E' stato pubblicato ieri sul Pais questo interessante articolo a firma di Francis Wolff: eccolo tradotto.
Un declino morale
La fiesta de los toros è una delle creazioni più originali della cultura ispanica, ed è al contempo veicolo di valori umani universali: il coraggio, la grandezza, la verguenza , la lealtà, il rituale della morte, il dominio dell'animalità nell'uomo e fuori da egli, esercizio di bellezza partendo dal suo opposto, il caos e la paura. Può essere possibile che questa invenzione culturale originale soccomba a un conformismo che dell'universalità ha solo l'aspetto, l'universalità insapore di McDonald Coca-Cola? Se un giorno la corrida scomparirà saràuna grande perdita per l'umanità e e per l'animalità.
Saremmo di fronte a una perdita culturale ed estetica, ovviamente, ma anche a un problema etico. Per alcuni, il divieto della corrida sembra un "progresso" della civiltà. Mera apparenza. L'animalismo non è una estensione dei valori umanistici, ma anzi la loro negazione: perché nel tentativo di elevare gli animali al livello che dovremmo trattare gli uomini, necessariamente gli uomini devono essere ridotti al livello in cui trattiamo gli animali.
Non nego che abbiamo doveri verso gli animali.
E 'immorale tradiree la relazione di affetto che abbiamo con i nostri animali domestici. E' immorale trattare come oggetti gli animali domestici che vengono allevati per la loro carne, per la loro lana o per la loro forza lavoro, "oggetti" come nelle forme scandalose di allevaemento industriale meccanizzato; ma accettiamo che è morale ucciderli.
E con i milioni di specie di animali selvatici che popolano gli oceani, montagne e foreste abbiamo dei doveri di responsabilità ambientale quali il rispetto degli ecosistemi o della biodiversità.
Il toro non rientra in nessuna di queste categorie. Non è un animale selvaggio, posto che è cresciuto dagli esseri umani, e nemmeno un animale domestico, in quanto ogni tauromachia presuppone la conservazione del suo istinto naturale di ostilità verso l'uomo chiamato bravura. Per questo animale, una vita secondo la sua natura ribelle e indomita deve essere una vita libera e naturale, e la morte secondo la loro natura di animale selvatico deve essere una morte nella lotta contro ciò che viola la sua libertà e ne sfida la supremazia nel suo stesso territorio. Vivere libero e morire combattendo è il destino del toro.
Qualsiasi proibizione sarebbe un declino morale. Il significato e il valore della corrida poggiano su due pilastri: la lotta del toro che non deve morire senza aver potuto esprimere il suo potere offensive o difensivo, e l'onestà del torero che non può affrontare il suo avversario senza rischiare la propria vita . Il dovere di rischiare la propria vita è il prezzo che bisogna pagare per il diritto di uccidere l'animale rispettandolo, invece di sacrificarlo in modo nascosto e meccanizzato.
E però, dobbiamo confessarlo: nessun argomento potrà mai convincere coloro che rappresentano la corrida come la tortura di un animale innocente. Né che nella sua lotta il toro esprima la sua natura di animale selvatico, e nemmeno che volendo evitare la morte di alcuni si condanni in effetti l'intera specie, o ancora il confronto tra la vita breve e miserabile dei vitelli allevati in batteria e quella dei e tori cresciuti in totale libertà, niente li convincerà.
Questi argomenti saranno sempre inadeguati a fronte della reazione immediata e passionale che di chi si indigna e grida "No, questo no!".
E' vero che a questa reazione gli aficionados oppongono molte volte la loro passione.
Potremmo rimanere a questa dicotomia delle passioni, se esse stesse si fermassero lì.
Ma il problema è che una di esse pretende il divieto dell'altra.
Ed è qui che il ruolo della politica deve essere quello di rimanere su un piano di ragionevolezza dicendosi: "Se un giorno la corrida scomparirà, sarà perché non susciterà più nessuna passione. Fino ad allora è giusto lasciare a ognuno con la propria passione e permettere che prevalga sempre il principio di libertà.
Francis Wolff, El Pais 26.09.11
(foto Ronda - alla Monumental di Barcellona)
martedì 27 settembre 2011
Un declino morale
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8 commenti:
L'argomento è tutto sbagliato per un semplice motivo: gli animali hanno dei diritti che devono essere rispettati. Tra cui il diritto alla vita.
E non è vero, come si dice nell'articolo, che elevando la posizione degli animali bisognerebbe abbassare quella degli uomini. Condividiamo alcuni diritti con gli animali, e quindi possiamo vivere una vita senza crudeltà gratuite.
L'argomento degli animalisti non è quello "passionale", né la "sensibilità", ovviamente soggettivi, bensì l'affermazione che gli animali posseggono alcuni diritti che dovrebbero essere rispettati.
e che diritti ha il polletto che mangiamo ogni giorno? il polletto in batteria? e l'aragosta che muore gridando? e la vacca che vive un anno in pochi metri quadri? e l'oca che fa il foie gras? e il luccio che quando la pesca finisce gli saltano via gli occhi? che diritti hanno gli animali che mangiamo? il toro lo mangiamo e vive meglio e più a lungo di ogni altra specie allevata. mah
"e il luccio che quando la pesca finisce gli saltano via gli occhi?"
Ulla! D'accordo su tutto quanto, ma presumo che tu ti riferissi qui alla presa "occipitale" del Luccio, praticata agli albori della "Pesca&Rilascio"; solo per aggiornarti, da circa 15 anni oramai questa tecnica è stata quasi completamente abbandonata in favore dell'opercolare. Detto ciò, il discorso di fondo rimane giustissimo.
Saluti,
Foresti
se sei il matteo nucci de "il toro non sbaglia mai" tantissimi complimenti! Libro stupendo non solo per l'argomento trattato
@matteo nucci:
infatti dovremmo essere tutti vegani.
Per favore, non rovinate questo spazio trasformandolo in una sterile disputa pro o contro i tori nell'arena. Altri sono i luoghi per queste discussioni, sempre che ci sia qualcuno ancora interessato a farle, perchè - come dice Wolff - "nessun argomento potrà mai convincere coloro che rappresentano la corrida come la tortura di un animale". Grazie!
PS: a me JT piace proprio perchè per anni si è battuto contro "il sistema" e poche volte ha deluso le attese di chi è andato a vederlo. Ma questo è un capitolo da non riaprire fino alla prossima temporada. Rigrazie.
Angelo francamente non credo che l'intervento di Mattia possa rovinare questo spazio, e anbzi mi sembra che l'atteggiamento suo sia tale da far pensare ad un possibile dibattito: certo le posizioni sono opposte e inconciliabili, ma discuterne mi piace.
La prima cosa che mi viene da dire è che a nessun animale è negato il diritto alla vita, tanto è vero che ne nascono a milionate ad ogni ora, dappertutto.
Casomai la differenza sostanziale è nella loro morte: c'è la preda che muore in modo del tutto naturale tra le fauci del leone, c'è il pollo che muore in serie dopo aver vissuto in un fazzoletto di terra, c'è il gattino che muore - castrato da anni - tra le braccia della nonnina dopo una vita passata a mangiare friskies.
E c'è il toro che muore lottando, perchè è la sua natura quella di combattere, e dopo quattro anni vissuti nella libertà del campo.
E pure non credo che gli animali abbiano diritti, quanto invece che gli uomini abbiano dei doveri verso di loro. Che sono quelli essenzialmente citati da Wolff quando dice nei suoi testi che il nostro obbligo morale nei confronti degli animali è di approcciarli e comportarsi secondo il vincolo di legame che ci unisce a loro o secondo la loro più profonda e singolare specificità. Così il cagnolino che ci tiene compagnia in appartamento è giusto che lo nutriamo e lo curiamo e che restituiamo a lui l'affetto che ci dà, così il cane che in un bosco minaccia e ringhia contro un bambino è giusto che si prenda un calcio nei coglioni, così gli animali che ci danno pelli e carni e forza lavoro è giusto che siano accuditi e allevati dignitosamente, così i caprioli che devastano le coltivazioni è giusto che siano abbattuti.
Così dunque il toro bravo va lasciato vivere libero e poi combattuto e ucciso senza finzioni, rischiando la propria vita. Chiudere un toro bravo in un a stalla, lasciarlo appassire e ingrassare e metterlo a trainare un carro, quella sì sarebbe una vergognosa violenza.
Un saluto a tutti
Ma chi è che decide chi ha o non ha diritti ? Sono sempre gli uomini, gli animali sono totalmente estranei alla creazione di ogni fenomeno giuridico, ne sono eventualmente solo l'oggetto.
Anche una legge che stabilisce che non bisogna maltrattare un animale è fatta dagli uomini per tutelare la sensibilità di altri uomini rispetto a certi fenomeni, ma in ogni caso non può essere generale e riguardare tutti gli animali, senza differenziare quelli domestici (da affezione e da reddito) quelli selvatici, quelli nocivi.
Il veganismo è una scelta individuale rispettabile, ma non può essere imposta alla società perchè utopica e perchè la sua ipotetica imposizione provocherebbe un assurdo sovvertimento di tutte le civiltà umane, che si basano tutte, nessuna esclusa, sull'utilizzo a vantaggio dell'uomo delle risorse che anche il mondo animale può offrire.
Comunque, poichè il movimento si dimostra andando, suggerirei ai fautori dei pretesi diritti degli animali di provare a catechizzare un branco di squali affamati sui loro diritti, immergendosi indifesi fra di loro, o di fare come quella anziana antitaurina inglese che anni fa, volendo documentare con un video "il maltrattamento" dei tori che venivano fatti correre nelle strade di un paesino spagnolo (non una corrida, ma un encierro senza lidia e morte) mentre riprendeva con la sua telecamera venne puntata da un toro, incornata, sollevata in aria e fatta cadere a terra dallo stesso, che poi si accanì sulla disgraziata, lasciandola malconcia paralitica per sempre.
E' proprio vero che il toro on sbaglia mai.
Saluti.
Marco
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