martedì 31 luglio 2012

Ricardo Chibanga, El Africano

"Il fidalgo (cavaliere) tende la mano al forcado e gli augura buona fortuna.
Nell’aria si respira odore di letame e terra battuta. È sera. La terra è di un rosso intenso, l’umidità tagliente. All’improvviso la banda intona un motivo trionfale, e una sorta di frenesia s’impadronisce dell’arena
illuminata. Si presentano i fidalgo e i forcado.
Il momento è emozionante: sta per fare la sua comparsa il toro. Una volta entrato si muove furiosamente, in un’esplosione di forza bruta. Il pubblico è in visibilio. Comincia l’unica corrida dell’estate nella città di Lourinha, a pochi chilometri da Torres Vedras. L’arena che ospita lo spettacolo è una struttura mobile, e appartiene a un imprenditore di Golegã, Ricardo Chibanga. Il suo carrozzone itinerante porta la tourada (la corrida portoghese) in tutto il paese durante le vacanze.
Mentre si svolge lo spettacolo Chibanga è nervoso e concentrato. Saluta tutti e fa il giro dell’arena un’infinità di volte, seguito da una troupe che sta preparando un documentario sulla sua vita. È stato il primo africano
a indossare il traje de luces (letteralmente il vestito di luci) e da giovane ha toreato nelle più importanti arene del mondo.
El Africano. Questa è la sua storia."

Inizia così un articolo dal titolo Ricardo Chibanga - Il torero africano, pubblicato sul numero 957 di Internazionale.
Va da sé che, solo per il titolo, il pezzo va letto e promette meraviglie.
Altre notizie su Chibanga, en passant un'orecchia il giorno della sua alternativa a Siviglia, su portaltaurino.com

Buona lettura.









venerdì 27 luglio 2012

Il torero delle Ande

C'è una scena emblematica in questa pellicola: David Gil seduto sul letto, la camera di una topaia in un qualche paesino chissà dove su per i monti, il volto tirato e stanco, in mano poche misere banconote.
300 dollari.
E' il guadagno di un giorno passato a combattere toracci dall'altre parte del mondo, solo in mezzo ad un'arena polverosa, lontano da tutto.
Che poi, fai presto a dire arena. Recinti di pietre e sassi, spalti improvvisati ricavati dai terrazzamenti del terreno, assi sgangherate, pubblico multicolore e sovraeccitato.
Non ci vuole uno scienziato a capire che di sala operatoria o di infermeria, da queste parti, nemmeno l'ombra
300 dollari per tutto questo.

Se Toro Negro era il Lars Von Trier più cupo e crudo, questo El Torero de los Andes è il Wim Wenders più arioso e lirico.
Siamo di fronte a un road movie romantico e insieme triste, che ci accompagna di là dall'oceano a seguire le peripezie di David Gil: torero di scarsi mezzi, dalla natìa Linares si trasferisce ogni anno in Perù per una campagna di un paio di mesi nei villaggi più improbabili delle montagne.
Lì David Gil si trasforma in un torero amato e idolatrato, le donne impazziscono per lui e gli uomini lo fotografano e intervistano e si ubriacano per lui.

La fotografia è superba, la collezione di personaggi pirotecnici è indimenticabile, e la storia è la autentica vicenda di vita di David Gil: El Torero de los Andes anche per questo arriva a toccare le corde dell'emozione, snocciolandosi in un'oretta di immagini mozzafiato e amare riflessioni.

Da vedere.




martedì 24 luglio 2012

Orgoglio latino

Perché il mondo è latino, e tutto il resto rimane in superficie.

Latinoamericando è la casa di tutti, già che il cuore dell'uomo, davvero, batte al ritmo della cumbia: le sue porte sono aperte fino al 27 agosto, come ogni anno si passa di là per sentirsi parte del mondo.

E perché in fondo, tutti siamo Maradona contro l'Inghilterra, schiacciandogli due gol.



ps: occorre confessare che l'entusiasmo latino di queste righe è stato irrobustito dal ricordo del concerto irresistibile e totale di Chico Trujillo, ieri sera al festival




(foto latinoamericando.it)


lunedì 23 luglio 2012

El Fundi, concerto per oboe e picca





Si è aperto il portone delle quadriglie e sulla pista si è presentato El Fundi.
Il cielo sopra Ceret era grigio e tetro, come si conviene ad ogni addio: pochi istanti ancora e la Cobla Mil.lenaria avrebbe attaccato quel bolero marziale e onirico, e il veterano di Fuenlabrada avrebbe sfilato per l'ultima volta montera in testa fino al balconcino della presidenza. Come si conviene a chi matador de toros è stato sul serio, la festa dell'addio non prevedeva né ricchi premi né coppe di champagnie: digerirsi i Moreno Silva per l'ultima volta a Ceret significa essere torero, uomo e torero, e più giusto commiato di un paio di saltillos veri e selvaggi non poteva pensarsi.

La pista completamente vuota, El Fundi compiva solo pochi passi e si fermava, lo sguardo austero e serio come sempre, la mascella solo un grado più tirata del solito: davanti a quella figura statuaria, un ragazzo vestito a festa, la camicia bianca e i pantaloni di lino neri.
Gli applausi, fino ad un attimo prima scroscianti, si tacevano lentamente e il ragazzo appoggiava alla bocca l'ancia dell'oboe che teneva in mano: in un'atmosfera irreale e sospesa i due uomini stavano l'uno di fronte all'altro, ad unirli le note che uscivano da quel clarino e gli occhi di tanti che segretamente si facevano umidi. Là in fondo un uomo a cavallo, a dare nobiltà e senso alla cerimonia.
Quella melodia ora dolce ora strozzata era l'omaggio di un'arena intera ad un torero che di quell'arena aveva fatto la storia, era un concerto privato e insieme pubblico per oboe e sentimenti.
La stretta di mano tra i due, terminato lo spartito, sanciva l'eterno legame tra un uomo sincero ed un'aficion rigorosa e riconoscente.
Sublime.

E chissà se El Fundi immaginava che quel concerto prevedeva un secondo atto, tumultuoso questa volta, roboante come una sinfonia di tamburi e legni, trascinante e impetuoso.
Incaricato dello spartito Tito Sandoval, che riceveva Palmito una prima volta con una picca ferma e sicura, per contenere quella carica brutale e assassina al collo del cavallo.
580 chili di muscoli e rabbia partivano dal centro, poco dopo, per andare di nuovo all'assalto del castello, e questa volta il picador moderava la dose, conscio che sul pentragramma le vere delizie erano riservate alle battute successive.
Terza picca, Palmito esita e pure non ha altro negli occhi che quel cavallo. Tito Sandoval lo chiama, lo provoca, e poi con un gesto che profuma di tauromachia ottocentesca si leva il cappellaccio bianco e lo lancia in mezzo alla pista, sotto al muso del toro. Palmito cede, corre, le corna nel fianco del cavallo, il tamburo suona, il teatro è in piedi. Tito Sandoval e Palmito, in un'incisione di Goya.
Ha un quarto movimento la sonata, e c'è Tito Sandoval che questa volta veste i panni del cowboy e mentre le corna di quella bestia sono sempre più vicine fa roteare il bastone del suo arpione, con una mano sola, come Buffalo Bill faceva roteare la colt, piccando al regaton.
L'ovazione è assordante, e copre la musica, questa volta suonata davvero, che arriva dalla cobla.

Alla fine dello spettacolo, gli applausi.
Degli areneros di Ceret, robusti e nerboruti, allineati dal portone fino al centro della pista, in due ali d'onore che hanno risucchiato e accompagnato l'ultima uscita del Fundi.

Meraviglie.


Ceret, 14 luglio - corrida di Moreno Silva
6 bestie spaventosamente armate e pesanti, senza reale bravura e meno selvagge del previsto, solide e malitenzionate nel complesso.
El Fundi, ignorato e liquidato malamente il primo, strappava un'orecchia generosa a Caparro, dopo una faena essenzialmente destrorsa e una spada esemplare. Fischi e applausi per i suoi due.
Javier Castaño era valoroso e lidiador di fronte a Palmito, dopo che Sandoval aveva catapultato tra gli angeli il conclave e l'intera cuadrilla aveva salutato nel secondo atto. Palmito dominato al termine di una faena ammirevole, il fallo alla spada e le ritrosie del pubblico impedivano al torero qualsiasi trofeo (applausi al toro e saluto all'uomo). Insipido e problematico il suo secondo avversario, silenzio per i due.
Serafin Marin ha dalla sua che è catalano in terra catalana: ché altrimenti un torero che si lasciasse scappare i due tori migliori del pomeriggio avrebbe vita breve, da queste parti. Applausi per Lemanoso, uscito vincitore nei tre atti contro tutto e tutti, e grossi applausi per Gallito, un toro completo e vivo, rapido, intelligente, sciupato da un toreo insapore e rettilineo.


(foto Ronda)




venerdì 20 luglio 2012

A Roma

Riceviamo e promuoviamo: chi sta dalle parti di Roma è avvisato.

Giovedì 26 luglio ore 19
Rassegna Isola del Cinema
Isola Tiberina, Schermo Lungo Tevere - Roma

"La letteratura taurina del Novecento. Da Garcia Lorca a Chaves Nogales. Da Hemingway a Max David"

Incontro con Matteo Nucci, autore di Il toro non sbaglia mai (Ponte alle Grazie).




 

mercoledì 18 luglio 2012

15 luglio 2012





E dunque, che dire.
Robleño si è silurato sei Escolar Gil nell'arena di Ceret.
Calerito, Caralegre, Chumero, Cocinero, Artillero, Caloroso.
Uno alla volta sono usciti come missili dal toril e uno alla volta sono stati frenati dalla capa e poi piegati dalla muleta di quel piccolo grande uomo.
Uno alla volta hanno incontrato il corpo del torero, in sei edizioni di una suerte davvero suprema, l'animale e l'uomo a gettarsi nelle braccia della morte per riguadagnare la vita.
Una via crucis ai piedi dei Pirenei, il vestito lacereto e macchiato di sangue, i fedeli in estasi, ogni stazione 500 chili di ferocia, gli apostoli a sostenere la croce e portare la spada, la funzione compiuta.

Manifesto delle virtù umane, prodigio sensazionale di sobrietà e serietà, uomo eroe eterno, Fernando Robleño ha combattuto e vinto sei bestie straordinarie e spaventose, ha realizzato il miracolo della tauromachia senza tempo e grande, ha perforato i cuori e fatto vibrare i nervi.

C'è un prima e un dopo il 15 luglio 2012, per chi era a Ceret domenica.
Il prima ognuno conosce il suo, il dopo ci unisce tutti.
Il dopo sono i ricordi imperituri che rimarranno scolpiti per sempre nelle retine e nel cuore.
Chi c'era, sa.


Quel silenzio religioso e partecipe di un'arena intera, quella comunione totale di cuori e spiriti, quella verità.
Quella poesia alla muleta, quell'energia impetuosa, quell'armonia delicata.
Quel corpo dritto in mezzo alle corna, quel busto fermo, quelle serie pure e sincere.

Ceret il 15 luglio è stata la capitale del mondo e dell'uomo.

Fernando Robleño, sei Escolar Gil. 


(foto Ronda)





lunedì 16 luglio 2012

Torero, torero, torero






Ceret, 15 luglio 2012.

Fernando Robleño.

Torero, torero, torero.



(foto Ronda)



venerdì 13 luglio 2012

Visca Catalunya




Da lunedì i resoconti.




mercoledì 11 luglio 2012

Cose da San Fermin (2)

Il 9 luglio del 1985, corrida di Osborne, Luis Francisco Esplà chiese in prestito un cappellino a un inserviente dell'arena, sistemato nel callejon: lanciato il cappello sulla pista, Esplà andò a piantare le banderillas sul dorso di Campesino proprio sopra quel cappello.

Encierro interminabile (più di otto minuti), drammatico (6 incornati) e pirotecnico quello di Cebada Gago nel 1988: i tori presto rimasti da soli e dunque pericolosi e imprevedibili, addirittura Doloroso II a un certo punto, disorientato, invertì il senso di marcia e corse indietro fino ai corrales di Santo Domingo.

Il 13 luglio 1995 Juan Mora brindò al cielo la morte di Castellano, il Torrestrella che quel mattino aveva aperto in due Matthiew Tassio, dall'Illinois: per nulla conoscitore della tecnica della corsa, caduto per un contatto, l'americano volle rialzarsi subito invece di rimanere a terra. Castellano, che arrivava a tutta velocità, lo perforò massacrando fegato, reni, aorta.

Nel 2002 la Peta inaugurò i suoi spogliarelli, El Fandi fu dichiarato trionfatore della feria, Antonio Barrera debuttò a Pamplona con una cornata: un anno disgraziato.

Le tensioni sociali e politiche esplosero definitivamente durante la feria, nel 1978: il 9 luglio San Fermin fu sospesa, dopo tre giorni di incidenti dentro e fuori l'arena, durante i quali perse la vita German Rodriguez, ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente di polizia.
La festa venne recuperata con un San Fermin chiquito dal 22 al 25 settembre, con tre encierros e relative corride (Antonio Perez, Guardiola, Campos Peña) e con un ambiente autenticamente sanferminero che viene ricordato come la miglior fiesta di sempre.

 L'8 luglio del 1986 una vacchetta, liberata nella plaza al terminarsi l'encierro, saltò le assi, fuggì passando per il contropista e, indovinate il percorso corretto, uscì dall'arena e si trovò sulla strada. Sulla Telefonica incornò un passante. Dopo aver seminato il panico percorrendo a tutta velocità vie e passaggi, costringendo la gente a rifugiarsi nelle macchine o a fuggire e i pastori ad inseguirla su un mezzo di Radio Popualr, finalmente fu catturata e riportata nella plaza de toros.

Serata apocalittica e gloriosa per Antonio Ferrera il 14 luglio del 2006: Murriano, il suo primo Victorino Martin, gli inflisse una cornata di 8 centimetri nel muscolo destro. Nonostante questo, Ferrera decise di combattere anche l'ultimo del pomeriggio, e Hébijon per ringraziarlo gli infilò il corno nella carne, con una doppia traiettoria di 20 e 12 centimetri. Ferrera si infilò un paio di jean, rallentò le emorragie con un nastro rosso, completò la faena e uccise il toro: recibiendo, che non aveva più forze per avanzare verso l'avversario.
Due orecchie, coda.

Un avvocato di Boston, il ventisettenne Steven O'Keefe, riuscì a farsi incornare al termine dell'encierro, all'interno dell'arena: "è stata una lezione - dichiarò - ma tornerò a correre". Era l'8 luglio 1983, tori di Julio Aguirre.

Nel 2001 la mucca pazza impazzando, i toreri che ottenevano l'orecchia dell'avversario dovevano immediatamente dopo riconsegnarla perché questa fosse incenerita. Dai menù dei ristoranti, quell'anno sparì lo stufato di toro.

Domingo Valderrama, torero sivigliano, il 10 luglio 1993 affrontò la corrida di Miura in compagnia di Antonio Campuzano e Oscar Higares. 50 chili di peso, 1 metro e 62 di altezza, Valderrama pescò al sorteggio Amargoso, un mostro di 690 chili. Gli tagliò un'orecchia.


(fotoMikel Lasa/sanfermin.com - Padilla con i pastori, 11 luglio 2012)










lunedì 9 luglio 2012

Cose da San Fermin (1)

Il 9 luglio 1976 i Benitez Cubero corsero l'encierro in 2'39", senza mollare nessuna cornata lungo il percorso: l'incidente del giorno capitò a Perry Potten, un americano che prese un paio di botte in testa dopo essere ruzzolato su un gruppo di corridori già a terra, all'ingresso nell'arena.
Nel pomeriggio di quel 9 luglio, José Maria Manzanares si impossessò delle due orecchie di Intrigado, e fece lo stesso con quelle di Maravilloso, i due avversari che il sorteggio gli attribuì: l'exlpoit gli valse il titolo di trionfatore della feria.

Il 12 luglio 1980, per la prima volta una corrida a Pamplona fu presieduta da una donna: si trattava di Maria Angela Oyaga Gimeno, consigliera dell'UCD, che si occupò di regolare le vicende tra i tori di Marqués de Domecq e Angel Teruel, El Niño de la Capea e Espartaco.

Victorino Martin debuttò a Pamplona nel 2005. Petardo totale.

Nel 1981 un mozo provò senza successo a far salire nel tendido de sol la sua asina: gli fu impedito, ma con tenacia il personaggio riuscì a fare entrare l'animale in pista, al termine della corsa. Dopo aver proposto a Espartaco di dare una vuelta al ruedo in groppa all'asina, incassato il rifiuto del torero fu lui stesso a fare il giro d'onore dell'arena montando a cavallo dell'animale.
Juanita, questo il nome dell'asina, trascorse la notte a fare festa con il suo padrone: che però a mezzanotte la vendette per 4000 pesetas a una coppia di uomini, realizzando così una plusvalenza di 500 pesetas rispetto a quanto egli l'aveva inizialmente pagata.
Alle prime luci dell'alba Juanita era ancora a far baldoria, la si poteva incontrare a passeggiare tra i tavolini del Café Iruña.

I tori di Cebada Gago fecero la loro apparizione a San Fermin nel 1984, e da allora hanno sempre presenziato alla feria con la sola eccezione del 1997, quando fu lo stesso ganadero a scegliere di non andare.
Per sei volte i Cebada gago si sono aggiudicati il premio alla corrida più completa, e quattro tori (Trepador 1990, Panadero 1992, Manzanillo 1998, Segador 2007) hanno riportato il premio Carriquiri al toro mas bravo
I tori di Medina Sidonia hanno provocato 27 feriti nei loro encierros tra il 1985 e il 2008, e nella corsa del 9 luglio 1999 il toro Cepillero assestò cornate a 7 corridori diversi.
Fu durante l'encierro di Cebada Gago del 2003 che Fermin Etxeberria Irañeta subì una ferita e un trauma cranico per i quali morì due mesi dopo.

Il 13 luglio 2008 scesero nella pista navarra sei enormi tori di Miura: il più leggero, Campohermoso, pesava 615 chili. I tre toreri si misero in luce con valore e serietà, Padilla e Rafaelillo uscirono in trionfo dopo aver tagliato un'orecchia ad ogni avversario, El Fundi diede una vuelta al ruedo dopo aver incassato una cornata dal suo secondo.

Ne l993 partecipò ad uno degli encierros anche un corridore cieco. 


L'8 luglio 1982 Hatero di Marqués de Albaserrada, numero 34 per 517 chili, fu portagonista di un primo tercio spettacolare: rimase circa 10 minuti contro il cavallo, spingendolo dall'ombra al sole, senza che nessuno potesse distrarlo.

 - notizie tratte da "1976-2008 Los Sanfermines de Nuestra Vida", di Murillo e Rubio, ed DN




(foto Maite H Mateo, da sanfermin.com) 

 

venerdì 6 luglio 2012

Gora

Attraverso il portale predisposto per l'occasione da Rtve, sarà possibile seguire per tutti i prossimi giorni la feria di San Fermin, e in particolare seguire le dirette di ogni encierro: si parte domani mattina, con i tori di Dolores Aguirre.

(foto Elmundo.es)

giovedì 5 luglio 2012

Il gesto di Las Ventas

Suonato il terzo avviso, El Fundi si ritirava con la faccia scura dietro il burladero.
Il cielo, nero come la pece.
La spada non ne aveva voluto sapere di entrare nelle carni di Contable, il quarto del pomeriggio che già aveva costretto il torero madrileno a un lavoro difficile e sfilacciato.
Peggiore addio all'aficion di Las Ventas non si potrebbe immaginare: sì perché El Fundi, dopo venticinque anni da gladiatore a combattere tori duri e maligni, a fine stagione dismetterà per sempre il traje de luces.
Domenica 20 maggio era in programma il suo ultimo paseillo a Madrid, e domenica 20 maggio il destino gli aveva preparato un pomeriggio di nuvole gonfie e acqua scrosciante e un lotto di tori duri e ingenerosi.

Gli avvisi avevano suonato impietosi e puntuali, facendo crescere nel pubblico un misto di tensione e malumore: una catastrofe con gli arnesi, El Fundi, un triste festival di pinchazos e descabellos senza risultato.
Male.
Molto male, in verità.

I quindici minuti suonati, con passo lento e pesante, il torero guadagnava il riparo delle assi, lo sguardo vuoto e un'espressione mista di sconforto e collera.

Per qualche secondo l'arena è parsa dubitare, nervosa, poi sono arrivati i fischi, sempre più fastidiosi, sempre più rumorosi.
Va da sé, i tre avvisi normalmente non meritano molto di meglio.
Fischi.
Bronca, si direbbe, se il termine non stridesse con la caratura del personaggio in questione.

Ma ecco, qualche momento dopo, il gesto di Las Ventas.
Il gesto di un'aficion autentica e consapevole, che sa distinguere i toreri sinceri e veri, che ha nel cuore i toreri sinceri e veri.
Qualche istante di disorientamento e poi lo scenario cambia, piano piano da qualche settore dell'arena quei fischi si trasformavano in timidi applausi, poi in un batter di mani sempre più convinto, fragoroso, quasi trionfale, la gente in piedi, sotto l'acqua in piedi ad applaudire.
Era l'omaggio sentito a quel torero, torero di sempre e sempre torero, al di là di quel toro vigliacco e di qella spada ingrata.
Ovazione, per tutto.

Applausi.


(foto Ronda)


martedì 3 luglio 2012

Sentimenti


O del perché andiamo a vedere la corrida.




lunedì 2 luglio 2012

Badajoz, anche il torero muore

Ieri su La Lettura, inserto del Corriere della Sera, è apparso questo articolo a firma di Giorgio Montefoschi: si parla della corrida di Badajoz, quella dell'ennesimo ritorno di José Tomas.
A questo collegamento, la seconda parte del pezzo.

Già Antonio Lorca, dalle colonne del Pais, aveva parlato di quella serata torrida e di un Juli straordinario.