martedì 27 settembre 2011

Un declino morale

E' stato pubblicato ieri sul Pais questo interessante articolo a firma di Francis Wolff: eccolo tradotto.

Un declino morale

La fiesta de los toros è una delle creazioni più originali della cultura ispanica, ed è al contempo veicolo di valori umani universali: il coraggio, la grandezza, la verguenza , la lealtà, il rituale della morte, il dominio dell'animalità nell'uomo
e fuori da egli, esercizio di bellezza partendo dal suo opposto, il caos e la paura. Può essere possibile che questa invenzione culturale originale soccomba a un conformismo che dell'universalità ha solo l'aspetto, l'universalità insapore di McDonald Coca-Cola? Se un giorno la corrida scomparirà saràuna grande perdita per l'umanità e e per l'animalità.

Saremmo di fronte a una perdita culturale ed estetica, ovviamente, ma anche a un problema etico. Per alcuni, il divieto della corrida sembra un "progresso" della civiltà. Mera apparenza. L'animalismo non è una estensione dei valori umanistici, ma anzi la loro negazione: perché nel tentativo di elevare gli animali al livello che dovremmo trattare gli uomini, necessariamente gli uomini devono essere ridotti al livello in cui trattiamo gli animali.

Non nego che abbiamo doveri verso gli animali.
E 'immorale tradiree la relazione di affetto che abbiamo con i nostri animali domestici.
E' immorale trattare come oggetti gli animali domestici che vengono allevati per la loro carne, per la loro lana o per la loro forza lavoro, "oggetti" come nelle forme scandalose di allevaemento industriale meccanizzato; ma accettiamo che è morale ucciderli.
E con i milioni di specie di animali selvatici che popolano gli oceani, montagne e foreste abbiamo dei doveri di responsabilità ambientale quali il rispetto degli ecosistemi o della biodiversità.

Il toro non rientra in nessuna di queste categorie. Non è un animale selvaggio, posto che è cresciuto dagli esseri umani, e nemmeno un animale domestico, in quanto ogni tauromachia presuppone la conservazione del suo istinto naturale di ostilità verso l'uomo chiamato bravura. Per questo animale, una vita secondo la sua natura ribelle e indomita deve essere una vita libera e naturale, e la morte secondo la loro natura di animale selvatico deve essere una morte nella lotta contro ciò che viola la sua libertà e ne sfida la supremazia nel suo stesso territorio. Vivere libero e morire combattendo è il destino del toro.

Qualsiasi proibizione sarebbe un declino morale. Il significato e il valore della corrida poggiano su due pilastri: la lotta del toro che non deve morire senza aver potuto esprimere il suo potere offensive o difensivo, e l'onestà del torero che non può affrontare il suo avversario senza rischiare la propria vita . Il dovere di rischiare la propria vita è il prezzo che bisogna pagare per il diritto di uccidere l'animale rispettandolo, invece di sacrificarlo in modo nascosto e meccanizzato.

E però, dobbiamo confessarlo: nessun argomento potrà mai convincere coloro che rappresentano la corrida come la tortura di un animale innocente. Né che nella sua lotta il toro esprima la sua natura di animale selvatico, e nemmeno che volendo evitare la morte di alcuni si condanni in effetti l'intera specie, o ancora il confronto tra la vita breve e miserabile dei vitelli allevati in batteria e quella dei e tori cresciuti in totale libertà, niente li convincerà.
Questi argomenti saranno sempre inadeguati a fronte della reazione immediata e passionale che di chi si indigna e grida "No, questo no!".

E' vero che a questa reazione gli aficionados oppongono molte volte la loro passione.
Potremmo rimanere a questa dicotomia delle passioni, se esse stesse si fermassero lì.

Ma il problema è che una di esse pretende il divieto dell'altra.

Ed è qui che il ruolo della politica deve essere quello di rimanere su un piano di ragionevolezza dicendosi: "Se un giorno la corrida scomparirà, sarà perché non susciterà più nessuna passione. Fino ad allora è giusto lasciare a ognuno con la propria passione e permettere che prevalga sempre il principio di libertà.


Francis Wolff, El Pais 26.09.11


(foto Ronda - alla Monumental di Barcellona)




lunedì 26 settembre 2011

L'ultima su la Repubblica, di Matteo Nucci



(cliccare sull'immagine per leggere l'articolo)




domenica 25 settembre 2011

Gli ultimi sei


Finiscono oggi 642 anni di tori a Barcellona.
Chi ce l'ha fatta crede di aver vinto una battaglia per i diritti degli animali, per il progresso dell'uomo, per la costruzione di una società migliore.
In realtà solo si è reso un servizio all'intolleranza, solo si è preferito l'oscurantismo alla verità, solo ci ha guadagnato l'ignoranza.
E l'idea fascista e medievale che quello che io non capisco, a te sarà impedito.

sabato 24 settembre 2011

La fine di Barcellona, alla radio


Matteo Nucci parlerà dell'ultima corrida, della Catalogna, di tori e di antitaurini, di corride e uomini e storie domenica mattina su Radio Montecarlo.
Poi lunedì mattina su Radio Tre e infine su Radio Popolare non sappiamo ancora se domenica o lunedì.

Magra consolazione.



(foto Ronda - Barcellona)

giovedì 22 settembre 2011

La lidia sul Pais


Come segnala anche CyR, El Pais ha messo a disposizione sulle sue pagine internet le 42 schede de La Lidia, redatte una quindicina di anni fa niente meno che da Joaquin Vidal.
Si trovano qua, e la lettura è consigliatissima.

A questo link è possibile scaricare un pdf unico contenente tutte le tavole.

martedì 20 settembre 2011

José Tomas, l'enigma




Da qualche tempo ci attraversa i pensieri l'idea che in José Tomas ci sia qualcosa che non funziona: precisamente da quel 23 luglio valenciano che ha segnato la risurrezione di un torero che ha visto - per una volta non è formula abusata - la morte in faccia.
Non parliamo qua della ragioneria dei trofei: certo nelle otto corride combattute fino a qua José Tomas è uscito in trionfo una sola volta, nella facilotta Nimes, negli altri pomeriggi arrivando a tagliare al massimo un'appendice; ma non è questo il punto, essendo acclarato ormai che a Tomas non interessano né lo score né la classifica.
Proprio sapendo questo, è il risultato artistico ed espressivo di queste otto serate che suscita qualche riflessione: Tomas è torero che alle corna del toro offre letteralmente la propria vita per un'idea totalizzante della tauromachia, per un tributo incondizionato alla suprema grandezza della corrida. E Tomas è torero che torea per comunicare un sentimento, mosso dalla ricerca della verità definitiva, e in ultima istanza per sé. Tomas torea in quel modo essenzialmente per sé, perché in quel modo si può torerare non per soldi, non per la gloria, ma solo per sé.
Il suo approccio alla corrida e al toro, le sue rare parole, il suo modo di tenere capa e muleta portano a pensare che le orecchie tagliate non contino niente, ma l'appagamento (come uomo e come torero) sia invece tutto: e che se la pienezza diventi irraggiungibile, sia meglio dismettere il traje de luces e abbandonare le arene.
Ritirarsi.
Ecco, questo è quello che ci siamo detti leggendo le cronache di quegli otto pomeriggi, ascoltando le parole di chi c'era, pensando a quel torero.
A fine stagione si ritira.

Per questo abbiamo deciso di andare a vedere con i nostri occhi e domenica eravamo dunque nel circo romano di Nimes, sedotti anche dal ricordo di quel paio di grandi momenti che su quella stessa sabbia il maestro di Galapagar ci aveva offerto gli anni scorsi.
E sì, dopo quasi tre ore monotone e cupe, abbiamo visto che è vero: c'è qualcosa che non va in José Tomas.

Intendiamoci: quel quite per gaoneras con il corpo esposto, quelle chicuelinas serratissime, quelle due serie in chiusura con i piedi inchiodati a terra e il corno del toro a due sole dita dalla carne...questi momenti di incredibile sacrificio di sé e di toreo assoluto sono stati del tutto straordinari nel senso più vero del termine, momenti del tutto oltre l'ordinario.
Ma tutto il resto invece è stato, quello sì, ordinario: con l'aggravante che questa volta la sensazione era quella di assistere ad un numero obbligato, ad un procedere meccanico verso l'intepretazione di un'idea di toreo che ormai tutto il mondo associa a José Tomas ma che, certo a seguito anche degli eventi drammatici di un anno fa, forse a José Tomas non appartiene più.

L'impressione generale è stata piuttosto quella di un torero dimesso, lontano dal toro e dall'arena, pallido e assente. José Tomas ha toreato con fatica domenica, non sappiamo se con la fatica di trovarsi di nuovo a a pochi centimetri della morte o con la fatica di dover toreare così; ha toreato con gesti pesanti e freddi, depressi, a tratti scontati.
Sempre enigmatico, inevitabilmente, questa volta JT è apparso anche spento, perplesso, vuoto.
Quel corpo che prima era magneticamente attratto fino al limite ultimo che separa il possibile dalla tragedia, questa volta rimaneva inanimato, disinteressato al toro.

Ecco, il toro: José Tomas ha cambiato il suo rapporto con il toro.
Il torero che una volta metteva il corpo dove gli altri mettono la muleta domenica ha tenuto il suo secondo avversario distante, mantenendosi sempre scrupolosamente di profilo, limitandosi a farlo passare e guardarlo passare. Quello che è malizioso mestiere per quasi tutto il plotone, per la concezione del toro che ha il maestro di Galapagar deve essere invece inaccettabile blasfemia: e pure il secondo di José Tomas ha trovato una muleta obliqua, gentile nel lasciarlo camminare dritto e poi andarlo a cercare dove questi aveva deciso di andare, mai dominatrice e sempre a mezza altezza.

Certo le cronache raccontano delle tre orecchie e dell'uscita in trionfo, ma qua parliamo d'altro: al netto di quei passaggi quasi rabbiosi e isolati, domenica in José Tomas di José Tomas non c'era niente. Né il sentimento, né la solennità, né l'anima.
Grigio, come il cielo basso sopra le nostre teste.

Il Messia brinderà un toro all'aficion catalana, domenica prossima.
Da qualche tempo, e insistentemente da un paio di giorni, pensiamo che potrebbe essere il suo ultimo.
C'era il cielo basso, domenica a Nimes, e José Tomas uscendo in spalle dalla Porta dei Consoli si è girato per un momento e ha guardato la pioggia cadere.
Il viso tirato, gli occhi incavati.
Sulla sabbia di Aguascalientes forse è rimasto qualcosa di più del suo sangue.



(foto Michele Saladino - Nimes 18 settembre)

venerdì 16 settembre 2011

Una foto (13)





(foto Ronda)

giovedì 15 settembre 2011

La notte dei desideri


Insperato sdoganamento o terribile sputtanamento?
Emersione o inabissamento? E' una cosa che promuoverà la grandezza e i valori della corrida o che la ridicolizza per ridurla a compassionevole folklore?
Questi sono i lancinanti dubbi che disperano l'aficionado alla visione del catalogo Adidas: pare che il fashion designer (sto male) Jeremy Scott abbia voluto sbizzarrire la propria feconda e trendy fantasia andando a pescare direttamente nell'estetica torera. Avete capito bene, sì sì: un fashion designer ha disegnato, anzi no scusate: creato, una felpa che rimanda senza dubbio all'immaginario taurino, che non evoca o ammicca ma invece replica e trasforma.
Una felpa che è una mutazione genetica di una chaquetilla, con tanto di zip per la chiusura e logo Adidas sulla schiena.
E' quella roba che si vede qua di fianco.

Torero Superstar Track Top.
Che non è una bestemmia, ma il nome del capo in questione.
Original JS Torero Superstar Track Top.

L'aficionado vacilla, boccheggia, e cerca qualche informazione supplementare su internet.
"Toro! Toro! La maglia adidas Originals JS Torero Superstar Track Top crea il connubio perfetto tra lo stile leggendario della giacca adidas Superstar e lo sfavillante “vestito di luci” del matador. Con ricami, nappe, piccole paillettes e cristalli cuciti a mano sparsi ovunque. "
Così recita la pagina del catalogo Adidas: era meglio non andare a interrogare Google.
Connubio perfetto...cristalli cuciti a mano sparsi ovunque...
A uno viene la voglia di diventare Nanni Moretti per un solo minuto e recitare questa sfilza di idiozie con quella sua aria perplessa e disgustata: trend negativo...kitch...Torero Supertar Track Top...le parole sono importanti, chi parla male pensa male e vive male!

Ecco appunto: cosa può pensare l'aficionado scosso e turbato?
Niente, a sopravvivere.
Oggi sopravvivere è l'unica cosa seria che possiamo fare.

Ma il senso di smarrimento e confusione è tale che l'aficionado necessita di una distrazione immediata, di una boccata d'aria fresca per le sue sinapsi, di dedicare i propri sensi ad altro; anche perché mille sono le domande che ingolfano i suoi pensieri, e una tra tutte: chi può essere così coglione da comprare e indossare la felpa Torero Superstar Track Top?
Via, non pensiamoci più, troviamo qualcos'altro da fare.
Niente di meglio che un pò di musica, sì, ci vuole un pò di musica.
Ecco, su Repubblica ci avvisano che oggi è uscito il nuovo video di Jovanotti: è perfetto, c'è bisogno della sua genuinità, dei suoi pensieri positivi, della sua semplicità.
Oddio, non è che siamo al cospetto di un capolavoro: davvero modesta la canzone, giusto passabile il video, Lorenzone fa il trasformista e si diverte a cambiare abito e orizzonti, e poi balla e canta, e come al solito sembra davvero spensierato e felice.
Poi improvvisamente il colpo al cuore: guardate il video, l'affare è serio.

"Vedo stelle che cadono nella notte dei desideri", canta lui.
Qua sta precipitando il mondo intero, altroché.


(Sconsigliato ai deboli di cuore: qualche altra immagine qui, qui, qui, qui, e infine qui)


martedì 13 settembre 2011

Salvador Hernandez Mariscal, scimmietta


"Chiamati così per gli abiti generalmente rossi e blu che ricordano quelli delle scimmie sagge (monosabios appunto), ossia gli animali che suonavano e ballavano assieme ai loro padroni di paese in paese, i monosabios fanno un lavoro enorme quasi sempre sottovalutato.Preparano i cavalli che verranno usati dai picadores, cavalli di loro proprietà e affidati ai picadores per il tempo della corrida, e seguono i cavalli durante il lavoro in pista. Fernando Navarro mi ha spiegato ogni cosa di quel mestiere e mi ha chiarito qualcosa di fondamentale a proposito dell’antichità che regna sul mondo taurino. "

(da Il toro non sbaglia mai, di Matteo Nucci)




Oggi in Messico è morto un monosabio: all'alba, stava salendo il sole.

Ogni volta che vado all'arena osservo attento le scimmiette chiudere la sfilata, con quell'aria solenne che non riesce a tradire una qualche forma di umile imbarazzo nel trovarsi lì, proprio dietro agli uomini vestiti di luci; e li vedo infilarsi veloci nel contropista, mimetizzarsi subito in quel frenetico formicaio e poi sistemarsi vicini.
Ogni volta che vado all'arena li invidio a bestia, i monosabios.
Sono lì, dentro, dentro a tutto.

Oggi è morto un monosabio dopo che un toro domenica gli ha squarciato il petto, e io ho pensato che dei monosabio non parla mai nessuno. Sulle gradinate, nelle pagine dei giornali, nei libri.
Nessuna delle volte che sono andato in una plaza mi sono chiesto chi siano davvero le scimmie sagge, e pure non è facile da immaginare: ci vuole molta passione e nessuna ambizione per finire a vestirsi con una camicia rossa e i pantaloni blu, pronti a saltare le assi per sostenere il cavallo, distrarre e fermare il toro, agire.
E' gente che della corrida respira la polvere, si sporca della terra e del sangue e della merda, che arriva, fa il suo lavoro, toglie il disturbo.
Sempre senza la difesa di una muleta o una protezione, ho sempre creduto che per fare il monosabio occorra essere essenzialmente un supereroe: quando il cavallo cede e traballa sono loro a mettersi in mezzo, con il toro libero e quell'animale per terra e il picador in difficoltà, sono loro ad arrivare per primi e a intervenire senza esitazione.
Il tutto così, a cuerpo limpio.

Oggi è morto un monosabio, aveva sessantasei anni e si è preso una cornata di tre spanne in mezzo al petto.
Si chiamava Salvador Hernandez Mariscal, aveva i capelli grigi e stava dietro ai tori già da prima che l'uomo arrivasse sulla luna, e nessuno mai ne parlerà più.


(foto Juan Pelegrin)


lunedì 12 settembre 2011

Buona la corrida concorso



Un ottimo concorso

Conde de la Corte: quattro picche prese con classe, toro molto fisso che impiega del tempo a uscire dal cavallo. Totalmente appesantito nell'ultimo tercio.

Cebada Gago: quattro buone picche, toro con poder. Mobilità e difficoltà nella muletà, il toro non è stato sufficientemente messo in valoro dall'uomo. Fazzoletto blu, vuelta.

Conde de Mayalde: buona l'uscita in pista con lunghe e grandi cariche. Enorme David Mora nelle veroniche e nella media, e poi in un quite serratissimo di chicuelinas. Toro molto fisso al cavallo, pronto e vivace in quattro picche leggere dalle quali è uscito immediatamente da solo. Grande alla muleta, e festival del torero: grande stoccata, vuelta al toro, due orecchie.

Dolores Aguirre: quattro picche spingendo con le reni e uscendo da solo alla terza, ben piccato. Toro mobile ma che presentava delle difficoltà di fronte al quale Rafaelillo si è battuto bene pur se molto disordinato. Buona stoccata, orecchia rifiutata e due giri d'onore per lui.

Yonnet: 3/4 picche senza classe, senza interesse successivamente

Tardieu: si infortuna in pista, viene rimpiazzato da un Lopez Gibaja corralero e complicato. Ottima prova ancora di David Mora e grande impegno del torero che mette ancora una grande stoccata. Vuelta.

I premi andavano al toro di Conde de Mayalde, a David Mora e al picador del Dolores Aguirre.

A conti fatti nessun grande toro ma un'ottima corrida con concorrenti dai comportamenti diversi, solidi sulle zampe e tutti con un carattere pronunciato.

Oggi esco felice dall'arena.
Viva la fiesta brava.

Daniel Giani


(foto: El Tico; qua la sua galleria sulla corrida)

domenica 11 settembre 2011

Fracaso alla goyesca

Il nostro inviato speciale ci relaziona sulla corrida goyesca che ieri pomeriggo ha visto sfilare tre figuras sulla sabbia dell'arena di Arles. Sembra che le cose non siano andate benissimo.

Fracaso totale

Decorazione della pista e dell'arena: fracaso.
I tori di Zalduendo: fracaso. Mezze picche, debolezza, tori vuoti e insipidi.

Morante ha fatto Morante. Un pò di dettagli non sempre profondo o belli ma assai festeggiati da olé potenti.

El Juli nella sua prima faena tre volte disarmato, nessun dominio, un pinchazo e un julipié e...un'orecchia.
Nella seconda faena una grande noia, un toreo di vicinanza asfissiante e fischi di impazienza, un julipié efficace e...un'orecchia.

Juan Bautista ha fatto Juan Bautista a un toro nobile ma fiacco e vuoto. Un buon recibir e...due orecchie.

Per la presidenza un disastro totale. La prima orecchia è arrivata istantaneamente dopo la morte del toro, quando non erano più di cinquanta a chiederla. Per compensare ciò, due orecchie a JB e una seconda a Juli con una petizione assolutamente minoritaria.

Era sufficiente vedere Juan Bautista uscire in trionfo sotto i fischi e El Juli rifiutare di salire in spalla per avere la misura del grande fracaso della presidenza della pessima corrida alla quale abbiamo assistito.

Fracaso di un pubblico che applaude tori non piccati o i dettagli isolati di Morante come fossero un'opera unic,a e una cui minoranza chiede orecchie senza alcune ragione.

Ho comunque avvertito che la gente ne ha piene le scatole di questo genere di corrida: staremo a vedere se questa impressione sarà confermata, anche se ho qualche dubbio...

Povera fiesta brava, poveri aficionados: sono triste.

Ah, dimenticavo: il vero trionfatore della corrida è stato il maestro dell'orchestra Rudy Ponpon Nazi, e i cantanti che accompagnavano i pasodobles durante la corrida. Olé.

Daniel Giani

giovedì 8 settembre 2011

Rital


Eppure lo sapevamo anche noi
l'odore delle stive
l'amaro del partire
Lo sapevamo anche noi
e una lingua da disimparare
e un'altra da imparare in fretta
prima della bicicletta
Lo sapevamo anche noi
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta di un rifiuto
lo sapevamo anche noi


Gian Maria Testa,
Rital



Parte domani l'edizione 2011 della Feria del Riso di Arles, invero quest'anno in tono minore: una corrida in meno rispetto alle tre di abitudine, il lotto di Daniel Ruiz previsto per la goyesca del sabato sostituito a pochi giorni dall'appuntamento con un altro sestetto di Zalduendo, una concorso sulla carta non esplosiva.
La crisi, dicono.

Certo si farà festa comunque, e la notte nelle cantine la temperatura sarà alta come sempre.
Per chi sarà ad Arles nei prossimi giorni segnaliamo volentieri che alla bodega Cha Cha Loco, che sta proprio dietro a piazza del Forum e che è fra le più animate e frequentate, sarà possibile ammirare l'esposizione di tele opera di un nostro lettore novarese, Enrico Ferraris.

Per l'occasione Enrico ha portato alcuni dei suoi lavori e anche ha preparato un progetto inedito ispirato alla corrida concorso di domenica.
Da non perdere per chi ci sarà: ritals, dicevano.


- qualche immagine dei quadri di Enrico Ferraris
- wikipedia sui ritals


mercoledì 7 settembre 2011

E le donne per amare i toreri

Todo gira en el mundo alredor de los toros:
los musicos existen para inventar pasodobles toreros.
Los poetas para cantar a los toreros.
Los medicos para curar a los toreros.
Los arquitectos para costruir plazas de toros.
Los pintores para pintar toreros.
Y las mujeres para querer a los toreros.






Juncal.

domenica 4 settembre 2011

Due corride a Tafalla





Ecco anche qualche nota su quel paio di corride che abbiamo visto a Tafalla due settimane fa.

Venerdì 19 agosto - La marchesa sventola per Israel Lancho

6 bestiacce di Prieto de la Cal dalla personalità differente e dalla presentazione disomogenea; il primo si rompeva un corno all'entrata ed era sostituito da un altro dello stesso ferro. Quarto e sesto i più completi, il terzo il più esigente.
Paco Ureña: silenzio/orecchia; Israel Lancho: vuelta/saluto; Ruben Sanz: fischi/fischi

I veragua di Prieto de la Cal sono tori che ovunque passano lasciano il segno, e questo deve averlo capito bene anche Israel Lancho che quel segno se l'è trovato in pieno volto: naso rotto, occhio gonfio e due denti saltati dopo esser rimasto sospeso tra le corna del secondo.
Angosciante per lui e per noi tutti.
Un pomeriggio non certo noioso quello di Tafalla, con un paio di tori parecchio interessanti (il sesto, con cabsta e nobiltà, il terzo con una bravura viva), ma che ha lasciato un retrogusto di incompiuta nella bocca di parecchi: lontani i fasti dell'indimenticabile Aguardentero della corrida di Arles, lontani i mostri della corrida di Saint Martin de Crau, nel paesino navarro abbiamo assistito a una corsa sì emozionante ma che mai veramente si è rotta. Colpa di un sestetto di tori che non passerà alla storia e di un terzetto di uomini non sempre all'altezza.
I sei cornuti de La Ruiza sono stati regolari, anche convinti ma mai esplosivi al cavallo, esigenti ma mai troppo complicati, pericolosi ma mai spaventosi.
Di fronte a loro se l'è cavata bene Paco Ureña: se con il suo primo (1 sola picca) non è riuscito a trovare la soluzione, con il quarto del pomeriggio ha dimostrato serietà e buona disposizione. La faena, condotta al centro e sotto una pioggia scrosciante, era rimarchevole per intensità con il torero sempre di faccia a un Felino completo e bravo, toro dalle corna sproporzionate che aveva preso poco prima due picche con classe forza. Paco Ureña toreava con autorità, cruzandose bene e strappando passi profondi ad un avversario difficile da trattare: orecchia per lui e grossi applausi al toro.
Dopo aver agganciato Israel Lancho al petto e avergli gonfiato la faccia, Ligero non si concedeva che con molte riserve alla muleta dell'uomo: Lancho, evidentemente provato dalla forte botta, trovava comunque le risorse per proporre un toreo a tratti elegante (inizio con tre statuari, trincherazo e passo col petto, ottimo) e deciso. Vuelta per lui dopo una forte petizione di orecchia alla quale si univa anche la Marchesa, applausi al toro. Discreto il suo lavoro di fronte a Coronel, uscito per quinto: Lancho toreava con convinzione nonostante i segni delle botte ricevuti al volto fossero davvero impressionanti, e lasciassero intuire dolore e fatica. Plastico a destra, sobrio a sinistra, il lungo torero uccideva con una spada bassa ma efficace: la richiesta di orecchia non convinceva il palco a concedere il premio, cosa che irritava Lancho che dunque rifiutava anche l'invito a dare un secondo giro d'onore.
Il terzo della giornata si mangiava Ruben Sanz dopo aver spinto nel cavallo ed essersi messo in mostra in un confronto de poder a poder al primo paio di banderiglie. Torero del tutto vinto e incapace di far fronte alla casta del suo avversario: grossi fischi per l'uomo, applausi per il toro.
A chiudere il pomeriggio Pajarraco, altro toro sprecato dal ragazzo di Soria: razza e nobiltà nell'ultimo tercio, Pajarraco si piazzava al centro e giganteggiava su un Sanz capace solo di finirlo con un bajonazo infame.

Chissà, forse con altri uomini avremmo visto una corrida diversa.

Sabato 20 agosto - La festa in chiusura

6 buoni compagni de Los Recitales, gli ultimi tre migliori per temperamento e corporatura, in generale con qualità; superiore il sesto, Adaptador, premiato con il giro d'onore.
Antonio Ferrera: saluto con qualche fischio/orecchia; Oliva Soto: silenzio/silenzio; Ruben Pinar: orecchia/due orecchie.

Per il decimo anniversario dell'idillio tra Tafalla e Los Recitales, che coincideva con l'ultima corsa della feria, tutto si è trasformato in un lungo festeggiamento: una targa al ganadero a inizio pomeriggio, una merenda pantagruelica sugli spalti al terzo toro, uscita in trionfo per Pinar e vuelta per il sesto.
La festa, via.
Va detto che il lotto dei Recitales, pur non avendo le durezze e le punte di interesse dei Prieto della vigilia, ha portato sulla pista una casta non scontata e una nobleza non qualunque e soprattutto una buona dose di carattere. Peccato solo che i tre toreri non abbiano davvero voluto esplorare tutte le qualità dei loro avversari, accontentandosi di unirsi al clima di giubilo con un approccio sempre facilotto e superficiale.

Antonio Ferrera, irritato in un paio di occasioni dall'entusiasmo gioioso del pubblico, liquidava il Naranjero di apertura (carrozzeria di un noviglio più che di un toro) con una spada laboriosa dopo averlo trattato tutto di profilo. Male. Ventero, uscito per quarto e che sfoggiava un trapìo seducente, prendeva una sola picca prima di affrontare il maestro in un accidentato confronto diretto alle banderiglie. La faena era tipicamente made in Ferrera, profilata e volgarotta, con il toro lontano e con più di un dettaglio populista. Il tutto però era capace di interloquire con le gradinate e, nonostante un pinchazo e un'intera giù per la schiena, Ferrera poteva passeggiare un'orecchia in una vuelta festeggiata.
Nei giorni precedenti il pastore tedesco era a Madrid per la Giornata Mondiale della Gioventù, sicuramente questo 20 agosto non passerà alla storia come la Giornata Mondiale di Oliva Soto. Diciassette descabellos per lui su due tori, la sensazione continua di avere davanti un torero con la testa e il corpo altrove e senza strumenti, il primo toro fatto massacrare alla picca. Ma soprattutto quel Castellano (quinto della giornata) lasciato passare con leggerezza, quando invece era un partner da trionfo maiuscolo: il toro partiva da lontano con vivacità, aveva una carica vibrante ma ordinata, e porgeva le due orecchie su un vassoio d'argento. Ma Castellano era mortificato da un toreo insipido e banale e il tutto finiva in un triste silenzio.
Ruben Pinar usciva in trionfo dopo aver tagliato tre orecchie: la prima a Resinero che, accolto bene ginocchio a terra e molinete, e costretto ad abbassare progressivamente la testa a sinistra, per contraccambiare prendeva villanamente il torero con un corno e gli squarciava pantalone e pelle.
Arrivava infine quell'Adaptador che il clima di festa obbligava a mettere al cavallo una sola volta, quando invece l'animale aveva qualità per interpretare un tercio de varas ben più intenso e completo. Alla muleta Adaptador si toreava da solo, elegante e pronto sulle due corna, e permetteva a Pinar un trionfo completo: peccato che il giovane torero non si sia esposto di più e non abbia cercato più profondità, accontentandosi di un lavoro sì plastico e aggraziato ma senza sugo. La faena dunque risultava piacevole (un paio di naturales davvero buoni) e soprattutto convinceva un pubblico sollazzato poco prima da bocadillos e sangria: il meglio Pinar lo dava alla spada, con un terzo di lama entrando bene e soprattutto con un descabello imperioso.
Due orecchie per il ragazzo, giro d'onore per Adaptador.
Happy birtday.

Finiva così la nostra feria: a questo link una galleria di foto su quei due giorni.
Viva Tafalla.


(foto Ronda - arena di Tafalla)