giovedì 30 aprile 2009

Il duende, il toro e il torero


Il duende non si ripete mai, non più di quanto si ripetono le forme del mare nella burrasca.
Nella corrida si ammanta delle sue espressioni più impressionanti perché deve lottare da una parte con la morte, che può distruggerlo, e dall'altra con la geometria, la misura, elemento fondamentale di questa fiesta.

Il toro ha la sua orbita, il torero la sua, e tra i due c'è un punto di pericolo in cui culmina questo gioco terribile.
Si può tenere la muleta con la propria musa e le banderillas con il proprio angelo e passare per un buon torero, ma per i passi di capa, con un toro ancora vergine da ferite, e al momento di uccidere, si ha bisogno dell'aiuto del duende per arrivare al cuore della verità artistica.

Il torero che stupisce il pubblico con la sua temerarietà non torea, ma si trova nella situazione ridicola, alla mercé del primo arrivato, di giocarsi la vita; al contrario il torero illuminato dal duende ci regala una lezione di musica pitagorica e ci fà dimenticare che mette continuamente il suo cuore davanti alle corna.

Lagartijo con il suo duende latino, Joselito con il suo duende giudeo, Belmonte con il suo duende barocco e Cagancho con il suo duende gitano mostrano, fin dal crepuscolo delle arene, ai poeti, ai pittori e ai musicisti, quattro grandi cammini della tradizione spagnola.
La Spagna è l'unico paese al mondo in cui la morte sia lo spettacolo nazionale.

- brano tratto da Juego y teorìa del duende, di Federico Garcia Lorca -

(foto Ronda - Sebastien Castella a Nimes, 2008)

mercoledì 29 aprile 2009

Come sta andando Siviglia?





Male.


(foto Ronda - feria de Abril a Siviglia, 2006)

lunedì 27 aprile 2009

Sul piccolo schermo


Segnaliamo, pur con un colpevole ritardo, che a questo sito è possibile vedere in diretta ogni sera le corride della feria di Siviglia, in programma in questi giorni.
Insomma niente paytv, niente carte di credito, niente download legali o meno: si vedono in streaming, gratis, sul divano.
Certo non è come essere alla Real Maestranza, ma facciamo di necessità virtù.
Augurandoci che il giochino funzioni anche per le prossime grandi ferias, da Madrid in poi, segnaliamo che domenica alle 18.30 è prevista la tradizionale corrida di Miura che chiuderà il ciclo sivigliano.
Su soffiata di un gentile lettore, siamo inoltre a comunicarvi che la miurada di domenica sarà visibile pure via satellite su Andalucia Tv (satellite Astra, 19.2').

domenica 26 aprile 2009

Dove vanno i Victorino?



Aveva tutti i titoli per essere la principale candidata al ruolo di corrida dell'anno, ed invece non è riuscita a sottrarsi all'implacabile legge: corrida de expetacion, corrida de decepcion.
Giovedì scorso alla Real Maestranza di Siviglia era in programma un mano a mano esplosivo: Morante de la Puebla ed El Cid uno di fronte all'altro, a fare da arbitro i Victorino Martin.
Il genio e l'arte gitana opposti alla tecnica e alla profondità del toreo classico, il tutto con sei tori sei di Victorino Martin, la ganaderia per antonomasia.
C'è gente che ha pagato ai bagarini 1500 euro per vedere la corrida di giovedì.
Fiasco totale, Morante e El Cid costretti a felicitarsi di aver dato qualche buona veronica isolata, o qualche paio di passi incatenati.
Tori non difficili ma insapori, mansos, disimpegnati al cavallo, distratti alla muleta.
Una corrida intera da dimenticare, anzi sette sono stati i tori della delusione perché è pure uscito un sobrero se possibile ancora peggio.

Come può essere successo, come può essere che don Victorino, conosciuto in tutto il pianeta taurino per conoscere alla perfezione ogni singolo toro e per essere capace di non fallire gli appuntamenti che contano, abbia portato questi sette a Siviglia?
Velonero dalle sue pagine fà tre ipotesi: un bluff dell'impresa concertato fin dall'inizio con i due toreri; la lucida volontà di Victorino di sabotare la corrida, per non creare il pericoloso precedente di una victorinada torerista; infine la possibilità che Victorino e figlio abbiano perso il tocco, la capacità di selezionare e di disegnare il futuro dell'allevamento.
Bene, se le prime due opzioni paiono sinceramente forzate, la terza è quella che pare più credibile e logica e che giustamente preoccupa di più l'aficion.

E' stato inevitabile, lette le cronache della serata di Siviglia, riandare con la memoria alla recente victorinada vista nel teatro romano di Arles.
A parte che, col senno di poi, Victorino probabilmente invertirebbe i lotti: i sei della Provenza in Andalusia, e viceversa...
Ci rimane di quel lunedì di Pasqua una sensazione contraddittoria, di aver assistito quasi ad una incompiuta di schubertiano sapore, una corrida con alcuni motivi di buona soddisfazione ma almeno altrettanti di delusione e rammarico.
Era la nostra prima victorinada, e ingenuamente pensavamo di trovare della celeberrima combinazione di sangue santacoloma-saltillo qualche traccia in più che non il solo grigio melange del manto o quelle corna dalla forma così particolare.
Certo, non si è trattato di sicuro di una brutta corrida: non solo la magnifica presentazione, con sei tori dai muscoli vivi sotto il pelo lucido, proporzionati e armati, ma anche alcune (rare) entrate al cavallo o la rapidità e fissità nella carica ci hanno stupito ed entusiasmato.
Delle tigri, sembravano i Victorino di quel pomeriggio: fulminei nell'attaccare, testa e corna basse a sfiorare la sabbia, pronti a torcersi in un millesimo di secondo per ritornare con le punte sulla muleta o sulle caviglie del torero.
Ma a dire il vero, solo il primo e il magnifico sesto (Dirigido, che ha permesso il rotondo trionfo di Savalli) hanno convinto il pubblico di essere al cospetto di veri Victorino.
Il resto della corrida è stata sì una discreta corsa, imparagonabile certo ai Domingo Hernandez del venerdì o a tutte le altre con il domecq sul palcoscenico, ma è mancato qualcosa, quel quid che fa di una corrida qualunque una tarde de toros.
E' mancata l'emozione, è mancata la trasmissione per usare un termine tipico di quel bizzarro vocabolario della tauromachia: i tori non trasmettevano, non mettevano elettricità nell'aria, non alzavano la temperatura, non arrivavano sui gradini.
Siamo consci certamente che non sono più i tempi delle victorinadas mostruose e terrificanti degli esordi, il toreo si è evoluto e con esso i gusti dell'aficion (o viceversa).
Ma al netto delle difficoltà messe in mostra della coppia di tori del Cid (difficoltà che, beninteso, non sono un aspetto negativo a prescindere), rimane la sensazione amara di aver assistito ad una corrida un pò floscia, con poco carattere, e non troviamo miglior sintesi che non dire che ci è sembrata un'ottima corrida moderna: tori fatti per la muleta, dalla carica incessante e anche viva, ma poco altro.
Una corrida che in altre mani, questa sì, avrebbe fatto sfracelli: il dominio del Juli, con il toro capitato a Ferrera o a Savalli, avrebbe tirato giù l'arena.
Insomma, una signora corsa per i gusti moderni e non le pagliacciate che troppo spesso le figuras ci propinano, ma nulla più: un primato, ma in una serie minore, un pò come la capolista della serie B.
E' questo dunque che cerca Victorino nelle sue tientas?
L'anno scorso il sangue santacoloma che scorreva nelle vene dei Bucaré, a Ceret, aveva portato all'arena sei novillos coraggiosi e selvaggi, capaci di impressionare e spaventare con la sola presenza in pista, terribili completi nei tre tercios: una delizia per gli aficionados.
Non abbiamo vissuto veri momenti di noia con i Victorino di Arles, ma di normalità , ma i Victorino (con quella storia e quella fama) debbono rifuggere la normalità: è questa l'evoluzione della linea che il ganadero ha in mente, o siamo solo di fronte ad un'annata iniziata male?
Buona la seconda, speriamo.

(foto Ronda - un Victorino ad Arles, Pasqua 2009)

giovedì 23 aprile 2009

Dopo le parole, le immagini


I due giorni di pioggia non hanno aiutato, poco da fare: e in più la luce all'arena la domenica non era esattamente l'ideale, soprattutto per fotografare da lontano.
Ciononostante ecco la nostra galleria fotografica della feria di Arles.
Dai tori nei corrales alla corrida di Victorino, passando per la mattina a Fontvieille e qualche mostra.
Buona visione.

(foto Ronda - natural elegante di Loquito del Arte, alla tienta di Fontvieille)

martedì 21 aprile 2009

Savalli e i Victorino

Il lunedì di Pasqua segnava il ritorno del ferro di Victorino Martin sulla sabbia di Arles, dopo anni di esilio forzato: se si aggiunge che il cartel prevedeva di fronte agli albaserrada di don Victorino la presenza di due autentici specialisti (Antonio Ferrera e soprattutto quell'El Cid universalmente riconosciuto come il miglior interprete di questa ganaderia) si capisce perché il pomeriggio aveva fatto venire l'acquolina in bocca, da subito, a parecchi aficionados.
Il sole finalmente ritornato a illuminare il cielo provenzale aveva fatto il resto: arena piena.
Dopo poco più di due ore tutti i pronostici erano ribaltati: i Victorino erano sì usciti magnifici per presentazione ma ripensando ai Miura del giorno prima erano sembrati più una buona corrida commerciale che altro, El Cid abbandonava il circo romano sotto una fragorosa e giusta selva di fischi, ed era invece Mehdi Savalli a passare con il sorriso sulle labbra e le due orecchie in mano sotto le volte della porta grande.

Questo blog è inutile nasconderlo ha un affetto particolare e spontaneo per il torero arlesiano, di origini italo-marocchine, che seguiamo dai tempi delle novilladas, che abbiamo applaudito all'alternativa, che abbiamo visto progressivamente soccombere alle tristezze di uno stile volgarmente populista.
Non nascondiamo che pure noi, alla lettura del programma della feria che associava il nome di Savalli alla A coronata dei Victorino, abbiamo avuto ben più di un dubbio: opinione condivisa da tutti gli appassionati con cui avevamo avuto modo di parlare, e rimbalzata su blog e forum, Savalli non sembrava avere ancora né i numeri né la maturità sufficiente per affrontare quei tori.
Si sarebbe fatto mangiare, insomma.
E che sorpresa vederlo invece così sobrio, classico, fermo e sicuro, dominatore, ispirato ma contenuto di fronte ai suoi due, e così buono con quel sesto che gli permetterà di raccogliere un trionfo rotondo.
Bravo, Mehdi, e ora suerte.

I Victorino li avevamo visti ai corrales al giovedì: era di gran lunga il lotto più bello, tori proporzionati, corna importanti e orientate verso l'alto, leggeri ma donando un'impressione di bravura e carattere.
Perlopiù cardenos (quando cioè il colore grigio del manto è dato dall'insieme di peli bianchi e neri), tutti sopra ai cinque anni, i tori spagnoli da decenni feticcio dell'aficion mondiale erano di nuovo ad Arles: un apprezzabile equilibrio nel peso (dai 500 del più leggero ai 550 del più pesante) aggiungeva una sensazione di compattezza al sestetto che, sia detto, è uscito tutto sotto gli applausi (ovazione per il quarto, silenzio per il secondo).
Il comportamento in pista è stato omogeneo, se si eccettuano le intemperanze del secondo e le asprezze del quinto: al cavallo una discreta forza ma poca bravura, con punte di reticenza anche, e alla muleta una straordinaria determinazione e continuità nella carica.
Era la nostra prima corrida di Victorino e abbiamo trovato nei suoi tori delle incredibili macchine da assalto, testa bassa a partire dal primo muletazo, muso incessantemente nella sabbia e corna a cercare il panno rosso o le caviglie del torero, a girare e rigirarsi continuamente.
Certo è che gli albaserrada oggi non sono più quei mostri terrificanti con cui don Victorino esordì negli anni settanta: con ancora negli occhi le durezze della miurada del giorno prima, questi sono sembrati più dolci e prevedibili.
Per sintetizzare in una sola frase, una buona corsa, viva e vibrante, ma alla quale è mancato il piccante, l'emozione, il brivido.
E non siamo i soli, probabilmente, ad essere usciti con un piccolo retrogusto di delusione e incompiutezza.

La corrida è stata guastata poi dai due toreri più attesi, quelli che perlomeno per curriculum avrebbero dovuto e potuto approfittare della casta mista a nobiltà nella carica dei sei.
Passiamo velocemente sulla prova di Ferrera, a tratti addirittura irritante per l'idea che si debba toreare il pubblico prima che il toro: un continuo vociare a chiamare gli olé, passi coreografici ma senza nessun dominio, tercios di banderillas più pallidi del solito.
Pellero (520 kg), il primo del pomeriggio, in altre mani avrebbe lasciato in Provenza orecchie, coda e chissà cos'altro: Ferrera lo sciupa, lo ignora, lo amministra goffamente, uno scempio.
Un'orecchia al suo secondo, al quale pure è riuscito a tirare qualche buona serie con la destra e soprattutto con la sinistra: segno che evidentemente Ferrera quando vuole sa toreare e lo sa fare anche discretamente bene.

El Cid in questi anni è uscito in trionfo nelle corride di Victorino a Siviglia a Bilbao e a Madrid: quali migliore combinazione, oggi, di quella che inserisce il suo nome in una victorinada?
Bene, ad Arles il torero è uscito a piedi sotto una bordata di fischi, non uno solo di questi ingiustificato, riservatigli da un pubblico che si è sentito letteralmente derubato e insultato.
E' vero sì che il suo primo avversario dal nome bizzarro e poco profetico di Muchamiel (510) poneva parecchi problemi: dopo aver spinto forte e bene al cavallo in due incontri, il toro arrivava alla muleta oggettivamente complicato.
Dando l'impressione di aver capito tutto e subito, Muchamiel alternava colpi di testa indifferentemente a destra e sinistra, a mezza altezza dritti alla cintura del Cid e insensibile ai richiami della muleta, e a questi alternava cariche dritte ai polpacci del torero.
Toro difficile, nessuno lo nega.
Ma questo non autorizza a disfarsene dopo due-serie-due, spedendolo al creatore peraltro malamente, e dopo aver inscenato una sorta di pantomima facendo no no col testone, a voler convincere il pubblico che non c'era nulla da fare.
Brutto.
Il quinto, dopo essersi poco impiegato alla picca, alle banderillas non perdonava il minimo errore dei peones. Nel terzo atto Muleto (non proprio nomen omen) vendeva cara la pelle, impegnandosi ad attaccare senza esitazione qualsiasi cosa si muovesse di fronte alle sue corna, fosse un panno rosso o le gambe del torero.
El Cid riusciva a risolvere solo in parte i problemi posti da un toro difficile, e in un paio di serie a destra ci mostrava di cosa è capace. Un'intera al primo assalto, e qualche applauso.

Entra per terzo Madanero, 500 kg, e con quattro veroniche classiche, eleganti e precise, Savalli ci dice che il pomeriggio sarà diverso da come ce lo aspettavamo.
Alla muleta il toro è molto buono a destra, con una carica lunga e senza soluzione di continuità, e quasi inabbordabile a sinistra: faena inevitabilmente incompleta del giovane arlesiano, ma che pure mostra a tutti i progressi del torero e i frutti del lavoro svolto in inverno con il suo nuovo maestro Denis Loré. Un paio di serie a destra, potenti e profonde, sono quanto di meglio visto fino a quel momento. Caporetto alla spada, 4 entrate più due descabellos, e qualche isolato applauso nel silenzio dell'arena. Ma qualcosa nella testa degli aficionados più attenti ha cominciato a macchinare.
Col sesto cambia tutto, la féria trova "la" faena del ciclo, Savalli ritrova fiducia e toreria e forse anche un futuro.
Dirigido, con i suoi 540 chili, è di gran lunga il migliore dei sei victorinos del pomeriggio: alla capacità di caricare instancabilmente di tutti gli altri aggiungeva anche quel brio e quel carattere che ne facevano un toro se non completo perlomeno parecchio interessante..
Confessiamo che la ricezione in ginocchio alla barrera (doppia larga afarolada) di Savalli ci faceva temere il peggio, un ritorno alle soluzioni populiste e fanfaronesche del (recente) passato: ma presto in piedi, il torero somministrava tre veroniche notevoli, di gusto e potenti, a Dirigido, e tutto si rimetteva sui nuovi e promettenti binari.
Amici presenti nel callejon ci diranno poi che tra le due figure con la capa, in mezzo ci sia stato tempo per un Denis Loré che a denti stretti e con sguardo torvo ruggiva a Mehdi di non fare pagliacciate. Bene.
Al cavallo Dirigido si abbandonava in un duplice assalto ben contenuto dal picador di turno, e alle banderillas pur se con alterni risultati (il secondo il migliore) Savalli dava una nuova dimostrazione di sobrietà e sincerità.
I dieci minuti successivi saranno un crescendo di dominio e attitudine torera: muleta bassa, bassissima, Savalli approfitta dell'ottimo corno destro di Dirigido per imporre la sua legge, il terreno giusto è presto individuato e i passi disegnano traiettorie ipnotiche e suadenti.
Il toro a destra regolato, dall'altra parte arrivano due serie anche queste molto buone, tre naturales penetranti e luminosi scatenano gli olé del pubblico.
E', di tutta la feria, il miglior accoppiamento tra un uomo e un toro: alla faena manca qualcosa, sì, forse un pò di ritmo e un pò di scioltezza (quasi che Savalli fosse concentrato più sul far bene che sul fare in sé), ma le serie si susseguono pulite e potenti, puntuali, limpide, e pure armoniose e dolci come non ci saremmo aspettati..
Dirigido, molto mobile e instancabile, non smette un attimo di lanciare le corna nella muleta, la testa sempre bassa e il braccio di Mehdi altrettanto, ma alla fine è dominato, vinto, battuto.
Sospira Savalli prima di entrare con la spada, sospirano con lui tutti i dodicimila presenti.
In Dirigido oltre a tutte le speranze di Savalli entra anche la spada intera, certo non perfetta e evidentemente caduta (uno scarto del toro all'ultimo istante ha impedito di meglio collocarla): ma il pubblico giustamente esplode la sua emozione pretendendo le due orecchie per il torero, che il presidente alla fine concederà.
Confrontate alle due di Padilla o a quelle del venerdì per il mano a mano, ne valgono quattro.
La faena della feria, senza ombra di dubbio, e forse la rinascita di un torero che la sua città ha amato fin dall'inizio e che lunedì ha sostenuto prima con affetto (al paseo) poi con vero entusiasmo.
E' l'anno della svolta per Savalli, o dentro o fuori, e meglio non poteva iniziare.

(foto Ronda - Savalli il lunedì di Pasqua ad Arles)

domenica 19 aprile 2009

La domenica con i Miura

Dopo due ore e mezza dalle prime note della Carmen il pubblico del teatro romano di Arles si alza, finalmente rilassato, Padilla si preparara sornione e sorridente a salire sulle spalle di chi lo porterà in trionfo attraverso la porta grande e Julien Lescarret, un'orecchia in tasca, si gode gli applausi della gente e l'ultima occhiata a questa arena che oggi gli ha sorriso.
Solo Rafaelillo, il terzo degli uomini vestiti di luci, non ha grandi motivi per festeggiare, almeno a stare allo score della giornata: ma fatti i primi passi sulla sabbia del circo provenzale, il pubblico (a conti fatti un buon pubblico, durante la feria) gli tributa un'ovazione sentita e giusta, accompagnandolo nel percorso fino al tunnel con applausi scroscianti.
E se li merita tutti quei tributi il signor Rafaelillo se è vero come è vero che al di là del tabellino della giornata è stato proprio lui, il piccolo murciano, ad offrire i momenti migliori del pomeriggio: un toreo solido e coraggioso il suo, ancor più valoroso e meritevole se considerato che oggi ai tre toccavano avversari non certo qualsiasi.
E sì perché una corrida di Miura, pur con tutto quello che si possa dire sulla decadenza della casa e sul progressivo addolcimento dei suoi prodotti, rimane una corrida di Miura: nessuno dei diecimila presenti (arena decisamente popolata, nonostante le intemperie metereologiche delle ultime 48 ore) ha vissuto un solo momento di noia, avendo i Miura quella capacità solo loro e tutta loro di portare emozione e brividi in ogni arena si esibiscano, quand'anche solo con la serietà delle proprie corna, la fissità del proprio sguardo, la maestosità del proprio corpo.

Partiamo dai tori.
Domenica ad Arles i fratelli Miura hanno mandato sei esemplari ben fatti, pesanti e lunghi, con la solita e mirabile varietà di manto.
Fatto di non poco conto, la corrida era fatta di tori di cinque anni di età.
Il terzo, toccato in sorte a Lescarret, pareva più un bisonte da battaglia che un miura, il quinto l'esemplare con più trapio e con una presenza in pista essa sola terrificante.
Corna aperte in un paio di casi, sicuramente integre quelle del secondo che fiondatosi dritto contro il burladero ha lasciato un buco impressionante nelle assi.
Alla varietà delle colorazioni ha corrisposto, come abitudine, una analoga diversità di caratteri tanto al cavallo quanto alla muleta: Escandaloso, il quinto, risultando il più completo nei tre tercios e guadagnandosi a nostro parere il titolo di toro della feria, i primi due progressivamente più riservati e il terzo parecchio difficile a trattare tanto alla picca quanto nell'ultimo atto.
In generale comunque una buona corrida per gli aficionados, in nessun momento banale, e con tanti motivi di interesse forniti da sei tori temibili, armati e combattivi.
Tutti applauditi all'uscita tranne il primo, Escandaloso premiato con un'ovazione.

Per trattare una materia così era necessario avere diploma, laurea e master a pieni voti in toreo.
Al di là dei risultati finali o delle emozioni continue regalate agli spettatori, i tre invece sono stati chi più e chi meno, ma inesorabilmente, al di sotto di ognuno dei rispettivi avversari.
Se per Julien Lescarret, giovane francese del sudovest alla prima miurada, era lecito aspettarselo, per Padilla e Rafaelillo (navigati combattenti e che hanno staccato la luce a già parecchi miura) invece ci piace pensare che questo sia dovuto più alla qualità dei tori sivigliani che all'impreparazione dei due.

Ad aprire le ostilità era stato Gorrero, un toro grosso e lungo di 680 chili e dal manto castano e nero, che dopo aver messo la testa nella capa di un Padilla in ginocchio, galvanizzato dall'accoglienza riservatagli dal pubblico di Arles, veniva pesantemente e duramente piccato in due riprese.
Già alle banderillas, messe dallo stesso Padilla più con mestiere da intrattenitore circense che con rigore, Gorrero arrivava appesantito e castrato nel morale.
Alla muleta una carica corta e gravosa non permetteva altro che una faena lenta e intermittente, senza scintille, che il torero concludeva con una spada non certo impeccabile.
Altra musica con il quarto: buone le veroniche di ricezione e buoni pure i quites di navarras e farol. Dopo le due picche necessarie, era nuovamente il maestro a incaricarsi del tercio di banderillas: e il secondo paio, con una corsa di venti metri e l'unione giusto in mezzo alle corna, era veramente enorme per coraggio e precisione. Chapeau.
Terzo paio al violin e pubblico definitivamente conquistato.
La faena a dire il vero era più per gli applausi che per il buon toreo, ricca dei colpi dei scena e dei trucchetti in cui Padilla è assolutamente maestro, capace come pochi altri di comunicare con gli spalti: ma la prima serie di passi con le ginocchia a terra, portando il toro dalla barrera quasi fino al centro della pista, era davvero vibrante.
Lavoro malizioso con la muleta, con alcune serie generose e profonde ed altre più volgari e artificiose: stoccata imperfetta ma fulminante, pubblico in piedi come folgorato da una scossa, due orecchie.

Ha toreato, Rafaelillo, ma le orecchie non sono cadute: misteri della tauromachia.
Coraggio, sincerità, tecnica, professionalità...sono le doti che anche la domenica di Pasqua il piccolo torero spagnolo ha dimostrato, ancora una volta da applaudire a scena aperta per il coinvolgimento e la passione.
I suoi due Miura erano sproporzionati rispetto alle sue doti fisiche non certo da guardia svizzera, ciononostante non in un solo momento Rafaelillo ha rinunciato a toreare, a disegnare traiettorie e incatenare passi, a combattere.
Gil capita per primo Bienmirado, anche questo massacrato alla picca.
Rafaelillo monta un lavoro più che dignitoso con la muleta, il toro è si macchinoso ma si gira come una tigre dopo ogni muletazo, e un paio di sequenze di autentico valore riscaldano il pubblico.
Alla spada però è una catastrofe totale (il toro si accascerà addirittura oltre i 15 minuti regolamentari, era da tre avvisi) che nega al torero una ricompensa magggiore di un saluto, puntellato di qualche fischio.
Escandaloso uscito per quinto, 670 chili di assoluta bellezza e armonia, prenderà tre picche con allegria spingendo bene il cavallo, che alla seconda ripresa arriverà fino al centro della pista.
Un secondo tercio ben eseguito, veloce e preciso, faceva da preludio ad una faena emozionante e di buon toreo, tanto sul corno destro (il migliore), quanto a sinistra.
Calle Sierpes suonata dagli ottoni dell'orchestra Chicuelo II era la colonna sonora di un lavoro vibrante ed anche bello, con Rafaelillo che dopo alcune serie sincere e profonde si permetteva anche qualche fioritura inconsueta in corride di questo tipo.
Di sicuro i momenti migliori di tutto pomeriggio, ancora una volta però sciaguratamente rovinati da una messa a morte lunga e sfortunata: ovazione al toro, solo applausi e rimpianti per il torero.

Un'orecchia se la meritava invece Lescarret, più per il coraggio e l'impegno che per essere venuto a capo dei suoi due avversari, che rimarrano senza dubbio al di sopra del torero.
Piloto si digerisce due picche e Lescarret vuole risparmiarlo, ma da (buon) responsabile di combattimento Padilla prende la sua capa e mette il toro una terza volta al cavallo: che Piloto ne avrebbe presa anche una quarta, sicuro.
La faena è fatta di emozioni forti, con passaggi da sssssshhhhhhh di paura più che da olé di entusiasmo: Lescarret sbaglia tutto all'inizio, pretende di dominare un toro complicato e dalla carica lunga con delle serie serrate e asfissianti.
Risultato, Piloto gli mangia km di terreno e fa pirlare Lescarret per tutta la pista: ci mancava solo che il torero gli consegnasse spada e muleta e l'inversione di ruoli era completa.
Fortunatamente a quel punto il torero capisce che Piloto è toro da prendere da lontano, gli lascia venti metri e mette la muleta dritta davanti, il toro parte e il pubblico esulta: il miura si pretende il padrone di tutta l'arena, carica senza sosta, Lescarret non cede più terreno, bene.
L'imprudenza della giovane età spinge il francese, evidentemente rilassatosi troppo, a cercare un passo circolare: Piloto gli ricorda che comunque si tratta di una corrida di Miura, e dopo pochi secondi Lescarret è prima per aria e poi pesantemente per terra.
Prima stoccata fallita, seconda stoccata commovente per generosità: orecchia, e vuelta fatta metà di lacrime e metà di sorrisi per Lescarret.
La faena a Morisco, l'ultimo dei sei, sarà intermittente e farraginosa, con qualche buon passo isolato ma Lescarret non trovando mai il terreno buono.
Disastro alla spada, e silenzio.

Un buon pomeriggio di tori.

(foto Ronda - Rafaelillo e Padilla alla miurada di Arles, immagini guastate dalla luce del pomeriggio uggioso)

giovedì 16 aprile 2009

La margherita di Arles


Inesorabilmente rientrati dalla Féria di Arles, e prima di pubblicare nei giorni prossimi le immancabili foto le cronache e il resto, a mò di prologo ci esercitiamo oggi in un m'ama non m'ama pasquale, che per cominciare sintetizzi i quattro giorni in Provenza.

Cosa mi è piaciuto ad Arles

* il successo di Mehdi Savalli: lasciati al passato gli eccessi circensi, contro i Victorino è stato maturo e profondo come nessun'altro, bien
* la tienta a Fontvieille, un gran momento di pedagogia e passione taurina, resa imperdibile dalla merenda sui gradini con vino formaggi e salami dalle 11 del mattino
* ritrovare tutti gli amici di Arles, Nimes e dintorni
* il sole del lunedì
* il paio di banderillas di Padilla, al quarto Miura: venti metri di corsa e poi secco in mezzo alle corna, enorme
* la faena di Savalli al 6° victorino, la migliore della féria: derechazos e naturales profondi, lenti, rotondi e lunghi
* la visita ai tori all'Espace Toros di Gimeaux, e la finale della becerrada subito dopo
* le foto ai gitani di Lucien Clergue,
* la presentazione dei Victorino Martin, belli ai corrales e belli in pista
* la salve rociera ad ogni mezzanotte a Les Andalouses
* Chris & Chris
* la varietà dei manti dei Miura
* la faena di Castella al 4° del venerdì, capace di lavorare al centro dell'arena un toro clamorosamente querencioso al toril
* le serate alla bodega della Muleta, perso il conto delle caraffe di birra e sangria svuotate
* la mostra fotografica di Michel Volle
* il pomeriggio della miurada, con gli amici all'arena a condividere passione ed emozioni
* la novillada senza picadores del venerdì mattina, tori ben presentati e complicati e un tale Gimenez davvero notevole: da rivedere presto
* la seconda parte della faena di Lescarret al 3° Miura, finalmente messo e preso da lontano
* il passaggio a Garons il giovedì sera, per un'ottima cena italo-francese
* la disposizione di Rafaelillo con i Miura, il migliore a toreare la domenica
* la grande prestazione, come sempre, della delegazione emiliano-piemontese
* l'aficion di Arles, quella buona, incontrata alla Muleta, a Fontvieille, o nel giardino di Sara
* il pubblico dell'arena, affettuoso con Savalli, riconoscente con Lescarret, intelligente con Castella
* metà Padilla, quello che si fà carico del ruolo di responsabile di lidia, quello alla capa, quello che non rincula (l'unico) davanti ai Miura
* il pase cambiado di Castella al sesto, venerdì
* il grande successo del lunedì de El Panaté, il vero trionfatore della feria
* gli amici italiani ancora una volta ad Arles con noi
* Padilla che mette in suerte al cavallo, per la terza volta, il primo di Lescarret: ne avrebbe prese anche cinque, quel toro
* Calle Sierpes suonata dall'orchestra dell'arena
* Escandaloso capitato a Rafaelillo, il toro della feria
* l'Agua de Valencia e le caraffe di rebujito
* l'immancabile visita alla Boutique des Passionés
* le tre veroniche di Savalli, al sesto
* i victorino con il muso nella sabbia e le corna nella muleta, di continuo
* lo stufato di toro
* la competencia di Juan Bautista e Castella, che non si sono lasciati scappare un solo quite
* i traje de luces di Savalli e di Padilla
* i disegni di Eddie Pons
* la strenua difesa e l'ottima promozione che fà Arles delle sue tradizioni taurine: becerradas, capeas, promozioni per gli ingressi all'arena per i più giovani, e poi abrivado, bandido, encierro e cabestria
* gil applausi (giusto) al picador di Rafaelillo
* il brindis di Juan Bautista a Castella
* i churros nel cuore della notte
* la bodega di Losada
* la corrida di Miura, né storica né catastrofica, ma non un minuto di noia e parecchie emozioni, una corrida de toros
* il nuovo cd de Les Taupes Modeles
* in generale, la Féria de Arles

Cosa non mi è piaciuto ad Arles

* la vuelta al sesto toro del venerdì, ridicola
* metà Padilla, quello populista e volgare, piacione e rocambolesco
* la pioggia del sabato
* El Cid, vergognoso di fronte al suo primo Victorino
* aver perso il concerto ti Chicuelo II
* Lescarret che si è fatto mangiare km di terreno dai suoi due Miura
* le picche assassine ai primi due Miura
* la pioggia della domenica
* le novilladas perse a causa della pioggia
* il tercio de varas solo simulato
* la pessima presentazione nei recinti dei Jandilla e dei Domingo Hernandez, e di questi anche all'arena
* i tori che cadono
* aver visto poche bande in giro a causa del maltempo
* la troppa indulgenza di pubblico e presidenza per bajonazos e brutte stoccate
* il pubblico che fischia la terza picca ad un Miura
* le mostre di Lorjou e in generale tutte quelle all'Auberge Espagnol
* Ferrera, irritante per tutta la corrida
* i Victorino molto comodi, molto più una buona corrida commerciale che una buona corrida dura
* il prezzo di Los Toros con le foto di Crouser, che non scende mai sotto quei benedetti 60 euro
* il pubblico in tripudio per le banderillas a corna passate
* la generosità della presidenza del venerdì e della domenica
* i sorteo che finivano ancora prima che la gente entrasse all'arena
* l'aumento generale dei prezzi di birra e pastis
* l'orario proibitivo dell'encierro (10 della mattina)
* in generale, avere davanti un anno prima della prossima Féria di Arles

(foto Ronda - Savalli esce in trionfo lunedì sera)

mercoledì 8 aprile 2009

Si riparte




Da domani ad Arles, per il debutto di una nuova stagione di tori.
Aggiornamenti, foto, recensioni e tutto il resto a partire da martedì.

Buone feste.

(foto Ronda - Arles, feria du Riz 2006)

lunedì 6 aprile 2009

Gorrero, 680


Da Arles dicono che i tori sono arrivati tutti quanti nei corrales dell'Espace Toros di Gimeaux, inaugurato sabato scorso.
Dicono che davanti ai recinti dei Domingo Hernandez e dei Jandilla (rispettivamente venerdì per il mano a mano e sabato per le star) si può anche fare a meno di attardarsi.
Dicono che il lotto dei Victorino è superbo, molto omogeneo, leggero come impone la linea della casa: le corna sono corna da tori.
Dicono che a leggere l'anagrafica dei sei, il più giovane ha cinque anni e questo agli aficionados piace.
Dicono che i Miura sono pesanti e lunghi, con corna grandi e spaventose, e che è un sestetto di cinquenos.
Dicono che nei 6 miura il più minuto pesa 620 kg.
Dicono che gli aficionados che sono andati al pomeriggio a Gimeaux, tornati ai tavolini dei bar di Arles parlavano parecchio di Gorrero, Miura n° 40, castano, 680 kg di peso.

(foto Ronda - aficionados francesi e italiani a Gimeaux, l'anno scorso)

sabato 4 aprile 2009

Parata di stelle




Da qualche giorno è uscito il programma di Nimes, che si pretende non solo la regina delle plazas francesi ma pure la seconda europea per importanza dopo Las Ventas.
Per adesso, certamente: l'obiettivoneanche troppo segreto è diventare presto l'arena per eccellenza della galassia intera.
Il commento più significativo che si possa fare è che gli aficionados di Nimes, letto il cartel, hanno prenotato immediatamente...l'albergo per Vic, che avrà la sua feria negli stessi giorni.
Ciclo più insipido, piatto e sputtanato il funambolico Simon Casas, patron dell'arena, non poteva confezionare.
8 corride, una novillada, una di rejon e in tutto non più di due o tre motivi di interesse.
Tori zero, ovviamente: il monopolio domecq è sconfortante, e a Nimes si sa escono bestiuole capaci di impressionare solo gli pseudo-aficionados ostriche e champagne che qua trovano più che altro una vetrina da cui mostrarsi.
José Tomas per ingrassare le tasche dei bagarini e Juan Bautista di fronte ai Miura (questo sì!) unico guizzo di tutta la Pentecoste: per il resto nessuna combinazione affascinante, nessuna fantasia, solo una banale collezione di figurine e nulla più.

Oddio, non che a Siviglia stiano tanto meglio: se scorporiamo dall'abono la clamorosa corrida del 23 aprile, con il mano a mano sivigliano Morante-El Cid di fronte ai Victorino, il resto è perlomeno insapore.
Certo qua le serate hanno tutta un'altra importanza, e qualche combinazione appetibile la si può pure scorgere, soprattutto prima dei farolillos: ma un'arena che infila Rivera Ordonez, Conde, El Cordobes nella settimana di feria, con il solito e triste contorno dei tori di Daniel Ruiz, o JP Domecq o altre amenità del genere...insomma, non è roba seria questa.

Olivenza e soprattutto Castellon e Valencia, le prime grandi ferias spagnole dell'anno, hanno dato nel frattempo qualche prima coordinata alla temporada duemilanove.
Victorino Martin ha portato a Castellon una corrida di qualità, due tori premiati con la vuelta al ruedo, e permettendo a Ferrera e soprattutto a Luis Bolivar di raccogliere un trionfo rotondo.
Perera sembra aver ricominciato da dove aveva finito, con un successo enorme ancora a Castellon.
Per il resto tra le figuras si segnalano i passaggi trionfali di Ponce e de El Juli, a Valencia soprattutto.
José Tomas ha raccolto le due orecchie di prassi sulla sabbia di entrambe le arene, e a livello tori assai poco da segnalare: Valencia e Castellon hanno aficion più sensibili al toreo da fioretto che a quello da sciabola.

Chiusa pure la programmazione di Madrid, della quale la cosa più importante sembra essere l'assenza dello stesso José Tomas: brutto segno, che del cartellone della feria più importante del mondo si parli soprattutto perché manca quel nome.
Parleremo comunque della stagione di Las Ventas più avanti, solo nel frattempo ci compiaciamo per la scelta dell'impresa di organizzare una corrida concorso: sarà il 19 aprile.

A proposito del Messia: a Siviglia non sarà programmato per divergenze non tanto economiche quanto sulla indisponibilità dell'imprea ad assecondare le capricciose esigenze del torero.
Comincia a gonfiare, José Tomas: cachet stellari, veto assoluto sulla diretta televisiva delle sue corride, imposizione rigorosa tanto dei tori quanto dei compagni di cartel (non vuole aprire la corsa e vuole un terzo, dopo di lui, che non gli faccia troppa ombra).
Risultato, niente Siviglia.
Fino a poche settimane fà era dato per quasi certo il suo ritorno a Bilbao, in agosto: l'impresa aveva confezionato un cartel tutto per lui, con i Nunez del Cuvillo, fuori dal cartellone della Aste Nagusia, e con tutte le garanzie del caso.
Poi ci si è improvvisamente fermati.
José Tomas chiedeva per quella corrida 300 mila euro, l'impresa era disposta ad arrivare a 270 mila.
300 mila euro, a pensarci, sono tanti.
Comunqe meno dei 420.000 chiesti da JT a Madrid per tornare a calcare il ruedo della capitale, dopo le due enormi e clamorose serate dell'anno scorso: ma niente da fare neanche qua.

Cifre stellari, niente da dire: e niente da commentare, meglio.

(foto Ronda - l'arena di Nimes, nel settembre 2008)

giovedì 2 aprile 2009

Interpretazioni


Bello, proprio bello scoprire che una propria foto ha fatto un giro lungo, è stata cliccata e osservata, e alla fine è diventata un acquarello.
Scattata a Madrid, scaricata qua in Italia, disegnata a Mosca.
Un grazie a Loky.













(foto Ronda, 4 maggio 2008 Las Ventas - acquarello di Loky)

mercoledì 1 aprile 2009

Un gesto?




I media taurini annunciano a nove colonne che El Juli ha deciso di fare un gesto: a Mont de Marsan combatterà la corrida di La Quinta.
Non possiamo che felicitarci della notizia, e confessiamo che se la logistica e le finanze lo permettessero non esiteremmo a fare la trasferta e prendere il biglietto.
La Quinta è fra gli allevamenti cosiddetti duri tra i più fecondi in questo momento, negli ultimi anni ha portato corride di ottimo livello un pò dappertutto, con le apotesi nel 2008 dell'ottima corsa proprio nel capoluogo delle Landes, Huracan alla concorso di Vic e la buona novillada a Madrid.
Di suo El Juli è un torero che, al netto di tutte le giuste ed anche animate critiche che gli si possono fare e che pure spesso condividiamo, personalmente apprezziamo parecchio: la straordinaria tecnica di cui dispone e l'enorme dominio che esercita su ogni toro fanno di lui il matador più potente e completo che ci è capitato di vedere.
Proprio a Bilbao già l'anno scorso il torero madrileno si affrontò agli stessi tori, in una serata in cui mise in luce di cosa sarebbe capace anche di fronte ad animali con casta vera, se solo lo volesse dimostrare un pò più spesso...

Il punto comunque non è questo.
Nello sfaccettato e affascinante gergo taurino c'è un'espressione particolare che è appunto fare un gesto: si sintetizza così un atto particolarmente coraggioso o nobile, che esula dalle convenzioni, che regala un'aurea di grandezza (momentanea o eterna, a seconda degli eventi) a chi ne è autore.
Quando anche, ad esempio, una figura del toreo della caratura, oggi, di Ponce, El Juli, Perera, Castella, insomma quando una star decide di prendersi una ganaderia dura in una qualche arena, si parla di un torero che fà un gesto.
Benissimo, ce ne fossero di imprese di questo genere.
Ma allora, ed è naturale chiederselo, cosa dire di tutti gli altri?
E' impossibile impedire al pensiero di andare al Fundi che in un anno si smazza corride di Miura a Pamplona, Victorino a Bilbao, Palha a Siviglia, Escolar Gil, La Quinta e altri ancora, e insieme a lui tutto quel plotone di toreri (Rafaelillo, Aguilar, Cruz, lo stesso Padilla, Esplà, Bolivar, per citare solo alcuni dei più noti) che nei carteles figurano solo di fronte a tori con casta, forti e selvaggi.
Nel loro caso la stampa specializzati parla, quando è in vena di carinerie, di gladiatori: curioso.
Questi sono invece e semplicemente dei toreri che affrontano dei tori: quello che dovrebbero fare tutti gli uomini vestiti di luci, perlomeno più spesso, per potersi dire degni dell'impegnativo appellativo.
Il loro dunque non è un lungo ed enorme gesto?

Ora, è vero che la tauromachia si è evoluta (o involuta?), che i canoni si sono modificati e che i gusti del pubblico sono notevolmente cambiati: le miuradas sivigliane di un tempo, selvagge e palpitanti, hanno lasciato sempre più il posto alle fioriture e all'arte di fronte ad animali collaboratori, quando non diminuiti.
Il pubblico accorre, paga e applaude, e quindi si continua così.
Ma perlomeno non ci si eserciti nell'esaltazione del gesto, nel celebrare una figura solo perché una volta all'anno per somma elargizione divina si digerisce dei tori duri, quando nel panorama della tauromachia ci sono toreri che per stagioni intere, per una carriera intera, si mettono in mezzo alle corna di tori così, e magari peggio.

(foto Laurent Larroque - El Fundi e un La Quinta a Mont de Marsan, 2008)