Arriviamo con un giorno di ritardo: il 21 maggio, cioè ieri, segnava i vent'anni dalla prima puerta grande di Cesar Rincon a Madrid.
Tagliò due orecchie a Santanerito di Baltasar Iban, e Joaquin Vidal sul Pais titolò "Cesar Rincon sale in cielo". Era la seconda apparizione a Madrid, la prima dopo la conferma dell'alternativa, nel 1984.
Sette anni che non passava di lì, porta grande.
Il trionfo di quel ragazzo colombiano, sostanzialmente sconosciuto, fu così clamoroso e rotondo che l'impresa gli propose di scendere in pista anche il giorno dopo, in sostituzione di un torero infortunato.
Due orecchie in tasca, la stampa che titola a tutta pagina, il telefono dell'impresario che la notte non cessa di suonare: una follia accettare il bis, subito, ventiquattr'ore dopo appena.
Il rischio di rovinare tutto è enorme e stupido è afrontarlo.
Ma Cesar Rincon è sempre stato torero, dice sì, firma, entra nell'arena a piedi e ne esce di nuovo sulle spalle, in trionfo, dopo aver ucciso due tori di Murteira Grave.
Nel 1991 uscirà altre due volte dalla porta grande di Madrid, per la Beneficenza (Samuel Flores, mano a mano con Ortega Cano e vuelta finale per i due e per l'allevatore) e per l'Autunno, in quel 1991 che diventa l'anno che fa da spartiacque tra l'era pre-Rincon e l'era dell'impero Rincon.
Con ieri sono passati vent'anni dalla prima volta in cui il portale di calle Alcalà si spalancò per far passare il conquistatore colombiano.
Per il quarto trionfo di quello stesso anno, Joaquin Vidal concluse questa volta il suo articolo con un definitivo "(Rincon) possiede il toreo puro".
Ora, occorre sapere che Ignatius J. Reilly è stato uno dei più grandi personaggi del XX° secolo.
Senza entrare nei dettagli della sua incredibile vicenda di vita, che pure meriterebbe di essere raccontata anche su queste pagine, per ora basti dire che il suo più grande lascito è quella livorosa indignazione e quell'autentica rabbia che egli nutriva per la totale assenza, nel mondo contemporeaneo, dei principi di teologia e geometria.
Ignatius Reilly dedicò la sua vita a combattere questa pericolosa e inaccettabile deriva.
Teologia e geometria.
Ecco, se penso a Cesar Rincon e al suo toreo, mi vengono in mente queste due categorie.
Teologia e geometria, il toreo puro: liturgia e canoni, rito e ortodossia.
Cesar Rincon era questo, era il toreo essenziale, era teologia e geometria, era dogma e scienza ed anche cuore e passione.
Perché ci vuole fede, per chiamare un toro da venti metri.
E ci vuole Cartesio per farlo girare, metterlo in asse, dominarlo.
Ci vuole aficion infine, cioè cuore cioè passione, per fare questo con un toro bravo, senza mentire, senza trucchi, con verdad.
Cesar Rincon pianse, il giorno del suo addio a Bogotà, pianse nell'entrare a uccidere uno dei suoi tori, con lui piansero tutti gli aficionados che erano lì nella Santa Martia, e con loro piansero in silenzio tutti gli aficionados del mondo.
Ci manca, Cesar Rincon, ci manca il suo toreo puro, e quel suo senso unico per la teologia e per la geometria senza le quali il mondo è peggiore, come diceva Ignatius.
(foto François Bruschet - Cesar Rincon, il giorno di Bastonito)
domenica 22 maggio 2011
Teologia e geometria
Categoria
Cesar Rincon
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2 commenti:
Grazie Luigi per la citazione dell'impareggiabile protagonista del romanzo "La congiura dei cretini", uno dei più bei libri che ho letto.
Teologia e geometria, è vero, questo è il toreo. A chi non sa di geometria dovrebbe essere proibiito l'ingresso alla plaza de toros, diceva Bergamin.
Cesar Rincon è stato l'ultimo vero "MAESTRO" del toreo in attività, interprete sommo dei concetti di collocazione, distanza, toreare di fronte e "cargar la suerte", ancora non è apparso chi lo possa sostituire nella cattedra, nemmeno Josè Tomas, che più che un maestro è un guru, in cui prevalgono aspetti "mistici" (e quindi nè geoetrici nè teologici) che con il toreo ortodosso poco hanno a che fare.
Saluti
Marco
Ignatius è un punto di riferimento.
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