere difficile e soprattutto costoso, quando sei italiano...
Questi i nostri giudizi, che si riferiscono dunque esclusivamente alle corride viste dal vivo.
Toreri
Un nome su tutti: El Fundi. Di fronte ai Miura di Arles soprattutto, e poi anche a quelli di Bayonne, ha dimostrato professionalità e serietà, disposizione e tecnica, coraggio e verdad.
In ogni occasione vero direttore di lidia sempre generoso di consigli e attenzioni per i suoi più giovani compagni di cartel, si è dimostrato torero impeccabile e completo nei tre atti.
Con la spada l'iabbiamo visto regolare, preciso e senza compromessi: probabilmente il miglior matador del circuito, nel senso più puro del termine.
Se pensiamo alla definizione di torero, per l'accezione semantica ma anche ontologica, nessun altro in questo momento la evoca e la incarna quanto El Fundi: per quanto visto è lui il torero della stagione 2008. Sì, El Fundi è un torero.
El Juli per la sua incredibile performance di Nimes, pur con tutti i limiti che la corrida ha avuto e di cui si è già detto, meriterebbe un capitolo a parte e un omaggio particolare: ma nell'economia della stagione (limitatamente alle nostre esperienze dirette all'arena) rimane un gradino sotto al El Fundi. Eccelso a Nimes, è stato discreto ad Arles e pallido (questo è un eufemismo) a Dax.
Certo, l'encerrona di Nimes rimane per impatto emotivo e mostruosa dimostrazione di tecnica e poder, il pomeriggio dell'anno.
Tori
I Miura di Arles e i Bucaré di Ceret le due corride del 2008 (novillada la seconda)
Due encierros completi: i Miura di Pasqua lunghi e forti, difficili, sempre sul chi vive i tre toreri che hanno dovuto sudare parecchie camicie per venirne a capo; i Bucaré agili, enormi per essere novillos, con la bravura del sangue santacoloma e una nobiltà imprevista e sorprendente.
Dovendo menzionare il toro dell'anno direi Silleto di Miura (4°, Bayonne) e un novillo, Corsito di Bucaré, sorteggiato per primo la mattina del sabato di Ceret: una furia all'uscita, forte al cavallo nelle tre picche, capace di dare gioco alla muleta. Tra i due, meglio il secondo.
Rimane il rammarico per aver visto poco, tre su sei, e male sotto un diluvio impetuoso, i Prieto de la Cal di Ceret: magnifici per bellezza e selvaggi all'ingresso, le condizioni apocalittiche del tempo hanno impedito ai toreri di metterli in luce e (mal) consigliato al presidente di annullare la corsa al terzo toro.
Faena
Senza dubbio El Juli ha regalato a Nimes le due faenas dell'anno, al 4° e 6° toro: rispettivamente due orecchie e due orecchie e la coda. Rimarrà nella (nostra) memoria il confronto con Agualimpia, il quarto toro del pomeriggio, per il dominio totale e la profondità assoluta di ogni passo, a destra come a sinistra.
Un toro fino a quel momento insapore trasformato in un animale da combattimento dal lavoro di un torero che non ha pari in quanto a conoscenza, tecnica e potenza.
La faena del 2008.
Una menzioneè doverosa pure per quella di Juan Bautista a San Sebastian, in agosto.
Tercios
Il miglior lavoro con la capa di tutto l'anno è senza ombra di dubbio proprietà ancora de El Juli, che nel suo solo ha deliziato il pubblico con quites classiche (veroniche, chicuelinas) e con altre sorprendenti, sconosciute, effimere ed irripetibili gemme di sensibilità e tecnica.
I picador che ad Arles hanno affrontato i Miura, i sei di Fundi, Rafaelillo e Vara, sono usciti tra gli applausi: merce rara, e per questo ancora più preziosa.
I toreri banderilleros che abbiamo visto non hanno particolarmente brillato, e le due miglior paia della stagione le ha offerte invece Curro Molina della squadra di Castella: a Madrid, di fronte al 6° Vladefresno del 2 maggio, due pose secche, precise, in mezzo alle corna e uscendo al passo.
Infine, la stoccata dell'anno è da dividere tra il recibir de El Juli a Nimes, al quarto, e la cannonata di Rafaelillo al secondo Miura ad Arles, con il torero che non ha rinculato ed è rimasto in mezzo alle spaventose corna, finendo presto a terra dopo un vis-à-vis letteralmente letale: probabilmente una posa non impeccabile, ma da ricordare per l'assoluta sincerità.
In sintesi, quindi, ecco il nostro personale palmares per la stagione conclusa:
Torero dell'anno: El Fundi
Miglior corrida: Miura, Arles
Miglior novillada: Bucaré, Ceret
Miglior toro/novillo: Corsito di Bucaré, Ceret
Miglior faena: El Juli, ad Agualimpia (4°) di Daniel Ruiz, Nimes
Miglior quite: El Juli a Nimes, in tutti i sei tori
Miglior tercio de banderillas: Curro Molina della cuadrilla di Castella, 6° Valdefresno a Madrid
Miglior stoccata: Rafaelillo, Arles, 2° Miura
(foto Ronda: El Fundi a Bayonne, il 9 agosto; Corsito di Bucaré a Ceret il 13 luglio)
domenica 30 novembre 2008
Palmares 2008
sabato 29 novembre 2008
Il sindaco allevatore
Nel cuore della Comunità di Castilla y Leon c'è un paesino chiamato Cubo de Don Sancho.
Sulle sue terre c'è un allevamento di toros bravos, nella ganaderia c'è una placita de tienta e il mayoral si prende cura dei tori dalla loro nascita all'epilogo della corrida.
Fin qua tutto normale, dunque.
E' la Spagna profonda, d'altronde.
Ma a rendere del tutto straordinaria la storia del Cubo è un fatto incredibile: i tori sono di proprietà degli abitanti, il mayoral è dipendente comunale e ad assistere alla tienta c'è tutto il consiglio comunale.
Cubo de Don Sancho è il primo Ayuntamento ganadero, Comune allevatore, di Spagna.
Di questa singolare e romantica vicenda hanno già parlato Terres Taurines (opus 13, luglio 2007) e Toros (n° 1832, luglio 2008), evidentemente attratti da una sceneggiatura tanto originale che un qualche regista hollywoodiano potrebbe facilmente trasformare in un blockbuster.
Facciamo un passo indietro.
A ovest di Salamanca, a pochi km da Ciudad Rodrigo, il Cubo è un modesto paese di circa 600 abitanti: la storia del villaggio è storia di facoltosi marchesi, fatiche contadine e caldo secco; alla fine degli anni 50 i gioielli di famiglia sono due scuole, due sale da ballo, due automobili e tre moto, centonovantacinque motorini e due mulini per la farina.
Politicamente, il Cubo è da sempre una roccaforte socialista in una regione saldamente conservatrice e a destra.
Sarà per i geni dell'inclinazione al collettivismo e alla proprietà pubblica, forse, che un bel giorno della primavera 1985 un centinaio di abitanti scrive un cartello e sotto vi si raccoglie: il paese vuole le terre.
Una Fondazione locale aveva messo in vendita, per finanziare le proprie opere, una tenuta che poggiava sul territorio comunale.
Non c'era un soldo in cassa, ricorda Nicasio Cid il segretario del sindaco di allora: ciononostante, e non senza un colpo di scena gustoso, il Comune riesce ad aggiudicarsi dopo un'asta sofferta la finca di Rollanejo.
877 magnifici ettari ai bordi del fuime Huebra, e 65 milioni di pesetas da pagare.
Il leniniano che fare? deve essere risuonato più volte nei bar, nelle case, nei luoghi pubblici del Cubo, dopo l'asta.
Un primo e democratico tentativo di destinare a pascolo ed allevamento delle bestie da carne degli allevatori locali gli spazi del Rollanejo, sotto la gestione delle due Società Agrarie pubbliche create per acquistare la tenuta, fallisce velocemente.
Sono gli anni dell'ingresso della Spagna nel Mercato Comune, i controlli sui bovini si fanno sempre più rigorosi, il prezzo della carne crolla: gli allevatori ritirano le bestie dalla finca.
Nel 1987 diventa sindaco Pedro Moro: i suoi racconti trasudano la sofferenza e la difficoltà di quel periodo. Cosa fare della finca, ora che è di proprietà del Comune ma che non si riesce a mettere a reddito?
Fu il consiglio comunale a prendere la storica decisione, in quell'anno: sui terreni della tenuta sarebbe stato portato del bestiame bravo!
E' proprio il sindaco a ricordare: "Abbiamo cominciato con molta apprensione...un Comune ganadero, non si era mai visto! Ma al Cubo siamo circondati da ganaderias: Dionisio, Antonio Perez, El Viti, Domingo Hernadez..."
Il capo è doppiato.
Cominciano i contatti, le ricerche, l'organizzazione prende forma.
Fino ad arrivare al 1992, anno in cui il Comune acquista da Hermanas Delgado Azqueta 62 vacche e uno stallone, e qualche anno dopo un'altra quarantina di capi della linea Raboso-Aldeanueva.
L'ayuntamento raggiunge e si iscrive all'associazione dei ganaderos (*): il ferro con la A e la R (Ayuntamiento - Rollanejo) può essere presentato in corrida.
Da quel giorno le cose iniziano a farsi serie: notti in bianco, lavoro volontario, sacrifici.
Agli inizi, quando l'investimento e il progetto sembravano più visionari che altro, le opposizioni erano tante, in consiglio comunale e tra i cittadini: ma presto la ganaderia va in utile, permette al Comune non solo di pagare l'acquisto della terra ma pure porta profitto...da quel momento la tenuta diventa a tutti gli effetti patrimonio collettivo e indiviso.
Rollanejo, dove pascolano tori per la corrida e maiali per il prosciutto, è di proprietà comune: è frequentata da pescatori amatoriali, famiglie con bambini per un pic-nic la domenica, ragazzi e ragazze che vengono a nuotare, aficionados e appassionati, curiosi che arrivano dai paesi vicini.
Tutto il Cubo se ne sente propietario, se ne fà carico, ci si affeziona.
A Rollanejo viene costruita un'Aula della Natura, capace di accogliere per la notte fino a 48 bambini: le scuole dei dintorni programmano qua escursioni e gite per portare i piccoli scolari a contatto con la natura e con gli animali, con la vita di una finca.
E' una possibilità che si dà ai bambini della città di venire a sperimentare dal vivo la vita della campagna, il lavoro al campo, le leggi naturali che regolano la convivenza degli animali, il rispetto degli equilibri ambientali.
L'Aula de la la Naturaleza ha creato un posto di lavoro, al quale si aggiunge quello del mayoral della ganaderia, che è un incarico municipale.
Il mayoral al Cubo è un posto pubblico.
Anni di duro lavoro, di selezione, di passione.
I tori marchiati AR piano piano si fanno una reputazione: le novilladas di Rollanejo sono spesso al cartel nella regione madrilena, per la bravura espressa dai tori e per l'emozione che questi riescono a portare, e sono pagate bene.
Il segretario del sindaco ormai decaduto Pedro Moro, Nicasio, è rimasto per occuparsi dei tori: le tientas sono rigorose e la selezione risparmia solo le vacche che davvero lo meritano.
Al Cubo si cerca un toro selvaggio, che si impieghi bene al cavallo: nella placita della finca sono i giovani toreri regionali a farsi vedere, e una volta pure El Cid è venuto a tientar.
Oggi, finito di pagare l'operazione finanziaria per l'acquisto, la ganaderia porta degli utili nelle casse del Comune: dopo i trasferimenti statali, è la seconda entrata per il Cubo.
Con i benefici dell'attività ganadera, il Comune ha costruito tra le altre cose un centro polifunzionale ed un ritrovo per anziani.
Torniamo all'inizio.
Il Cubo de Don Sancho è il primo comune ganadero di Spagna.
I tori sono di proprietà comunale, il mayoral è un impiegato pubblico, e i consiglieri comunali siedono sui gradini della placita per approvare le scelte di Nicasio.
Gli abitanti del comune, quando i tori con la AR sul fianco combattono nei paraggi, affittano un paio di pullman e vanno alla corrida.
E' un paese intero, che combatte.
mercoledì 26 novembre 2008
La torera gigliata
Proseguiamo decisi con il mood campanilista, quasi avessimo scoperchiato un vaso di Pandora con sorprese impreviste e continue.
Un gentile lettore ci ha segnalato la pagina web di Eva Florencia: che non solo ha un soprannome evocativo ed aggraziato, ma anche ha una caratteristica che la rende unica.
E' la prima torera italiana.
Una sorta di anormalità al quadrato.
Eva Bianchini di Firenze legge Morte nel Pomeriggio e ne rimane affascinata, visita una prima volta l'Andalusia e vi fà ritorno scappando da casa giovanissima: il suo sogno è fare la torera.
Nei primi anni di questo decennio, una volta stabilitasi nel sud della Spagna, comincia a frequentare una scuola taurina e presto debutta come novillera.
La sua serata alla Real Maestranza nel 2001 avrà un'eco anche sui nostri maggiori quotidiani: Repubblica e Corriere.
Debutterà con picadores nella provincia di Huelva il 31 agosto del 2002.
Da Portaltaurino non si hanno nuove di Eva Florencia (*) succesive al 2004: ci sembra ricordare la notizia del suo ritiro letta recentemente da qualche parte ma non ne siamo sicuri, e in ogni caso le avevamo dato scarsa importante.
Quella di Eva Bianchini è una storia curiosa, non c'è che dire, che sarebbe interessante poter approfondire: proveremo a farlo.
(a vantaggio dell'affezionato lettore viola, avaro di commenti in questo ultimo periodo, ecco una foto tratta dal sito di Eva che dovrebbe incontrare i suoi gusti)
lunedì 24 novembre 2008
giovedì 20 novembre 2008
Il futuro dei Miura
Quello più prossimo si sta definendo in questi mesi, forse in queste settimane: siamo nel periodo in cui le varie piazze contrattano con i ganaderos l'acquisto dei lotti di tori per le ferias dell'anno dopo.
Miura dunque per la feria di Pasqua sarà ad Arles.
Insieme ai tori sivigliani saranno sulla sabbia provenzale anche i Victorino Martin: le due sole ganaderie capaci di riempire un'arena con il solo loro nome, con ogni probabilità anche le più care in assoluto.
Una buona notizia, non c'è che dire.
Sul futuro più lontano ce n'è invece una decisamente meno buona , insinuatasi su alcuni blog e forum frequentati da aficionados, e che vuole invece che Miura abbia deciso di creare una linea di tori mischiando il sangue tradizionale e mitico dei suoi animali con del sangue domecq.
Per sintetizzare, addolcire le asperità caratteriali e fisiche che hanno fatto la storia e la leggenda dei Miura attraverso un incrocio con tori tradizionalmente più collaboratori e comodi.
La maggior parte dei capi rimarrebbe consanguinea, ma a questi si aggiungerebbero i meticci frutto dell'incrocio.
Prendiamo la clamorosa soffiata con beneficio di inventario, e stiamo a vedere.
La foto qua in alto ritrae un Miura all'arena di Beziers, qualche anno fà: si commenta da facilmente da sola.
(foto presa dal sito dell'Arena di Beziers, qui)
martedì 18 novembre 2008
Mezz'ora con El Juli
Dopo la sbornia campanilista degli ultimi articoli torniamo alla tauromachia forestiera e soprattutto attuale.
La nuova puntata di Signes du Toro, in onda da sabato scorso, è quasi interamente dedicata alla corrida di Nimes de El Juli: si può vedere anche online qui.
A corollario e completamento, l'équipe della trasmissione ha reso disponibilii ai navigatori i migliori momenti delle genitrici Face au Toril e Tercios dedicati al torero madrileno: qui.
(foto Ronda - dettaglio dell'esposizione a Nimes per il decennale dell'alternativa de El Juli)
domenica 16 novembre 2008
La corrida in Italia (epilogo)
Nell'ultimo capitolo del testo di cui abbiamo trattato in questi post, l'autore Giorgio Ponticelli ci riferisce degli ultimi e più recenti tentativi per reintrodurre la corrida nel Belpaese.
Ma nell'Italia Repubblicana ogni sforzo si arena contro ostacoli insormontabili, di natura non solo legale.
La delegazione spagnola al Festival del Cinema di Venezia del '56 fece un tentativo per organizzarne una sul Lido, senza successo.
Luis Miguel Dominguin, conosciuto in Italia per le sue frequenti apparizioni sulla nostra stampa rosa, dichiarò (era il 1972) che sarebbe venuto a toreare a Verona, sulla sabbia dell'Arena.
Una decina d'anni dopo, un impresario privato di Napoli si vide bloccare la propria iniziativa.
Nel 1985 a Venezia sembrava fosse la volta buona: un'associazione culturale lagunare ottenne l'approvazione del Comune per organizzare in occasione del Carnevale di quell'anno un ciclo di tre corride.
Ne parla il Corriere della Sera, nell'edizione del 5 gennaio: "Tre spettacolari corride, successive l'una all'altra, i primi giorni del carnevale (9, 10, 11 febbraio) inaugureranno in modo eccezionale e inedito la grande festa veneziana. La notizia è ufficiale. Una plaza de toros prefabbricata, in legno e acciaio, da duemila posti con una pista di 40 metri di diametro, sarà importata direttamente da Madrid (...); undici tori andalusi, di razza Miura, potenti e aggressivi, pelo nero e occhi rossastri (...); undici toreadores tra i più esperti e pure una donna torero, della stessa scuola, scenderanno nel'arena per un carosello vertiginoso durante il quale opporranno alla furia degli animali il mestiere, l'abiltà e l'eleganza dei toreri"
Le corride previste avevano un'unica regola: non una sola goccia di sangue si sarebbe dovuta versare, il toro non avrebbe dovuto essere né ferito né ucciso.
Uscito l'articolo sul Corriere, la reazione delle associazioni animaliste fu furiosa (arrivò fino al Papa sottoforma di lettera-petizione) e fece breccia nell'opinione pubblica non solo veneziana.
Risultato, il Comune fece marcia indietro e il 13 gennaio i quotidiani annunciavano che il progetto veniva definitivamente ritirato.
Niente Miura in Italia.
Ma nell'estate del 1994 fu un'autentica bomba quella che deflagrò sulla stampa, in realtà più su quella spagnola che su quella italiana: qui un articolo sul Corriere di quell'anno.
Si trattava dell'emanazione del decreto legislativo 480 del 13 luglio, che di fatto abrogava una serie di articoli del Testo Unico di Pubblica Sicurezza.
Due di questi interessavano anche la corrida:
- la Legge Reale del 18 giugno 1930 (art. 70) che vietava tra le altre le manifestazioni che infliggono sevizie agli animali.
- la Legge Reale del 6 maggio 1940 (art. 129) che specificava quali fossero le suddette manifestazioni, e tra esse pure la corrida.
Vale la pena a questo punto tradurre e riportare pari pari le ultime righe di questo capitolo, che tra l'altro sono a chiusura di tutto il testo di Ponticelli:"Oggi non c'è, dunque, nessun ostacolo legislativo all'organizzazione di corride in Italia! Ci sarà tuttavia qualcuno che vorrà, un giorno, risuscitare nella Penisola quello che un antropologo catalano ha definito un fossile vivente della cultura mediterranea, quando la memoria stessa ne è stata persa? Sembra che questo non si auspicabile...la corrida vivrà e si evolverà ancora nella misura in cui resterà ancorata ai suoi confini naturali che sono, ad oggi, la Spagna, il Sud della Francia e l'America Latina."
(l'immagine riproduce un affiche del 1893, per uno spettacolo taurino a Verona: anche questa ci è stata inviata da Marc Thorel, presidente dell'UBTF)
sabato 15 novembre 2008
Intervallo
In attesa di pubblicare, domani, un post di conclusione sull'argomento della corrida in Italia, mostriamo qua a fianco la riproduzione dell'affiche che annunciava l'esibizione romana del 6 maggio 1923.
Ad inviarci il documento monsieur Marc Thorel, presidente dell'Unione dei Bibliofili Taurini di Francia, interessato dagli ultimi articoli sul blog: lo registriamo con orgoglio tra i nostri lettori e ne approfittiamo per ringraziarlo pubblicamente.
(cliccare sull'immagine per ingrandire)
giovedì 13 novembre 2008
La corrida in Italia (3)
Dopo le prime date, la tournée italiana di spettacoli taurini dell'anno 1923 tocca anche Torino: ne avevamo riferito qua ma curiosamente, come segnalato dall'amico Marco, il pur documentato e scrupoloso autore de La tradition tauromachique en Italie (ed. UBTF, 1997) omette di farne cenno.
Nella primavera di quell'anno, comunque, il circo itinerante di tori e toreri (una trentina di persone in tutto) prosegue dopo le prime sortite romane e bolognesi, e i giornali dedicano tanto alle cronache quanto alle analisi uno spazio crescente sulle proprie colonne.
Così è L'Arena di Verona, città che già negli ultimi anni del secolo precedente aveva dimostrato un buon feeling con la tauromachia, che aumenta la curiosità popolare con una serie di articoli che nei giorni antecedenti la prima corrida fanno salire l'eccitazione e l'interesse dei cittadini: in essi si trovano aggiornamenti sullo stato dei lavori per l'approntamento dell'arena in plaza de toros, interviste all'impresario, al ganadero o ai toreri, e note esplicative di approfondimento per preparare gli spettatori a quest'insolita rappresentazione.
Certo per chi oggi frequenta le ferias di Nimes o Arles non è difficile immaginare l'Arena di Verona con burladeros, toril e fazzoletti bianchi sugli spalti, e l'evocarlo è esercizio forse ozioso ma certo suggestivo.
A testimoniare di questo buon rapporto della città con la corrida spagnola, ecco le affiches annunciare che cinque tori saranno combattuti, "gli ultimi due saranno messi a morte".
La stampa registra il grande successo che incassa la corrida del 10 giugno: numerosi gli spettatori venuti da città vicine con i primi treni del mattino o in automobile, sui gradini "impressionarono, per il loro incredibile sangue freddo e la loro dsinvoltura, i capeadores che provocano il toro, avvicinandosi ad esso e smarcandosi sempre con delle pronte finte, camminando all'indietro, degli scarti fulminei per evitare l'incornata al pelo".
Meno fortunato fu il momento della verità: "Il quinto toro è destinato al sacrificio, e sembra averne il presentimento perché tra un esercizio e l'altro dei capeadores e dei banderilleros si attarda con nostalgia vicino alla porta del torillo (sic). Il caso designa Parejito per l'uccisione. L'estrema mobilità difficile gli rende lo sforzo difficile (...). Il colpo non riesce che solo dopo quattro tentativi tanto che la folla, alla vista del sangue e dell'agonia del toro, è percorsa da un brivido che non riesce a controllare."
La cronaca si termina con una previsione sulla scarsa presa che avrà la corrida sugli italiani, i cui gusti e la cui sensibilità mal si adattano a rappresentazioni che, pur informate di coraggio e arte, sono incompatibili per la troppa crudeltà.
La tournée sbarca a Milano, e le due ezibizioni previste sono anticipate dalle ormai inevitabili polemiche.
Il quotidiano La Giustizia nell'edizione del 23 giugno è lapidario: "Le persone di buon senso resteranno a casa loro" e, pur concedendo che questo genere di spettacoli può essere compreso e spiegato se collocato nella tradizione spagnola, " per il gusto italiano è una crudele pagliacciata (...)".
Arrivando fino al parossismo del "più noi pensiamo alla morte del toro, più siamo convinti che nel regno zoologico l'uomo è veramente il solo animale che non ha il diritto...di restare al mondo".
Dalle colonne de L'Ambrosiano del 26 giugno Augusto de Angelis riferisce con penna ironica e tagliente della corrida del giorno prima al Vigorelli.
Al termine di una dettagliata e acuta descrizione di quella che è la cornice della corrida, dalle belle signore sui gradini che avendo già visitato la Spagna si sentono autorizzate a scherzare ad alta voce alla elegante e mesta parata del paseillo, fino all'assenza dei picadores a "denicotinizzare" lo spettacolo, de Angelis si addentra nella cronaca dell'evento: "Il primo toro è piccolo, nero. Piuttosto grazioso, calmo. Ma i capeadores, i monosavios (sic), i banderilleros volteggiano attorno, rapidi, eleganti, lesti ma con dei volti così inquieti e concentrati che certo questo toro deve essere pericoloso!"
La morte di questo primo toro è solo simulata, è una coccarda posta al centro della schiena che sostuisce la stoccata letale.
Il giornalista prosegue: "Quanti credevano che la sensibilità italiana si sarebbe ribellata davanti ad una corrida formale con cornate importanti, i toreri in pericolo e una lotta serrata e piena di rischi, hanno avuto torto. Oggi il pubblico si indigna quando s'accorge che le cosas de Espana di questa plaza de toros milanese si svolgono in modo differente rispetto a quello che si vede a Siviglia, Cordoba o in Andalusia."
E si arriva alla morte del toro: "E' un torero celebre che, sembra, lo ucciderà: Parejito. Un piccolo biondo grazioso che saluta il pubblico con una certa qual arroganza spagnola (...). Il toro muore. Parejito gli ha infilato la spada nel collo, e il toro si accovaccia, si piega, si stende. Ha compiuto il suo dovere e se ne va, ora, trainato dai grossi cavalli infiocchettati (...). Perché solo lui, povero piccolo toro, tra tutti gli altri che hanno combattuto e che, almeno, sono usciti poi dalla pista con tutt'al più qualche puntura lasciata dalle banderillas? Cosas de Espana...davvero è solo da noi, nelle corride umanizzate, che la morte sceglie. Al meno là muoiono tutti. E hanno le corna affilate e vendono cara la pelle. E la corrida è un rischio, non un gioco."
"Diecimila spettatori circa. Duecentomila lire di incasso".
Si concludono qui le notizie reperibili nel testo su quella ricca e a tratti fortunata tournée del 1923.
Ponticelli segnala quindi che il successo di questo primo tour fà decidere per una ripetizione l'anno successivo con toreri di alternativa.
Una prima corrida a Cagliari pe ril primo maggio con protagonista un matador basco, Pedro Basauri Paguaga Pedrucho, presente anche in due successivi spettacoli a Roma nei quali ad esibirsi era insieme a Rafael Rubio Rodalito, della Mancia.
Nella capitale furono date quattro corride, il 22 il 24 e il 29 giugno e quindi il 6 luglio, sulle affiche delle quali oltre ai nomi già citati comparivano anche quelli di Millanito e Boltanes, un rejoneador.
Tori del marchese di Albaserrata, del Cullar e di José Bueno.
(foto tratta dal testo citato, ritratto dei toreri e delle cuadrillas al Velodromo di Milano)
martedì 11 novembre 2008
La corrida in Italia (2)
Dopo gli esperimenti della fine del diciannovesimo secolo perimportare la corrida in Italia, altri tentativi vengono fatti da organizzatori nazionali o spagnoli a cavallo delle due Guerre Mondiali, nel Ventennio del regime dittatoriale fascista.
Un circo fatto di tre novilleros, un saltatore e un rejoneador affronta una tournée che tra la primavera e l'estate del 1923 tocca Roma, Bologna, Verona, Milano e Trieste: nonostante le vive e rumorose proteste delle associazioni per la protezione degli animali, gli spettacoli suscitano la curiosità di un numero crescente di italiani, e il pubblico regolarmente riempie le plaza de toros improvvisate.
Il Corriere della Sera dà conto della corrida romana del 6 maggio, nella quale combatterono 5 giovani tori di Antonio Fuentes, e che fu del tutto incruenta.
"Una corrida innocente, coreografica, umanitaria, in cui l'uomo e l'animale, faccia a faccia, hanno fatto prova delle proprie abilità, astuzia e forza, senza farsi del male. (...) Non c'è niente da dire: lo stadio, trasformato in plaza de toros, è impressionante."
Il cronista si dilunga inizialmente ad osservare la curiosa, per le nostre abitudini, divisione dei settori in sol y sombra: malriuscita, se è vero che lui stesso osserverà a fine spettacolo parecchie donne con principi di ustione pur essendo sedute nel settore in ombra.
Il manifesto annuncia che un toro sarà ucciso, e quel giorno gli animali usciranno da un sotteraneo in cui sono ospitati, per raggiungere l'improvvisato ruedo cinto da una doppia fila di palizzate a riprodurre un callejon se non proprio con tutti i crismi, almeno quasi.
Dopo la sfilata del paseo, "la corrida comincia immediatamente. Entra per primo il toro sivigliano. I banderilleros lo circondano brandendo le banderillas d'argento dorato in un gioco serrato che rivela tutta la loro destrezza. Il pubblico applaude. Le signore agitano i propri fazzoletti. Alcune, quando la cornata pare inevitabile, liberano degli urli di spavento. (...) Parejito e Corchaito (due dei novilleros ingaggiati) lavorano magnificamente. Quando il toro si ritira sano e salvo, si ha l'impressione di essere a teatro dopo il primo atto d'una commedia. Applausi sinceri e fragorosi, con la speranza che i successivi ce ne consentiranno ancora di più".
I quattro tori successivi non sono però all'altezza del primo, e la corrida lentamente perde di interesse. Ma arriva l'ultimo toro, e il cronista non nasconde la sua eccitazione nel registare che sarà questo ad essere destinato alla morte. Tocca a Parejito portare la stoccata decisiva ma questi esita, continua nelle serie di passi, e il pubblico benché a digiuno di qualsiasi cultura ed esperienza taurina, si indispettisce. Ma nonostante gli incitamenti e gli inviti sempre più decisi e numerosi che arrivano dalle tribune, Parejto non uccide: "il povero Parejito ha l'ordine di non far del male al toro e getta la spada. La corrida sprofonda: fischi".
Pure l'esibizione di Manuel Garcia, il torero a cavallo, lascia a bocca asciutta i romani accorsi allo spettacolo.
Termina così la corrida: "i toreri sicuramente irritati per la strana situazione in cui sono stati messi, filano velocemente sotto la doccia (...). I fischi sono per coloro che hanno voluto offrire a Roma una corrida che non è una corrida".
Dopo questa prima le autorità, coscienti della delusione presso il pubblico e nonostante le pressioni e le vive reazioni degli animalisti, "di fronte alla volontà chiaramente manifestata dagli spettatori della prima corrida" autorizzano, nella seconda, la morte di un toro.
La corsa uscirà più movimentata della prima, sarà caratterizzata da momenti di intensa emozione e anche di panico tra il pubblico quando Corchaito verrà incornato (senza conseguenze gravi) e un toro salterà la prima barricata di assi.
Sarà Parejito ad uccidere, il quinto toro ed al secondo tentativo.
Qualche settimana dopo, è al velodromo di Bologna che il 27 maggio Corchaito si fà carico di posare le banderillas e uccidere, acclamato dalla folla, l'ultimo dei cinque tori di Antonio Fuentes.
Giorgio Ponticelli, l'autore del testo che qui prendiamo a riferimento ed obiettivamente saccheggiamo, ricorda al proposito che l'abitudine di uccidere un solo toro era normale all'epoca pure nelle arene francesi, dove il terreno era fertile per lo sviluppo della corrida spagnola: il sud della Francia, dal golfo di Guascogna alle città affacciate del mediterraneo, già viveva di tradizioni taurine autoctone e importante parte integrante della vita e della cultura dei suoi abitanti.
L'Italia in questa primavera del 1923 imparava invece a conoscerle, e a leggere di queste cronache sembra pure che ne fosse colpita, forse attratta.
domenica 9 novembre 2008
La corrida in Italia (1)
Ne La tradition tauromachique en Italie, l'autore grazie ad un grande lavoro di documentazione e ricerca passa in rassegna la relazione che nei secoli ha legato il paese alla cultura taurina.
L'ultima parte del testo, due capitoli ed un epilogo, è consacrata alla corrida spagnola ed alle sue apparizioni in Italia: in tre post consecutivi ne daremo conto anche su questo blog.
Nel primo capitolo di questa sezione, intitolato La corrida alla moda spagnola, Ponticelli racconta delle esperienze di importare la corrida in Italia nel periodo immediatamente successivo alla unificazione del paese, nella seconda metà del 1800.
Anche grazie alle maglie larghe di una legislazione che non normava con precisione i giochi con gli animali, verso la fine del diciannovesimo secolo si assiste all'apparizione in Italia di uno spettacolo esotico di cui si era sentito parlare ma che in molto pochi conoscevano: la corrida.
Nella primavera del 1890 arrivano a Roma un paio di novilleros spagnoli, che avrebbero dovuto essere i protagonisti di una serie di esibizioni nella capitale.
Perico Campos e José Hernandez non brillano, evidentemente, al loro debutto se il giornale spagnolo El Toreo del 19 maggio commentca che "da quanto ci dicono, le spettacolo non ha fatto segnare un buon risultato nella capitale, tanto che si rinuncerà a proseguire la serie di corride previste nella città eterna".
Due anni dopo la fiesta sbarca in Sicilia.
Su l'Illustrazione Italiana, il 4 giugno del 1892 si legge così: "La plaza era ampia e in seimila hanno assistito alla tauromachia. Uno splendido colpo d'occhio, con un gran numero di donne dagli abiti chiari e con minuscoli cappelli di paglia. (...) Ma ecco che si apre la porta dell'arena e due alguaciles a cavallo, nei loro costumi neri, entrano al galoppo e si fermano sotto la loggia delle autorità per salutare. Li seguono le cuadrillas: primi i due matadores o espadas, Juan Borrel el Murullu e José Cazanave el Morenito, due autentici spagnoli. Vengono quindi i picadores a cavallo, con i larghi cappelli e i pantaloni di cuoio, poi i capeadors con la capa, un mantello rosso che portano sulle braccia. Quindi i banderilleros e infine le mule che traineranno fuori le spoglie. (...) Si apre il recinto in cui sono chiusi i tori... Il primo toro esce al galoppo, si ferma, gli occhi interrogativi. E' un toro della Navarra, scuro, con delle corna potenti... rivestite di gomma! (...) Ma la parte più emozionante deve arrivare. L'organizzatore della corrida ha deciso di fare due corse non cruente e una invece con spargimento di sangue! Siamo proprio all'ultima corsa; suona il clarino; un bel toro andaluso, color caffelatte, esce impetuosamente dal toril. Le sue lunghe corna sono autentiche! L'animale porta, fissata sul dorso, una grossa coccarda di seta con dei lunghi nastri con i colori della Spagna. E' il segnale che la bestia è destinata alla morte. (...) Alla fine anche il toro è ferito a morte, dopo aver scosso più di un torero. E' un momento di intensa emozione. Alcuni spettatori svengono, altri se ne vanno disgustati. E' opinione generale che questo spettacolo non sia fatto per la nostra civiltà. La corrida de toros di Palermo l'ha provato!"
Dopo il passaggio isolano, è a Verona che nel 1893 delle grandi affiches annunciano ai cittadini che per la prima volta portanno assistere ad una Grande Corsa di Tori ispano-landese.
Il 3 settembre un corteo di toreri in abito di luci e di fanfare sfila per le vie del centro, promuovendo la corsa del pomeriggio
Le corride ispano-landesi erano delle corse miste, tipiche delle Lande alla fine del XIX° secolo.
Ecarteurs landesi inizialmente, poi un lavoro con la capa e le banderillas.
Per una ragione essenzialmente economica, era ucciso un solo toro al giorno.
L'esibizione dei toreri francesi , tra cui Pierre Cazenabe alias Felix Robert, un cameriere di Mont de Marsan che rifiutava orgogliosamente di tagliarsi i baffi nonostante il costume dell'epoca impedisse ai toreri di portarne (ma per andare a toreare a Madrid, dove si presentò nel '99 per l'anternativa, si presentò senza), piacque ai veronesi.
Le finte degli ecarteurs suscitarono una grande emozione, e l'esibizione inizialmente prevista per questa sola domenica, fu ripetuta cinque giorni più tardi.
Contrariamente alla prima, questa fu annunciata con "la morte del toro" a caratteri cubitali.
Che in realtà non avvenne: Felix Robert, che pure aveva fama di buon stoccatore, non volle rischiare l'ammenda di 100 lire prevista dal codice penale promulgato dal ministro Zanardelli nel 1890.
Nel testo si fa menzione ad una sanzione prevista per coloro che agiscono crudeltà o maltrattamenti nei confronti di animali: non si fà cenno a spettacoli, cruenti o no, ma a scanso di equivoci ed essendo la norma piuttosto suscettibile di interpretazione, il torero non uccise il suo sfidante.
giovedì 6 novembre 2008
Corride paesane
Premettiamo subito che la paternità di questa segnalazione va a Laurent, che sul suo blog Photaurines (*) ne parla proprio oggi.
Pace per l'esclusiva bucata, ma è che le foto sono troppo vive per non darne eco anche qua, pur se di riflesso.
Succede che un tale François Schaer, fotografo svizzero fino a questo momento a me del tutto sconosciuto, esponga alla Gallerie Focale di Nyon una collezione di immagini prese durante un viaggio in Yucatan.
Gli scatti si riferiscono al mondo delle corridas de pueblo, corride paesane povere e vere, che l'autore ha prima sfiorato, poi frequentato, fino a farsene affamato ritrattista.
La tradizione taurina in Messico non vive delle sole ferias urbane, ma anche e soprattutto si alimenta nelle feste dei villaggi sui monti, nelle arene improvvisate tra fango e ciotoli, tra lucine e colori e musica.
Il reportage sui toreri maya, a giudicare da quelle immagini che si possono vedere anche online (qua la galleria, da scorrere), restituisce la dimensione popolare e sincera, a volte disperata per povertà a volte esasperatamente festiva per necessità, di quella tradizione.
martedì 4 novembre 2008
Didattica
Il pubblico delle corride non è composto, e a mio avviso fortunatamente, che di soli aficionados di esperienza e conoscitori.
Significa nei fatti e ancora che parte di quegli uomini e quelle donne che biglietto alla mano si siedono sui gradini delle arene è amalgama anche di curiosi, o turisti, o spettatori occasionali, che decidono di avvicinarsi alla tauromachia: con esiti imprevedibili, ché si sa che la prima tarde de toros può tanto disgustare quanto entusiasmare, ma perlomeno per conoscere, almeno una volta.
Certo significa che il pubblico della corrida, disciplina che richiede consapevolezza e coscienza serie e profonde, dell'atto in sé e della partecipazione ad esso, non sempre ha i mezzi per approvare, giudicare, sentire, partecipare.
Con un'iniziativa veramente ottima l'ANDA (l'associazione nazionale degli aficionados francesi) prese a distribuire alcuni anni fà, all'ingresso delle arene del paese, un opuscolo didattico davvero ben fatto, in cui erano riassunte le fasi fondamentali della lidia, alcuni criteri per ben misurare il toro e le azioni del torero, alcune altre indicazioni per non soccombere alla complessa stratificazione degli eventi e formarsi un primo occhio critico.
E' un modo intelligente e utile non solo per promuovere e fare aficion, ma anche per rendere migliore volta per volta ogni pomeriggio ai tori: il pubblico, le sue reazioni, il suo sentire, i suoi giudizi ne sono elemento fondamentale e irrinunciabile.
Si legge per esempio nel libretto in questione, in merito alla posa delle banderillas, che "questo tercio deve essere eseguito rapidamente, così da non sviluppare nel toro il suo istinto difensivo con delle pose maldestre e con colpi di cappa disordinati. L'uomo deve piantarle in di fronte alle corna e non a corna passate, soluzione di comodo e sicura. Preferite dunque dei subalterni sobri ed efficaci a dei maestri spettacolari ma ingannatori".
Disperavamo di poter mai leggere ed avere una copia di questo documento: gli amici francesi ci dicevano che la distribuzione venne fatta nei primi anni del duemila, ma poi per tante ragioni l'iniziativa non venne ripetuta.
Ma ieri abbiamo ricevuto da monsieur Desvignes dell'Anda, direttamente nella nostra cassetta delle lettere, alcune copie proprio di quell'opuscolo.
Grande e piacevole sorpresa, seconda solo al saperlo lettore del nostro blog: così ci ha scritto nella squisita lettera che ha accompagnato la spedizione.
Aficion.
domenica 2 novembre 2008
Sul grande schermo
E' stato presentato in questi giorni a New York The Matador, un film che ha per protagonista il torero granadino El Fandi.
A giudicare da questo articolo, alla critica del New York Times la pellicola è piaciuta.
Girato in alta definizione e con una produzione non certo improvvisata, il film segue il torero nel corso di tre anni di campagne in Spagna e Sudamerica: interviste, immagini al campo, interventi di critici e aficionados, spezzoni di corride.
Qui alcuni trailer.
Tutto molto bene, dunque, peccato che il soggetto non sia fra i toreri più amati da questo blog: la sua attitudine circense e spettacolare non incontra esattamente i nostri gusti.
Ma non si esclude che al pubblico americano un prodotto di questo genere, ben confezionato e con tutti gli ingredienti giusti (il pathos, il riscatto, la sofferenza, la vittoria dopo il dolore), possa piacere anche tanto.
Vedremo quando uscirà in Europa.
Nel frattempo tra l'altro si sono perse le tracce di Manolete, film con Adrien Brody e Penelope Cruz (*): dato in predicato di uscire, negli ultimi due anni, una volta almeno ogni tre o quattro mesi , per ora non si è visto.
Aspettiamo.
Ottima notizia invece arriva dall'amico Marco, che da Zaragoza ci ha portato una copia in dvd de Il momento della verità: per la regia di Francesco Rosi, girato nel 1965, è considerato il miglior film mai girato sulla corrida.
A presto la nostra recensione.