Per quanto ancora la visione della A con le orecchie,
disegnata con il gesso bianco e sproporzionata sulla sabbia gialla a
centro pista, provocherà negli aficionados brividi ed eccitazione?
Di
questo passo ahimé c'è da scommettere invece che quella stessa A sarà
tra poco sinonimo, tra gli appassionati, di noia e delusione e
fallimento.
Miura, c'est fini borbottava amaro un ganadero
locale domenica sera ad Arles, uscendo a passo svelto dall'arena:
miglior sintesi non avremmo potuto fare per raccontare la corrida
pasquale di quel ferro che in questi ultimi anni sta corrodendo l'aura
di leggenda che lo accompagna da sempre.
Di presentazione
generalmente seria pur se non certo straordinaria, con tre esemplari
sopra i 600 kg, la corsa di Miura è piombata nel fallimento totale a
partire dal terzo toro.
Ché i primi due avevano, in effetti, fatto
sperare in un pomeriggio diverso: Ojeador, il primo della serata, aveva
preso tre picche con un certo impegno e alla muleta era arrivato
riservato e difficile, ma comunque vivo.
Una corrida terribile e preoccupante per la ganaderia di Zahariche, dove avranno da riflettere sulle ultime uscite dei tori marchiati in quelle terre.
Posto che delle ultime quattro bestie non ha senso parlare, Fernando Robleño ha messo in evidenza a Ojeador le già conosciute sue qualità e anche una buona disposizione: davvero apprezzabile il suo sforzo di fronte a un toro reticente e complicato, sforzo culminato in una serie a sinistra buona e inaspettata. Peccato che per quegli insondabili misteri che regolano equilibri e criteri di una feria, né questo valoroso sforzo, né una spada intera ed efficace abbiano fruttato quella che sarebbe stata una meritata orecchia.
Trofeo che invece, con qualche merito in meno, si è aggiudicato Javier Castaño al secondo della serata: una terza picca da così lontano non si imponeva, e la faena è durata il tempo di un paio di serie a destra, poi nulla più.
A partire dal terzo toro, con il senno di poi, avremmo fatto meglio ad andare a berci una bottiglia di rosé in una qualche bodega del quartiere.
Con una Pasqua così, il lunedì le già consistenti aspettative riposte dagli aficionados nella corrida di Fuente Ymbro registravano un'impennata logica e consistente. Il cartel era effettivamente allettante, la corsa dell'anno scorso era stata più che buona e nei recinti i sei tori di Gallardo avevano sfoggiato teste impressionanti (che distraevano in realtà da un trapio generale non certo entusiasmante).
Ma se non fosse stato per Ivan Fandiño e il suo toreo chiaro e canonico, del pomeriggio non si sarebbe salvato nulla: fracaso totale per Fuente Ymbro che ha portato ad Arles tori senza razza, senza forza, con qualche volontà anche ma senza i mezzi per realizzarla (il quarto), instabili sulle zampe, senza qualità e in un paio di casi con complicazioni disordinate.
Thomas Duffau è naufragato sotto la carica scomposta ed esigente di Dionisio, l'ultimo del pomeriggio, che si è prima portato a spasso il torero di Mont de Marsan per tutta la pista e poi se l'è mangiato servendosi una voltereta di antipasto: peccato, avremmo voluto vedere quel toro, probabilmente il più attrezzato dei sei, trattato da un polso più sicuro.
David Mora non è certo stato fortunato al sorteggio: Escogeperro, il suo primo, era invalido (e il pubblico impediva al torero di brindarlo al consesso, bene) e non si poteva fare altro che finirlo rapidamente; e Majeza sì aveva complicazioni e difficoltà, ma Mora rimaneva ai margini di un toro dal quale si sarebbe potuto ottenere di più, solo profondendo maggiore impegno. Un brutto segnale alla vigilia della stagione più impegnativa e decisiva.
In questo deserto di casta e toreria, Ivan Fandiño aveva buon gioco a emergere e infine risultare l'unico possibile trionfatore della serata.
Il suo primo Fuente Ymbro, colpito da infarto al terzo paio di banderiglie, era sostituito da un Antonio Palla sufficientemente mobile e solido per permettere a Fandiño di dedicarsi a un lavoro profondo e convinto: dalle chicuelinas serratissime ad una spada intera entrando perfettamente, e passando per una faena in cui l'uomo era di parecchio superiore al toro, il torero basco metteva in mostra le qualità di fermezza e coraggio e serietà che lo stanno imponendo come valore sicuro e riferimento principale tra gli aficionados.
La faena a Laurel, il quarto del pomeriggio, era servita con una muleta forte e dominatrice, lasciando distanza al toro perché si ossigenasse ed arrivasse carico in quel panno rosso capace di risucchiarne la carica e poi governarla a piacere.
Torea bene, Fandiño, ed è un piacere vederlo all'opera: ben collocato nell'asse delle corna, la gamba di uscita sempre avanzata, la muleta offerta davanti e piatta. Eccola, finalmente, la verità della tauromachia.
Due orecchie per lui e un'uscita in trionfo meritata per il torero migliore di tutto il ciclo pasquale.
(foto Ronda - corrida di Fuente Ymbro, Arles)
1 commento:
Leggo su http://eltoroporloscuernos.blogspot.it/ in merito alla corrida di fuente ymbro a Siviglia:
"Particularmente el primero lucía un pitón derecho que era una guadaña, tanto que cuesta imaginar que la vaca lo pariése así. Valga mencionar que hace cuatro días el apoderado de Fandiño denunciaba las cabezas de alfiler que presentaron los hermanos de estos bichos en Arles, conocedor del "repaso" que se le da al pitón para limpiarlo cuando se retiran las fundas"
Sospettose manipolazioni delle corna?
Diego
Posta un commento