lunedì 31 agosto 2009

Ceniencientos, gli Alcurrucen in zona Cesarini

I carteles di Cenicientos 2009 non erano certo per fare salti di gioia, anche se si deve comprendere che tra i debiti lasciati dal precedente impresario truffatore (che ha lasciato nei guai molti altri Comuni della zona) e la crisi economica che ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche di tagliare le sovvenzioni ai festeggiamenti, non si potava fare più di tanto.
In poco tempo, e con pochi denari, il Comune di Cenicientos ha dovuto risolvere il problema per non lasciare, come hanno fatto altri, il paese senza tori nei giorni della festa grande, e si sa, la fretta è per i cattivi toreri…
E poi invece di una corrida di rejoneo – per fortuna non compresa nell’abbonamento - si poteva organizzare una buona novillada.
I risultati sono stati in linea con le previsioni: se nel 2008 di 4 corride sono state buone 3 (Alcurrucen, Corbacho Grande ed Escolar Gil), quest’anno solo Alcurrucen ha confermato il successo dell’anno scorso ed ha mantenuta alta la bandiera torista della Feria.
Forse con lo stesso budget ridotto si sarebbe potuto scegliere meglio, perché ganaderias con casta e non tanto care ce ne sono ancora, anzi, le più dure, se non hanno un nome famoso, possono essere molto convenienti, perché vendono poco.




Non pensavo di andarci, ma siccome mi veniva comodo per concludere una settimana di itinerario turistico nella Vecchia Castiglia, consapevole di ciò che mi aspettava, sono arrivato a Cenicientos a Ferragosto, in tempo per vedere le ultime due corride.
Il giorno prima si era vista un’opaca corrida di Cortijoliva, in cui però era uscito un gran quinto toro, secondo quelli che vi hanno assistito. Sui toreri, meglio stendere un velo pietoso.
Il 15 agosto, giorno della Festa della Virgen del Roble invece, era il turno di una indegna moruchada del Conde de la Corte, che solamente era a mala pena adeguata a Cenicientos per quanto riguarda la presentazione.
Nelle gradinate, nel corso della corrida, si è sentito gridare: ”La Vergine non si merita questo”. Nel tendido 7 ( di Cenicientos , ma come in quello di Madrid) sono persino apparsi striscioni dicendo “che schifo di ganaderia!".
Il terzo toro inoltre era chiaramente invalido, ma non è stato cambiato malgrado le proteste, credo per non dover pagare il rimpiazzante.
L’unica cosa degna di menzione è stata la faena de dominio di Vilches al quarto toro, un manso con querencia che aveva fatto dannare la quadriglia nei primi due tercios, ma che il torero è riuscito a sottomettere, rovinando purtroppo la sua degna prestazione con la spada.
Il sesto, che non era bravo ma bravucon, ha spettacolarmente disarcionato il picador dopo aver sollevato il cavallo, e solo il cambio de tercio ordinato dal Presidente lo ha salvato dalla vendetta del cavaliere. E questo è tutto.
Dello stesso encaste, preferisco di gran lunga i Coimbra che ho visto a Ceret, se non raddrizza la selezione quella del Conde è una ganaderia persa.

Il giorno dopo finalmente Cenicientos ha ritrovato la sua tradizione con una magnifica corrida di Alcurrucen. Già la mattina nel desencajonamiento (lo "sbarco" dei tori, ndr), vedendo gli esemplari che uscivano dal camion, agli aficionados è venuta l’acquolina in bocca.
Non so se è stato meritato il premio “Corucho” che la stessa mattina è stato consegnato all'allevatore per la miglior corrida del 2008, perché potevano a pari titolo averlo dato ad altre due, ma è certo che si è meritato il premio per il 2009.
Questa ganaderia, che in genere da scarsi risultati quando vende i suoi tori per le figuras, a Cenicientos dà senza dubbio il meglio di sè.

Quattordici varas (le picche, ndr) hanno preso i tori di quel pomeriggio, di cui cinque furono per il sesto, un manso reservon con poder che ha seminato il panico nell’arena. La corrida, oltre che una stupenda presentazione, aveva casta, nelle sue differenti accezioni, aveva forza, ed ha mantenuto l’interesse del pubblico per tutto il tempo.
Peccato che i toreri non siano stati all’altezza della situazione.
Anibal Ruiz nel suo primo toro è stato totalmente sopraffatto, al quarto ha tagliato un’orecchia a un toro così buono che si toreava da solo.
Ivan Garcia ha strappato un’orecchia al suo primo avversario con il suo toreo popolare, ma il quinto era troppo per lui, ed ha avuto difficoltà anche nella banderillas.
Con la muleta non ha fatto altro che pegar pases abusando del pico (artificio usato dai toreri per guidare il toro tenendolo lontano dal corpo).
Nemmeno David Mora ha potuto risolvere i problemi dei suoi due tori che avevano una certa difficoltà dovuta alla casta, cosa che un torero deve saper affrontare.
Ciò nonostante, gli Alcurrucen ci hanno lasciato una buona impressione, e la speranza che in futuro, risolti i problemi economici contingenti, Cenicientos torni ad essere la gran Feria torista che abbiamo conosciuto.

Gli abitanti di questo grazioso paesino non hanno perso l’amore per il toro, e quest’anno si è inaugurata la prima associazione taurina del paese, battezzata Los Coruchos. Hanno organizzato colloqui taurini a mezzogiorno, dopo l'apartado (quando i tori, dopo il sorteggio, vengono fatti entrare nei rispettivi gabbiotti, ndr), nel bar del Arrebato ed il Comune ha istituito i premi alla miglior ganaderia ed al miglior torero. Anche la suerte de varas ha avuto dei piccoli miglioramenti, ed i picadores sono stati finalmente collocati nel terreno più logico, al lato opposto della porta del toril, cioè da dove esce il toro.
Speriamo che le cose vadano meglio l’anno prossimo, perché a Cenicientos vogliamo tornare, e non solo per l’ottimo jamon pata negra di Vicente, titolare della rinomata macelleria Telex.

(testo e foto di Marco Coscia, inviato speciale del blog)

venerdì 28 agosto 2009

Red Sands




Festival di cortometraggi, pianura padana, una sera di fine agosto.
Il calendario scorre piacevole, il parco che ospita le proiezioni è cornice ideale, si vedono i piccoli film sotto le stelle, la rassegna coinvolge centinaia di persone ogni giorno dalle nove in poi.
Non solo appassionati cinefili, intellettualoidi, addetti del mestiere, gente del sottobosco culturale della città: se qualcosa di buono ha questo festival è d'aver vinto la scommessa, di essere riuscito a coinvolgere la gente del paese, dei paesi vicini, uomini e donne che da anni non mettono piede in un cinema e che però amano avvicinarsi a queste pellicole in formato small, farsi raccontare storie in miniatura, ridere per un filmetto e dopo qualche centinaio di secondi trovarsi a commuoversi per un altro.
Lunedì, martedì, mercoledì, un corto di animazione, un'opera di 5 minuti, un documentario che condensa la storia in qualche giro di lancetta e poi ancora, immagini, storie brevi, la musica spesso obbligata a farsi attore, protagonista, racconti a volte leggeri e teneri, a volte duri e senza concessioni.
E' un bel festival, ci va tanta gente, si sta bene.

Si arriva così a ieri l'altro, giovedì sera, prima un capolavoro assoluto (1), poi il presentatore annuncia il secondo blocco di visioni, snocciola i titoli, la gente riprende posto sulle seggiole, si fa buio.
Partono le immagini di Red Sands, documentario di David Procter.
Cazzo, sono 24 minuti sulla corrida.
Salto sulla sedia, mi sembra che tutta la gente sappia di quale macchia mi copro, mi sembra che tutti guardino me, mi sento accerchiato.
Mi giro, per fortuna c'è di fianco a me la compagna dei tanti paseillos, non sono solo.
Gli occhi qua sono abituati alle favolette di animazione con colori pastello, violetto, azzurrino, verdino, giallino, adesso c'è un interminabile primo piano del sangue che il toro ha lasciato sulla sabbia dell'arena, rosso, clamorosamente rosso, inequivocabilmente rosso.
Per i primi tre o quattro minuti faccio fatica a seguire, lo ammetto.
Poi mi rendo conto che la gente non ce l'ha con me, non mi addita, e torno a mettere come tutti gli occhi sullo schermo.

Red Sands, ovvero un'intrusione violenta nella quiete della campagna padana, un buco nero nel quale giovedì sera vengono risucchiate 150 persone.

Non vedevo l'ora che finisse, perché ogni minuto che passava mi chiedevo quale sarebbe stata la reazione di un pubblico non solo a digiuno di tauromachia, ma che nemmeno poteva sapere e si immaginava di aver di fronte 24 minuti così.
E insieme però speravo che la proiezione durasse il più possibile: non siamo al cospetto di un capolavoro visionario, di un'opera d'arte, ma il documentario è oggettivamente ben fatto.
Finalmente qualcuno che vuole, semplicemente, raccontare della corrida.

Red Sands è un documento sulla passione per i tori, in Spagna.
Fine.
A Pamplona, più precisamente, dove è ambientato e di cui ritrae una giornata alla San Fermin, dall'encierro all'ultima stoccata del pomeriggio.
A narrare il filmato, fuori campo, quello che si intuisce essere un aficionado attempato, con la voce roca d'ordinanza.
La pellicola certo sconta qualche semplificazione e soprattutto qualche fascinazione tipicamente anglosassone, lo sguardo è equilibrato e attento pur se qualche leziosità fa capolino più di una volta, qua e là.

Però, però...c'è qualcosa in Red Sands, una qualche cosa che è riuscita a tenere attaccate alle seggiole tutta quella gente ieri sera, fino alla fine, una strana energia magnetica delle immagini e delle parole che davvero attira e colpisce.
Credevo che metà del pubblico se ne sarebbe uscita dopo cinque minuti, e che l'altra sarebbe rimasta solo per fischiare.
Invece no.

Red Sands è un documentario, e in questo sì molto anglosassone: asciutto, oggettivo, sufficiente a sé.
Non è un filmato né amorevolmente apologetico né fanaticamente antitaurino.
Per dire, non ci sono solo passi con la capa rotondi e sinuosi oppure nemmeno morti lunghe e penose, non c'è solo lo splendore dell'oro o la vergogna del sangue.
Red Sands mostra le cose per quelle che sono, e questo lo fa bene: c'è tutto, in uno sguardo che solo lontanamente e in un secondo momento si intuisce coinvolto e affascinato.

Ci sono i volti tesi o rilassati del pubblico all'arena, il toro che esce dal suo gabbiotto e si infila nel circo, c'è la picca, una prima, una seconda, il sangue che cola sul manto bianco dell'animale, lo sporca, lo marchia, la vita che esce dal corpo.
Ci sono le banderillas, prima nelle mani dei subalterni e poi nella carne dell'animale.
I passi con la muleta, naturales, molinetes, gli scarti del toro, il suo respiro, lo zoom sui suoi occhi.
C'è l'arte e c'è il sangue, c'è il dolore e c'è l'entusiasmo.
C'è la spada che entra, qualche sssshhh in sala.
C'è addirittura la puntilla, la prima efficace e rapida, la seconda meno, la terza da macelleria.
C'è tutto, come dev'essere in un documentario.
Non male.

Poi certo qualche artificio tecnico e un pò di mestiere fanno il resto.
Le immagini sono spesso suggestive, con un taglio particolare e obliquo, e la fotografia non è antologica ma nemmeno scontata.
La voce fuori campo, che lascia pensare a un volto segnato dalle rughe, un sigaro tra le labbra e un bicchiere di fino davanti, gratta come una puntina su un disco impolverato, dà corpo a quelle immagini, le rende umane, vive, tridimensionali.
Quella voce, a cui solo per qualche fotogramma riusciamo ad associare un volto, si confessa agli spettatori, dice del suo contrastato amore per i tori: parla di emozioni così vere e forti da non poter essere tradotte, insieme di felicità e dolore, di liberazione e tensione, di infinita passione e ruvidi sensi di colpa.
Le sue parole raccontano a una platea di inesperti della fatica di essere aficionado ("la corrida è come il teatro classico, richiede rigore e conoscenza, non è cosa per tutti"), della meraviglia di essere aficionado ("le corride viste con mio padre, all'arena, un'emozione impossibile da dimenticare"), della pena di essere aficionado ("la morta lenta, un senso di colpa insopportabile").
Il mistero di essere, ancora e sempre, aficionado: "è una cosa che non puoi spiegare, che tiene insieme amore e dolore, e che non riesci ad abbandonare".

Infine la musica, che fortunatamente non è cliché: né flamenco, né pasodobles, non c'è nemmeno Paquito Chocolatero.
Un incontro tra l'elettronica più calda e l'orchestrazione classicamente cinematografica, un implacabile crescendo che davvero trascina e che si unisce, all'apice della progressione, alle immagini di una stoccata.

E poi Red Sands finisce.
Silenzio in sala, intuiamo lo stordimento e il disorientamento: niente da fare, la corrida è cosa che tocca, inevitabilmente, che non lascia indifferenti, che ti interpella la pancia e la testa.
Ma nessun fischio, nessun rumore.
Metà del pubblico tace, forse scossa, qualche brusio.
L'altra metà applaude, forse scossa, un applauso strano e elettrico.

Chi lo incrociasse a qualche festival o su qualche canale televisivo, non se lo lasci scappare.
Perlomeno, da vedere.



1. Lila, di The Broadcast Club e prodotto da Autour de Minuit

giovedì 27 agosto 2009

Son cosas de toros


Hai voglia a provare a rimanere ben saldo alle tue convinzioni fermamente razionaliste, hai voglia a scherzare chi non può prescindere dal cornino, dalla toccatina, dalla formuletta antisfiga, hai voglia a ridurre sempre e tutto a simpatico e romantico folklore: la scaramanzia nella tauromachia è una cosa seria, le superstizioni sono assiomi ineludibili, le leggende più nere sono pagine di storia, e non l'invenzione di penne ispirate.
Citofonare Rafael el Gallo, per esempio.

Prendi i Miura: sarà, ma ci sono sempre in mezzo loro.
Certo, la morte di Manolete è ancora tutta da spiegare, Nimeno si è suicidato, ma Pepete, Posada, Domingo Dominguin e qualcun altro sono morti sotto le loro corna.
La ganaderia più letale e assassina.
Come se lo sceneggiatore di questo lungo film che è la storia della corrida avesse deciso di assegnare una volta e per sempre la parte dei cattivi, ma dei cattivi più cattivi, ai tori di Zahariche.

Il funzionario della plaza di Carcasonne (*), che domenica nel contropista è stato aperto in due da Espartero, novillo di Miura, è vicino alla morte.
Assai probabile che non ce la faccia, ci hanno detto oggi.

Ma questo non basta a farci vacillare, che diamine, la scaramanzia è poco meno di una turba e le superstizioni sono robe da Totò con i suoi talismani.


Espartero il nome del novillo che ha messo le sue corna, in due riprese, nel corpo dell'assistente di Carcassonne.
Espartero.
Proprio come Espartero, promettente e coraggioso torero che in un pomeriggio di maggio verso la fine del 19° secolo lascerà la propria vita sulla sabbia di Madrid.
L'ultimo sguardo che i suoi occhi incrociarono fu quello di Perdigon, il Miura che lo stava uccidendo.
Vabbé, ma non c'entra.

15 il numero dell'Espartero di Carcassonne.
15 il numero del noviglio di Moreno Silva che il giorno prima, nella stessa arena, aveva duramente ferito e spedito all'infermeria Juan Carlos Rey, infilando il suo corno nella di lui coscia destra.
E questo c'entra ancora meno, dai.

Sapere poi che sia Espartero che quel Moreno Silva sono usciti entrambi per secondi, figuriamoci, è suggestione buona solo per ricamarci un pò su.

L'alguacil di Carcassonne dicono che morirà.

Son cosas de toros.

(foto Ronda - Raul Rivera a Istres, sul bicchiere l'immagine della Vergine)

martedì 25 agosto 2009

Le foto di agosto su CyR



A complemento dell'articolo di ieri, segnaliamo volentieri le notevoli gallerie fotografiche che l'équipe di Campos y Ruedos ha pubblicato in queste settimane.
Di Dax i recinti e la novillada di Adolfo Martin, da Bilbao per l'Aste Nagusia, poi Carcassonne per i Moreno Silva, Parentis per la concorso e la corrida di Raso de Portillo, fino a Bayonne per il 7 agosto, gli Ana Romero e gli Antonio Banuelos.
Da vedere.


(tra le tante, per fare da vetrina al post, abbiamo scelto questa qua in alto: è di Laurent Larrieu, col grigio plumbeo della sabbia di Bilbao)

lunedì 24 agosto 2009

Agosto senza tori



O meglio, con i tori degli altri.
La crisi facendosi sentire, per il primo anno da quando siamo vittime del virus dell'aficion il nostro è stato un agosto senza tori.
Poco male, ci rifaremo.
E poco male perché comunque, pur nel nostro buen retiro appenninico, siamo stati raggiunti da sms, telefonate e messaggi di altro genere dagli amici e dai lettori calati nelle terre taurine ispano-francesi, ad aggiornarci e farci partecipi delle loro avventure.

Così, partendo dalla fine, scopriamo che in questo week-end la feria di Carcassonne ha sfoggiato due buone novilladas: Moreno Silva il sabato e Miura ieri, ovvero due pomeriggi promettenti bravura e casta.
E casta è stata, per Campos y Ruedos addirittura sabato è uscito il toro dell'anno.
Week-end anche tragico, con ferite e incornate in pista e soprattutto fuori dalla pista: il secondo noviglio di Miura ieri pomeriggio, al suo ingresso puntava dritto la barriera delle assi, saltava nel corridoio e qui sfogava la sua furia sull'alguacil.
Panico tra i presenti, il toro veniva fatto tornare nell'arena, ma mentre al malcapitato venivano portati i primi soccorsi, il novillo saltava di nuovo, e di nuovo a dare cornate: come capita con i tori di sangue sicuro, l'obiettivo era ancora lo stesso ed era ancora l'alguacil a farne le (drammatiche) spese, il ventre aperto e le budella all'aria.
La corsa è stata sospesa per un'oretta e un quarto, la presidenza avendo giustamente valutato di non poter proseguire: l'infermeria della piccola arena dispone di un solo lettino per gli interventi, fino a quando l'alguacil non è stato trasferito ad un ospedale sarebbe stato pericoloso proseguire la corrida.
Prognosi riservata e coma artificiale il bilancio della tragedia, buona novillada di Miura con uscita in trionfo di Marco Leal.

Rimanendo in un orizzonte torista, a Cenicientos (non lontano da Madrid) i tori di Alcurrucen hanno dato spettacolo anche quest'anno: fiumi di casta, forza, carattere.
Il reportage completo del ciclo dovrebbe arrivare su queste pagine nei prossimi giorni.

Di Bilbao abbiamo letto su El Pais, di cui curiosamente la gentile edicolante di un paesello vicino acquista e rivende un paio di copie ogni giorno.
Cronache dure e a tratti impietose, a denunciare la perdita di bravura e l'insipidità della maggior parte dei tori presentati, fatta eccezione per una corrida di Victorino non indimenticabile ma comunque dura e complicata.
Tra gli uomini, pare che solo Ponce abbia davvero sollevato i gradini dell'arena.

Da Beziers intanto arrivavano sms sconsolati: non tanto per la pochezza delle bestie, che si sa l'arena non è certo tra le più intransigenti, ma piuttosto per gli assurdi prezzi ai botteghini.
37 euro per i gradini bassi di una novillada mattutina, e prezzo pieno pure per i bambini...mica uno scherzo, con i tempi che corrono.
In più, la novillada in questione (Meynadier) si è rivelata floscia, senza morale, molle.
Bel colpo.

L'amico infiltrato nelle ferias del sud spagnolo ci aggiornava invece da Malaga: tori "sin casta", a dire suo e del suo vicino loggionista, e le tradizionali generosità verso i toreri.
Ponce e Castella sugli scudi, ma le orecchie di Malaga sono poco più pesanti di una piuma.

Il telefonino ha vibrato anche per un paio di messaggi arrivati da Dax: la sintesi non ci sorprende, aperitivi lunghi e impegnativi, corride nulle e soporifere, El Juli magistrale e con la sorpresa di una buona corsa di El Pilar.

Negli stessi giorni, nel bel mezzo di una camminata stoica per raggiungere la vetta di un monte che pareva più vicino di quanto in realtà non fosse, venivamo messi al corrente che El Fundi aveva rischiato grosso contro i Victorino a San Sebastian: potessimo, gli consiglieremmo di interrompere la stagione che altrimenti rischia di diventare più solo una lunga e pericolosa via crucis.

La corposa e calorosa teoria di messaggi era iniziata venerdì 7 agosto, quando El Tito ci informava dal suo cellulare della serata di Bayonne: per El Fundi al di là dello score una prova ancora incerta, José Tomàs impreciso alla muleta e un Castella in piena forma, in un'altra buona corrida de El Pilar.

In mezzo a tutto questo il messaggio di Loquito, che da Arles relazionava sulla becerrada del 10 agosto: sulla pista 6 giovani Tardieu, che in maggio avevamo visto nell'immenso verde della ganaderia. Uno buono, uno più complicato e gli altri quattro dalla carica franca pur se un pò corta.
Nel complesso, un lotto più che discreto e promettente: bene.

E' passato così, il nostro agosto senza tori.

(foto Ronda, dall'appennino)

venerdì 7 agosto 2009

Buone vacanze



A partire da oggi il blog, insieme al suo curatore, se ne va in vacanza per un paio di settimane.
A meno di clamorose sorprese dell'ultima ora, sarà il primo agosto senza tori da quando l'aficion è entrata nelle nostre abitudini: la crisi impera, e strano e triste agosto dunque, ma poco male... vedremo di rifarci presto.

Materiale da sottoporvi ne avremo, in ogni caso: ancora scalpitano i pezzi sulle visite alle ganaderias di Vincent Fare e di François André, o il reportage fotografico della novillada di Yonnet di Istres per esempio.
E poi sappiamo che qualche fortunato lettore si godrà nelle prossime settimane un meritato viaggio nelle terre taurine di Spagna, e magari al suo rientro ci scriverà un reportage da pubblicare qua.

E in ogni caso sarà inevitabile ritornare sull'articolo di Nucci, non tanto sulle righe che ha scritto lui, ma sull'effetto che ha avuto quella notizia sul nostro blog: è come se si fosse liberata una vivace energia latente, tradotta nella voglia di confrontarsi, partecipare, dire.
Ci sono tante persone in Italia che vanno ai tori, e questa è una notizia da un lato eccitante e dall'altro sorprendente.
Qualcuna di esse è capitata su queste pagine e qualcuna ci capiterà, qualcuno si è fatta viva e altri molti ancora non l'hanno fatto.
Quei famosi quarantuno commenti, e gli altri dei giorni successivi, autorizzano e spingono il blog a fare qualcosa di più.

Parliamone, qui nei commenti o pure via mail: trovate l'indirizzo qua a destra, appena sotto le immagini che scorrono (cliccare su @ mail).
Sostanzialmente, i compiti delle vacanze.

Che sia una buona estate.


ps: campeggia su questo post una foto presa a Ceret, corrida di Coimbra.
Mi è piaciuta la corrida, e mi piace questa foto.


(foto Ronda)

domenica 2 agosto 2009

L'odore della morte


Nella plaza la tragedia non arriva mai semplicemente, improvvisa, senza qualche vago segno premonitore, senza l'avviso del destino, senza i mali auspici degli àuguri, senza che il sole si oscuri e straripino i fiumi.
I toreri, prima che il toro li uccida, puzzano da morto.

Vorrei che lo domandaste a Blanquet che era della quadriglia di Granero. Uomo serio, posato, era Blanquet; non era neanche gitano.
Quel giorno, il 7 maggio del 1922 (sempre il mese di maggio) quando Granero entrò nella cappella della plaza di Madrid, Blanquet e un altro banderigliero, Juan Luis, gli andarono dietro e si inginocchiarono poco lontano.
Avevano già cominciato a pregare e Granero teneva la testa fra le mani, quando Juan Luis, bianco come la morte, girò gli occhi spaventati verso Blanquet.
"Lo senti anche tu?..." fece Blanquet.
Juan Luis disse sottovoce: "E'il tuo madatore...non posso neanche respirare..."
Blanquet disse "Mah, speriamo di sbagliarci..."
"E gli altri", domandò Juan Luis, "non se ne sono accorti?"

Quel giorno il toro Pocapena, di Veragua, uccise, contro la barriera della tribuna numero 2, Manolo Granero, che aveva vent'anni e voleva essere più grande di Joselito.

Granero, cuando toreas
en la plaza de Madrid
te dicen las madrilenas:
Granero vas a morir...

Se non lo dicesse Blanquet, che non è neanche gitano, magari uno non lo crederebbe.
Ma anche Joselito, quel giorno di Talavera, puzzava da morto.
E Sanchez Mejias (se non lo affermasse Balnquet sarebbe da non crederlo), Sanchez Mejias cominciò a puzzare tre mesi prima.
Nessuno poteva resistere, in casa sua...


- brano liberamente tratto da Volapié di Max David, ed. Bietti -


(la foto è presa dall'ottimo blog Toreros Antiguos)