Tempo, vita passata, ricordi, nostalgia e rimpianto, e morte.
Vita che è sempre, necessariamente, altrove, sempre un poco più in là, un poco più indietro nel tempo. Vita che mai ci è dato afferrare al presente, in diretta. Vita da sempre vissuta, appunto, attraverso il suo essere "ieri", "allora", "un tempo". Mai adesso, mai qui, mai ora.
Mai vera, nemmeno nei momenti più veri.
Vita che non è mai vita presente ma solo illusione, ricordi, nostalgia, rimpianto, sconfitta.
E morte prima ancora della morte. Sorella morte che tutto presto avvolge e perdona. Che tutto redime e pacifica, che tutto cancella nel nulla che desideriamo e odiamo. Perchè quello che c'è è tutto quello che c'è. Non ci saranno date altre occasioni.
L'occasione di essere è solo questa, questa cosa effimera, spezzata, imperfetta che non riusciamo ad afferrare, ma solo intuire, immaginare, e poi rimpiangere. Vita che è solo questo attimo breve, incompleto, dolcissimo e ripugnante, avvelenato dalla costante consapevolezza di quel qualcosa di assoluto, di infinita bellezza, di quella bellezza abbacinante che avrebbe potuto essere ma che non è stato. E che non è e non sarà mai, non sarà più, mai più, e poi solo il nulla.
La vita, questa insopportabile, falsa, terribile, tragica beffa.
Siamo soli e siamo tori.
Perchè vado a vedere la corrida?
Perchè ricordo i miei vent'anni, un amore - forse l'unico vero amore, perchè l'amore può essere vero solo a vent'anni, innocente e ingenuo come il desiderio del toro per quel panno che lo attrae. Quel panno strano, con quella cosa vestita di luci attaccata che se la conosci prima non ti frega più, la muleta. Che se la conosci prima non ti frega più, l'amore.
Ricordo che c'erano i miei vent'anni e una moto. Un fratello sul sellino posteriore e la Spagna sotto le ruote. Valencia.
Un'arena e un uomo. Lo ricordo bene, Rafael de la Vina. E i tori.
"Io amo colui che ove è possibile intuire, disdegna dedurre".
E' la mia citazione preferita. Nietzsche. Also spracht Zarathustra, se ricordo bene.
Una moto e la Spagna. Sotto il casco il recente ricordo di "Morte nel pomeriggio". Hemingway.
Non avevo capito nulla, di corrida, dopo quella lettura. Ma non era stato necessario dedurre. Era bastato intuire per capire che la vacanza sarebbe stata un viaggio verso un'arena. Perchè aficionados si può solo nascere.
Perchè spagnoli si può solo nascere. Qui, a Genova, a Piacenza, a Cinisello Balsamo, a Ragusa come a Madrid, a Murcia, a Linares, a Ronda.Perchè quello che ci porta in un'arena è qualcosa che sta nel centro esatto del nostro essere e dell'universo. Riflesso e centro di ogni nostro sentire.
Perchè vado a vedere la corrida?
In fondo credo di averlo scritto già: perchè gli attimi vissuti ai tori sono di una verità assoluta. I soli veri che ci è dato di vivere. Veri sempre e comunque.
Un uomo e poco più e la morte che si fa vita e poi morte e poi vita e ancora e ancora in una effimera, immortale proprio perchè temporanea, ghirlanda.
Perchè ho capito, vedendo il mio primo toro, quello che avevo sempre saputo: che in ogni singola faena, e solo in una faena ,anche la peggiore, per chi ha occhi per vedere e cuore per capire la vita è finalmente vita vera, e quella sua orribile, pallida imitazione che siamo costretti a vivere tutto il resto del tempo viene cancellata, interrotta, sospesa da quel laico sacerdote capace di fermare il tempo.
Perchè vado a vedere la corrida?
Perchè "Todo tiempo que no dediquemos a ver toros o hablar de toros, es tiempo perdido" (Fernando Lopez Claramunt)
Perchè vado a vedere la corrida?
Ecco, non lo so, perchè vado a vedere la corrida. E in fondo nemmeno mi interessa tanto saperlo.
Vado all'arena come il regista di film porno del film "Guardami" va alla telecamera, con la consapevolezza che "Sono quarant'anni che faccio film porno e non ho ancora capito cosa sto cercando di filmare". Forse.
Paolo Dallorso
(foto Ronda - per inviare il proprio testo: alle5dellasera@tiscali.it)
1 commento:
Complimenti, bellissimo.
Elisa
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