mercoledì 28 luglio 2010

Hemos perdido



Alle 11.42 da Barcellona mi è arrivato questo sms laconico: Hemos perdido.


Burladero ha seguito in diretta la votazione.


Qua una galleria di immagini in bianco e nero della corrida di Barcellona di domenica 18 luglio.

(foto Ronda)

martedì 27 luglio 2010

Lacrime nere



Ora fa caldo sul serio dalle parti di Barcellona.
Domani mattina alle 10 si vota per i tori: è molto semplice, o sì o no.


(Burladero pubblica un elenco di personalità varie che si sono espresse a favore della corrida e contro l'abolizione: tra queste anche Diego Cigala, il capellone del video qui sopra; non ho la più pallida idea di che tipo sia, ma i suoi dischi mi piacciono)


venerdì 23 luglio 2010

Ceret, e chi se ne dimentica?




Mi rendo conto che si rischi di diventare noiosi e monotematici, ma se a due settimane di distanza ancora prepotentemente riaffiorano i ricordi, ancora si sente il bisogno di sfogliare il taccuino, ancora si provano gli stessi brividi nel rivedere quelle immagini, beh vuol dire che si è stati testimoni di qualcosa di grande.
Sarà difficile per gli aficionados presenti dimenticare l'edizione 2010 di Ceret de Toros, due giorni di profonda emozione, di scosse elettriche, di piacere, di piacere nel star seduti su quei gradini, a cospetto di quei tori e di quegli uomini.

Ci sono corride di cui nemmeno uno si ricorda quando le ha viste, dove le ha viste, chi c'era al cartel: Zalduendo a Nimes, Parladé a Siviglia, Garcigrande qui e là, Los Bayones chissà più dove, Perera-Ponce-Castella su una sabbia qualunque.
E poi ci sono le corride di quest'anno a Ceret, che non si dimenticano, che non si dimenticheranno.

La novillada di Javier Gallego, pura sorgente veragua, che ha portato in pista forza, emozione, tensione. Delle sessioni alla picca vibranti. E i due ragazzi che hanno tirato fuori tanti attributi che tutto il plotone dei famosi, messo insieme, pagherebbe. Sergio Flores e Mario Alcalde non hanno abdicato, se la sono giocata, a loro modo sono stati grandi.

La corrida di Coimbra, potente e selvaggia: i primi due protagonisti di un ripetuto assalto al cavallo da elettroshock. Tori meravigliosi, coriacei, il sesto un manso perdido di quelli duri, sensazioni d'altri tempi, quattro picche per Espiao, ovazione per il picador di Lord.
E Rafaelillo che è un torero maiuscolo, ora e per sempre.

Oye Mucho la domenica mattina, e già se ne è detto.

Quei picadores costretti a salutare, che trottano piano all'uscita, sotto un'ovazione fragorosa.

Alberto Aguilar che perde le due orecchie perché ha preferito la verità della spada alla scorciatoia del descabello.
La corrida di Escolar che, vedrete, a fine anno sarà tra le migliori della stagione intera.
Una signora corrida.
Cavalli per aria, cavalli spinti contro le assi, cavalli a terra.
Robleno e il suo toreo sincero, coraggioso, giusto.
Gli Escolar forti, un terremoto in pista, potenti come un carrarmato e agili come una pantera.
Sulla testa tanta legna da scaldare una casa per l'intero inverno.
Le corna nella muleta, la vogliono mangiare, non vogliono altro che quella muleta, vivono per strappare quella muleta.
Le tre vueltas di Alberto Aguilar.
Un pomeriggio di tori magnifico.

E poi quel paio di banderiglie.
Il paio di banderillas, quello definitivo.
Sanchez Valverde a Matajacas, il terzo della tarde.
Tutto il pubblico immediatamente in piedi, improvvisamente in piedi, inevitabilmente in piedi, a spellarsi le mani.
Uno scatto rabbioso dei presenti, l'adrenalina che si libera nelle nostre vene e ci catapulta in piedi, ci fa saltare, meccanici, per omaggiare quel grande uomo e quel gesto sublime.
Matajacas è un'anguilla tanto sguscia, scatta, vola sulla sabbia.
E' veloce, selvaggio, imprendibile.
Sanchez Valverde lo chiama, inizia la corsa, Matajacas lo vede e inizia la sua, di corsa.
Le due gambe dell'uomo e i quattro propulsori del toro disegnano una traiettoria uguale e contraria, Valverde non vede altro che il toro, Matajacas ha un obiettivo chiaro.
C'è una X per terra, oddio, non c'è ma tutti la vedono, si incrocieranno là.
L'uomo passa il punto di non ritorno, te ne rendi conto, è questione di una frazione di secondo, ma sai che non può più fermarsi, non può più deviare, non può più tornare indietro, può solo continuare, incrociare il toro e sperare di uscirne.
E poi è un istante, un istante perfetto ed enorme, le banderillas messe lì in mezzo alle corna, il corpo di Valverde in mezzo alle corna, le due sciabole di Matacajas che lo abbracciano, lo racchiudono, lo avvolgono.
Bum.
Poi l'uscita, l'uomo da una parte il toro dall'altra.
Duemila cuori che riprendono a battere, quattromila mani che suonano la musica più bella.
Un paio di banderillas mostruoso.

Ceret de Toros 2010, chi non c'era potrà solo farselo raccontare.
Chi c'era lo racconterà, impossibile dimenticarsene.


(foto di Marc Gerise, le banderillas di Valverde; qua la sua galleria di Ceret)

mercoledì 21 luglio 2010

Elogio della sintesi


Non sopporto più i lavori con la muleta che, per un qualche immaginario decreto ministeriale, devono incatenare per forza almeno 150 passi, altrimenti l'aficionado non va a casa contento.
Non sopporto più le serie infinite, infinite, infinite a prescindere da tutto: dal toro, dall'arena, dalle strategie, dalle esigenze della lidia, dalle picche, dal pubblico, da tutto.
Non sopporto più che la soglia dei due avvisi sia ormai il criterio per fare di una faena una grande faena: hai visto, Ponce ha ascoltato i due avvisi, ha fatto una faena luuuuuuuuuunga, lui sì che è il più grande.

Ecco, ora finalmente posso dirlo: se la corrida è questa, io mi rompo i coglioni.
Mi annoio, mi annoio a morte, vorrei scappare, e mi dico con tutte le cose che potevo fare oggi pomeriggio proprio qui all'arena a smaronarmi dovevo venire.
Domenica a Barcellona è stato massacrante, una noia mortale fino al sesto toro.
Cioè, al di là che gli elementi erano pessimi, i tori brutti e impresentabili, senza forze e senza morale, le picche una parodia, El Fundi in orbita e gli altri due sempre di profilo, e ce ne sarebbe già abbastanza...ecco, al di là di tutto questo io mi annoio, mi an-no-io.
Peggio che con un film del fratelli Dardenne.


Però, però.
C'è ancora qualche torero che non si arrende, qualche toro che lo impedisce ed anzi pretende tutt'altro, qualche arena che non ci sta.
Ceret, per esempio.

La faena di Alberto Aguilar a Cuidoso di Escolar Gil - un signor toro - domenica 11 luglio 2010, l'elogio della sintesi.
Una meraviglia, un trattato di tauromachia, un piacere questo sì infinito per l'aficionado.
Sei serie di quattro passi l'una, spada e vuelta.
Due giri di pista, per la precisione.
Quattro serie con la destra, due con la sinistra.
In posizione ben incrociata, gamba di uscita al suo posto, muleta davanti, toque.
Un passo, due passi, tre passi, e poi l'ultimo.
Profondi, essenziali, perfetti.
Un passo col petto, rotondo, avviluppato, di dominio.
E poi di nuovo il tocco.
Così per sei volte.
Quattro passi e il pecho.
Non una cosa di più, non una cosa di troppo.
Nessuna fioritura inutile, nessuna concessione al superfluo, nessuna mossettina per ingraziarsi le gradinate.
La grandezza della semplicità, l'eternità dell'essenziale.
Toreare.
Un toro grande, che alla seconda picca ribalta il cavallo e la quarta la prende dal centro: e poi arriva alla muleta con una carica da sogno, testa bassa, muscoli tesi, esplosiva.
Che pretende.
E un torero, un Torero, che lo chiama da quindici metri e poi lo aspira nel suo panno.
Il primo passo lo seduce, il secondo lo asseconda, col terzo lo comanda, col quarto sancisce il suo potere.
E il pase de pecho a chiudere.
Sei serie così, quattro grandi a destra, due grandi a sinistra.
In mezzo, gamba fuori, muleta piatta.

La faena di Alberto Aguilar a Cuidoso di Escolar Gil, domenica 11 luglio a Ceret, l'elogio della sintesi, la grandezza della corrida.



(foto François Bruschet per Campos y Ruedos)

lunedì 19 luglio 2010

Catalunya vol toros?




Ieri spettacolo deprimente all'arena di Barcellona.
Certo passare da Ceret alla Monumental all'ombra della Sagrada Familia era un passaggio ardito, perlomeno ardito.
Ma a una decina di giorni dal voto sulla ILP, nell'arena catalana è andata in scena un'interpretazione della tauromachia che, sul serio, si fa un pò più fatica a difendere: e non ci vuole molto a capire che gli abolizionisti hanno trovato terreno fertile per la propria semina, da queste parti.

Un pomeriggio noioso, tutto qua, con cinque Victoriano del Rio vuoti, brutti, instabili, senza qualità.
Perlomeno il sesto aveva dentro qualcosa, e Manzanares ci ha regalato qualche passaggio ispirato.
Insufficiente e deprimente, comunque, dopo due ore di nulla.
E i posti occupati arrivavano sì e no a un terzo di arena, con una buona rappresentanza di giapponesi e russi.

Rotto il paseillo, dal tendido dell'1 spuntava uno striscione con i colori della bandiera catalana: Catalunya vol toros!

Bastavano poche decine di minuti per insinuare il dubbio: era un riferimento al voto in parlamento dei prossimi giorni, o una straziante preghiera di ciò che rimane dell'aficion barcellonese, irrimediabilmente mortificata e ansiosa di vedere, di tanto in tanto, qualche toro degno di questo nome nella sua arena?

(foto Ronda - alla Monumental di Barcellona, domenica 18 luglio)

venerdì 16 luglio 2010

Scatti da Pamplona





La settimana prossima torneremo sui tori di Ceret, sui cavalli che volano sotto ai Pirenei, sui toreri che si giocano la vita nel paesino catalano.

Oggi però ce la caviamo un piccolo omaggio alla feria di San Fermin conclusasi da poco: la galleria dedicata a Pamplona dal Boston Globe.
E' una raccolta di immagini davvero straordinarie.


ps: anche Laurent Larrieu di CyR se ne è andato in Navarra e ha messo insieme qualche scatto
ps2: sempre da Boston.com, per i calciofili è altrettanto straordinaria la galleria su Sudafrica 2010



(foto di Victor Caivano per Ap Photo)

mercoledì 14 luglio 2010

Le foto di Ceret





Con la consueta confusione nell'ordine, senza alcun criterio cronologico o organizzativo, e questa volta con poca concentrazione nell'obiettivo - i sensi erano tutti impegnati a seguire quello che succedeva nel ruedo - ecco la consueta galleria di foto di Ceret de Toros 2010.

Siate indulgenti per carità.

(foto Ronda)

martedì 13 luglio 2010

C'è sempre un coglione




Chi scrive è assolutamente convinto che sia un dovere civico ed umano garantire ad ognuno la libertà di espressione.
E' il sale della democrazia, e senza sale qualsiasi pietanza è incompleta.
Certo però non mi ascrivo fra quelli per i quali questa libertà dev'essere a prescindere totale ed incondizionata, quelli del non condivido la tua opinione però darei la vita perché tu possa esprimerla: i neonazisti, tanto per dirne una, la libertà di espressione per me se la infilano nel culo.

Il tutto comunque per dire che non mi disturbano, né spaventano o irritano le sensibilità e le espressioni, in tema di tori, opposte alle mie. Libero ognuno di esplicitarle.
En passant, mi limito solo a far notare che mentre nessun aficionado obbligherebbe mai qualcuno a vedere una corrida, gli antitaurini di fatto predicano l'abolizione tout court, candidamente progettando di andare a ledere la libertà altrui.
Ma non è questo il tema, adesso.

Il fatto è che nei due giorni di Ceret abbiamo avuto il piacere di avere tra noi anche uno sparuto drappello di antitaurini, che ci ha tenuto compagnia durante la feria: una bizzarra ed innocua presenza, ad essere sinceri, inaspettata visto il contesto del fine settimana.

Sinceramente, sul piano strategico mi sembra un'idiozia totale andare a manifestare a Ceret proprio quei due giorni, quando il paese accoglie duemila e passa aficionados che vengono qui apposta per i tori, che si sorbiscono centinaia e migliaia di chilometri per i tori, che mettono pesantemente mano al portafoglio per i tori, e che hanno per i tori una passione grande, enorme, convinta.
E comunque amen, i sette/otto personaggi se ne stavano lì, sotto la statua che omaggia tutti i toreri del mondo, con i loro cartelli e le immagini pulp per impressionare non si capisce bene chi, con i loro slogan contro la tortura e via con tutto il repertorio.
E passi.
L'intento è evidentemente provocatorio, perché se io sto entrando nell'arena e tu sei lì fuori che mi metti sotto il naso quel cazzo di volantino su cui scrivi che io sono un pazzo sadico che gode della sofferenza degli animali, o sei un artista situazionista geniale, o sei solo un provocatore.
Naturalmente, come è nello spirito e nello stile dell'aficion, nessuno degli appassionati ha replicato, o raccolto l'istigazione, ma insomma un pò la cosa rompe le palle.
E passi.

Ma il bello doveva ancora venire, e qua ci avviciniamo al racconto del capolavoro.
Corrida di Escolar della domenica pomeriggio, arena sostanzialmente piena, rullano i tamburi e suonano i clarines: si attende l'ingresso dell'alguacil.
Niente, sei o sette personaggi seduti fino ad un attimo prima in prima fila scavalcano la barrera, passano le assi e voilà sono in pista.
Qualcuno cerca di tirare fuori dalla tasca non si capisce bene se dei volantini o dei cartelli, qualcuno si butta a terra, si vede che quei ragazzi sono agitati.
Un paio di loro armeggia con una catena, vogliono legarsi tutti insieme e diventare un unico e monolitico grande corpo contro la tortura.
La gente fischia, ulula, ed è il minimo.
Ma a Ceret si bada alla sostanza, sempre, e gli areneros della plaza è gente solida: sono rugbisti e gente di montagna, gli addetti all'arena di qui, gente abituata ad andare al sodo.
Qualche secondo dopo sono già sul gruppo di manfestanti e...beh, diciamo che non si limitano a provare a convincerli a parole che il loro gesto non va bene.
Non ci pensano su troppo, e nel giro di pochi istanti gli eroici antitaurini sono portati fuori a forza, e se uno non ci sta, ecco, alla fine viene convinto.
Ora, mi chiedo.
Che senso ha pagare il proprio biglietto per prendere tre sberle?
Alla fine del grande blitz, le cifre parlano chiaro: una ventina di manrovesci, otto persone trascinate a forza fuori dall'arena, nessun aficionado conquistato alla causa antitaurina, e tre o quattrocento euro in più nelle casse dell'Adac.
Bravi gli strateghi antitaurini.

Ma attenzione perché in tutte le cose, in tutte le vicende umane, c'è sempre un coglione.
Quello che è un pò più coglione degli altri.
Il tipo, non si sa bene perché, se per un moto di esitazione dell'ultimo istante, o per una goffaggine innata, o per un imprevisto incidente, insomma non si sa perché non riesce a saltare via la recinzione.
Vede tutti i suoi eroici compagni già là sulla sabbia, loro sì dei leggendari martiri che si immolano per difendere gli animali, loro sì passeranno al mito.
E' chiaro che, invece, il tipo è un pirla.
E ancora di più perché, la temperatura della plaza ormai salita oltre il livello di guardia, il ragazzotto rimane lì tra gli aficionados suoi vicini di gradinata, comprensibilmente irritati, rimane lì mezzo in piedi mezzo seduto mentre quattro o cinque spettatori lo fronteggiano, qualcuno lo strattona, tutti ci tengono a comunicargli pacatamente il proprio disappunto (questo è un eufemismo), e lui rimane lì, quasi a voler accettare di espiare pubblicamente le proprie colpe, o più probabilmente perché a questo punto non ha la più pallida idea di cosa fare e il cervello gli è andato in pappa.
Insomma c'è qualche istante di caos, finché a mettere ordine non arriva una signora, una signora non più giovane e discretamente elegante, che finalmente risolve la situazione: gli molla due sganassoni a metà tra il coppino e la guancia, secchi, profondi.
Olé.
Ma lo fa senza rancore, senza cattiveria, lo fa in modo quasi gentile, sicuramente materno, come a dire oh baloss già vieni qua a provocarci, e in più non ne sei neanche capace?
Su, a casa, fai i compiti che domani vai a scuola, e stasera a letto senza cena.

Poi certo vedremo Robleno tagliare due orecchie, Aguilar dare tre vueltas e il mayoral di Escolar Gil salutare a fine corsa, ma il mio eroe personale del pomeriggio rimane il Coglione, un autentico fuoriclasse della cazzata che, lui sì, meritava orecchie e coda.


(foto Ronda)

lunedì 12 luglio 2010

Ascolta Bene





Ascolta Bene.

Ascolta bene quello che ti esplode dentro, che ti si legge negli occhi, che ti porti sulla pelle, insomma tutto quello che non riesci a nascondere nemmeno qua a 1000 km di distanza, dopo due giorni di tori così, dopo quella domenica mattina, con la sua messa pagana attorno ad una pista di sabbia.

Ascolta Bene, Oye Mucho.
Che poi magari la traduzione esatta non è nemmeno così, ma amen.
Oye Mucho.

Ascolta Bene, come il nome del sesto novillo di Fidel San Roman: un Toro di quelli da ricordare, di quelli che segnano il loro passaggio su questa terra, di quelli che nascono con un destino, un destino grande, e di cui tu sei testimone.
Numero 37, nato nell'ottobre di quattro anni fa dalle parti di Ciudad Real, andato a morire in questo circo un sabato mattina di luglio, terribilmente caldo, con i Pirenei là dietro.

Ascolta Bene, ma non quello che ti dice la testa, no, qui non è questione di testa, ascolta bene la pancia, quello che ti dice la pancia, le trippe che si contorcono, i nervi che si tirano, il sangue che pompa, i tuoi sensi che si fanno elettrici, saltano, vanno in cortocircuito, esplodono.

Ascolta Bene.

Ascolta Bene, ascolta bene la terra che trema quando entra quel giovane toro, un sisma in sedicesimi, una scossa nera e con le corna, un movimento tellurico che non puoi contenere.
Ascolta bene la forza di quei muscoli, che hanno un suono, sì quei muscoli hanno un suono che è il suono della bravura, dell'animalità selvaggia, della carne pura.
Ascolta bene il soffio delle nari che scuotono la sabbia, mentre quel ragazzino gli dà qualche veronica, e le sue corna dentro nella capa, le gambe forti e veloci, la pelle tesa.

E poi riposati un attimo.
Perché adesso la musica si fa importante.
Oye Mucho.

Il novillo vede il cavallo.
E tu ascolta bene.
Lo scoppiettio della sabbia sotto quegli zoccoli che si mangiano i metri, cinque, dieci, venti, ed entrano come una cannonata.
Il tonfo sordo della testa nel cavallo, ascolta bene le corna che assaltano la fortezza, ascolta bene il suono freddo della picca che entra nella carne.
Ascolta bene le assi che scricchiolano sotto il peso di quel toro e di quel cavallo, ascolta l'ovazione della gente, ascolta le grida.
Ascolta la mano del picador che accarezza il suo cavallo, ascolta quel fruscio dolce, la pelle dell'uomo sul crine dell'animale, il fruscio di quella mano riconoscente, orgogliosa, affettuosa.
Ascolta Bene, ascolta bene di nuovo tutto daccapo, gli zoccoli sulla sabbia, il tonfo del cavallo che ritorna a terra, il soffio animale del toro, ascolta bene il rumore di quelle reni che spingono, spingono, spingono.
Ascolta Bene.
Ascolta bene i sospiri della gente, le grida della gente, gli applausi della gente, l'emozione della gente.
Ascolta bene il ticchettio del tuo orologio, la lancetta dei secondi che conta, uno, due, tre, quattro, e intanto ascolta il fragore di quei 500 chili che in quei quattro secondi attraversano la pista, tutta la pista, e vanno a travolgere il cavallo, il cavaliere e il cuore di 2000 persone.

Oye Mucho.
Ascolta bene la paura del torero, che sa di essere nano sotto le spalle di un gigante, che abdica, fugge, sciupa.
Ascolta Bene ha ancora rabbia, forza, voglia.

Oye Mucho.
Ascolta Bene le fruste che schioccano per far correre le mule, quando trascinano fuori le carcasse.
Le senti?
No?
Chiaro, non le senti.
Non servono, per questa carcassa la vuelta è lenta, rotonda, a prendere gli applausi, gli applausi di tutti, il tributo degli uomini al Toro.

Ascolta Bene.
Oye Mucho.
E' Ceret.
Sono i Tori.
Oye Mucho, un toro bravo.

(foto Ronda - la vuelta ad Oye Mucho)

venerdì 9 luglio 2010

I tori di Ceret




Week-end duro, a Ceret.
Tori.
Gallego Garcia.
Tori.
Coimbra.
Tori.
Fidel San Roman.
Tori.
Escolar Gil.
Tori.
Da domani all'arena, da stasera nei corrales, per chi non ci sarà sullo schermo del pc: qui le foto di JotaC, per Campos y Ruedos.

giovedì 8 luglio 2010

Galeano




Intervista al grande Eduardo Galeano, sulla Gazzetta di martedì scorso.


D: Che cosa può avere in comune l'Uruguay del 2010 con quello del 1950 che vinse il Mondiale in Brasile?

R: Il coraggio. Come si dice in Spagna, il buon toro da combattimento cresce nella sofferenza.


(Wiki su Galeano - chi non ha letto il suo Splendori e miserie del gioco del calcio è pazzo)

mercoledì 7 luglio 2010

I tori dell'encierro




Forse il più tragicamente famoso è Antioquio, di Guardiola Fantoni: il 13 luglio 1980 incornò a morte due corridori, Josè Antonio Sanchez e Vincente Risco.
Semillero, di Antonio Urqujio, aveva già fatto segnare il triste record di una doppia uccisione nel 1947.
Capuchino, un anno fa, infilò un corno nel collo di Daniel Jimeno Romero, che morì.
Due giorni dopo fu drammatica la corsa di Ermitano di Miura, che dopo aver colpito un paio di mozos si accanì contro Pello Torreblanca, che si salvò per miracolo da quell'apocalittica sequenza di cornate.
Rimanendo in anni recenti, Universal di Marques de Domecq nel 2007 incornò sei persone, tante quante Doloroso II di Cebada Gago nel 1988, nel corso di un encierro angosciante di 8 minuti e 33 feriti.
Castellano di Torrestrella nel 1995 caricò a morte l'americano Matthew Peter Tassio, e poi si prese il lusso di vedersi riconoscere il premio al miglior toro della feria per l'esibizione nella plaza al pomeriggio.
Negli anni altri tori lasciarono un ricordo tragico del loro passaggio sul percorso dell'encierro più famoso, Castillero, Silletero, Navarrico, Palmello o Reprochado.
Un record lo fece segnare la corsa di Miura nel 1986: i cinque tori, che si erano sbarazzati del sesto loro compagno nei corrales, infliggendogli una cornata ciascuno, pesavano tutti più di 600 chili. Nonostante la presenza imponente, l'encierro non fece segnalare incidenti rilevanti.
I sei di Guardiola Fantoni del 1991 saranno ricordati perché, poco galanti, portarono alle cronache la prima donna mai incornata a Pamplona, la norvegese Anne Karlin Ruan.
Portentoso
di Santiago Domecq fece vivere lunghi momenti di panico a tutti, quando nel 2002 impiegò addirittura 12 minuti a completare il percorso, lasciandosi dietro feriti, cadute, incidenti e un senso di terrore generalizzato.
Roedor di Maria Luisa Dominguez nel 1997, ormai giunto all'arena, improvvisamente si girò e prese a correre nel verso opposto, gettando nell'angoscia tutti i corridori presenti, ma fortunatamente senza conseguenze alcune.
Molto prima, nel 1939, Liebrero riuscì a distruggere e superare le barriere e si trovò libero oltre le recinzioni: si gettò sul pubblico, incornò gravemente una donna, e fu finito dalla polizia che lo uccise a colpi di fucile.

- fonte: Sanfermin.com -

(foto di Juantxo Erce, da Sanfermin.com)

martedì 6 luglio 2010

Bum! partiti




Chupinazo e bum!, San Fermin è partita.

Da domani mattina encierros in diretta anche in internet, su TVE.

E per sentire meno la nostalgia o l'invidia per chi è là, su Feria Tv c'è un bel reportage: una giornata intera con Joselillo l'anno scorso, dalle prime chiacchiere del mattino alla terrificante corrida di Dolores Aguirre della sera.

Viva San Fermin.

giovedì 1 luglio 2010

Non tutto è perduto




Ovvero la rivoluzione parte dalle periferie.

Parentis e Moraleja.




(foto Yannick Olivier per Campos y Ruedos - un Raso de Portillo a Parentis, 2008)