sabato 30 aprile 2011

Donde estan los Miuras?



"Dove sono i Miura" gridava quell'aficionado esasperato, al quarto della tarde.
Dove sono finiti, caduti, precipitati i Miura? Non è stata una corrida brutta, mala, quella di lunedì: sarebbe stata comunque una corrida di Miura, ché di cose brutte e malas ne ha portate in giro, perché anche quelle sono miuradas. No. Nell'uovo di Pasqu(ett)a la A con le orecchie ci ha fatto trovare una corrida noiosa, che forse peggior cosa per una corsa di Miura non c'è.
Noiosa e ordinaria.
Togliamo Estopeno, il secondo a uscire, intoreabile e vigliacco, gazapon, sornione, imprevedibile e viscido, togliamo questo che pure non ha portato in pista che un villano surrogato dell'emozione per cui i Miura sono famosi, togliamo questo e della miurada di Arles non rimane niente.
Non rimane che una corsa soporifera, con tori che cadevano, insulsi al cavallo, senza forze e senza furia, e soprattutto dolci. Huron, capitato a Savalli in terza posizione, doveva aver letto il galateo del buon toro la sera prima: carica ordinata e piatta, nessun problema da porre al padrone di casa, nessuna cattiva intenzione.
Miura del Cuvillo.
Triste.
El Fundi ormai è poco più che un ectoplasma: rincula, esita, si fa strappare la muleta, cade, si rialza macchinosamente, cade ancora. Il primo, Fragata, se lo mangia. Il secondo, Canelito, gli lascia un'orecchia che il pubblico (grande stoccata, sia detto) offre al torero come regalino per la pensione e come tributo alla carriera.
Cinque avvisi per Alberto Aguilar, che lunedì sembrava essersi messo al diapason dei Miura: vuoto, fiacco, senza grinta, moscio. Estopeno, è vero, è un toro impossibile, ma con le lame il giovane matador è stato un disastro indicibile. Tre volte suonano le trombe, e mille volte i fischi dell'arena. Due avvisi anche al quinto, e stoccata oltre il limite del terzo che però una presidenza con la mano suo cuore e non sul cronometro ha preferito non far suonare. Un passaggio a vuoto preoccupante per quello che in molti vedevano come il prossimo riferimento sicuro, erede designato proprio del Fundi, tra i gladiatori del circuito duro.
Infine Mehdi Savalli, che si porta a casa la vittoria (virtuale) ai punti sui due colleghi. Moderasse gli eccessi circensi nel secondo tercio, lo si potrebbe fino celebrare per quei due o tre naturali che ha tirato al sesto della serata. Sicuro e perchè no elegante alla capa, alle banderiglie diventa la brutta copia del Gattuso che galvanizza i tifosi sugli spalti: non è torero questo atteggiamento, per niente. La grande fame e l'entusiasmo contagioso gli permettono comunque di interloquire con il pubblico e di gettarsi con il cuore sugli avversari, fino a costruire i lavori di maggior valore del pomeriggio. Una spada sfortunata lo priva del trofeo che l'arlesiano desiderava ardentemente - non ne ha fatto mistero - e che non sarebbe stato scandaloso.

Piccolo dettaglio, i tre toreri hanno scelto di sorbirsi per primo il toro il più leggero (rispettivamente 595, 550, 580) e di tenersi per ultimo quello più imponente (630, 610, 660).

Triste chiusura.

(foto Ronda - il ferro di Miura)


venerdì 29 aprile 2011

La domenica (sedicente) torista


Domenica 24 aprile, Arles, corrida mattutina di Scamandre

Fossero stati ciclisti, i tori di Riboulet sarebbero stati molto più adatti ad una Parigi-Roubaix che non a una tappa in linea di pianura. Il fisico del bisonte, la forza del bulldozzer, i sei di Scamandre sembravano ruspe progettate solo per rovesciare il cavallo: certo la loro carica era più selvaggia che realmente brava, ma sono da ascrivere a questi tori i momenti più spettacolari, alla picca, del ciclo pasquale. Esemplare l'atteggiamento del primo, Molinero: quattro veroniche inseguendo la capa, alla quinta si stanca e si allontana - come se ritenesse fatica sprecata rincorrere un panno più veloce ed agile di lui, inafferrabile. Messa la testa nel peto, finalmente la soddisfazione di colpire e incornare l'avversario, finalmente della sostanza, e dunque giù a spingere e cavallo e cavaliere subito per terra. Ben presentati a parte lo stato non irreprensibile di qualche corno, tutti intorno ai cinque anni e con una bizzarra disomogeneità morfologica, i sei Scamandre però si sgonfiavano presto dopo il primo atto e diventavano riservati e pesanti nei movimenti, quasi che il ferro sotto cui avevano spinto pochi minuti prima avesse colato piombo nelle loro vene e nei loro muscoli. Nel complesso una corrida mediocre.
Luis Vilches ha trovato, unico nella mattinata, gli argomenti per convincere i suoi recalcitranti avversari a seguire la muleta, toreando con un gusto non scontato per questo genere di corse: il sivigliano ci ha regalato i momenti migliori della mattinata, con un toreo preciso e a tratti fiorito, in due lavori però andati inevitabilmente in decrescendo. E peccato per quel vizio insopportabile di accompagnare ogni passo a gridolini, grida, versi e versacci, che avranno magari la capacità di calamitare l'attenzione del toro, ma che alla lunga sono davvero snervanti.
Lo staff di Israel Tellez distribuiva, all'ingresso, un volantino sul quale agli aficionados si spiegava che come Cortes conquistò secoli fa il Messico, oggi il giovane torero voleva vendicare cinquecento anni di occupazione conquistando, a sua volta, l'Europa. Roba da sganasciarsi dalle risate se non si conoscesse il genuino entusiasmo e l'ammirevole volontà del ragazzo. Il quale però, perlomeno per ora, ha pochi altri assi nelle maniche della chaquetilla: i mezzi sono ancora da perfezionare, e l'orecchia che il pubblico gli concede al quinto è solo frutto di una grande stoccata, portata con sincerità e verità.
Marco Leal, grasso e impacciato, era l'arlesiano del giorno, alla sua prima corrida dopo l'alternativa mal riuscita dell'anno scorso. Non c'è da augurarsi altro che il giovanotto si decida presto a passare dall'oro all'argento e provare ad officiare agli ordini di qualche matador, e che chi gli sta attorno glielo consigli velocemente.

Domenica 24 aprile, Arles, corrida pomeridiana di Fuente Ymbro

Chi avesse avuto dubbi sul significato di astifino, domenica se li è tolti: nel complesso il lotto più bello della feria, con delle fatture proporzionate e armoniche, i Fuente Ymbro sfoggiavano delle teste di tutto rispetto con due pugnali affilati e minacciosi. Astifinos lo erano, altroché.
Ma venduta come corrida per aficionados, quella di Fuente Ymbro nei fatti era una corsa di tori assenti nel primo tercio e con qualche complicazione ma con una carica viva e vibrante nel panno rosso. Bicchiere mezzo vuoto, in sintesi.
Miguel Abellan, che non conoscevamo, ci ha davvero impressionati. Carattere, idee chiare, sobrietà e incisività. La sua faena al jabonero uscito per secondo, iniziata ginocchia a terra al centro dell'arena per una serie sì spettacolare ma anche concreta, è proseguita dando distanza al toro e chiamandolo con la muleta ben messa davanti: ben cruzado a sinistra, serie corte, passo col petto, e toro conquistato. Bene, davvero bene, orecchia meritata e applausi al toro. Con Pelicano, il suo secondo dalla presentazione stupefacente (già giovedì ai corrales si era guadagnato il nostro premio di toro più avvenente), Abellan si ripeteva in un toreo deciso e autoritario, classico e rotondo, prima sottomettendo con dei doblones imperiosi e poi istigando ancora una volta il Fuente Ymbro da lontano e dunque piegandolo sotto un polso robusto e fermo. Orecchia meritata (e fanno due) e applausi a Pelicano. Miguel Abellan, tomo nota.
Victor Puerto lasciava inesplorate le potenzialità dei suoi due, e anzi il quarto del pomeriggio lo superava facilmente mangiandogli terreno e costringendolo a ricorrere a qualche misero trucco per guadagnarsi due applausi: che però erano infinitamente meno dei fischi sibilati da un pubblico giustamente critico.
Il terzo del giorno, Matias Tejela, prima non si concedeva che ad un volgare toreo di profilo, e poi con l'ultimo del giorno naufragava sotto le cariche potenti dell'avversario, andando però a guadagnarsi un'orecchia di poco peso con un finale di faena più corretto. Levantisco barattava la sua orecchia con una vuelta al ruedo che ci è parsa, francamente, un pò generosa.

Col senno di poi, e con un approccio di laboratorio di mendeliana memoria, si sarebbe dovuto operare una fusione tra le cose migliori degli Scamandre e dei Fuente Ymbro: la mattina l'avremmo dedicata a passeggiare per le soleggiate vie della città o seduti agli accoglienti tavolini dei bar, e al pomeriggio saremmo stati spettatori di una signora corrida.


(foto Ronda - Abellan passeggia l'orecchia)

giovedì 28 aprile 2011

Gioie e dolori delle corride commerciali





Venerdì 22 aprile, Arles, corrida di Garcigrande

Tomasito si è diplomato torero accogliendo Deslinguado alla porta, ed è diventato uomo abbandonando orizzontale l'anfiteatro, con due cornate di 15 centimetri nella coscia destra.
In mezzo c'è stata una corrida di tori sorprendente: 13 picche che avrebbero potuto essere anche di più con una presidenza illluminata, forza al cavallo, nobiltà solida ma anche complicazioni nel panno rosso. Certo, stupirsi di questo in una corrida di tori è come sorprendersi che alla luna segua il sole, ma il ferro di Garcigrande francamente fa pensare alle peggiori cose quando lo si legge sui manifesti.
Thomas Joubert, di bianco vestito come prevede il cerimoniale quando si passa da studenti a dottori, ha ereditato in prima posizione un avversario che non era certo un regalo di laurea: due picche prese con slancio e spingendo il cavallo, e carica viva ed esigente alla muleta. Il ragazzo ha costruito una faena fatta di momenti ispirati, armoniosa e mossa dal sentimento pur se non definitivamente dominatrice, e conclusa malamente tra spade e descabellos vari.
Per secondo usciva Pasion, targato Domingo Hernandez, che da Salamanca era partito con un biglietto di andata e ritorno. Torneremo più avanti sulla follia collettiva che ha convinto il presidente a concedere l'indulto: c'è da dire che il colorado era certo un buon toro, due picche prese bene (alla prima il cavallo si trovava catapultato contro le assi, dopo un viaggio di sette/otto metri), potenza e motore fino all'ultimo. Non ci poteva essere sorteggio più fortunato: tanto materiale era quello che da troppi anni gli aficionados del mondo intero si aspettavano capitasse nelle mani de El Juli, in quelle mani benedette capaci di tessere la trama di un lavoro fatto di dominio e fantasia, grazia e potenza, arte e scienza, geometria e improvvisazione. Trincheras, naturales con la muleta a terra, statuari, circolari, distanza, autorità, leggerezza. Dieci minuti di celebrazione alta e irripetibile. Fino a ubriacare il pubblico, che confonde le straordinarie doti del Juli con le buone ma di fatto ordinarie qualità del toro, e quindi agita i fazzoletti, e il torero rovina tutto prestandosi al gioco, e il presidente rovina tutto concedendo il gioco, e tutti rovinano tutto. Pasion torna vivo nei recinti, e quella che poteva essere ricordata come una coda storica rimane tristemente una mezza pagliacciata pueblerina.
José Maria Manzanares incontrava a questo punto Miliciano, titolare di una buona prima picca e che finirà i suoi giorni sotto una stoccata potente dopo aver seguito la mano sinistra ispirata del suo conduttore, in un paio di buone serie.
Molto interessante la lidia di Fermentado, che obbligava El Juli a sudare qualche camicia prima di riuscire ad aspirare il cornuto nel suo panno autoritario. Il julipié indecoroso con il quale il madrileno infilava (peraltro con un bajonazo sonoro) la sua lama in quel fianco nero chiudeva nel modo peggiore il confronto.
Manzanares si ripeteva con eleganza, soprattutto e di nuovo a sinistra, al quinto della serata: anche per Tostado un primo passaggio alla picca rimarchevole, prima di mettere reni e corna nella muleta sobria e profonda del torero. La cannonata finale (anche per questo, come per il precedente, Manzanita non aveva bisogno del descabello) liberava la strada ad un'orecchia non inopportuna.
Milagrero, numero 38, negro bragado di 530 chili nato nel dicembre 2006, è infine il toro che spediva il signorino Thomas Joubert all'infermeria, dove l'équipe medica lo operava di urgenza.
Fino alla chiusura della feria, il lunedì sera, gli aficionados nei bar e nelle bodegas, per le strade e all'arena, mimavano quell'esitazione fatale, si chiedevano come fosse potuto succedere, attribuivano responsabilità ai subalterni, parlavano di un buco nero in cui il ragazzo fosse piombato per quei due secondi fatali.
Fatto sta che, appena brindato al pubblico, il toro investiva come un treno Tomasito, rimasto inspiegabilmente immobile, quasi pietrificato, di fronte a quella carica. Due cornate, e stagione finita. El Juli prendeva i ferri del mestiere in un'atmosfera carica di tensione, e dopo un paio di serie chiudeva la faccenda.
Una corrida inaspettatamente interessante e buona, una faena da ricordare il prossimo inverno, nelle serate nebbiose e fredde, e un pomeriggio di emozioni, di uomini e di tori.

Sabato 23 aprile, Arles, corrida di Nuñez del Cuvillo

Nessuno dei Nuñez del Cuvillo ha fatto invece il viaggio di ritorno e questa è una buona notizia: soprattutto per l'allevatore che di quei tori non avrebbe saputo che farsene.
Già con la lingua fuori dopo pochi minuti, genuflessi addirittura prima delle picche, vuoti e invalidi, del toro i sei andalusi avevano a malapena la morfologia e niente altro: quando sei all'arena e continuamente rimpiangi di aver interrotto la siesta pomeridiana, che dopo quel pranzetto con formaggio olive e vino bianco fresco era così rotonda e riposante, allora vuol dire che la corrida quel giorno non è corrida e che anzi tutto il circo ha preso una strada poco rassicurante.
Juan Mora ha portato quel sabato all'arena il sapore di una toreria di altri tempi, e qualche gesto solenne e sontuoso, lento ed elegante: ma nel complesso, vista anche la miseria a cui si opponeva, il tutto si risolveva in poca roba. E la spada de verdad con cui conduceva il combattimento (?) e con cui uccideva al termine dell'ultima serie a sinistra, in questo caso sembrava più l'obbligato tormentone del cabarettista che non invece il maestoso tributo alla tauromachia autentica che dovrebbe essere.
Pallido anche Juan Bautista, che pure iniziava la sua prima faena chiamando il toro da lontano ma poi si risolveva per un toreo fatto di trucchi e risibili (in virtù del peso specifico - nullo - del suo toro) sensazionalismi: due orecchie, obiettivo raggiunto, sbadigli. Il secondo toro si infortuna a una zampa, e l'arlesiano spegne la luce velocemente.
E poi c'era El Fandi. El Fandi. Mioddio, El Fandi.
Una corrida da dimenticare, anche nelle sere di inverno quando ci si attacca a tutto pur di sognare un pò: da dimenticare velocemente.


(foto Ronda - Tomasito con il toro dell'alternativa)


mercoledì 27 aprile 2011

Arles, postvisioni meteo




Quattro giorni di feria con tempo variabile: dal cielo terso alle nuvole pesanti e gonfie l'anfiteatro romano e le vie della città hanno cambiato di scenario parecchie volte.
Vediamo come, ché con le previsioni c'è il rischio di non prenderci, ma con le postvisioni sostanzialmente si va sul sicuro.

Sole, cielo azzurro, caldo: la tienta del lunedì a Fontvieille e l'actuacion torera di Loquito; Miguel Abellan, un torero che merita di essere rivisto presto e spazio nei carteles; la prestazione notevole dei cremonesi; El Juli e la sua faena straordinaria; l'aperitivo al Tambourin; il sole che c'è stato davvero, e molto più del previsto; le stoccate di Manzanares e Tellez; gli amici di sempre e i nuovi incontri; l'abbonamento a 90 euro per 7 corse; Levantisco di Fuente Ymbro; le tapas del Q.G. e il menu del Bistrot à Coté; Gabin Rehabi alla picca; le tertulias improvvisate, gli spettacoli, le celebrazioni, le esposizioni, le proiezioni, le librerie a tema e in generale l'impareggiata taurinità di Arles.

Foschia leggera: la corrida di Fuente Ymbro, che con qualche forza in più al cavallo sarebbe stata ricordata come una corrida importante; i tori di Garcigrande, la vera sorpresa del ciclo; i ragazzini del venerdì mattina senza picadores: la volontà c'era tutta, i mezzi arriveranno.

Cielo coperto/nuvole: Mehdi Savalli: la volontà c'era tutta, i mezzi pian piano stanno arrivando; il rosé e il pastis, che bei freschi vanno giù bene, fin troppo bene, e il mattino dopo chiedono il conto; Juan Mora, che ha avuto qualche gesto elegante ma che è passato per Arles senza veramente lasciare il segno; i tori di Scamandre, fino al primo tercio dei carriarmati spettacolari, poi riservati e piantati nell'ultimo atto; Manzanares, che con la sinistra è di un'eleganza rara, ma che è rimasto piuttosto inedito in generale; Luis Vilches, che rovina tutto con quel fastidioso vociare.

Nebbia: El Fundi, ormai ci si è perso dentro.

Molto nuvoloso con rovesci: i Miura, che come diceva un tipo sui gradini "l'anno prossimo li torea El Juli"; l'alternativa di Tomasito, andata persa in un buco nero di qualche secondo; i 40 euro che costa la riedizione di Miura del Tio Pepe, per quanto ci riguarda rimasta là sugli scaffali; Alberto Aguilar, inspiegabilmente senza grinta e senza forza nelle braccia; ; le cuadrillas e i toreri che ormai non si occupano più di mettere in suerte i tori; la presidenza del venerdì.

Coperto con piogge forti/temporali: i Nuñez del Cuvillo, flosci come dei sacchi di patate senza le patate dentro; il temporale all'ultimo Miura; l'indulto assegnato al Domingo Hernandez, ché ormai la gente scambia la grazia al toro con il riconoscimento massimo al torero; El Juli che ha retto il gioco dell'indulto; Marco Leal, che davvero ha sbagliato mestiere; El Fandi, per tutto; la sensazione, finita la feria, di aver fatto il 20 per cento di quello che si voleva fare, brindare, incontrare gente, leggere, visitare, vedere, e meno che mai riposarsi.

Nei prossimi giorni, naturalmente, qualche dettaglio in più sui tori e sugli uomini.

(foto Ronda)

mercoledì 20 aprile 2011

Con permiso de la autoridad


...y si el tiempo no lo impide.

Se il tempo non lo impedisce, come da vecchia formula di rito, da domani saremo alla féria pasquale di Arles: corrales per cominciare, poi novilladas e corride, fino alla tienta del lunedì.

Le previsioni meteo sono pessime, c'è da sperare che Bernacca sia aficionado e da lassù riesca ad arrangiare le cose.


(foto Ronda - arena di Arles)

domenica 17 aprile 2011

Tra Mongolia e Spagna



Ci è venuto a prendere l'allevatore, a pomeriggio ormai inoltrato, appuntamento in un baraccio sulla strada - quotidiano sportivo sul bancone, spina della birra, cicchi di sigarette.
Un bicchiere, due chiacchiere e qualche vigorosa stretta di mani, poi ci ha caricati sul suo fuoristrada e ci ha portati fino alla sua tenuta.

Spagna.
Le sue sopracciglia folte, la sua pelle olivastra, la pronuncia di quella s così inconfondibile e quel flamencaccio che gracchiava dalle casse dell'autoradio.
Talavera de la Reina dove Joselito terminò insieme la vita e l'Età dell'Oro è a pochi chilometri da qui, è sangue santacoloma mischiato a qualche ampolla di coquilla a scorrere nelle vene dei suoi tori grigi, e quel sole che scalda vergognosamente e illumina meravigliosamente questo pomeriggio di marzo non può che essere qualcosa che ha a che fare con il sud.
Guardi l'orizzonte e l'occhio si perde in una distesa di campi che profumano di erba fresca, solcati dalle ombre di quei querci alti e forti, e maiali e pecore e cavalli attraversano l'orizzonte galoppando, trottando, pascolando.
Spagna, ganaderia di Sagrario Huertas.

Poi ti giri, e un altro panorama si impone.
Mongolia.
Quella distesa enorme e infinita è steppa, è proprio steppa, l'erba bassa schiacciata dal vento, enormi tralicci che sostengono cavi chilometrici in una tabula rasa elettrificata che ha tutti i colori del vivido, dove è l'aria l'elemento e il vuoto la sostanza.
Mongolia, la sierra di Guadarrama là in fondo che circonda e ripara, i tori neri in controluce e le vette bianche a fare da contrasto: ti aspetti di trovare con lo sguardo la tende rotonde, le capre lì fuori, i bambini con abiti colorati e gote rosse.

Victor Benayas alleva tori di santa coloma in questo incredibile luogo che sa di Mediterraneo e Asia profonda, nella campagna a nord di Toledo.
Conosce i suoi tori uno ad uno, ce li presenta quasi fossero della famiglia, e quei suoi tori sono bassi e con lo sguardo sornione: la placita de tienta ha i burladero in cemento armato, non si sa se per un vezzo architettonico o per esigenze di cautela, visto il carattere bellicoso che, ci racconta, hanno i suoi animali.
Le origini sono contreras, poi inesorabilmente si fa spazio il santacoloma che pian piano assorbe e elimina il sangue iniziale: uno stallone Sanchez Fabres prima e uno albaserrada poi daranno alla mandria l'identità attuale.
E' qui che El Fundi ha rischiato di crepare, a seguito di quella caduta a cavallo nel 2009 che lo tenne fuori mezza stagione.


E' qui che, di tanto in tanto ci dice Victor, si radunano un pò di amici, qualche aficionados e qualche torero: si brinda, ci si copre di lana perché l'aria che arriva dalle montagne è gelida, e si va a toreare la notte.
Alla luce della luna.
Qualcuno a cavallo, qualcuno sul rimorchio, e lì in mezzo un uomo e un toro, alla luce pallida della luna.

Un uomo e un toro, alla luce della luna.
Steppa, campo, tori.
Non serve altro, forse, per essere felici.

Una galleria di foto prese da Sagrario Huertas è disponibile qui.


(foto Ronda)


venerdì 15 aprile 2011

Inno al maiale


Un'ode al maiale che è poesia pura, e la cui pubblicazione si impone da parte nostra: e d'altronde, un testo che celebra jamon serrano e coppa piacentina era inevitabile che finisse anche qui.

La firma è quella di Gianni Mura, un imprescindibile punto di riferimento.



(Inno al maiale, di Gianni Mura, pubblicato su Repubblica del 15.04.11 - cliccare sull'immagine per leggere meglio).

giovedì 14 aprile 2011

Una foto (9)





(foto Ronda)





mercoledì 13 aprile 2011

Ceret 2011


Nel frattempo è uscito il programma di Ceret.
Da notare il gesto, signorile e politico e torero, di mettere dentro Serafin Marin - un matador catalano.

Sabato 9 luglio

mattino: 4 novillos di IRMAOS DIAS / Miguel Angel Moreno e Emilio Huertas

pomeriggio: corrida di COUTO DE FORNILHOS / Rafaelillo, Serafín Marin e Paco Ure
ña

Domenica 10 luglio

mattino: novillos di MORENO DE SILVA / Sergio Blanco, Adrián De Torres, Cayetano Ortiz

pomeriggio: corrida di ESCOLAR GIL / Fernando Roble
ño, Javier Castaño, Alberto Aguilar


(foto Ronda - arena di Ceret)


martedì 12 aprile 2011

La crisi della sinistra


Rifondazione, Verdi, Comunisti Italiani e compagni fuori dal Parlamento. Il Pd in eterna crisi di identità, perennemente impegnato ad organizzare primarie che poi puntualmente perde. Il popolo viola che è etereo e inconcludente come tutti i radical chic che in esso si rispecchiano e la terribile emorragia di persone e voti verso Grillo & I Suoi Grillini, maestri del populismo più gretto.

La sinistra è in crisi ed è un problema grande per un paese come il nostro, che ne ha avuto e ancora ne avrebbe tanto bisogno.

Se può consolare, di sinistra non se ne è vista nemmeno sabato a Saint Martin.
La corrida di Tardieu, diciamolo subito, non è stata all'altezza delle aspettative: tanto Calendal, il toro dello stesso ferro protagonista della concorso settembrina di Arles, aveva portato sulla pista personalità e autorevolezza, tanto i sei di Saint Martin sono stati fiacchi - più nelle gambe che nel morale - e hanno pensato essenzialmente a difendersi piuttosto che a vincere.
Nel complesso un lotto magnificamente presentato e con corna affilate come se ne vedono poche, ma assai complicato anche in virtù dell'età avanzata dei sei animali: cuatreño solo il primo, quello che si mostrerà più elegante e volenteroso ma ahimé anche poco dotato di forze, tutti gli altri con i loro cinque anni sulle spalle dimostravano la malizia e la riservatezza proprie dell'età.

Con un lotto di questo peso occorrevano idee chiare, polso e - scusate il francesismo - coglioni: tori così vanno sottomessi al primo passo, vanno costretti a cedere sotto il peso di tre doblones autoritari, vanno umiliati con due trincherazos secchi, e poi continuamente tenuti a bada con una muleta arrogante e perentoria. Allora sì che una corrida del genere può diventare importante.
Nessuno dei tre uomini è stato capace di nulla di tutto questo, e in un paio di occasioni (i due neri terzo e quarto) il materiale a loro disposizione non era certo dei peggiori: in entrambi i casi, un braccio più sicuro e dominatore avrebbe potuto ricavare da quei confronti molto più della noia che ci è stata somministrata.

In tutto questo, appunto, la sinistra è andata per farfalle.
Sinistra, gauche, izquierda, niente di niente.
Javier Castaño e Ivan Fandiño devono aver pensato che il braccio che non è il destro è quello che serve per portare l'orologio, e nulla più: i loro lavori con la muleta erano una lunga e insipida serie di derechazos, spesso strappati uno per uno dopo aver rinculato, senza convinzione.
E solo Miletto si è ricordato che i passi naturali sono l'essenza imprescindibile di ogni faena, e con il suo secondo ci gratificava di un paio di serie da quella parte, magari imperfette ma comunque meritorie vista anche le difficoltà che i suoi avversari gli opponevano.

Un pomeriggio dunque fatto di confronti nervosi, con tori che non si concedevano e uomini dai mezzi limitati.
Lo score segnalerà un'orecchia per Miletto al quinto, che in cambio della cartilagine assestava al torero due cornate nell'ascella di una decina di centimetri ciascuna, e due grandi stoccate dello stesso Miletto al secondo e al quinto: le cose migliori della giornata.

Sinistra, anche qua, non pervenuta.


(foto Ronda - Miletto a Saint Martin)

lunedì 11 aprile 2011

Cebada Gago a Saint Martin


Alla fine del pomeriggio hanno girato, lungo il perimetro ovale della pista, in tre: David Mora con in mano le due orecchie di Perseguido, lo stesso Perseguido senza ormai più le due appendici ma onorato di un tour d'onore postumo e lento, e il sovrintendente della ganaderia, vestito di un elegante traje campero.
I tre, a lungo applauditi, sono stati i protagonisti capaci di celebrare un pomeriggio di casta e di tauromachia vera e un pubblico appagato li ha dunque chiamati a raccogliere la sua ovazione finale.

Cebada Gago ha portato nella piccola arena provenzale una corrida completa, ben presentata e dal morale vivo: tutti i sei tori avevano non solo le idee molto chiare - assaltare il cavallo con slancio e forza, e poi mettere le corna nella muleta per entrarci a tutta velocità e senza esitazione - ma anche i mezzi fisici per sostenere questa inclinazione al combattimento senza condizioni.
Una corrida completa, con cinque tori applauditi alla loro morte ed il sesto premiato con il fazzoletto blu della vuelta: ma non si pensi ad una faciloneria balneare, quella di Saint Martin de Crau è un aficion rigorosa che non fa sconti - anzi - ma sa giustamente riconoscere i meriti degli uomini e le qualità della materia che questi hanno da plasmare.
E in questo senso la ricompensa all'ultimo toro - per inciso il meno brillante del lotto sotto il ferro della picca - va intesa come tributo ad un sestesso compatto e di qualità davvero superiore.

Con tanto materiale a disposizione, sia Lopez Chaves che Marc Serrano sono naufragati non riuscendo ad imporsi ad avversari che promettevano la porta grande a chi li avesse saputi dominare con autorità.
Lopez Chaves ha dimostrato preoccupanti mancanze di polso e autorevolezza: il primo lo porta a spasso per tutta l'arena, costringendo l'uomo a rinculare goffamente; il quarto gli fa meritare i fischi dell'arena alla fine di una faena tutta di profilo e senza la minima goccia di carattere.
Marc Serrano, pur volenteroso, ha mancato di qualità ed esercizio per poter fare fronte ad una corrida esigente ed ha avuto un pomeriggio difficile, tanto più che le non scontate qualità dei suoi due hanno messo impietosamente in luce i suoi limiti. Il secondo del pomeriggio lo manda in orbita, lo soffoca con la sua carica sorniona e lo obbliga ad abdicare velocemente. Il quinto è un toro per un trionfo che però non è nella portata di Serrano, un torero che avesse caricato la suerte e toreato si sarebbe portato a casa orecchie e coda. Serrano invece si guadagna fischi e qualche buuu.

David Mora non si è invece lasciato scappare l'occasione preziosa che i suoi due opponenti gli hanno offerto: e se con il terzo del pomeriggio ha vanificato con una spada macchinosa e un descabello disastroso un lavoro che già era stato prezioso, è con Perseguido che ha concesso alla serata il definitivo salto di qualità.
Accolto con un lavoro alla capa sicuro ed efficace per fissare la sua attenzione, il toro invero ha esitato più dei colleghi a lanciarsi con il cavallo, grattando il suolo a più riprese: ma una volta partito, dubbi gliene rimanevano pochi, e la fortezza era presa d'assalto con forza e decisione. Alle banderiglie i subalterni si muovevano veloci e corretti, e il toro arrivava all'ultimo atto con rinnovato morale.
Mora gli assestava un paio di serie con la destra profonde e autoritarie, fatte di muletazos lunghi e avviluppati, ma era con la sinistra che il lavoro toccava il suo zenith: il panno non più grosso di un fazzoletto, la mano sempre più bassa, David Mora aspirava la carica di Perseguido non lasciando tregua a quello, invitandolo a venire e poi toreandolo con personalità, regalando agli aficionado passaggi che avevano il sapore della tauromachia più autentica.
E un paio di passi col petto arrotolati ed eleganti rifinivano una faena dominatrice ed ispirata insieme.
La spada, una cannonata che non aveva bisogno d'altro per finire il toro, liberava contemporaneamente le due orecchie.

I sei Cebada Gago dunque sono stati la vera attrattiva della giornata sulla sabbia di Saint Martin.
17 picche prese con slancio e convinzione, e una carica torrenziale alla muleta: i tori partivano senza nemmeno bisogno del toque, tanta era la voracità e l'urgenza di attaccare.
Una sestetto di tori con casta, vivaci e forti, che richiedeva mani esperte e forti e in cambio di quelle avrebbe regalato grossi trionfi: un innegabile successo questo loro passaggio primaverile nella valle del Rodano, sancito della vuelta del loro ex mayoral.

Nel 2010 una signora corrida di Prieto de la Cal, nel 2011 una gran tarde de toros con Cebada Gago: viva Saint Martin.


(foto Ronda - Lopez Chaves alle prese con il toro di apertura)


venerdì 8 aprile 2011

Facciamo San Martino




Traslochiamo.
Ci trasferiamo.
Ma mica da un luogo all'altro, da una casa all'altra: sì, anche, certo, inevitabilmente.

Più che altro ci trasferiamo da uno stato d'animo all'altro, da una dimensione ad una nuova.
Come da crisalide a farfalla.
Smettiamo i panni degli aficionados in castigo e ritroviamo quelli ben più confortevoli degli aficionados appagati: lasciamo le serate padane di nebbia, l'inverno lungo e buio, e ritroviamo il sole del sud, i profumi della campagna e gli odori all'arena.

Ci trasferiamo alla primavera e all'estate.
Facciamo San Martino a Saint Martin, il gioco di parole è piuttosto idiota ma non sono riuscito a risparmiarmelo: Tardieu e Cebada Gago le due corride del week-end, un bel modo per risorgere.

E questo qua sopra, il Tardieu numero 82, l'abbiamo visto prima al campo e poi di nuovo l'abbiamo avuto a poche spanne da noi, durante le operazioni di imbarco (*): lo ritroviamo sabato all'arena.

Comunque vada, sarà un successo.


(foto Ronda)

giovedì 7 aprile 2011

Perché andiamo a vedere la corrida





La mia passione per i tori nasce fin da piccolo: all'età di 10 anni ho avuto il piacere di assistere con mia mamma allla mia prima corrida a Barcellona, mi ricordo diluviava e oltre a vedere un indulto di un toro manso, e un incornata terrificante (da bambini è tutto molto più forte...) rimasi estasiato dalla bellezza delle figure compiute da "quell'uomo di luce" e dalla potenza di quelle
cariche esplosive di più di 500 kg.
Sono passati molti anni da quel primo pomeriggio in una plaza de
toros,ma nonostante questo la voglia e la passione cresce ogni volta
che ci si "imbarca" in un nuovo viaggio in una nuova arena...
Penso che la motivazione principale che mi spinge a vedere una
corrida di tori è che non ci sia da nessuna altra parte una lotta
così intensa e probabilmente così vera come la nostra fiesta, dove
l'uomo in pochi istanti si trova a giocarsi tutto, senza temporeggiare, senza bleffare sfidando le sue paure in uno scontro all'ultimo sangue.....
Spesso (sopratutto in questo paese) mi è capitato di parlare con
persone che puntalmente quando si parla di corride mi accusano
immediatamente di essere un sadico,un selvaggio o peggio un amante
del sangue, ma quello che io cerco di rispondere ogni volta è che
proprio in una corrida si recupera tutto quello che la nostra società
stà cercando di sottrarci...e cioè il provare emozioni vere, forti e a volte dure, ma almeno reali...eh già reali come il sangue... ovviamente è difficile solo
pronunciare questa parola, anche solo vederlo dà disutrbo e fastidio
visto che ormai si vive in un epoca superveloce dove conta solo
l'apparire e l'astratto, dove tutto deve essere "sterile" "pulito"
"bello" senza macchie e poi poco importa se ci si nasconde davanti falsi
miti magari imitandoli o peggio appogiandoli in affari veramente
crudeli e loschi, purchè sia "politicamente corretto" ed "accettato"
dai benpensanti, dai falsi moralisti che puntualmente attacano tutti
quelli che come noi difendono un ideale, una tradizione, un ricordare
che nella vita proprio come in una arena si può e si deve lottare fino
alla fine, senza mai mollare andando fino in fondo come fa un maestro
solo in mezzo all'arena di fronte al proprio toro...
questo è il motivo per il quale sono e sarò sempre un aficionado ii
tori e perchè ogni volta mi emozioni davanti ad unìentrata di un toro
bravo, ad una veronica, ad una revolera ad una buona picca insomma a
tutto quello che posso vedere senza censure, senza "fredezza" senza
"astrazione" ma solo con veri sentimenti ed emozioni che sono dentro
ad ogni buon afecionado.....


Alex Ibarra


(foto Ronda - per inviare il proprio testo: alle5dellasera@tiscali.it)


martedì 5 aprile 2011

Madrid 2011


Sono ufficiali i programmi di Comunidad, San Isidro e Aniversario.
Fidel San Roman, Carriquiri, Escolar, Cuadri, Palha, Flor de Jara, Partido de Resina i ferri più interessanti.
Per usare il gergo in uso, cartelazo quello del 18 e per la Beneficiencia: ma nessuna sorpresa, per le figuras solo domecq-domecq-domecq.

lunedì 4 aprile 2011

No, no, no...


...you don't love and i know now, ve la ricordate Dawn Penn e quel suo pezzo in levare, la battuta lenta e giusta, sensuale.
No, no, no, you don't love as i know now, cantava.

No, no, no, gridava un tipo dagli spalti del tendido 7 qualche domenica fa a Madrid, e lo gridava proprio, a pieni polmoni, direttivo e allarmato a un tempo.
Non per un amore finito, certo, ma per una suerte che era contraria e doveva essere invece naturale.
Esatto, per una suerte, e per quella suprema per inciso.

Hai voglia a leggere pagine e pagine, libri e libri, a studiare la posizione naturale e quella contraria, a cercare di capire, mimare, provare: ti basta sederti una volta in mezzo a qualche buon aficionado, e nel 7 non è difficile trovarne, avere l'orecchio pronto, ed è meglio di un corso accelerato.

Cristian Escribano stava per entrare a uccidere, secondo noviglio del pomeriggio.
Dà al toro l'uscita verso le assi.
Contraria.
Dalla gradinata un signore, la voce cavernosa e autoritaria, grida secco tre no imperiosi che rimbombano in tutta l'arena.
Escribano esita, cerca conforto nel callejon, poi con qualche colpo di muleta fa girare Estudioso di centottanta gradi.
Naturale.
Uscita verso il centro.
Arma la spada, punta, spara: ma prende l'osso.
Pinchazo.
Questo convince il ragazzo della bontà delle sue idee originarie: Estudioso viene fatto girare ancora, fianco sinistro lungo la staccionata.
Contraria.
No, no, no, tuona ancora quel signore.
No! questa volta aggiunge un quarto, imperativo, segnale di contrarietà.
Escribano non lo ascolta, incrocia con la sinistra, entra con la destra.
Cornata di 15 centimetri nella coscia, traiettoria ascendente che interessa la pelle e il tessuto subcutaneo: pronostico, fortunatamente, lieve.


'Cause you left me
Baby
And i got no place to go now




(foto Ronda - El Rosco, Las Ventas 20 marzo 2011)

sabato 2 aprile 2011

Triunfo



Due orecchie e puerta grande per il Papero.

venerdì 1 aprile 2011

Pablo Romero a Milano

Riceviamo e pubblichiamo.

Milano 29 marzo 2011

El Club Taurino de Milan ha instituido el galardòn “Ambrogino Toro” que se otorgarà anualmente a la ganaderia que se distingua por su labor en la cria del toro bravo.
Este galardon (cuyo nombre viene del titulo “Ambrogino d’Oro” que la Ciudad de Milan otorga cada año a ciudadanos milaneses distinguidos) no es un premio tradicional a la ganaderia de la temporada o al mejor toro de una feria concreta, sino un reconocimiento a las ganaderias que se distinguan a lo largo del tiempo en criar el toro bravo.
El proximo sabado 2 de abril Club Taurino de Milan otorgarà el primer galardon “Ambrogino Toro” a la ganaderia “Partido de Resina (antes Pablo Romero)” por su trabajo en la cria del toro bravo y especialmente para los esfuerzos en recuperar el encaste de los particulares “Pablo-Romero” tras superar varias complicaciones.

La entrega de este premio tendrà lugar en Milan en los salones de Hotel NH Touring de Milan y serà recibido por don Josè Luis Algora de la ganaderia Partido de Resina con un acto oficial donde asistiràn los socios del Club Taurino de Milan. Participarà tambien el crítico taurino Carlos J. Trejo, de Burladero y Giralda TV que moderarà una tertulia final sobre la temporada taurina 2010 y el arranque de este 2011.
Para màs informaciòn www.clubtaurino.it

Paolo Mosole

Presidente Club Taurino di Milano


(foto François Bruschet, un toro di Partido de Resina/Pablo Romero)