giovedì 31 dicembre 2009

Palmares 2009




Per quanto mi consta ovviamente, e cioè in base esclusivamente a quanto visto nelle arene, ecco il meglio della stagione ormai conclusa.
21 gli spettacoli a cui abbiamo assistito: una novigliada senza cavalli, due novigliade, diciannove corride formali.
Il tutto in sette le piazze di tori frequentate: Arles (4 a Pasqua e 3 a settembre), Nimes (2), Vic Fezensac (4), Istres (3), Ceret (3), Siviglia (2).

Uomini

Rafaelillo il torero del 2009. Il migliore di fronte ai Miura di Arles, il più completo di tutto il ciclo di Vic Fezensac, rotondo e ispirato con gli Escolar Gil di Istres. Il piccolo murciano torea con sincerità e coraggio, non si sottrae alla battaglia, muleta davanti e profondità. Guerriero e ammirevole.
Di Sergio Aguilar abbiamo apprezzato la classe e l'eleganza di fronte a tori, per usare un eufemismo, poco comodi: toreare con lentezza e distacco un santacoloma è cosa che genera rispetto ed ammirazione.
Luis Bolivar e Morenito de Aranda, rispettivamente a Vic e a Ceret, ci hanno lasciato buone senzazioni e la voglia di rivederli presto.
Ma la vera sorpresa del 2009 è il giovane Daniel Luque, che a Siviglia in settembre ha sfoggiato in soli dieci minuti un repertorio completo di autorità, arte, ispirazione, forza: non si può giudicare un torero da una sola serata, certo, ma quella prestazione ha fatto davvero impressione.
Dai big abbiamo visto poche cose, se non il solito potere del Juli (ma di fronte a tori impresentabili, a Nimes), e la straniante capacità di José Tomas di essere così diverso da tutti gli altri, un toreo ormai definitivamente ascetico il suo.

Tori

Il toro del 2009 è, inevitabilmente e per grazia divina, il grande Clavel Blanco di MLD Perez deVargas: chi l'ha visto non se lo scorderà facilmente, un toro padrone di un'arena intera, enorme.
Un gradino sotto Aguardentero di Prieto de la Cal e Camarito di Palha, protagonisti della concorso rispettivamente ad Arles e a Vic.
La miglior corrida completa quella di Coimbra a Ceret, tori selvaggi, duri, corna spaventose e carattere indomito: in pochi avrebbero scommesso su un successo così pieno e felice e della misconosciuta divisa portoghese. Li rivedremo di nuovo nel 2010, ai piedi dei Pirenei, ed è una buona notizia.
Da segnalare anche i lotti di Fidel San Roman e La Quinta a Ceret, mentre la sorpresa dell'anno è venuta dai Garcigrande (!) di Nimes (!!): un sestetto con una casta sorprendente, conosciute le bassezze a cui è solita la casa, e se fossero tutte così le corride per figuras, la tauromachia tutta potrebbe dormire sonni tranquilli.
Infine un plauso particolare all'impresa di Arles, capace di confezionare una corrida concorso di notevole qualità.

Gesti

E' frutto dell'ispirazione e della disposizione di Daniel Luque la faena più completa, armonica e vibrante: a Siviglia, con Barberito di Alcurrucen.
Un tono più sotto i due lavori di José Tomas (Nimes - Ballestero di Garcigrande) e Rafaelillo (Istres - Borgueso I di Escolar Gil), faenas di registro opposto, naturalmente, ma entrambe di gusto: leggera e estatica la prima, maschia e elettrica la seconda.
Alcuni dettagli dell'opera di José Tomas, poi, assolutamente celestiali.
Curro Molina è tra i banderilleros quello che ogni volta apprezzo maggiormente, e il suo paio di Siviglia è per me il migliore della stagione. Notevoli anche i due bastoni chiusi da Padilla sul quarto di Miura, ad Arles.
E naturalmente impossibile non citare Juan Luis Rivas e Rafael Lopez, i due picadores che ad Arles se la sono vista con Clavel Blanco e Aguardentero: da loro una lezione di tauromachia antica e sincera, di coraggio e sincerità.
Toreri.

Buon anno a tutti, e che il 2010 ci conceda ancora tori, festa e aficion.


(foto Ronda)

domenica 27 dicembre 2009

La fiesta: ecologia, passione e morte - Francis Wolff

Francis Wolff, l'autore di quella Filosofia della corrida che è ormai un classico degli scritti sulla tauromachia è che è fra le opere più profonde mai prodotte sul tema, ha pubblicato qualche giorno fa su La Razon La fiesta: ecologia, pasion y muerte, un saggio in forma di articolo che si evidenzia per onestà intelettuale, lucidità, argomentazione.

A vantaggio dei lettori del blog proviamo a farne una traduzione, nei suoi passaggi più significativi: Wolff da qualche anno tenta, con ottimi risultati, di definire una volta per tutte quello statuto morale della corrida che nessuno prima d'ora era riuscito a fissare con tanta efficacia, e che può diventare definitivamente l'argomento principe e più corposo per la difesa del'esistenza stessa della corrida.

IN PRIVATO


Dice Wolff:

"Chi difende la corrida sì che porta avanti una battaglia ecologista. Innanzitutto difende una delle ultime forme di allevamento estensivo che esista in Europa, nella quale ogni animale ha a disposizione dagli uno ai tre ettari di territorio.
Chiudiamo la corrida, e molte di queste terre oggi consacrate al toro da combattimento saranno destinate ad una agricoltura intensiva o industriale.
Difende un ecosistema unico, la dehesa, che è una autentica riserva di fauna e flora, a immagine e somiglianza dei grandi parchi naturali protetti.
Difende anche la biodiversità. Il toro bravo è una varietà unica di toro selvaggio, preservata grazie alle grandi ganaderias, e che sarebbe condannata al mattatoio se si finisse con la Fiesta."

"Non esiste spettacolo o arte più ecologico della Fiesta. Però sta di fatto che molti ecologisti dimenticano i loro valoro per adottare valori animalisti opposti.
Difendere la biodiversità, l'equilibrio delle specie e degli ecosistemi non ha niente a che vedere con il fatto di occuparsi del destino individuale di un dato animale.
Non si può salvare la specie leopardo e preoccuparsi del destino individuale della gazzella. Bisogna scegliere.
Per salvare il toro da combattimento come specie c'è da sacrificare alcuni animali destinati all'arena piuttosto che al macello.
E' paradossale che per salvare alcuni esemplari ci sia da condannare la specie, ormai inutile, al mattatoio.
Ma non possiamo avere compassione per la sorte degli animali?
Naturalmente.
Dobbiamo restituire ai nostri cani e gatti l'affetto che ci danno; una specie di contratto morale ci unisce a questi animali da compagnia, ed è evidente che è crudele picchiare il proprio cane e immorale abbandonarlo in un'area di servizio.
Con gli animali domestici abbiamo un determinato tipo di contratto morale: ci danno la lana, cuoio e pelle, o carne, in cambio della nostra protezione, di un'alimentazione adeguata e di condizioni di vita decenti.
E con i toros bravos?
Un altro tipo di contratto ci unisce a loro: rispettare la loro bravura mentre vivono e fino alla loro morte.
Quindi è morale allevarli in coerenza con la loro natura selvaggia (libera, indomita e ribelle), e sacrificarli in un combattimento che dia senso, importanza, gravità; un faccia a faccia che rispetti la loro natura selvaggia e durante il quale l'uomo si gioca la vita.
Non è forse più morale che la detenzione forzata e il sordido silenzio di un macello?"

"Che non piaccia la corrida per una questione di sensibilità personale, è comprensibile: e tutte le sensibilità sono rispettabili.
Ma a quelli che ignorano tutto sulla corrida, le condizioni di vita o di morte del toro, la etica del combattimento e la sua estetica, e tutti quelli che si immaginano uno spettacolo crudele e sanguinario, c'è solo da consigliare che visitino qualche allevamento o assistano a qualche serata eroica e grandiosa. Vedranno la comunione spirituale che avvolge questo spettacolo lacerante e sublime.
E se preferiscono restare lontani dai tori e mantenere i propri pregiudizi, ne sono liberi, a condizione che la loro ignoranza non li faccia intolleranti verso quelli che non pensano o sentono come loro.
Ma che qualcuno arrivi a qualificare come tortura il pericoloso confronto nell'arena, dove l'uomo rischia la propria vita in ogni istante, questa è una questione di malafede.
E' un insulto a tutti i torturati della terra.
E' voler ribaltare il significato delle parole: torturare è, senza correre alcun pericolo, fare soffrire un avversario che si è reso indifeso e innocuo, mentre combattere un toro consiste nel permettere all'animale che in qualsiasi momento possa attaccare liberamente il suo avversario, che può ferire in ogni istante.
Se nell'arena ci fosse un bue questo non smetterebbe di fuggire, questa sì sarebbe tortura e non ci sarebbe corrida.
Gli aficionados non si divertono con le ferite degli animali!
Ammirano l'intelligenza dell'uomo, la bravura del toro, il valore di coloro che combattono, la trasformazione della forza bruta in opera umana."

"Gli autoproclamatisi difensori degli animali, che si arrogano il monopolio della morale e dei buoni sentimenti come se noi, gli aficionados, fossimo insensibili e immorali, tutti questi animalisti, si commuovono forse per le sofferenze di qualcuno, ma amano davvero gli animali per quello che sono, per quello che fanno e quello che incarnano?
Accettano l'animalità in tutte le sue diversità o quello che vogliono è ridurla al fantasma di amabili animaletti da cartoni animati disneyani? "

"Cosa preferiremmo se ci obbligassero a stare al posto dell'animale?
Una vita da bue incatenato, che si conclude miseramente al macello o una vita da toro in libertà che si prolunga in venti minuti di combattimento valoroso?
Forse qualcuno dubita ancora, chissà.
Ma se dubitate, non denigrate coloro che preferiscono la vita e la lotta del toro bravo, coloro che pesano che il suo destino sia uno dei più invidiabili di tutte le specie animali di cui l'uomo si è appropriato per soddisfare i propri fini e che popolano la sua immaginazione.
Non sentenziate a morte la corrida né i tori da combattimento, rispettate coloro che li amano."

(foto Ronda - Miletto chez François André)

giovedì 24 dicembre 2009

Un ciliegio grande e bello




Pausa natalizia anche per il blog, il cui autore sarà impegnato a partire da oggi pomeriggio e per due o tre giorni in una lunga sessione di brindisi, pranzi, cene, bevute e tutte quelle cose che rendono molto simpatico, anche per un laico fanatico come lui, il Natale.

Un saluto, anche se solo virtuale, a tutti quelli che con pazienza e tenacia leggono queste pagine, a quelli che mi scrivono, ai cari amici del cartello emiliano-piemontese, ai recenti incontri, a tutti quelli che incrociamo sulla strada dei tori, di là dalle Alpi.
E la solita preghierina a Babbo Natale per trovare, l'anno prossimo, tori che carichino, con bravura ed emozione.

Fate buone feste.

martedì 22 dicembre 2009

Aggiornamenti


Giornate e post di attualità e cronaca, questo comunque l'ultimo prima del tradizionale compendio dell'anno ormai concluso: nei prossimi giorni il nostro personale palmares del 2009 e la sintesi delle valutazioni di Toros su tori e toreri della stagione.

In ogni caso:

- Arles ha definito le ganaderias della sua prossima annata.
Otto corride di tori più cinque novilladas tra Pasqua e Riso, tra cui appunto Maria Luisa Dominguez y Perez de Vargas, comprese ben due corride concorso (!): una di tori spagnoli e una di allevamenti francesi.
Il programma sarà comunicato ufficialmente il 30 gennaio.

- Victorino Martin non farà combattere i suoi pupilli a Madrid, l'anno prossimo.
Decisione clamorosa e però rispettabile, non avendo il ganadero, a suo dire, almeno un lotto degno di Las Ventas a pascolare le erbe della sua tenuta.

- Nimes ha scelto: sarà ancora Simon Casas a gestire la sua arena.
Sembra che il confermato impresario voglia chiedere agli allevatori suoi abituali fornitori (il clan dei domecqisti) di fabbricare in laboratorio tori con 3, 4, addirittura 5 orecchie, per poter moltiplicare a dismisura i trofei.

- Pamplona e Siviglia hanno definito i ferri per il 2010.
Piatta piatta la proposta sivigliana (Palha a tenere alta la bandiera, e poi poca roba a parte la miurada di chiusura), più interessante la scelta di Pamplona con la conferma tra gli altri di Dolores Aguirre dopo la grande corsa di quest'anno.

- infine, il Partito Socialista ha deciso che chiederà il voto palese e voterà contro la ILP a Barcellona, quando questa tornerà all'esame del Parlamento.
Bravi, compagni.

(foto Ronda - Ceret 2009)

domenica 20 dicembre 2009

Adelante




Venerdì' il Parlamento della Catalogna ha dunque respinto gli emendamenti e le pregiudiziali alla ILP, che dunque proseguirà il uso normale iter e sarà dibattuta e votata nei prossimi mesi.

Reazioni entusiastiche dal mondo degli antitaurini, che arrivano a pensare di estendere l'iniziativa a tutta la Spagna, e meno entusiastiche dall'ambiente di toreri e allevatori.

In questi giorni le parole più lucide mi sono sembrate le parole di Antonio Lorca sul Pais, in un articolo già citato da Marco in un commento al post precedente:

Es el espectáculo el que está enfermo entre la desidia de todos sus protagonistas. No interesa a los políticos, acomplejados ante Europa y los grupos ecologistas; no interesa a los toreros, auténticos enemigos del toro bravo y encastado; no interesa a la Unión de Criadores de Toros de Lidia, que ha permitido la desnaturalización del elemento fundamental del espectáculo... Si el problema es que la fiesta de los toros no interesa a nadie... Si el problema es que todos los que de ella viven han permitido que la decadencia se haya instalado en su seno con grave peligro de que la enfermedad sea irreversible. Si el problema es que parece que todo el que se acerca al negocio taurino lo hace con el único objetivo de ganar dinero rápido...

El enemigo está en casa; son los taurinos los que se sirven de la fiesta para sus intereses. Ellos, con la colaboración necesaria de las autoridades, son los culpables de que un animal fiero y poderoso sea hoy una masa informe y moribunda que rueda por los suelos. Ellos son los responsables de que el aficionado huya de las plazas, cansado de tanto fraude y aburrimiento.

Ojalá la ILP catalana sirviera de revulsivo para afrontar los problemas de la fiesta. Pero no será así. Gane o pierda la propuesta, la fiesta seguirá desangrándose
.

In sintesi, il nemico non sono gli abolizionisti, il nemico sono gli affaristi della corrida che si servono della fiesta per i propri interessi, sono i toreri che pretendono tori diminuiti e senza casta, sono quegli allevatori complici che si sono piegati alle logiche predominanti e selezionano animali vuoti, senza forza, senza bravura.
Senza il toro, senza un toro integro e selvaggio, la corrida non ha più senso.

(foto Ronda - drappo catalano all'arena di Ceret)

venerdì 18 dicembre 2009

Catalogna, oggi o mai più?


Si vota oggi al Parlamento della Regione Autonoma di Catalogna l'Iniziativa Popolare di Legge finalizzata all'abolizione della corrida sul territorio.
L'azione degli antitaurini è clamorosa e oggettivamente ben condotta, sono centinaia di migliaia le firme raccolte e depositate a supporto dell'iniziativa.

Le posizioni si accavallano e le interpretazioni si diversificano.
Chi dice che il voto di oggi è decisivo per il prossimo futuro e per l'esistenza stessa della fiesta, essendo per storia la Catalogna l'avanguardia politica e sociale della Spagna: quello che succede lì prima o poi succede da altre parti.
Chi dice che la tauromachia in quella regione è agonizzante da tempo, in stato di coma ormai irreversibile, e che questa azione degli abolizionisti non fa che ratificare una realtà sotto gli occhi di tutti.
Chi dice che a Madrid, Siviglia, nelle città del nord o nei paesini del sud la tauromachia è talmente radicata che nemmeno un voto favorevole all'ILP potrebbe mettere a rischio la sua sopravvivenza.

Il portale Burladero (*) sta dando una copertura completa alla vicenda, stamattina il suo canale video ha pure la diretta dal Parlamento.
Più interessanti a mio modo di vedere sono però la lettura di questo articolo de El Pais, un'analisi lucida e puntuale, e anche di questo scritto di Zumbiehl pubblicato da ABC.

(foto Ronda - a Ceret sono catalani e lo fanno sapere anche all'arena)

mercoledì 16 dicembre 2009

Sulle linee




Toreare è questione di linee.
Due linee.
Una verticale, una orizzontale.
Il torero dritto, fermo tronco, obelisco nella sabbia, verticale.
Ordinato.
Ordinata.
Il toro disteso, corsa elastica, corsa su binari a terra.
Corsa orizzontale.
Ascissa.
Toreare è fatto di due linee.
Latitudo, longitudo.
Toreare, due linee.
Verticale, orizzontale.
X, Y.
Cartesiano.

(foto Ronda - San Sebastian 2008)

lunedì 14 dicembre 2009

Cose dal week-end


Impegnativo fine settimana emiliano-piemontese, con sfumature laziali e lombarde: i tanti impegni conviviali, letterari ed enogastronomici hanno allegerito l'anima e appesantito il corpo, e sostanzialmente ritardato l'aggiornamento del blog.
Ce la caviamo con un piccolo riassunto di quanto successo, nel mondo taurino e non, in questi giorni.

Per i tori di Arles 2010 si parla di Garcigrande e Daniel Ruiz , di Miura e soprattutto di Maria Luisa Dominguez y Perez de Vargas (un tale Clavel Blanco l'unico esemplare che la divisa aveva combattuto quest'anno).
Ana Romero pure sarà in corrida ad Arles, non si sa ancora se a Pasqua o a settembre; e sembra infine che l'impresa, una volta incasellate nel calendario l'alternativa di Marco Leal e la presenza del neodiplomato Roman Perez, stia preparando una sorpresa per la domenica.
Sembra non sia esclusa nemmeno una corrida mattutina: il programma ufficiale il 30 gennaio, ma già qualche giorno prima potremo sapere di che morte morire.

Per quanto ne é di Vic Fezenzac, la commissione sta lavorando ad una feria ancora e rigorosamente sotto il segno del toro. Ai due ferri vincitori della concorso dell'anno scorso dovrebbe essere assicurata la vetrina di una corrida completa, mentre la nuova concorso dovrebbe avere una composizione originale, con Moreno Silva e Alcurrucen tra gli altri.

José Tomas non toreerà a Siviglia.
Soldi, televisione, compagni di cartello immaginiamo siano le solite menate: restano dunque Madrid e Bilbao tra le arene di primissima categoria dove il Messia dovrebbe apparire nel nuovo anno.
Resta anche il problema dei tanti lotti di Nunez del Cuvillo (10?) che lo staff di Tomas ha prenotato, che in un modo o nell'altri andranno smaltiti e piazzati in qualche plaza de toros francese o spagnola.

Miura come da ormai parecchio tempo conferma anche per l'anno venturo l'ottimo rapporto con l'aficion e le imprese francesi, portando di là dai Pirenei il grosso della sua produzione: Arles, Nimes, Bayonne, Beziers e Mont de Marsan fra le nove corride di cui dispone la casa, alle quali si aggiungono quelle nei tradizionali feudi di Siviglia e Pamplona e un paio ancora da destinare.

Il cocido madrileno infine è un piatto di caratura mondiale: la sontuosa versione piemontese, innaffiata da vini italiani e non di bontà inaudita, ha reso quella di ieri una domenica para el recuedo, in compagnia di amici vecchi e nuovi.

(disegno di Loky)

giovedì 10 dicembre 2009

Non c'è spettacolo dove si muore

Queste stesse parole qua sotto già compaiono nei commenti all'articolo su Hemingway di un paio di giorni fa.
Non conosco l'autore, chissà un giorno forse ci incroceremo sulla strada dei tori, o magari no: ma mi pareva ingiusto lasciare confinata là in fondo, a nota di un pezzo tra i tanti, questa spontanea e inaspettata poesia.
A voi.




“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Tanto negli anni ottanta prima o poi si va in Spagna. Età da scuola media e via coi genitori. Forse Barcellona, non ricordo; ma comunque la corrida perché tanto ormai ci siamo.
Dio mio. La prima fu lacrime e sangue, fu tanta rabbia e speriamo che lo incorni; ché non si capisce perché si debba ammazzare una povera bestia in questo modo. D’altra parte vaglielo a spiegare te ad un pischelletto. Italiano.
E poi ‘sta Spagna: sporco, slot-machine e un toro pisciasangue. Questa la primera vez. Chi l’avrebbe mai detto.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
C’è poi che il tempo passa, lontano, e ti ritrovi col ‘Vecchio e il mare’, uno di quei libri che dopo l’autore lo chiami per nome, mica più per cognome. Mi è sempre rimasto dentro, quel vecchio che sognava i leoni. E allora sì che ti vien voglia d’andare: ‘Fiesta’, ‘Addio alle armi’ e i ‘Quarantanove racconti’. Che poi tanto un giorno arriva ‘Morte nel pomeriggio’, e lì finalmente ci si guarda negli occhi.
Un romanzo-trattato-manuale pesante, tecnico e lungo. E bellissimo, affascinante e sorprendente. Che ti svela e t’innamora. Porcaputtana Ernest, prima o poi ci torno in Spagna.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Quest’anno, dopo tanto, c’ero anch’io alla Maestranza di Siviglia, il 27 di settembre. Terza corrida vista davvero e tre volte in Spagna nel duemilanove. Ma la prima con una faena come quella del Luque. Non capisci, finché non la vedi. Anche i miei amici, tutti profani, a peliritti e boccaperta.
“Guardi bello signora, è ancora vivo”.
Ogni giorno nei mercati ittici di tutto il mondo si ripete questa frase perché ogni giorno milioni di persone mangiano pesce; che rimane impigliato una nottata nelle reti e poi crepa di lenta asfissia il giorno dopo tra ghiaccio e polistirolo. Ma nessuno si lamenta.
Eppure si mangia anche il toro, e soffre infinitamente di meno.
E allora? O qui qualcosa mi sfugge, oppure siamo tutti spagnoli. Perché io preferirei nascere toro piuttosto che pollo Amadori.
Ho 34 anni, non son vegetariano e non biasimo la caccia. Però non ci vado allo zoo, non faccio la pesca sportiva perché o è ‘pesca’ o è ‘sport’, e un siberian husky non lo comprerei mai, perché abito vicino a Firenze, mica a Capo Nord. Ma mi piace tanto la corrida, perché c’è dentro un senso profondo di vita e di morte, di coraggio e di paura, di uomo e di bestia. E fatela finita di chiamarla ‘spettacolo’, perché non c’è spettacolo dove si muore.

(foto Ronda - Arles 26.03.05; mi scuserà l'autore di questo pezzo, l'immagine è oggettivamente terribile. Ma è presa alla prima corrida a cui abbiamo assistito, e mi sembrava l'accostamento migliore alle sue parole: da allora di strada ne è stata fatta, tanto nell'aficion quanto nella fotografia...)

martedì 8 dicembre 2009

Il momento della verità


Il Morandini ne parla così: "Francesco Rosi scopre la Spagna, un sud più a sud della Sicilia. La prima parte, cronistica e polemica, è eccellente: qualche sospetto di calligrafismo nella seconda con il rituale ripetuto delle corride e la mancanza di un vero conflitto drammatico".
Tre stellette su cinque.

Da molti salutato e ancora oggi indicato come il miglior film sulla corrida mai girato, curiosamente opera di un regista italiano, Il momento della verità è effettivamente una pellicola che merita una visione.
Sempre in bilico tra approccio documentaristico e musicarello (*), il film ha più di una chiave di lettura: se da un lato è una dimensione quasi scientifica a emergere, Rosi facendo come un'operazione di studio in forma di film sulla corrida, dall'altro la narrazione si addentra nella ricerca di riscatto sociale di Miguelin, che diventa torero per sfuggire le miserie e il duro lavoro della campagna andalusa.

Il momento della verità funziona soprattutto quando fotografa, con precisione e disincanto, le dinamiche meno conosciute che stanno dietro alla corrida: il vischioso rapporto tra il torero e il suo manager ad esempio è dipinto con pochi ma efficaci colpi di pennello, e con tanta lucidità da diventare potenziale paradigma del genere.

A latere, non si può non notare come siano cambiati i costumi, quelli cinematografici compresi: facciamo fatica a immaginare un film sulla corrida che, oggi, ritragga con altrettanza franchezza ed obiettività anche i momenti più pulp della tauromachia.
Nel film di Rosi la messa a morte del toro è ripresa più volte, si indugia sul primo piano dell'animale trafitto e agonizzante, il sangue è elemento essenziale nella narrazione.
Sfidiamo un qualsiasi regista dei nostri giorni a portare su pellicola le stesse immagini senza essere crocifisso.

Il momento della verità è in ogni caso un bel film, con qualche goccia di neoralismo che ancora gli scorre nelle vene, e capace di maneggiare con profondità e attenzione un tema così sfaccettato e di difficile trattazione come quello della corrida.
Visione obbligata per ogni aficionado, naturalmente.

domenica 6 dicembre 2009

Hemingway e la corrida




E' curioso constatare come i libri di Hemingway, oggettivamente tra i pochissimi disponibili in italiano su corrida e tori, costituiscano per aficionados o aspiranti tali del nostro paese un passaggio ineludibile nel percorso di avvicinamento e conoscenza della tauromachia.
Anche e spesso, tappe fondamentali per capire da che parte si sta, e verso quale futuro si va: i libri del Papa possono suscitare timida curiosità, confermare che la corrida non è cosa per sè, o magari incuriosire, intrigare, svelare.
Altre volte però Morte nel pomeriggio, con il suo incedere rigoroso e accademico, o Un'estate pericolosa con le sue fascinazioni e le sue romanticherie, sono la scintilla che definitivamente dà fuoco ad una passione esplosiva, che era lì sopita ad aspettare solo che qualcuno la facesse deflagrare.

Al ruolo della corrida negli scritti di Hemingway ha dedicato un breve saggio il nostro Matteo Nucci: lo si trova a questo indirizzo, e il consiglio è quello di scaricarlo e inserirlo nelle cose da leggere durante le imminenti e benedette feste.

"Hemingway scrisse sempre di corride. Dall’inizio alla fine della propria attività di
scrittura, dai tempi in cui ancora era un semplice giornalista inviato a Parigi, fino a
quando, malato, depresso, stanco, deluso, non riusciva più nella sua celebre arte del
tagliare quanto scriveva e invece di buttar giù un breve articolo per Life sulle corride
spagnole dell’estate 1959, si perse in lunghissime analisi della sfida fra due grandi
toreri che aveva seguito con l’ultimo entusiasmo (dalle 10000 parole richieste,
Hemingway arrivò a scriverne 120000 – tagliate poi, soprattutto dai curatori, fino alle
50000 del libro).
Una studiosa italiana, una critica letteraria che a Hemingway
sarebbe molto piaciuta perché leggeva cose complesse con occhi semplici per
scriverne nella maniera più facile possibile, una donna che si è dedicata alla
letteratura russa, Laura Boschian, quando parlava di Hemingway, per spiegare il
motivo per cui non ne fosse proprio completamente sedotta, ripeteva: «troppi tori,
troppi tori».
Effettivamente è incredibile quanto la corrida abbia rappresentato il
luogo par excellence per Hemingway, probabilmente anche più della caccia o della
guerra.
Nei primi articoli del giovane inviato, nel primo indimenticabile, inarrivabile
romanzo Fiesta, in moltissimi degli straordinari racconti (come L’invitto, Storia
banale, La madre di una checca, La capitale del mondo), in Per chi suona la
campana, ovviamente in Morte nel Pomeriggio, fino appunto al postumo Un’estate
pericolosa, pubblicato con tagli operati da sua moglie e dal suo più vicino ultimo
amico Hotchner, l’autore di una delle più belle e più drammatiche biografie di
Hemingway.
Insomma, la corrida, i toreri, i tori, sono ovunque in Hemingway dal
1922 al 1960. Per questo, riflettendo sul grande scrittore, è necessario parlarne. Il
problema più importante però è certamente un altro. Ossia, perché le corride, i
matadores, i tori e l’arena rappresentano per Hemingway il luogo."

- da La tauromachia in Hemingway, di Matteo Nucci -

mercoledì 2 dicembre 2009

Gli animalisti vogliono l'estinzione degli animali


Per quanto mi riguarda l'animalismo è una nevrosi metropolitana del ventunesimo secolo.
Non ci fossero la paura degli immigrati e il risibile tema della sicurezza, che qua in terre padane va per la maggiore, direi la nevrosi metropolitana del ventunesimo secolo.
Per quel che mi è dato di sapere, dopo 36 anni passati a frequentare l'appennino e i suoi abitanti, con quattro nonni su quattro che provenivano dalla provincia, in campagna l'animalismo rimane una bizzarra affezione dei cittadini.
In campagna l'animalismo è un problema che non ci si pone.
In campagna, dove il rapporto tra l'uomo e l'animale è trasparente, equilibrato e giusto, l'animalismo fa ridere, è una perdita di tempo, è una stravaganza.

Ma non divaghiamo.
Il punto è che oggi ci sono solo gli ecologisti urbani, tutti tesi a difendere una natura più immaginaria che reale, che riescono nella funambolica sintesi tra antitaurinismo e ecologismo.
Se c'è un dominio attorno a cui l'ecologismo dovrebbe erigere bastioni e strenuamente battersi per la sua difesa, questo è proprio quello della tauromachia.
Antitaurinismo ed ecologia non vanno d'accordo, anzi: stanno agli opposti.
Paradosso?
No, tutt'altro.

Quali altri animali che gravitano nell'orbita dell'uomo possono vantare una vita così rispettata, serena e ricca, come i tori da combattimento?
Quattro anni a pascolare in tenute che sono meraviglie naturali, oggetto di cure premurose, di un amore che ha pochi pari, di culto finanche.
E gli ultimi venti minuti della vita passati a fare quello che è, nel dna, il segmento più puro: combattere.
Quali altri spazi che l'uomo consacra e dedica agli animali sono tanto preziosi, floridi, ricchi e sani come gli allevamenti dei tori?
Paradisi di bellezza che esistono solo nei paesi taurini, le ganaderias di tori da corrida (450.000 ettari nella sola Spagna!) sono oasi ambientali, manifesti dell'ecologia, dove il verde è verde e gli animali sono animali e non giocattoli o passatempi urbani; ecosistemi rari e complessi dove la natura è principessa e regina, dove il re è il toro e dove i sudditi sono una fauna e una flora vive, sane, salve.

Qui, quattro, cinque anni da re.

E',questa, giustificazione sufficiente per l'uccisione del toro in corrida?
No, evidentemente no.
C'è dell'altro e lo sappiamo.

Ma temiamo che chi grida tortura, vergogna, basta!, chi si dedica a pagliacciate fuori dalle arene o chi nega a priori nelle cene fra amici, non sia consapevole delle conseguenze.
Domanda aperta agli animalisti e agli ecologisti delle città: vogliamo la soppressione della corrida?
Va bene, e sia.
Ma cosa ne facciamo di tutti quei toros bravos che nascono e vivono (bene) per quella?
Se chiudiamo con la corrida nessuno, nessuno, continuerà a prendersi cura dei toros bravos: troppo pericoloso e quindi costoso allevarli per la carne.
Metterli in una riserva? Perfetto.
Finanziata da chi, dallo Stato? Faccio fatica a crederci.
450.000 ettari di riserva? Faccio ancora più fatica.
E quale casta o linea di sangue ci mettiamo? Le altre dove vanno a finire?

Chiudiamo con la corrida per evitare ai tori di morire nell'arena.
Grandi.
Se chiudiamo con la corrida non solo non evitiamo la morte degli individui, che sarebbero immediatamente destinati, tutti e indistintamente, al mattatoio.
Ma otteniamo il capolavoro strategico di estinguere la specie, la morte collettiva della specie.
Se neghiamo e aboliamo la corrida sulla terra non esisteranno più tori selvaggi.

E voilà, teorema dimostrato.
Gli animalisti (che sbraitano contro la corrida) vogliono l'estinzione degli animali.

(foto Ronda - chez Riboulet, a pochi km da Arles)