Dopo due ore e mezza dalle prime note della Carmen il pubblico del teatro romano di Arles si alza, finalmente rilassato, Padilla si preparara sornione e sorridente a salire sulle spalle di chi lo porterà in trionfo attraverso la porta grande e Julien Lescarret, un'orecchia in tasca, si gode gli applausi della gente e l'ultima occhiata a questa arena che oggi gli ha sorriso.
Solo Rafaelillo, il terzo degli uomini vestiti di luci, non ha grandi motivi per festeggiare, almeno a stare allo score della giornata: ma fatti i primi passi sulla sabbia del circo provenzale, il pubblico (a conti fatti un buon pubblico, durante la feria) gli tributa un'ovazione sentita e giusta, accompagnandolo nel percorso fino al tunnel con applausi scroscianti.
E se li merita tutti quei tributi il signor Rafaelillo se è vero come è vero che al di là del tabellino della giornata è stato proprio lui, il piccolo murciano, ad offrire i momenti migliori del pomeriggio: un toreo solido e coraggioso il suo, ancor più valoroso e meritevole se considerato che oggi ai tre toccavano avversari non certo qualsiasi.
E sì perché una corrida di Miura, pur con tutto quello che si possa dire sulla decadenza della casa e sul progressivo addolcimento dei suoi prodotti, rimane una corrida di Miura: nessuno dei diecimila presenti (arena decisamente popolata, nonostante le intemperie metereologiche delle ultime 48 ore) ha vissuto un solo momento di noia, avendo i Miura quella capacità solo loro e tutta loro di portare emozione e brividi in ogni arena si esibiscano, quand'anche solo con la serietà delle proprie corna, la fissità del proprio sguardo, la maestosità del proprio corpo.
Partiamo dai tori.
Domenica ad Arles i fratelli Miura hanno mandato sei esemplari ben fatti, pesanti e lunghi, con la solita e mirabile varietà di manto.
Fatto di non poco conto, la corrida era fatta di tori di cinque anni di età.
Il terzo, toccato in sorte a Lescarret, pareva più un bisonte da battaglia che un miura, il quinto l'esemplare con più trapio e con una presenza in pista essa sola terrificante.
Corna aperte in un paio di casi, sicuramente integre quelle del secondo che fiondatosi dritto contro il burladero ha lasciato un buco impressionante nelle assi.
Alla varietà delle colorazioni ha corrisposto, come abitudine, una analoga diversità di caratteri tanto al cavallo quanto alla muleta: Escandaloso, il quinto, risultando il più completo nei tre tercios e guadagnandosi a nostro parere il titolo di toro della feria, i primi due progressivamente più riservati e il terzo parecchio difficile a trattare tanto alla picca quanto nell'ultimo atto.
In generale comunque una buona corrida per gli aficionados, in nessun momento banale, e con tanti motivi di interesse forniti da sei tori temibili, armati e combattivi.
Tutti applauditi all'uscita tranne il primo, Escandaloso premiato con un'ovazione.
Per trattare una materia così era necessario avere diploma, laurea e master a pieni voti in toreo.
Al di là dei risultati finali o delle emozioni continue regalate agli spettatori, i tre invece sono stati chi più e chi meno, ma inesorabilmente, al di sotto di ognuno dei rispettivi avversari.
Se per Julien Lescarret, giovane francese del sudovest alla prima miurada, era lecito aspettarselo, per Padilla e Rafaelillo (navigati combattenti e che hanno staccato la luce a già parecchi miura) invece ci piace pensare che questo sia dovuto più alla qualità dei tori sivigliani che all'impreparazione dei due.
Ad aprire le ostilità era stato Gorrero, un toro grosso e lungo di 680 chili e dal manto castano e nero, che dopo aver messo la testa nella capa di un Padilla in ginocchio, galvanizzato dall'accoglienza riservatagli dal pubblico di Arles, veniva pesantemente e duramente piccato in due riprese.
Già alle banderillas, messe dallo stesso Padilla più con mestiere da intrattenitore circense che con rigore, Gorrero arrivava appesantito e castrato nel morale.
Alla muleta una carica corta e gravosa non permetteva altro che una faena lenta e intermittente, senza scintille, che il torero concludeva con una spada non certo impeccabile.
Altra musica con il quarto: buone le veroniche di ricezione e buoni pure i quites di navarras e farol. Dopo le due picche necessarie, era nuovamente il maestro a incaricarsi del tercio di banderillas: e il secondo paio, con una corsa di venti metri e l'unione giusto in mezzo alle corna, era veramente enorme per coraggio e precisione. Chapeau.
Terzo paio al violin e pubblico definitivamente conquistato.
La faena a dire il vero era più per gli applausi che per il buon toreo, ricca dei colpi dei scena e dei trucchetti in cui Padilla è assolutamente maestro, capace come pochi altri di comunicare con gli spalti: ma la prima serie di passi con le ginocchia a terra, portando il toro dalla barrera quasi fino al centro della pista, era davvero vibrante.
Lavoro malizioso con la muleta, con alcune serie generose e profonde ed altre più volgari e artificiose: stoccata imperfetta ma fulminante, pubblico in piedi come folgorato da una scossa, due orecchie.
Ha toreato, Rafaelillo, ma le orecchie non sono cadute: misteri della tauromachia.
Coraggio, sincerità, tecnica, professionalità...sono le doti che anche la domenica di Pasqua il piccolo torero spagnolo ha dimostrato, ancora una volta da applaudire a scena aperta per il coinvolgimento e la passione.
I suoi due Miura erano sproporzionati rispetto alle sue doti fisiche non certo da guardia svizzera, ciononostante non in un solo momento Rafaelillo ha rinunciato a toreare, a disegnare traiettorie e incatenare passi, a combattere.
Gil capita per primo Bienmirado, anche questo massacrato alla picca.
Rafaelillo monta un lavoro più che dignitoso con la muleta, il toro è si macchinoso ma si gira come una tigre dopo ogni muletazo, e un paio di sequenze di autentico valore riscaldano il pubblico.
Alla spada però è una catastrofe totale (il toro si accascerà addirittura oltre i 15 minuti regolamentari, era da tre avvisi) che nega al torero una ricompensa magggiore di un saluto, puntellato di qualche fischio.
Escandaloso uscito per quinto, 670 chili di assoluta bellezza e armonia, prenderà tre picche con allegria spingendo bene il cavallo, che alla seconda ripresa arriverà fino al centro della pista.
Un secondo tercio ben eseguito, veloce e preciso, faceva da preludio ad una faena emozionante e di buon toreo, tanto sul corno destro (il migliore), quanto a sinistra.
Calle Sierpes suonata dagli ottoni dell'orchestra Chicuelo II era la colonna sonora di un lavoro vibrante ed anche bello, con Rafaelillo che dopo alcune serie sincere e profonde si permetteva anche qualche fioritura inconsueta in corride di questo tipo.
Di sicuro i momenti migliori di tutto pomeriggio, ancora una volta però sciaguratamente rovinati da una messa a morte lunga e sfortunata: ovazione al toro, solo applausi e rimpianti per il torero.
Un'orecchia se la meritava invece Lescarret, più per il coraggio e l'impegno che per essere venuto a capo dei suoi due avversari, che rimarrano senza dubbio al di sopra del torero.
Piloto si digerisce due picche e Lescarret vuole risparmiarlo, ma da (buon) responsabile di combattimento Padilla prende la sua capa e mette il toro una terza volta al cavallo: che Piloto ne avrebbe presa anche una quarta, sicuro.
La faena è fatta di emozioni forti, con passaggi da sssssshhhhhhh di paura più che da olé di entusiasmo: Lescarret sbaglia tutto all'inizio, pretende di dominare un toro complicato e dalla carica lunga con delle serie serrate e asfissianti.
Risultato, Piloto gli mangia km di terreno e fa pirlare Lescarret per tutta la pista: ci mancava solo che il torero gli consegnasse spada e muleta e l'inversione di ruoli era completa.
Fortunatamente a quel punto il torero capisce che Piloto è toro da prendere da lontano, gli lascia venti metri e mette la muleta dritta davanti, il toro parte e il pubblico esulta: il miura si pretende il padrone di tutta l'arena, carica senza sosta, Lescarret non cede più terreno, bene.
L'imprudenza della giovane età spinge il francese, evidentemente rilassatosi troppo, a cercare un passo circolare: Piloto gli ricorda che comunque si tratta di una corrida di Miura, e dopo pochi secondi Lescarret è prima per aria e poi pesantemente per terra.
Prima stoccata fallita, seconda stoccata commovente per generosità: orecchia, e vuelta fatta metà di lacrime e metà di sorrisi per Lescarret.
La faena a Morisco, l'ultimo dei sei, sarà intermittente e farraginosa, con qualche buon passo isolato ma Lescarret non trovando mai il terreno buono.
Disastro alla spada, e silenzio.
Un buon pomeriggio di tori.
(foto Ronda - Rafaelillo e Padilla alla miurada di Arles, immagini guastate dalla luce del pomeriggio uggioso)
domenica 19 aprile 2009
La domenica con i Miura
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