domenica 10 maggio 2009

Sacrificio pagano



Abbiamo ricevuto dalla Francia profonda, precisamente da Villereal dove abita il nostro mittente, qualche pagina fotocopiata: né titolo né riferimenti né altra indicazione che una nota scritta a mano dall'amico, a indicare che quel testo è opera di tale Christian Lesur.
Così, senza indagare sulla provenienza di quelle parole o googlizzare il nome dell'autore per saperne un pò di più, abbiamo letto e riletto quello scritto.
E' un testo quasi barocco, opulento e profondo, una visione liturgica e sacrificale della corrida che vale la pena di leggere: data la lunghezza, e considerato soprattutto che avremmo faticato a oeprare dei tagli, lo pubblichiamo sostanzialmente per intero, in due post successivi.
La nostra traduzione è imperfetta, evidentemente, ma di quella vi dovete accontentare.


"Esistono situazioni, momenti, luoghi, storie in cui l'immaginario, il reale e il simbolico vi si inscrivono insieme in un modo stranamente concomitante.
La corrida sembra essere questo punto di congiunzione, a volte folle a volte straordinario, in cui il tempo e lo spazio si contaminano in strane profondità di campo, di colori, di geometrie particolari.
E' allora che possono mostrarsi, fugacemente, l'oscuro, l'impenetrabile, il difficilmente esprimibile, emozione estetica o impressione metaforica.
La corrida è una successione di metamorfosi: un'espressione molto fisica, fatta di materie, di colori, una cornice ben delimitata, una tecnica molto codificata, che si alleggeriscono fino a diventare tratti, figure di stile, autentico disegno.
Eppure tutte le fatalità, tutte le casse di risonanza, tutte le pulsioni si riversano là, in quello spazio rotondo: quello della bestia e dell'uomo.
Questo accumulo di energie, vibrante in questo calderone cosmico, annulla i termini troppo riduttivi di specialità, spettacolo, tecnicità e festività.

La corrida è sicuramente la somma e il risultato della storia dell'uomo.
Agli inizi era il culto di Mitra: una gigantesca bestia cornuta, enormenente potente, doveva morire per rigenerare l'universo. Il toro era celebrato, perché rappresentava la Fecondità, la Forza, la Potenza e la Bellezza e queste virtù ne facevano il simbolo dell'Animale Magico.
In altre epoche, le circostanze e le necessità orizzontali gli accordarono le devozioni ben conosciute, tra le altre quelle della divorazione.
Poi, con la civilizzazione, il culto si verticalizzerà secondo un approccio più religioso, dalla dimenzione sacrificale.
Si continuava comunque a praticare queste cerimonie pagane, pagandosi (n tutti i sensi della parola) un toro con il quale si giocava in maniera primitiva, fino a lapidarlo, dopo averlo fatto correre.
Placare la fame, dividere convivialmente la sua carne e catartizzare le cattive pulsioni partecipavano di questa gioia festiva.
Violenza contro violenza, la sfida sembrava paritaria ma annunciava già la dimensione sacrificale di un animale che sarebbe spirato per la dura condizione di mortale, seguendo il cammino dalla Libertà alla Morte.
La storia farà l'alimentazione più contingente, la magnificazione della riuscita.
E Francisco Romero, per primo, infrangerà la tradizione: auto-incaricato di uccidere il toro, in un modo eroico.
Sociologicamente, questo equivaleva ad un atto di lesa maestà: lui che non era che un modesto carpentiere utilizzò la spada, simbolo di nobiltà, per uccidere un animale nobile.
Questo atto non tollerava l'insuccesso: da allora, nessun uomo che venga dalla gavetta per vestirsi di luci non ha diritto al fallimento.
E così lo disse El Cordobes, lasciando la casa di sua mamma: "tornerò ricco e famoso, o tu porterai il lutto".

Il torero ha il profilo dell'eroe greco, incaricato e rappresentante del gruppo sociale per compiere il sacrificio del toro. La responsabilità e l'onore della folla sono dunque letteralmente messi in gioco in questa commistione di sacro e derisorio, questa alleanza di grandiosità e di ridicolo che è la corrida.
La domanda sul perché l'uomo si rinchiuda con il toro non è comunque spiegata, sempre seguita da una risposta impensabile, obbligatoriamente legata a questa incredibile disproporzione tra uomo e animale: questa folle sfida non può nascere nello spirito dei mortali che non da un'essenza divina.
Al torero tocca dunque questa missione sovrannaturale: uccidere questo animale considerato invincibile, animale che non fà errori e che soddisfa, in una logica estrema, la sua pulsione all'attacco.
Il torero si trova allora nel ruolo dell'officiante che celebra una messa estremamente codificata.
Entra così, raccolto, nel rito taurino come si entra in un ordine religioso.
E la rispettiva terminologia non può sfuggire al paragone: vestirse de torero come si direbbe mettere il velo, cambiare il proprio nome in un soprannome taurino così come si cambia nome entrando in convento, ricevere l'alternativa così come si prendono i voti.
Questo processo di cambiamento, dall'abito all'anima, segna la separazione e l'abbandono se non effettivo quantomeno simbolico del mondo umano normale in favore di un'altra identità per la quale il torero accetterà di vivere un'altra vita, perché egli è votato alla corrida: questo sacerdozio, questa vocazione, sono continuamente avvertiti, a contatto con il torero.
Innegabilmente, quell'uomo è altrove: il trofei, gli elogi, le critiche non lo toccano; i soldi e le donne nemmeno. Il torero non gode di questo genere di piaceri.
Quello che vive nell'arena, così forte, annulla tutto il resto.
Quello che vive è il duello vita-morte: ne esce superstite, diventa quello che si dice un superviviente, non un sopravvissuto ma un super vivente.
L'autentica esultanza è quella di aver ucciso la morte, incarnata dal toro, perché l'autentica posta in gioco è quella di esorcizzare questa insopportabile condizione di mortale.
La preoccupazione essenziale per il torero è di sopravvivere e di essere notte e giorno torero, dalla testa ai piedi.
Smettere di toreare è un'aberrazione agli occhi del matador: per lui la vera ferita è l'idea di invecchiare lontano da un'arena.
Le corride cominciano verso la fine del pomeriggio, quando il sole al tramonto divide l'arena in ombra e sole: il pubblico è già là da tempo, perché quello dell'attesa è un momento importante, quello della preparazione, della tensione.
Il cerimoniale esiste anche fuori dall'arena, per il pubblico.
Allora si apre la processione: appare il sacerdote sacrificatore, sfoggiando la sua capa simile ad una veste sacra, ricamata sulla schiena in fili d'oro e colore con un'immagine sacra, il più spesso quella della vergine.
Con il sigillo del cerimoniale e aggravata dalla messa a morte e dal pericolo costantemente corso dal sacerdote, la corrida si svolge come una tragedia nel corso della quale il pubblico giocherà il ruolo del coro antico, esprimendo i momenti forti del dramma ritmando l'azione visceralmente e vocalmente, accompagnando (identificandovisi) l'eroe che lotta coraggiosamente contro la bestia.
Lungi dall'essere una presenza passiva, il pubblico è una componente attiva di quel sacrificio pagano che è la corrida.
Attraverso la sua identificazione così profonda con il torero, il pubblico vibra e celebra con lui quel rito.
Gli olé incoraggiano, accompagnano il torero che, trascinato da questa forza, compie il sacrificio.
Ma il pubblico gioca anche un ruolo di censore, che vigila all'osservazione delle regole: dare la morte, mettendo in luce l'animale sacrificato.
E la cerimonia non sarà perfetta che con una stoccata ben portata.

Il torero si incarica di questo impegno gravoso e pericoloso, i toreri sono folli, suicidi: toreare è mettersi alla mercé della ferita e della morte.
Il torero, uomo ribelle, è convinto che non morirà mai per le corna di un toro: potrà certo ammettere, conuna certa disinvoltura, la fatalità di una ferita, ma questo non lo ossessiona ulteriormente, perché egli è mosso solo dal desiderio di vincere."

- continua -


(nell'immagine: Caida del piquero, dipinto dell'amico Alain Lagorce)

3 commenti:

Unknown ha detto...

la france profonde..... ça va lui plaire..

Anonimo ha detto...

dans certaines bouches, "profonde" me plait assez...

el 69

Unknown ha detto...

:-O