lunedì 29 settembre 2008

Castella, a Nimes


Sabato 20 settembre, arena piena, sole e caldo.
E' l'evento, appunto.
Il francese unico espada per tori di Garcigrande, JP Domecq e Victoriano del Rio, ganaderias di garanzia totale.
Castella in lilla e oro viene accolto da un'ovazione da stadio appena sbucato dal tunnel delle cuadrillas: il clamore sarà ancora maggiore alla fine del paseo, con il torero chiamato a salutare in un'atmosfera di elettrica attesa.

Il primo è un Garcigrande (Conferetero, 518 kg), con corna scandalose. Dopo una buona serie di veroniche, il toro si guadagna qualche applauso entrando per la seconda volta al cavallo con una discreta dose di alegria (Castella non l'ha messo en suerte né la prima né questa volta).
Alla faena Conferetero arriva già quasi stremato, la lingua fuori, svuotato.
Cominciamo male. Due serie a destra senza nessun brivido, la terza fà partire il paso doble ma la musica non cambia. A sinistra il toro è quasi immobile, Castella torna a destra e strappa applausi con una serie senza dominio ma plastica ed elegante.
Uccide con una laterale che tarda a fare effetto. Il presidente decide che è bene iniziare subito con la festa e incredibilmente accorda un trofeo nonostante la petizione sia palesemente minoritaria.
Si becca i sonori fischi della parte lucida del pubblico. Castella si sbarazza presto dell'orecchia e fa una vuelta con nessun entusiasmo e con un sorriso tirato sulle labbra. Fischi anche al toro.

Desenfado (JP Domecq, 495 kg) entra come una sassata e con un corno rompe due assi della barrera. Disordinato alla capa, mette le zampe nel panno e attacca a scatti. Nemmeno questa volta Castella si fà carico di posizionare il toro per l'assalto al picador: Desenfado ci pensa da solo a sistemarsi e poi partire, per due volte. Potere della selezione forse, il toro che si mette en suerte.
Dopo un buon quite in mezzo all'arena, una delle cose migliori di tutta la serata: due paia di banderillas di Curro Molina, precise e potenti, una autentica delizia per l'aficionado. La faena è quasi inesistente, il toro si difende rimanendo fermo ed aspettando fino all'ultimo, risparmiando gli attacchi, e agganciando la muleta un paio di volte. Questo comportamento gli vale un bajonazo da antologia, terribile ma efficace: c'è chi applaude.
Fischi al toro.

E' di Victoriano del Rio il terzo, Duende (523 kg).
Nullo alla picca, da dove esce subito e da solo.
Bel quite di chicuelinas, chiuso con un'ottima revolera. Duende ha un pò di motore, Castella lo vede e costruisce un buon trasteo che inizia a destra: la seconda serie, di sette muletazos, è pura e profonda. Musica. Su quel corno Duende ha carica, parte da lontano, mette bene la testa.
Il passaggio a sinistra ha il potere di raffreddare toro, torero e pubblico: di qua il toro non va, e Castella non riesce a trovare il registro giusto per combatterlo. Qualche trucco per compiacere il pubblico, e faena che si dilunga ben oltre le possibilità di Duende e la pazienza di un manipolo di aficionados sui gradini. Un'intera un pò indietro fa cadere le due orecchie. C'è chi applaude il toro.

Costalero di Garcigrande (476 kg) deve avere dimenticato la corna al campo, un pò come quando distrattamente si inforca la Vespa avendo dimenticato di indossare il casco.
Veroniche per accoglierlo. Al primo assalto ribalta il cavallo ma né con bravura né con forza, semplicemente perché abbassa tanto la testa da far leva su una caviglia e lo spedisce per aria. Per tutta risposta, poco dopo il picador gli conficca la vara sul fianco. Una seconda picca leggera con il toro che spinge bene e una terza (!) da lontano, con il pubblico stupito.
Castella inizia con degli statuarios autoritari ed eleganti. Il toro però non trasmette, Castella insiste sullo stesso terreno e con le stesse combinazioni, senza cercare alternative. La faena è piatta e monotona, chiusa dopo un avviso con un pinchazo e un'intera lunga a fare effetto. Applausi.

Osado di JP Domecq (480 kg) entra correndo, Castella gli somministra alcune largas e qualche veroniche in ginocchio, poi in piedi chiude con una buona media. Il toro cerca continuamente la querencia al tori, Castella né lo asseconda né lo domina, semplicemente Osado è libero di vagare per il ruedo: nei suoi vagabondaggi si scaglia una volta contro il picador titolare e un'altra contro quello opposto, sempre uscendo da solo. Dopo un buon tercio de banderillas, Castella prende la muleta e il toro cade. Tra un passo e l'altro il toro si ferma, e il lavoro non è di nessun interesse.
Una intera indietro e un descabello.
Timidi applausi, che in questo contesto equivalgono ad un pesante silenzio.

Manca il sesto.
Per ora sono tre orecchie, un incolore momento di tauromachia e la spiacevole sensazione di un'occasione mancata.
Pochissima emozione, nessun vero sentimento di partecipazione.

Enarbolado, di Victoriano del Rio, pesa 492 e ha le corna corte, cortissime.
Le veroniche di Castella sono preoccupantemente pallide. Una prima picca praticamente inconsistente da cui Enarbolado esce in ginocchio, una seconda che è un pizzicotto.
Come per El Juli la vigilia, il pubblico chiede che sia il maestro a mettere le banderillas.
Tutti in piedi ad applaudire, preventivamente.
Il primo paio è drammatico: messo a corna (?) ampiamente passate, i due bastoni si conficcano nel collo a due dita dall'orecchia sinistra. Orribile. Il terzo paio è un buon quiebro, millimetrico.
La faena inizia con un buon pase cambiado. Dopo due passi (due, di numero), l'orchestra attacca Calle Sierpes. Ma dopo le prime tre battute gli ottoni già si tacciono: il toro si inginocchia, sfinito, e il direttore ha il buon gusto di fermare la musica. Da qui in avanti è una breve ma sofferta agonia, del toro che non desidera altro che morire, di Castella che si rende conto definitivamente che la corrida è stata un fallimento, del pubblico che voleva vedere il suo eroe trionfare grandiosamente.
1 pinchazo, 2/3 di lama, fischi al toro.

Finita?
E no, signori: Sebastien, ci dice il megafono, ha deciso di offrire un settimo toro.
Grazie Sebastien, lei sì che è gentile.

Il settimo, e noi speriamo che sia davvero l'ultimo, porta il ferro di Cortes, pesa 464 kg.
E' il terzo dei sobreros previsti, vediamo se la scelta è quella buona.
Le veroniche e le chicuelinas (che fantasia, oggi, con la capa...) sono davvero buone, rotonde, secche, giuste.
Due picche appena accennate, e di nuovo Castella alle banderillas. Questa volta per fortuna va un pò più lontano dell'orecchia sinistra, ma il primo paio è comunque molto laterale. Poi ancora un quiebro, davvero buono.
La temperatura sale, sulle gradinate.
Il pase cambiado di apertura è davvero maestoso: tre, quattro, cinque passaggi in un vero e proprio corpo a corpo da mozzare il fiato.
Il toro ha carica, è veloce, si fissa bene nella muleta: è il toro buono.
Qualche buona combinazione a destra e sinistra di derechazos e naturales, finalmente cruzandose, poi il toro progressivamente cala e Castella decide per un finale tremendista che cattura definitivamente il suo pubblico, nonostante con la muleta sia tutt'altro che pulito e le corna la strappino ben più di una volta.
Due terzi di lama maliziosa ma efficace, due orecchie e la coda come da contratto.

Pubblico entusiasta, uscita dalla porta principale, titoloni sul giornale il giorno dopo.
Ma le cose non hanno per niente funzionato.
La scelta dei tori, innanzitutto: tori meno collaboratori di quelli del giorno prima, complicati in un paio di casi. In più con una presentazione pessima, davvero, inaccettabile.
Nessun riverbero di emozioni e sentimenti tra pubblico e torero, che non è riuscito ad entrare in sintonia con l'arena se non in un finale più disperato che altro.
Castella, infine, non ha evidentemente il registro adatto per combattere da solo sei tori: pochissima varietà alla capa, poca capacità di adattare il proprio toreo in funzione delle caratteristiche di ognuno dei sei (sette) tori, soluzioni ripetitive e meccaniche.

O si è in grado di dominare e imporsi, o si adattano terreni e strategie.
Questo dovrebbe fare chi ha l'ambizione di essere figura.

(foto Ronda: Castella all'inizio del paseo, Nimes 20 settembre)

domenica 28 settembre 2008

Ultras


Hai voglia a far disegnare l'affiche ad un architetto, a mandare in rotazione uno spot sulla rete nazionale, a fare il pieno all'arena tutti i biglietti esauriti, a richiamare personalità e celebrità di varia provenienza: ministri, attori, registi, sindaci, presenzialisti vari.
Magari ti dà una mano lo stesso Castella, che in un'intervista pubblicata quella mattina sul Midi Libre soffia sul fuoco dell'eccitazione e dice frasi sconnesse tipo mi spiace rovinare la festa a El Juli, oppure José Tomas chi? è un torero esattamente come chiunque altro, e via così.
Insomma hai voglia a pianificare e preparare ogni cosa nei minimi dettagli.
Hai voglia a voler costruire un evento, anzi l'evento.
Con i tori puoi orchestrare tutto alla perfezione, prima, ma dalle cinque del pomeriggio in poi non hai più nessun potere sulle cose.

Certo che il pubblico del sabato scorso a Nimes era per la stragrande maggioranza un pubblico di tifosi, e non c'è cosa più lontana da un aficionado.
L'aficionado all'arena è laico, mai di parte.
Metà arena veniva probabilmente da Beziers, città natale di Castella, e l'altra metà era molto jet-set, lì per l'evento mondano della stagione, per farsi vedere più che per partecipare.
Gli uni e gli altri erano lì per vivere un trionfo, e nient'altro, quasi fosse compreso nel prezzo del biglietto: abbiamo visto gente in fila ai cancelli alle tre del pomeriggio, due ore esatte in anticipo.
Eh, ne ha parlato anche la televisione, di Sebastien, per fortuna che siamo riusciti ad avere il biglietto: ci siamo anche noi.
Merda, ci sono anche sei tori da ammazzare, e vabbé porteremo pazienza: vorrà dire che berremo una coppa di sciampagnino in più una volta finito tutto.

Della prima categoria, quella degli ultras del torero, facevano parte probabilmente quei quattro signori di mezza età alla nostra destra, venuti a vedere Castella, a tifare per Castella, ad emozionarsi per Castella, i tori un antipatico ma inevitabile accessorio: le due donne alla prima veronica del maestro avevano già avuto un orgasmo.
Poco male, non è obbligatorio solidarizzare con i vicini di posto all'arena, pur se a volte si ha la fortuna di incontrare grandi conoscitori e persone squisite e conviene approfittarne.
Non era il caso di quel giorno e, insomma, ci guardavamo la corrida e stop.
Ma evidentemente il nostro atteggiamento durante lo svolgersi del pomeriggio (qualche applauso, un pò più di fischi, e parecchio silenzio) in qualche modo li incuriosiva, sicuramente non li convinceva.

Così arriviamo al sesto toro.
Ci sentiamo osservati, le sensazione istintiva e animale e quasi tangibile di avere degli occhi addosso.
Otto, infatti.
Quattro paia.
Fissi.
Te gusta la corrida senor?
Parli pure francese, signora, se preferisce: tanto non sono spagnolo.
Ah parla francese? Benissimo.
Le piace la corrida?
No.
Un bel no secco, convinto.
Sguardo incredulo e censore, la bocca aperta.
E perché non le piace?
Perché non è una buona corrida, signora.
E' per i tori?
Per i tori e per Sebastien, madame.
E' per i tori?
Per i tori e per Sebastien, madame.
Non le piacciono i tori?
No.
Ma nemmeno Sebastien.
E' la prima volta che vede una corrida?
Non proprio, signora.
Ah.
E questa non le piace?
No signora, però comunque vorrei vederla.
Lei si gira di nuovo verso il ruedo e istintivamente emettendo un gridolino applaude, ma non sa nemmeno lei che cosa perché eran due minuti che mi stava facendo l'interrogatorio.

Castella, a questo sesto toro, decide di mettere le banderillas.
Nel delirio generale, ovviamente.
Il primo paio lo piazza sul collo, a pochi centimetri dall'orecchio sinistro, che nemmeno gli allievi del primo anno della scuola di tauromachia.
La signora si spella le mani, noi fischiamo.
Sento che mi stanno guardando, lo so, ma non ho il coraggio di girarmi.
Li controllo con la coda dell'occhio.

Il terzo paio è un buon quiebro.
Applaudiamo.
Il marito della signora mi chiama, trionfante.
E questo non è buono allora?
Certo monsieur, se una cosa è buona è buona, se non è buona non è buona.
E la corrida non è buona?
No monsieur, mi spiace di cuore darle un dispiacere, ma no.

Non siamo gli unici, morto il sesto toro, a pensare che le cose siano andate male.
Perlomeno siamo in tre: c'è anche Sebastien Castella, che decide di offrire e di offrirsi un settimo toro, e miglior certificazione di una debacle non c'è.
Con il quale settimo toro fa tutto quello che è sufficiente fare per uscire in trionfo nelle arene di terza categoria della provincia andalusa: ricezione in ginocchio, banderillas facendosi rincorrere dal toro una volta piazzate, pase cambiado (maestoso, comunque), spada furba ed efficace.
Il tripudio sui gradini è incontenibile.

Noi non riusciamo a partecipare a tanto entusiasmo, applaudiamo un pò poi rimaniamo in silenzio.

Il pubblico chiede due orecchie e la coda, e la signora non ha più voce da tanto grida verso il presidente, che ha tardato una frazione di secondo ad assegnare i massimi trofei.
Si gira verso di noi, il volto sfigurato dalla gioia di aver visto Sebastien tagliare il rabo tanto atteso.
Non riusciamo a reggere lo sguardo e un nuovo interrogatorio, ci giriamo a nostra volta.
Incrociamo gli occhi di un'altra donna, è uno sguardo perplesso, scuote la testa.
E' un sollievo.

Un paio di ore dopo, al bancone della bodega Col y Toros, ordinando birre e tapas ascoltiamo distrattamente la tertulia che si sta svolgendo nella saletta poco più in là: si dicono le stesse cose che pensiamo, che Castella non ha il registro per affrontare una simile sfida, che questa corrida è stata male organizzata da lui e dal suo entourage, che il trionfo è smisurato, che il suo toreo oggi è stato meccanico e ripetitivo, che non c'è stata sincera comunione con il pubblico.
Bene, non tutto è perduto allora.

Nei prossimi giorni la cronaca più dettagliata dei sei tori.
Ops, sette, che c'era una coda da dover tagliare per forza.

(foto Ronda: Castella a Nimes, sabato 20 settembre)

venerdì 26 settembre 2008

El Juli, a Nimes

Venerdì 19 settembre 2008, sei tori di Daniel Ruiz per El Juli unico espada: è la corrida che celebra i dieci anni di alternativa del maestro, alternativa conseguita proprio sulla stessa sabbia dell'arena di Nimes.
Un'esposizione alla galleria dell'arena, proprio di fronte all'entrata principale, è lì a sancire l'evento.
In turchese e oro con finiture bianche, alle cinque e mezza in punto El Juli percorreva l'arena in lunghezza fino a salutare la presidenza in un paseillo un pò sottotono, che nemmeno una Carmen ben suonata riusciva a riscaldare: pure l'ovazione della gente che lo accoglieva alla rottura del paseo risultava un pò meccanica.
Dopo due ore e mezzo quello stesso pubblico uscirà dalla plaza completamente rapito, emozionato, scosso.

Il primo è Almejta (castano, 461 kg), un toro piccolo e poco armato e che mette le zampe nella capa, con lui El Juli si mostra subito ben disposto e concentrato: qualche bella veronica precisa e secca per accoglierlo.
Dopo un picotazo gentile, ecco il primo di una lunga e meravigliosa serie di quites con la capa: queste sono tafalleras, ben calibrate, il petto completamente esposto. Dedica al padre, come dieci anni prima, e dopo un tercio de banderillas anonimo la faena inizia sulla destra con il toro che segue l'invito verso il centro dell'arena.
Almejita non ha trasmissione, replica un pò tontamente alle sollecitazioni della muleta: a destra e sinistra qualche serie discreta ma né profonda né vibrante.
Un pinchazo e un'intera più il descabello per uccidere non impediscono di far cadere un'orecchia, sotto una petizione non certo roboante.
"Il faut faire monter la mayonnaise", commenta il nostro vicino piuttosto stupefatto per l'assegnazione del trofeo, e noi insieme a lui.
Qualche applauso al toro.

El Juli, evidentemente, è un diesel: con il secondo il motore è già oiù caldo. Il quite somministrato a Marismeno (negro, 505 kg), di faroles, è plastico ed elegante. Alla seconda entrata il picador si guadagna meritatamente i fischi del pubblico per un assalto fuori tempo e fuori posizione.
Il toro nella muleta dimostra una buona nobleza, cosa che permette al Juli di costruire una faena con qualche buon dettaglio che alza velocemente la temperatura del pomeriggio: un pase de pecho ben avviluppato e soprattutto un paio di cambi di mano notevoli.
Con il passare dei minuti Marismeno però si fà più riservato, El Juli prosegue in quello che è uno spettacolo anche bello ma con poca emozione, spettacolo e nient'altro.
Un colpo di cannone per chiudere e dal palco arrivano insieme i due fazzoletti bianchi.

A questo punto (con tre orecchie ai primi due, troppe) temiamo una deriva festaiola che non si addicerebbe all'importanza della corrida e all'importanza della celebrazione, dieci anni di alternativa per un grande torero che sta segnando un'epoca.

Ci pensa Nigeriano (colorado ojo de perdiz, 515 kg) a mettere le cose a posto.
Dopo le veroniche per accoglierlo, una mise en suerte eccezionale fatta camminando dal centro al cavallo e servendosi di un passo di capa meraviglioso (rogerinas, scopriremo poi), e una prima picca messa bene.
La dedica a Simon Casas (impresario dell'arena di Nimes) però evidentemente non porta molto bene.
La faena inizia con El Juli che, in ginocchio, torea e porta in centro il suo toro: maestoso, gli olé cominciano a farsi impetuosi.
Il problema è che anche Nigeriano decide di fare la faena in ginocchio.
Ma è proprio in in questo momento, paradossalmente, la svolta della corrida: dopo tre passi in croce El Juli chiude tutto, prende la spada e lo uccide.
Gesto che apprezziamo molto, quanti altri toreri (in un'occasione del genere, in più) avrebbero invece proseguito a incatenare passi su passi senza alcun significato pur di arrivare in fondo e guadagnare magari qualche trofeo ad un toro invalido?
Saluto e fischi al toro.

Poi però esce Agualimpia, un toro nero di 473 chili.
Piccolo, prende una prima picca senza spingere e una seconda che è più una puntura di zanzara che altro.
E' un toro debole, che cade più di una volta, è un toro che cerca continuamente la querencia (il riparo, ndr) al toril, è un toro distratto che non si fissa in niente e vaga per l'arena insensibile alle provocazioni.
Il pubblico, già raffreddato dal toro precedente, comincia a temere che si andrà avanti così fino alla fine e i fischi sono numerosi.
Una parte dell'arena chiede il cambio.
Ma El Juli ha visto qualcosa, in Agualimpia, lui e solo lui.
Inizia la faena, il toro è debole, cade, la prima serie a destra è povera e vuota.
Non ce n'è, pensiamo tutti.
Questo è un toro e io sono il migliore, avrà pensato lui.
El Juli prende Agualimpia e lo lascia respirare, gli fà ritrovare sicurezza in sé e voglia di attaccare.
Per la seconda serie El Juli lascia Agualimpia a venti metri, questo parte e El Juli lo incolla alla muleta, sul corno destro.
Parte la musica e partono gli olé, cavernosi, rotondi, rumorosi.
A destra la muleta per le prime serie inizia a mezza altezza per poi scendere progressivamente lungo i passi, sul buon corno sinistro di Agualimpia invece il panno è più giù ancora, basso, dominatore.
Passi invertiti avanti e indietro, un cambio di mano, un paio di progressioni circolari.
E una serie a destra con la muleta a terra, la corna dentro, e il busto del torero piegato ad angolo retto, le gambe a compasso.
Enorme.
Come inventarsi un toro, insegnargli ad attaccare, dominarlo.
Una scelta dei terreni perfetta.
El Juli cambia la spada, cuadra il toro, avanza la muleta e lo aspetta.
Recibir.
Due orecchie, il pubblico in trance.
L'emozione la senti sulla pelle.
Il toro, un toro che non valeva niente, esce sotto gli applausi.

Dopo il cambio del quinto toro, infortunatosi contro il peto del cavallo, esce Depravado, nero di 545 chili.
Quite di navarras e una faena che inizia con degli statuarios di autorità, i piedi incollati a terra.
Il toro cerca l'uomo dietro la muleta, ha una carica irregolare e si ferma a metà passo, scuote la testa.
Dalla festa si passa al silenzio concentrato e teso, sui gradini.
Ora è un'altra musica, El Juli compie uno sforzo notevole per domare Depravado, canalizzarne la carica e regolarne il disordine: il toro trasmette, c'è l'emozione di una buona tarde de toros.
Nel momento di aprire un pase de pecho il torero si trova rapidamente a terra, colpito da uno scatto di Depravado con la testa.
Si continua, ma il toro ha la carica sempre più corta.
Un pinchazo e una buona spada per chiudere una faena di merito, non bella a vedersi ma importante, con El Juli che non in un solo momento ha pensato di abdicare, valoroso.

Sono più di due ore che siamo qui, ma le emozioni non sono ancora finite.
Chiude la serata Mamarracho (negro, 510 kg), accolto da una larga in ginocchio ed una serie di veroniche perfette sostenute dagli olé di un pubblico definitivamente conquistato, sciolto, schiavo.
Il quite di lopecinas è arte allo stato puro, la capa che svolazza, si riprende e si avvolge su sé stessa, il torero sparisce e il toro passa dalla parte dove c'è solo il vuoto.
Da antologia.
La chiusura della serie, ad una mano sola, racchiude in un gesto di tre secondi tutta l'eleganza, la fierezza e l'autorità dell'essere torero.
Il problema è che da qui in avanti, attenzione, è un crescendo.
C'è gente in piedi, gente che non smette di applaudire, gente in silenzio catatonico.
Nell'incontenibile delirio generale El Juli decide di mettere, lui, le banderillas a questo toro.
Tre paia sobrie, secche, giuste.
Viene giù l'arena.
Faena dedicata al pubblico, che inizia con il toro che parte da lontano, attacca e El Juli rimane fermo, lo aggancia, lo rallenta, se lo tiene attorno e poi di nuovo lo mette lontano.
Parar, templar, mandar.
E' il toro migliore del pomeriggio, e anche questo è un segno di conoscenza e potere.
La prima parte della faena è maestosa, potente, autoritaria: il toro ha motore, non rinuncia a combattere, El Juli gli impone la sua legge ad ogni singolo passo.
Musica.
I pase de pecho chiudono catene di passi lunghi e profondi, a destra e a sinistra.
Poi vengono le ultime serie, in cui il torero si abbandona a sé, al piacere di toreare Mamarracho, con qualche concessione al bello e molto valor.
La muleta disegna traiettorie sinuose e si impone, lenta e sicura, le corna sempre lì a pochi centimetri.
L'ultimo colpo di spada è una fucilata, El Juli ancora in mezzo alle corna, una fucilata che prima ferma e poi fa esplodere diecimila cuori.
Due orecchie e la coda, e una vuelta a Mamarracho.

E' finita.
O perlomeno è finito il primo atto, quello nell'arena: si riprende poco dopo nelle bodegas e ai banconi lungo il boulevard, dove gli aficionados mimano con la mano aperta la faena al quarto, si raccontano increduli il gioco di capa, brindano pastis e vino bianco ai brividi che ancora hanno sulla pelle.

Sono mancati i tori, alla festa, perché questa corrida passasse alla storia, si eternizasse: ma si sapeva, i Daniel Ruiz erano lì per servire, e seguire.
Pure, El Juli ha dato nobiltà e importanza a questi sei.

Il 19 settembre l'arena di Nimes aveva appuntamento con la maestosa grandezza del toreo.
El Juli è un grande torero.
Completo, dominatore, potente.
Venerdì è stato anche di più.
Enorme.

martedì 23 settembre 2008

Solo



Nei prossimi giorni anche qualche riga sulla corrida del sabato pomeriggio, l'encerrona di Castella.
Che ha sbagliato quasi tutto prima...l'evento, i media, la sfida al Juli, la spocchia sui giornali, la scelta dei tori, l'architetto che disegna l'affiche .
Risultato, una cappa di plumbea delusione a tenere in ostaggio un'arena intera per più di due ore buone.

Per ora basti questa foto, che riassume bene il nostro e (probabilmente) anche il suo pomeriggio.

(foto Ronda - Castella al paseo, sabato 20 settembre a Nimes)

lunedì 22 settembre 2008

Julissimo

Nimes, venerdì 19 settembre, più o meno alle 22.30

Alla bodega Pablo Romero, affollata come al solito, guadagnamo faticosamente il bancone per un paio di tapas di calamari e 4 birre.
Sigari e sangria concorrono alla pari all'impalpabile ma imponente arredamento olfattivo del locale.
Cerchiamo un angolo dove metterci, basterebbero due spanne quadrate di piano non inclinato su cui appoggiare piatti e bicchieri, ci sistemiamo nella metà ancora libera del coperchio di una botte, già occupata da vettovaglie di vario genere.
A presidiarle un ometto più vicino ai sessanta che ai cinquanta.
E' questione di pochi secondi.
Ci fissa, siamo suoi.
Eravate all'arena oggi?
Oui, monsieur.
Il volto si illumina, chiude gli occhi, tira il naso insù e si prende le guance tra le mani, trasognato.
Moi, aussi.
Anch'io.


La stessa sera, poco più di un paio d'ore prima.

Diecimila persone e un torero, là in basso, a vibrare della stessa tensione.
Il toro fermo, affannato dopo dieci minuti di combattimento franco.
Silenzio.
E nel silenzio, solo lontani gli echi delle bande sul boulevard, nel silenzio una stoccata come una cannonata, in mezzo alle corna, a far esplodere un'arena intera.
E' finita.
Trionfo totale, al di là della contabilità dei trofei che per una volta ha davvero nessuna importanza.
E' finita, due ore e mezza di dominio e grazia.

Signori, El Juli è un torero enorme e la corrida di venerdì a Nimes è stata un momento di emozione, passione ed entusiasmo rari e assoluti.
Sontuoso, vibrante, perfetto.
Conoscenza incredibile del toro e maestria completa nella lidia, scienza e sentimento insieme.
Scrivere poesie con i guantoni da boxe.

In un'epoca in cui ci sono veroniche e chicuelinas e il resto lo si lascia ai manuali di tauromachia dalla carta ingiallita, il signor Lopez l'altra sera ha fatto sei quites diversi per sei tori, restituendo al gioco di capa l'eleganza e la nobiltà che le compete: tafalleras, navarras, lopecinas, e altre di cui non sapremo mai il nome e chissà se hanno un nome o se non sono passi usciti così, per istinto e ispirazione del momento, da quelle mani forti e aggraziate insieme.

Non è facile combattere sei tori da soli, sei tori di uno stesso allevamento in più, sei tori di una ganaderia non certo famosa per portare emozione e tensione alle corride, di nuovo.
Bene: non c'è stato un solo, un solo momento di noia, un solo passo uguale agli altri, una sola idea uguale alle altre, venerdì sera.
Il registro de El Juli è tanto ampio e ricco da aver trasformato quello di venerdì in un pomeriggio didattico ad insegnare toreo, in un pomeriggio di miele e ispirata liturgia, di inflessibile volontà.

Un abbandono totale, sciamanico, un flusso ininterrotto di energia che parte dalla testa, passa per il cuore e arriva alle gambe aperte a compasso, alle braccia lungo la cintura, alle mani che svolazzano capa e muleta, alla spada sicura e onesta come poche volte prima.

Esce il quarto.
Che non è un toro finché non è El Juli a insegnarglielo, con due passi di muleta.
Distratto, non si fissa, è debole.
Il pubblico chiede il cambio.
Due passi de El Juli.
Al terzo passo, Agualimpia parte da 20 metri e mette le corna nella stoffa, lo farà per dieci minuti fino a perdere le due orecchie sotto un recibir magistrale

Al sesto, se possibile, ancora meglio.
Rabo.

El Juli ha dominato sei tori e conquistato diecimila cuori, venerdì sera.
Enorme, sicuro, intonato su ogni nota di uno spartito meraviglioso.
E la comunione con il pubblico era unversale: lo vedevi nei gesti di chi ti circondava, lo sentivi sulla pelle.
Una comunione assoluta, diecimila menti rapite, un'emozione densa e calda come lava bruciante che piano piano ha inghiottito un'arena intera.
Un unico pulsare, in un crescendo impetuoso e travolgente.

El Juli, venerdì, è stato enorme.

Nimes, sabato 20 settembre, verso le 10

Compriamo il giornale, appena prima del solito caffé francese in cui ogni volta recidivi ricadiamo.
L'aficion è rendersi all'arena ogni volta, alle cinque della sera, a credere nell'arrivo di Babbo Natale.
La stupidità (nostra) è andare ogni volta al bar, di là dalle Alpi, e sperare in un caffé come si deve.
Ma questa, evidentemente, è un'altra storia.
Compriamo il giornale e, per una volta, il titolo che campeggia a nove colonne in prima pagina non ci sembra la solita esagerazione della stampa prezzolata, a pompare feria ed eventi.

Julissimo.

ps: nei prossimi giorni la cronaca della corrida, un pò più strutturata e con un pò più di obiettività, ed anche qualche nota sui tori. La facciamo corta: i Daniel Ruiz erano come dovevano essere, non più di dignitosamente armati, comodi, debolucci, facili.

(foto Ronda: immagini dalla mostra in onore dei dieci anni dell'alternativa de El Juli, a Nimes - all'arena non siamo riusciti a prendere in mano la macchina fotografica, troppo il rapimento)

giovedì 18 settembre 2008

Alla feria della vendemmia



Da domani il blog si mette in pausa tre giorni causa partecipazione alla Feria des Vendanges di Nimes (*).
Tori come si deve non ne vedremo, a meno di un miracolo, e almeno dunque che le grandi star che saranno al paseo in quei giorni siano ispirate.

In programma abbiamo la solitaria de El Juli (per celebrare i dieci anni dell'alternativa presa proprio qua), la solitaria di Castella, e al sabato mattina la corrida degli artisti (sic), con Morante de la Puebla.
Omettiamo i nomi delle ganaderias, per pudore.

L'affiche della feria è terribile, speriamo solo che le corride non siano in linea.

Riferiremo al ritorno.

martedì 16 settembre 2008

Castella, solo

L'impresa che gestisce l'arena di Nimes ha deciso di trasformare l'encerrona di Sebastien Castella in un vero e proprio evento, che secondo le intenzioni dovrebbe travalicare i confini dell'aficion per diventare avvenimento mondano, storico, artistico, unico.
Pubblico, essenzialmente.

Il più grande torero francese di sempre, secondo alcuni, si chiuderà da solo contro sei tori nella plaza de toros di Nimes, secondo l'impresa che la gestisce e che quindi ne cava profitto l'arena più importante e seria di Francia.

Per l'occasione Jean Nouvel (wiki), secondo alcuni il più grande architetto di questi anni, ha disegnato un'affiche esclusiva per l'evento.
Sempre per l'occasione, fatto unico nella storia della televisione e della tauromachia francesi, su France 3 sta girando in questi giorni uno spot che reclamizza l'appuntamento: secondo alcuni, un video dalla realizzazione e dalle immagini squisite.

Personalmente trovo l'affiche orribile, e l'arena di Nimes a mio avviso rimane anni luce lontana dall'essere la più seria di Francia.
Il video mi pare ben fatto e dignitoso, e comunque è in sé una notizia degna di attenzione.

Jean Nouvel non so chi sia e Castella è un buon torero, ma giudizi assoluti e definitivi sulle due categorie (architetti e toreri) è sempre impossibile darne.

Sulla corrida ci esprimeremo da domenica in poi, ché sabato saremo per l'occasione sugli spalti: mancare un evento mondano, proprio in mezzo al jet-set, non sarebbe nel nostro stile.


(a vantaggio dei lettori, che così potranno formarsi un giudizio autonomo, l'affiche in questione)

lunedì 15 settembre 2008

La corrida concorso di Arles

Con il corpo saldamente a casa ma con lo spirito ad Arles (entrambi però rinfrancati dalla gita monferrina del sabato), per la corrida concorso di ieri che ha chiuso la stagione della cittadina provenzale abbiamo schierato sui gradini della storica arena una squadra di inviati franco-italiana da far invidia ai portali taurini più conosciuti.
Pubblichiamo la cronaca arrivata prima delle altre, scritta dall'amico Lilian che presto vedremo nella sua Nimes ad esibirsi con il trombone per le strade e con i bicchieri di pastis ai banconi.

A leggere le sue righe e a vedere le foto di François Bruschet (*) dev'essersi trattato di un appuntamento fortunato e appassionante: d'altronde i nomi delle sei ganaderias erano a dir poco altisonanti, ed Arles la concorso è tradizionalmente un momento di seria ed alta tauromachia.
Bien.

Una interessante corrida concorso

Poco meno di mezza arena ornava i gradini dell'anfiteatro arlesiano, sotto un certo freschino che i raggi del sole facevano fatica a riscaldare.

Il primo toro di Murube è stato mal piccato per tre volte (molto indietro). Due volte è andato bene al cavallo rimanendo fisso nel peto, ma alla terza picca esitava e dava colpi di testa nella protezione. Banderillato dal maestro Esplà, il toro ha cominciato a mostrare una debole mobilità. Cosa che si confermava nella muleta di Esplà: a destra come a sinistra il toro è stato di carica molto corta e dava dei colpi di testa. Non c'era bisogno di altro ad Esplà per cambiare la spada e ucciderlo di una piatta di traverso e con 3 descabellos.

Il secondo era un Miura molto nello stile dell'allevamento, per una volta con delle corna dignitose. Se ha spinto bene nel primo incontro con il primo picador, il toro ha esitato durante i due successivi fermandosi a mezza distanza e grattando per terra prima di lanciarsi di nuovo. Javier Valverde lo ha capito bene e ha iniziato a torearlo altrettanto bene. Poco a poco riusciva ad allungare le braccia e a regalare qualche bel derechazos purtroppo funestati dai suoi fastidiosi gridolini all'inizio e alla fine di ogni colpo di muleta. Dopo un breve passaggio a sinistra, Valverde piantava una bella stoccata però senza effetto e dopo tre fallimenti al descabello e un avviso il toro si sedeva da solo.

Il toro de La Quinta uscito in terza posizione era accolto dalle belle veroniche di Sergio Aguilar, sfortunatamente disarmato sulle successive. La prima picca era breve, con il picador malmenato dai colpi di scalpello del toro che gli faceva perdere picca e cappello. Se il toro mostrava più desiderio di andare al cavallo, non si adoperava troppo nelle due picche successive. Aguilar cominciava la sua faena a sinistra e piuttosto bene. Durante la seconda serie la tensione saliva di un tono: al secondo natural il corno de La Quinta sfiorava il polpaccio del torero, e al quarto il toro si fermava all'altezza dell'uomo, guardando il torero che però rimaneva immobile prima di invitarlo ancora per un ultimo muletazo. Olé! Aguilar incatenava dei derechazos buoni e dei naturales strettissimi a un toro che lo guardava molto senza peraltro far perdere il sangue freddo al torero. Dopo un finale con manoletinas e un pinchazo, Aguilar affondava un'intera presto efficace e un'orecchia arrivava dal palco della presidenza.

Il quarto era un piccolo toro magro e con corna dritte di Victorino Martin che usciva con parecchia birra dritto nella capa di Esplà. Il torero di Alicante pasticciava le sue due prime pose en suerte correndo verso il picador dopo il remate (la chiusura di una serie, ndr) con il toro che lo seguiva. Al terzo e quarto incontro il toro arrivava dal centro ma frenava ogni volta arrivando vicino al cavallo e non ingaggiandosi mai. Accolto con dei doblones, il Victorino aveva risparmiato forza e morale, così Esplà sciorinava dei derechazos muovendosi molto. Se Esplà continuava nello stesso stile a sinistra, la serie succes fatta di bei naturales sciolti e lunghi. Il toro aveva parecchia nobleza e poche cattive intenzioni, ed era facile sognare pensando cosa avremmo visto se questo Victorino fosse capitato in altre msiva eraani... Gli ultimi naturales erano un pò caciaroni, in più. Dopo 2/3 di lama Esplà lasciava una quasi intera. Impedendo ai suoi peones di avvicinarsi al toro che non cedeva, il torero faceva teatralmente ritorno al burladero che raggiungeva esattamente nel momento in cui il toro crollava fulminato. L'uscita del toro era applaudita e Esplà guadagnava un'orecchia maliziosa.

Il quinto toro di Guardiola Fantoni ha messo tre grossi colpi nei suoi tre incontri. Se metteva le reni nella prima picca, non si impiegava troppo negli altri due assalti. Da subito si avvertiva che Valverde non si fidava troppo di questo toro, e si capì presto perché: a destra come a sinistra il toro cercava subito l'uomo. Valverde strappava qualche natural ma al nuovo avvertimento, prendeva velocemente la spada che conficcava al terzo assalto. Dopo un descabello, Javier salutava per la seconda volta in questa giornata.

L'ultimo toro del pomeriggio era di Escolar Gil, un bell'esemplare ma poco armato. Ancora una volta Aguilar accoglieva il suo avversario con delle superbe veroniche a piedi uniti, sfortunatamente agganciate le ultime due. Al primo incontro il toro spingeva cavallo e cavaliere fino alle assi. Rispondeva velocemente per una seconda picca ben amministrata. Il presidente accordava il cambio di tercio chiesto da Aguilar ma sotto la pressione del pubblico il toro veniva messo una terza volta di fronte al cavallo fin dal centro dell'arena, per una terza picca indietro dopo qualche esitazione. Il picador usciva sotto gli applausi e con la musica di Chicuelo. A destra Aguilar trovava la giusta armonia, somministrando derechazos però afferrati a degli altri bel legati e lenti. Tutte le sue serie si terminavano con dei superbi passi de pecho. Di fronte a un toro sempre meno mobile, la faena risultava un pò troppo lunga, e Sergio faceva nuovamente prova di coraggio e aguante per riuscire negli ultimi muletazos. Una bella spada metteva fine al combattimento dopo un avviso un pò ritardato. Un'orecchia ricompensava un Sergio Aguilar che vogliamo presto rivedere.

Senza raggiungere dei vertici, abbiamo passato un buon pomeriggio di tori, con dei toreri che hanno perfettamente intepretato la corrida concorso.
Secretario di Escolar Gil ha ottenuto il premio al miglior toro, Angel Rivas (di fronte al Miura) quello al miglior picador.

I tori:
1. Falseto, n° 8, negro, 550 kg (settembre 2003)
2. Pies de Liebre, n°9, colorado bragado, 620 kg (febbraio 2004)
3. Contador, n° 11, cardeno oscuro, 560 kg (febbraio 2004)
4. Veredero, n° 3, cardeno, 500 kg (dicembre 2003)
5. Segundito, n° 26, negro, 540 kg (novembre 2003)
6. Secretario, n° 66, cardeno, 535 kg (aprile 2004)

(foto di François Bruschet per CyR)

sabato 13 settembre 2008

Libiamo, libiamo

Saltata per cause di forze maggiori l'impegnativa trasferta ad Arles, il consiglio direttivo del blog ha deciso di non perdere comunque l'occasione per fare di questo 13 settembre un sabato da ricordare.
In compagnia del fido lettore gigliato abbiamo ripiegato su un viaggetto fuori provincia, precisamente a Nizza Monferrato.
Dove intorno all'una ad aspettarci abbiamo trovato Pietro, appena uscito dal forno in cui con perizia impasta e cuoce grissini, pagnotte, biscotti e torte.
Ottimi, ovviamente, e nelle nostre dispense ora fanno bella mostra di sè alcuni esemplari, destinati però ad una vita sicuramente breve.
Su sua iniziativa ci siamo arrampicati per una manciata di chilometri fino a raggiungere la trattoria del Bardon: dove le cose sono fatte bene, con amore, dove si sente la terra nei piatti e la passione nelle bottiglie.
Consigliato.

Bel pranzo: a godere degli agnolotti e del Barbera, a parlare di viaggi e vino, di Pamplona e della pianura del Po.
I tori sempre sullo sfondo, inevitabili.

Tocai, Barbera e Barbera, Jerez per finire.
Sessione quantomeno generosa ma di grandi soddisfazioni.

D'altronde, come spesso gli accade, aveva ragione il Maestro: con gli aficionados non si rimane mai con la gola secca e la bocca asciutta.
L'abbiamo sperimentato nei nostri viaggi, ad Arles nella corte di madame Sara, il foie gras alla griglia nel sud ovest, la merenda sui gradini dell'arena di Almeria, la sfida di delizie francoitaliane a Dax, il fino a Siviglia, gli aperitivi di Ceret.

Bella gente, gli aficionados.
Pietro tra questi.

Nadie se ha muerto tomando fino y comiendo jamon de bellota...

(foto Ronda: forniture al bar 'O Purple, Dax)

giovedì 11 settembre 2008

Ricoprilo di luci


Dopo la morte di Christian, sono stato colto da un insopprimibile bisogno di metter ordine.
Selezionare, classificare, mettere a posto.
Questa frenesia non era dovuta al solo bisogno di rimanere nell'illusione della sua presenza maneggiando quegli oggetti che mi parlavano ancora di lui, ma era anche, soprattutto, un modo incosciente di lottare contro il soffio distruttore della sua morte, che tutto aveva sparpagliato, e che tutto aveva distrutto nella mia anima.
Volevo ricostruire.
Scrivere prendeva parte, forse, di questo stesso desiderio.
Ma se si possono riordinare delle foto, dei manifesti, degli articoli di giornali o dei filmati, quale scelleratezza, quale pretenziosità di pensare serenamente che si possa fare altrettanto con i sentimenti, i ricordi, le ferite o le gioie di un passato irimediabilmente scomparso.
Questo libro, senza vera cronologia, senza un piano, senza un senso, riflette l'accettazione di un disordine contro cui io nulla posso.
Un disordine contro il quale mi so incapace di lottare.
Ecco questi piccoli pezzi di ricordi, caduti come le foglie dai rami, perché Christian è morto questa mattina, cinque anni fa.

Da "Recouvre-le de lumière" di Alain Montcouquiol, fratello di Nimeno II


(nella foto, i due fratelli Montcouquiol all'arena di Nimes)

martedì 9 settembre 2008

Certi pomeriggi


Avevamo già parlato di Michael Crouser e delle sue fotografie uniche.

Se ne sono accorti anche a La Repubblica, celebrandolo in questo bell'articolo pubblicato giusto ieri.

Nel quale si legge anche una frase di Mario Vargas Llosa che volentieri riprendiamo:

«Ci sono cose che vengono da troppo lontano per essere spiegate, come certi pomeriggi in una Plaza de Toros: reminiscenze antichissime, celebrazioni popolari, feste inseparabili dalla magia e dalla superstizione... erano tempi in cui non c’erano pudori né tabù e non era così ben marcata la frontiera fra umano, animale, divino, e tutti partecipavano alla rappresentazione collettiva della vita e della morte».

Il libro di Crouser, per chi ha 60 euro da investire in una raccolta di foto palpitanti, è disponibile alla Boutique des Passionnés (*).

lunedì 8 settembre 2008

Dite loro che le prossime nevi



Dunque ieri a Dax, per l'ultima corrida della stagione, Perera ha indultato il sesto toro.
Titoloni sui portali più cool, titolacci sui blog e sui forum degli aficionados: che non si giustificano la grazia ad un toro non piccato, che dunque non ha potuto far mostra di bravura, cui Perera ha permesso di mettere in mostra un'infinita nobleza ma nient'altro.
La grazia si concede ai tori che si dimostrano eccezionalmente fieri, coraggiosi, indomiti, e non a quelli solo in grado di mettere le corna nella muleta per dieci, venti minuti.
Curioso.
Un indulto dovrebbe essere un momento altissimo e sublime di tauromachia, e non invece occasione di polemica e divisione.

Ma detto che condivido le critiche, anche dure, che si possono leggere su internet in questi giorni, detto che l'amara provocazione di Campos y Ruedos (*) dovrebbe suonare come un grosso campanello d'allarme per tutti gli appassionati., detto che il commento di Marco al post precedente è da sottoscrivere riga per riga..detto questo, l'indulto di Dax perlomeno ci ha regalato questo gioiello che qui con voi condividiamo.
Le righe che ha scritto Zocato, e che ha pubblicato il Sud-Ovest oggi: qua.
Lui è un pacioso e irrituale giornalista taurino francese, incline ai piaceri della vita e non insensibile al fascino dell'alcool, dalla penna spesso straordinariamente ispirata.
Un artista, a suo modo, un artista vero: un poeta, capace di scolpire per sempre con parole divine e perfette un pase de pecho, una serie con la sinistra, una corrida intera.
Personaggio discusso e discutibile, non sempre integerrimo esempio di professionalità (splendido l'aneddoto di quella volta in cui, in una piccola arena del sud della Francia chiese in prestito ad una nostra amica l'accendino, per consumare l'ennesima sigaretta: il giorno dopo il Sud-Ovest pubblicò la sua cronaca della corrida che in quegli stessi istanti si teneva a Madrid), un carattere a volte anche scostante che abbiamo sperimentato di persona...sono in pochi però a non capitolare di fronte alle sue invenzioni letterarie, alle sue cesellature, a quel suo modo così delizioso di scrivere di arte con arte.

Dite loro che le prossime nevi

Enrique Ponce: silenzio e silenzio
Morante de la Puebla: saluto e un'orecchia
Miguel Angel Perera: silenzio e le due orecchie e la coda simboliche



Sei tori di Victoriano del Rio (da 486 a 528 kg, media di 502), sette piccje. Complicati e fermi il primo, terzo e quarto, nettamente più docili gli altri.

Era il più piccolo, il meno pesante, l'ultimo della famiglia.
Un bel musino, due occhi pieni di tenerezza, decine di margherite e papaveri nelle narici.
Si chiamava, ma tranquillizzatevi che continua ancora a chiamarsi, Desgarbado, numero 67.
Chi è abituato a spaccare il capello in quattro dirà, le sere delle discussioni d'inverno, quando piove freddo sulle nostre fortune estive, che non ha preso che una leggera picchettina, un quarto di lancia, una puntura appena.
Tua sorella! Che tra l'altro da ieri sera si frega le mani dalla felicità, da quando alle 20 e 9 minuti Desgarbado, ridendosela dei cabestros, se ne è andato al galoppo, dritto sui suoi zoccoli, sbuffando allegria, rientrando al toril.
Ottomila persone in piedi l'acclamavano con questa meravigliosa illusione di quando si crede alla reincarnazione, che si possa ritornare ad essere toro su questa maledetta terra.
Questo così piccolo toro aveva un cuore come una cattedrale.
Aveva appuntamento con la vita.
E senza dubbio l'ha pensato subito, fin dagli otto cambios e dai muletazos stretti di Perera.
Desgarbado ha pensato ai suoi fratelli, ai cugini rimasti nella ganaderia, al portone della tenuta scorto un'ultima volta.
Ora Perera lo incensava, lo sublimava e il torellino lo sapeva ogni volta di più, ogni volta che la muleta tracciava linee incredibili, delle spirali assolute in cui la lentezza, l'oro l'incenso e la mirra si univano in un rispetto così intimo che applaudire pareva velleitario.
E tuttavia...come non strapparsi la camicia come ai matrimoni gitani!
Benedire e strabenedire la giumenta e lo stallone di Desgarbado, la madre e il padre di Perera.
Dir loro che le prossime nevi dei mesi senza corrida avranno gusto di miele.
Rifaremo tutti di nascosto, una volta messi i bambini a letto, questa faena di cui le descrizioni delle combinazioni, dei passi legati non hanno neanche l'odore delle serie viste e vissute.
E' stato un ventaglio geniale, ci si vedevano dentro i riccioli dei fiori, dei passi circolari, delle riprese immaginabili come nel paradiso della muleta, senza il minimo sfregio alla stoffa.
Perera non sorrideva, o quasi per niente.
Desgarbado nemmeno.
Ci raccontavano solo che a volte, anche una volta solo una corrida permette di fermare il tempo e ci dice che la morte non ha altro da fare che trattenersi.
Esiste ancora un piccolo toro nero e un grande maestro per ordinarle di deviare il suo cammino. Torni domani.
Per il momento, sparisca.
Dall'11 maggio 1913, salvo errori, data dell'inaugurazione dell'arena di Dax, nessun toro qui era stato graziato. Desgarbado e certamente Perera sono entrati nella Storia.
Presente in barrera, Cesar Rincon sventolava il suo fazzoletto e tutta la gente con lui.
Ci si ricorderà poi che anche Enrique Ponce, sfortunato al sorteggio, era pure lui in programma così come Morante de la Puebla, vestito di rosso cardinale e nero corvino, coleta naturale.
Per Morante, inutile precisarlo, noi faremmo carte false e forse anche peggio.
Una decina di veri e profondi capotazos hanno ringiovanito la nostra aficion al quinto toro.
Olé a te Morante e anche i tuoi genitori, senza dubbio.
Olé al tuo sentimento, al modo di chinarti, di fumare soddisfatto gli havanas d'El Gallo, di arrotolare dei passi che non si vedono che con te.
Olé alla tua profondità, al tuo flamenco e alla tua onestà, a te che sei accusato di risparmiarti.
Olé infine al tuo modo di mostrarci que il toreo non è che la scienza dell'anima.

Nessun biglietto disponibile, 23 gradi.
Il sole si è rifatto vivo...

(Studio sul toro, Picasso)

venerdì 5 settembre 2008

Dax 2008 - i tori



Prima di parlare dei tori di Dax è meglio scrivere due righe di premessa.
Negli ultimi tempi ci eravamo trattati bene, decisamente.
La chiusura della feria pasquale di Arles con dei Miura impressionanti ed emozionanti, due corride a Madrid con il toro di Madrid, Ceret con i Prieto de la Cal furiosi, i Bucaré forti e bravi, gli Hernadez Plà magnifici, e di nuovo i Miura a Bayonne, lunghi e armati.
Un bel filotto, non c'è che dire: sette corride vere, palpitanti, con tori duri, belli, potenti.

Il passaggio al toro di Dax, il toro per le figuras (le star della tauromachia), è stato troppo brusco.
Per una qualche forma di irrazionale illusione speravamo quasi di proseguire sulla stessa linea con l'aggiunta magari del bello, dell'arte, dell'emocion che i toreri di primo piano riescono a mettere.
Mercoledì 13 agosto per la prima della feria, quando è entrato il primo Conde de Mayalde (due belle corna, in verità), ci siamo più volte stropicciati gli occhi.
Ma ci saremmo presto abituati, desolati, che il toro di Dax è quello.
Inevitabilmente quello.

I tori di quel primo giorno si sono presi 6 picche e non una di più, forse perché meno di una a testa nemmeno a Dax hanno ancora il coraggio di non farne dare, e non hanno dato preoccupazioni ai toreri e interesse al pubblico.
Quando un lotto intero esce dal toril e viene accolto dal silenzio degli spalti, non è una grande giornata per la tauromachia.
Sei esemplari con poco morale, spesso distratti e per questo difficilmente toreabili, e quei pochi attimi di imprevista tensione li abbiamo dovuti più a episodi che alle maleintenzioni dei cornuti.
Nel grigiore del pomeriggio solo il terzo, Tempranito, ha mostrato una nobiltà accentuata, non vuota e tonta, permettendo a Talavante di fare un buon lavoro alla muleta.

Peggio ancora è andata con i Samuel Flores di sabato 16.
A partire dalle corna, tanto chiuse davanti agli occhi che c'era da chiedersi se effettivamente riuscirrero a vedere qualcosa. Sei esemplari omogenei: bassi e grossi, cone le corna larghe ma tutte ripiegate verso l'interno. E con un comportamento analogo, disinteressati all'uscita, rifiutando la prima picca ma andando a spingere alla seconda.
Alla muleta, il tracollo. Senza forza e senza carica, lenti e pesanti, a seguire il rosso della stoffa più per inerzia che altro.
Il terzo si chiamava Sanguinario, una barzelletta.
Tori noiosi, a voler essere gentili.
E dire che Samuel Flores sa anche presentare corride interessanti e piccanti, durante l'anno.

Con i Victoriano del Rio della chiusura è andata un pò meglio, ma sempre restando lontano dai fasti delle nostre ultime uscite.
Certo, delle tre corride questa è stata quella meglio presentata: belle corna, una discreta varietà di manto, corpi ben proporzionati e forti.
Alla capa i Victoriano hanno permesso più gioco dei Samuel, e El Juli e Perera hanno potuto offrire delle serie di veroniche a tratti anche molto buone.
Si sono viste le picche meglio inferte della feria, e Cantaor (uscito per terzo) ha accettato l'invito fatto da Perera che l'ha ben messo in suerte a dieci metri dal cavallo, è partito e ha spinto bene sotto gli applausi.
Purtroppo la corrida però si è rivelata, con il passare dei minuti, anche piuttosto sfortunata: un paio di tori infortunati, uno sostituito poco dopo l'ingresso.
Rimane del pomeriggio il corno sinistro del primo, che El Juli non ha saputo o forse voluto vedere, e la carica ordinata di Pudoroso che ha permesso nel finale a Perera di andarsene con un'orecchia.
Per il resto, quasi nulla da notare sul quadernino.

Troppe poche cose da ricordare, a livello tori, per l'edizione 2008 di Dax.
I tre Prieto de la Cal usciti sotto la tempesta a Ceret, da soli, hanno dato più brividi che queste tre corride messe insieme.
Per fortuna a Dax la festa è strepitosa, e alla sera è stato facile e veloce dimenticare gli sbadigli pomeridiani.

(foto Ronda: Diamante di Victoriano del Rio e Enrique Ponce con Garceto di Samuel Flores)

giovedì 4 settembre 2008

Forma e sostanza


Ogni volta è più bella, l'affiche della bodega Les Andalouses di Arles.
Uno di quei casi in cui si può dire che la forma è anche la sostanza, se è vero come è vero che Les Andalouses è una bodega fra le più seducenti, passionali, pulsanti che ci è capitato di visitare e vivere negli anni.
Se non la bodega, in assoluto.

(cliccare sull'immagine per ingrandirla)

mercoledì 3 settembre 2008

I Palha, gli orchi cattivi



Sabato scorso, per la prima delle due corride di chiusura della temporada, a Bayonne sono sfilati i tori di Palha, ganaderia temuta dai toreri e invece fortemente amata dall'aficion.
E' stata una corrida di altri tempi, si leggeva in questi giorni su internet: se ne è parlato parecchio soprattutto su Campos y Ruedos (qui e qui).
Una di quelle corride che segnano una stagione intera, di quelle di cui si parla l'inverno nei club e tra appassionati, di quelle che fanno la storia di un'arena.
Sul posto per noi c'era l'amico Remi, fedele inviato del sud-ovest: ecco la sua cronaca.

Bayonne, 30 agosto 2008.
Corrida di Palha: due ore e mezza di spavento.
Tori che trasudavano casta fino alla punta delle loro armature (con le corna esplose i primi due, ma da imbalsamare il quinto e il sesto, e tutti di magnifica presentazione), con una mansedumbre piccante quando non terrificante.
Da sabato per far paura ai bambini di Bayonne le loro mamme non parlano più del lupo mannaro o dell'orco cattivo (croque-mitaine nel testo originale, ndr), ma dei tori portoghesi!

Corrida da Vic per quelli di Vic, corrida da Ceret per quelli di Ceret, e intanto quelli di Dax erano sulla spiaggia...
Quattordici picche robuste tra cui una di sette minuti (!), la caduta di un picador, le protezioni dei cavalli da cambiare.
26 gradi, vento che ha infastidito i toreri che francamente non avevano bisogno anche di questo, temporale al sesto toro.
I Palha avevno la divisa nera, in omaggio a 2 aficionados bayonnesi scomparsi quest'anno.
I tre uomini con l'abito di luci sono ancora vivi, ed è questo di cui ci si ricorderà.
Per l'aspetto tecnico: 6 stoccate 6, 4 veroniche, 3 passi con la destra, 2 con la sinistra, e stop.

Rafaelillo: saluto e saluto.
In difficoltà come i suoi giovani compagni. Si è battuto ma non ha mai potuto dominare nessuno dei suoi due avversari del giorno. Preso dal quarto alla fine di un passaggio, ha rischiato grosso ma è riuscito ad evitare il peggio.
Probabilmente si sta ancora chiedendo come mai il suo secondo non è caduto subito dopo la sua superba spada, senza compromessi e messa bene.

Urdiales: applausi e silenzio (con qualche fischio).
La delusione del giorno: non è parso per niente all'altezza, nonostante la fama da lidiador. Senza nerbo, si è inoltre compromesso con una parte del pubblico che non gli ha perdonato di non aver messo di nuovo al cavallo il suo primo toro, che ne aveva tremendamente voglia dopo aver già passato sette minuti contro il peto (la protezione dei cavalli, in kevlar, ndr), a spingere come un forsennato.
Ha fatto deliberatamente assassinare il suo secondo dal picador di riserva, visto che il titolare era a terra, sradicato dalla sua cavalcatura dalla rabbia e dalla violenza del primo assalto.
Il temporale gli ha risparmiato la bronca finale.

Aguilar: silenzio e vuelta.
Il più implicato dei tre, il più elegante anche nonostante la guerra imposta da questi tori di un'altra epoca. Le ha provate tutte, anche un pendolo al secondo, sfortunatamente facendosi disarmare.
Ha ridotto la distanza per trovare il sitio, toreando tra le corna, senza oltraggiosa piaggeria, ma anche così i tori non passavano.
Avrebbe probabilmente ottenuto un trofeo al sesto se il pubblico, sorpreso dalla forte pioggia, non avesse velocemente scuotato le gradinate.
Vuelta a passo di corsa.

(foto di Laurent Larrieu per CyR: qui la galleria completa )

lunedì 1 settembre 2008

Blitz?

Prendete una bella e romantica città della Provenza, ricca di storia, di tradizioni, ma anche moderna, aperta, sempre attenta a quello che succede in giro per il mondo.

Fate che la detta città sia sede in luglio di un festival di musiche del mondo di rilievo internazionale, e che Van Gogh vi si installò per dipingere alla luce del suo sole.
Però luglio è passato, direte voi, e Van Gogh non c'è più

Poco male.
Fate che la nuovamente detta città sia teatro, due volte all'anno, di due tra le migliori ferias del sud francese: quella pasquale, sontuosa e energica, quella settembrina più intima e posata.
Non basta ancora?
Fate che sempre la stessa città accolga una scuola internazionale di fotografia (*), autentica fucina di idee e sperimentazioni, punto di riferimento per un continente intero.
E che una volta all'anno tra le sue vie e i suoi spazi venga organizzato uno degli eventi clou per gli appassionati e i professionisti della fotografia.

Fate che la città in questione disti poco più di 500 km dalla sede legale di questo blog e soprattutto che il secondo week-end di settembre i due eventi sopracitati, la feria du Riz e gli Incontri di Fotografia coincidano e...beh, sarà facile capire il nostro imbarazzo.

Arles, ovviamente.

I Rencontres sono in programmazione fino a domenica 14, con una sessantina di spazi espositivi disseminati in tutta la città, opere di fotografi da tutto il mondo, sperimentazione e classicismo, installazioni e cornici, Christian Lacroix.
Tecnica e sentimento, l'occhio e la mano.

La Feria du Riz sarà dal venerdì 12 alla domenica 14, con il solito campionario di abrivado, bodegas, bande per le strade, chioschi e alcool in svariate forme.
Più la programmazione all'arena, ovviamente: deboluccia in realtà, ma con una corrida concorso davvero notevole, la domenica pomeriggio.
Da far venire l'acquolina in bocca.
Un toro di Murube, una tra le ganaderias più antiche di sempre; un toro di Miura (...); un toro di La Quinta, che quest'anno ha trionfato a Vic Fezensac e Mont de Marsan ; un toro di Victorino Martin, la ganaderia di questi ultimi due decenni (è un Victorino l'unico toro mai graziato a Madrid); un toro di Guardiola Fantoni, altro nome assai apprezzato, e per chiudere un toro di Escolar Gil, che a Ceret quest'anno hanno dato spettacolo.
Roba grossa, niente da dire: chapeau all'impresa.

In sintesi, occhio alla clamorosa combinazione: un appuntamento di richiamo internazionale che raccoglie i migliori fotografi europei, tanta gente, tanti giovani, fermento...più la feria con il solito circo e una corrida che almeno come cartel è fra le migliori in assoluto di tutta una stagione.

Rara e felice coincidenza.


Ma attenzione...con il fidato lettore P., la redazione del blog al completo sta seriamente valutando l'ipotesi di fare un blitz, un mordi e fuggi di notevole intensità.

Perché no? dice qualcuno
Perché più di mille km in due giorni sono un filino tanto, rispondono timidamente i più assennati.
Va a finire che prevalgono i perché no, me lo sento.

(foto di L'instantanée, una sala per i Rencontres 2008)