martedì 30 dicembre 2008

2008: Top Five x2

Alla fine non ce l'abbiamo fatta: un'insopprimibile attacco di orgoglio quasi paterno ci ha impedito, pur dopo alcuni momenti di acuta tensione verso noi stessi, di selezionare le cinque foto per la top five del 2008.
O meglio, ne abbiamo sì scelte cinque tra tutte quelle prese fuori e dentro le arene ma, quasi a ripercorrere il paradosso dell'albergo infinito di Hilbert, per ognuna di queste ne abbiamo presa un'altra.
Risultato dieci foto, la nostra personale Top Five x2.

A voi, in rigoroso ordine sparso, eccole qua.


# 01_Arles

Feria di Arles, novillada di A. Palla della domenica di Pasqua.
E' vero che questa non è una classifica,
ma se l'abbiamo messa proprio in testa un motivo c'è...




#02_Madrid

Un Valdefresno del due maggio.
Per l'ombra ovviamente,
che taglia il ruedo come fosse lo specchio di un lago, e nel giallo il riflesso sull'acqua.








#03_Dax

Perchè a Dax meglio non fotografare i tori
e concentrarsi sul bianco e rosso delle gradinate.






#04_Ceret


Corsito, il primo novillo di Bucaré:
per come parte verso la capa, con la pica che ha già fatto (male)
il suo lavoro.








#05_San Sebastian

La fortuna di essere in barrera quel giorno, dura fare una selezione tra tutte le foto. Corrida di Nunez del Cuvillo: Juan Bautista in una delle faena dell'anno, le gambe immobili e il toro che carica, la macchina incapace di fissarlo.




#06_Bayonne

Sulla bancarella fuori dall'arena, prima dei Miura, per i colori.







#07_Madrid

Due maggio: l'attesa, l'ilusion e la miopia dell'aficionado.











#08_Arles

Ci piace per il toro che entra, impetuoso, nella muleta e nel campo visivo
e per l'ombra del torero, ferma e austera.






#09_Ceret

Perché rende bene l'idea della maestosità del toro di Ceret.











#10_San Sebastian

Il momento della verità, un solo istante prima.








(foto Ronda - cliccare sull'immagine per ingrandire)

domenica 28 dicembre 2008

Le foto del 2mila8




Prendendo spunto dall'amico Laurent che sul suo blog ha pubblicato un personale Best Off delle foto prese all'arena, dopo lunga e crudele selezione siamo pronti a presentare la nostra top five dell'anno prossimo a concludersi.
Ovviamente la scelta è stata condotta su criteri rigorosamente soggettivi: nei prossimi giorni metteremo su queste pagine le cinque immagini che a nostro avviso ci sono riuscite meglio, si sappia solo che ognuna di esse è nu pezz 'e core...quindi siate delicati nei commenti.

Nel frattempo, grazie all'insostituibile contributo del lettore viola, ecco come anticipazione un bel mosaico con alcune delle nostre fotografie del 2008.

(foto Ronda - elaborazione grafica Il Gigliato: cliccare sull'immagine per ingrandire)

mercoledì 24 dicembre 2008

Un buon 2009 (con i tori di Ceret)



Auguriamo a tutti quanti sono passati su queste pagine almeno una volta una buona fine ed un miglior inizio d'anno, sperando di rivedere i soliti amici sui gradini delle arene e di incontrarne di nuovi, sulla strada dei tori.

L'ccasione ci è gradita per la nostra personale e pagana annunciazione: le ganaderias di Ceret de Toros 2009

- corrida di sabato 11 luglio: tori di Manuel Assençao Coimbra (Portogallo) - encaste Parladé/Tamaron/Conde de la Corte

- novillada di domenica 12 luglio: novillos di J. Sànchez Fàbres (Salamanca, Spagna) - encaste Coquilla, uno dei rami Santa Coloma

- corrida di domenica 12 luglio: tori di Celestino Cuadri (Huelva, Spagna) - encaste Santa Coloma

Un buon 2009.

lunedì 22 dicembre 2008

Il toro Civilon (II)


La storia di Civilon prosegue.
L'epilogo lo lasciamo alla penna di Max David, che nel suo Volapié ce lo racconta con la solita prosa fluida e romantica.

"Quando Civilon ebbe fatto i quattro anni ed i quattrocento chili decisero di mandarlo a Barcellona, dove c'era una corrida. Civilon era bello, grosso, forte, potente e se non fosse stato per il suo carattere lo avrebbero forse inviato ad una plaza più importante, a Madrid, a Siviglia; ma si temeva che Civilon, sempre per quel suo carattere, avesse poca voglia di combattere.
Lo misero dunque in uno dei soliti cassoni e lo spedirono a Barcellona.
Con lui partì anche il capo dei bovari, il mayoral, tutto vestito alla campagnola, che questa è l'uniforme dei bovari quando vanno a vedere giostrare i loro tori. Il mayoral è qualcosa come il maggiordomo dell'allevamento o, per dir meglio, come il caporazza negli allevamenti dei purosangue.
Conosce genealogia, carattere, attitudini, preferenze, infermità, tare e capacità di ogni riproduttore e di ogni fattrice; conosce per nome e per numero ogni capo di bestiame.
Anche i tori lo conoscono e lo rispettano e da lui, qualche volta, si lasciano avvicinare.
Civilon toccò in sorte ad un espada che si chiamava Luis Gomez, el Estudiante.
Appena gli aprirono la porta dello stallo Civilon si buttò nell'arena ed ebbe inizio quello che doveva essere uno dei più memorabili tornei della storia taurina.
Civilon, instancabile, veemente, potentissimo si lanciò contro la gente a piedi, poi contro quella a cavallo (di cavalli ne stese non pochi); l'arena ammutolita seguiva la lotta disperata di quel toro che era il più bravo, il più audace di quanti se ne fossero visti fino allora.
Il mayoral seguiva con gli occhi il suo toro e gli veniva quasi da piangere per l'entusiasmo e la commozione.
Col cappello largo abbassato sulla fronte, gli occhi infilati nei buchi della barriera per non farsi vedere, al bovaro, assicurarono poi i presenti, gli veniva da piagere e da urlare: Civilon, Civilon de mi alma, alma de Dios, torito de mi alma...
Quando el Estudiante aprì la muleta il silenzio dell'arena divenne ancor più profondo.
Il toro, sanguinante per le banderigle, dilaniato dalle picche, ma ancora potente, non cessava di caricare, inesausto.
Allora avvenne quel che ora dirò, con la preghiera di essere creduto: il silenzio della plaza fu improvvisamente solcato da un urlo tremulo, quasi angoscioso.
Il mayoral non s'era potuto trattenere.
Civilooon, Civilooon, stava chiamando...
Civilon si fermò d'un tratto; alzò la testa, mosse solo un poco i ventagli delle orecchie.
Non ricordava bene. Quella era una voce che a Civilon diceva qualcosa, una voce che gli riportava alla memoria confuse visioni di campi pingui d'erbetta e di lunghe corse verso le sorgenti e di aurore opache di nebbia e di brina e di risa e di canti di bambini...
Però non ricordava bene; solo gli sembrava di sentire negli zoccoli il fresco della guazza e sulla testa uno scroscio di pioggia settembrina.
Si avvicinò trottignando alla voce che lo faceva sognare e allora avvenne questo: che il mayoral saltò nell'arena, e sollevando verso il Signor Presidente il suo cappello largo, chiese che a Civilon fosse risparmiata la vita.
Il che fu concesso e toro e bovaro uscirono insieme dall'arena."


(disegno di Isa Husson, di cui abbiamo visto una bella esposizione in agosto a Dax)

domenica 21 dicembre 2008

Il toro Civilon

Questa storia va raccontata, anche se non è certo fin dove arrivi la cronaca e dove inizi la leggenda, e su questo sottile crine è in compagnia dei mille altri racconti che popolano la storia della corrida.

Civilona era una vacca che viveva nella tenuta salmantina di Juan Cobaleda: come è tradizione, i vitelli che diede alla luce presero nomi derivati dal suo.
Civilero, Civilito, Civilin, Civil e Civilon.
Come capita al toro bravo venne il giorno per ognuno di loro di lasciare il campo ed entrare in un'arena, a combattere e rinnovare ancora una volta la secolare battaglia con l'uomo.

I figli di Civilona fecero onore ai geni e alla bravura, eccezionali disarcionarono i picadores e mangiarono la muleta che il torero metteva davanti ai loro occhi.

L'ultimo dei cinque destinato a lasciare i pascoli della ganaderia, Civilon, fu venduto per una novillada a Valencia: sarebbe caduto là.
Ma in uno dei frequenti combattimenti tra tori che ritmano le stagioni nelle tenute e che segnano di rughe i volti dei ganaderos, Civilon fu ferito da un altro novillo, il collo trafitto da un corno.
Due mesi durarono le cure.
E in questi due mesi furono tante le volte in cui la figlia del ganadero, una bimba di sette anni di nome Carmelina, accompagnò il padre e i veterinari da Civilon.
Li guardava medicare la ferita preoccupati, silenziosamente li osservava muoversi cauti intorno a quel corpo di muscoli e corna , guardinghi, pronti a mettersi al sicuro.
Restava lontano, Carmelina, perché così le diceva il papà conscio dei pericoli della vita al campo, restava lontana ma passavano i giorni e lo sguardo di quel toro le era sempre più familiare, vicino, quasi amico.
Finirono le cure, Civilon tornò a pascolare in attesa che don Cobaleda lo destinasse ad una nuova arena.
Carmelina tornava ugualmente a trovare il toro, ormai abituata al suo profilo, ogni volta più vicina che tanto il papà ora si preoccupava di altro.
E così un giorno fece uno di quei gesti che per i bambini sono del tutto naturali, guidati da una logica particolare che risponde alle leggi dell'innocenza e della spontaneità, ma incomprensibili alle categorie degli adulti.
Civilon pascolava a una trentina di metri da lei e la bimba, serena, prese a chiamarlo: Civilon, Civilon, vieni qui, Civilon.
Il toro alzò la testa e le corna si protesero a sfidare il cielo.
Civilon, Civilon.
Gli occhi dell'animale erano fissi sulla bambina, vestita di bianco nel mezzo del verde della ganaderia.
Subito un pastore, nei paraggi, gridò a Carmelina spostati, vieni via da lì, il toro ti attaccherà.
Ma Carmelina aveva occhi solo per Civilon, vieni Civilon, vieni che ti curo anch'io.
E a quel punto e per una volta sola qualcosa si ruppe nel secolare rapporto tra uomo e toro, qualcosa ribaltò tradizione e istinto, confuse e neutralizzò l'annosa sfida della ragione alla forza bruta: forse incredulo di sé, o forse arreso a tanta innocenza, Civilon percorse lentamente quei trenta passi e arrivò da Carmelina, abbassò la testa e si fece accarezzare, mentre quella gli sussurrava come sei bello Civilon, come sei bravo Civilon.
Lì nella campagna di Salamanca, nella tenuta di Cobaleda, la bimba stava lisciando con la mano il collo del toro Civilon, i cui fratelli avevano mandato per aria cavalli e picadores, un toro da combattimento.
Lo accarezzano poi i fratellini di Carmelina, lo avvicinarono il mayoral e i pastori, i propietari degli allevamenti vicini, e tutti coloro che venivano a vederlo, attratti dalla straordinaria notizia che presto si diffuse in tutta la regione.
Lo accarezzò anche Juan Cobaleda, un'ultima volta: Civilon dopo qualche tempo fu venduto all'impresa di Barcellona, annunciato per la corrida del 28 giugno di quel 1936.
Il giorno in cui lo imbarcarono Carmelina pianse e sospirò, chiedendo e gridando che non se lo portassero via.
Civilon partì per Barcellona e tutto tornò come era, prima che una bambina di nome Carmelina lo chiamasse per accarezzarlo.

- la storia di Civilon è ripresa da diversi blog e siti, tra cui Campo Charro e Don Miguel -

(foto Ronda: un Hernandez Plà a Ceret, immagine oggettivamente un pò ritoccata)

sabato 20 dicembre 2008

Anche l'uovo di Pasqua



Proseguiamo la nostra battaglia contro il cattivo gusto segnalando questa volta, sorte toccata già a quella di Siviglia, l'affiche della feria di Pasqua di Arles per il 2009.
E' un uovo di Pasqua, e a questo punto per fortuna che la feria non cade nel ponte dei morti.

Il comunicato ufficiale pubblicato sul sito ci informa che l'opera è a firma dell'artista californiano Mark Alsterlind e che la forma festiva dell'uovo si combina con l'ovale dell'arena (!) per un'affiche che concilia tradizione e modernità.

Abbiamo cercato qualche notizia su questo Alsterlind, per Wikipedia è uno perfetto sconosciuto visto che né la pagina in italiano né soprattutto quella in inglese gli dedicano nemmeno una riga.

Avanti il prossimo, il 2009 parte bene.

venerdì 19 dicembre 2008

Annunciaziò, annunciaziò


Non si sa bene come interpretarla: sensazionalismo, esigenza di rilanciarsi, folgorazione sulla via di Damasco, valor sereno, maturità, operazione commerciale, un insperato regalo agli aficionados...

Di sicuro la notizia ha quasi dell'incredibile.

L'anno prossimo a Siviglia la corrida di Victorino Martin sarà un mano a mano tra El Cid e...Morante de la Puebla!

Lo annuncia Mundotoro, con i commenti di Victorino jr.

(foto Mundotoro: Victorino Martin, El Cid e un Morante de la Puebla forse inconsapevole)

lunedì 15 dicembre 2008

Una foto di Esplà


E' di Juan Pelegrin, in arte Manon.
Ha una bella faccia Esplà, con quelle rughe sicure a convergere negli occhi neri.
Ha un bel sorriso, Esplà, un bel sorriso sincero.
Chiude l'anno prossimo, dopo trent'anni e passa a combattere tori duri e selvaggi tra Las Ventas e Ceret.

"Non credo al coraggio. All'inizio ti metti davanti a un toro per l'ideale. E' questo che ti rende temerario i primi anni. Dopo acquisisci una tecnica, una condizione fisica, una morale individuale.
Il coraggio è una finzione.
Non c'è che una sola cosa per la quale i toreri sono diversi e degni di ammirazione.
Ci sono diverse categorie di paura.
Una è dettata dall'istinto di conservazione, che appartiene ad ogni essere vivente.
Per questa abbiamo tutte i palliativi richiesti, la tecnica per esempio.
Altre paure sono generate dal toro.
Davvero, quando sei nella tua camera e ti ricordi del toro, i battiti del cuore accelerano.
Le altre sono le paure razionali, le creiamo noi stessi e nascono dentro di noi.
E' la paura del ridicolo, del fallimento, paure alle quali non esiste risposta.
Quando entri in un'arena come quella di Madrid, queste paure si impossessano di te come i nani di Gulliver.
E lì che i toreri sono diversi, per il fatto di non lasciarsi paralizzare dalle paure.
Appena entrato il toro, la paura svanisce e sei pervaso da un'agilità mentale sensazionale, riflessi, intuizione, tutto e tutto.
E' in questo che io garantisco che i toreri sono diversi da tutti i mortali."

- da Des Taureaux dans la Tete di François Zumbiehl (ed. Autrement) -

sabato 13 dicembre 2008

Vic Fezensac, l'anno prossimo


Siamo nel pieno del periodo in cui le imprese vanno al campo, nelle ganaderias, a vedere e selezionare i lotti di tori per le ferias dell'anno prossimo.
Così già si conoscono gli allevamenti per Pamplona (con Miura, Dolores Aguirre, Cebada Gago tra gli altri), Siviglia con il solito dominio domecq e le novità Jandilla, Fuente Yimbro e El Pilar, e ancora Castellon, Valencia, Vitoria, Azpeitia.

Per gli aficionados questo è il tempo del riposo e della noia anche, si sistemano i taccuini con gli appunti presi all'arena, si sleggono libri e riviste, si guarda qualche video, si dibatte nei club...ma le commissioni taurine e i responsabili delle imprese sono febbrilmente al lavoro: c'è da prendere i contatti con i manager dei toreri, c'è da scegliere i tori per le corride, c'è da costruire le ferias.

La commissione di Vic Fezensac è ormai prossima a chiudere, con le ganaderias.
I nomi accreditati sono, come d'abitudine, altisonanti: novillada di Flor de Jara e corride di Fuente Yimbro, La Quinta e Escolar Gil più una corrida concorso, da sempre uno dei momenti più alti ed importanti di tutta la temporada francese, con Miura, Palha, Cuadri nei sei.

Flor de Jara non è altro che il nuovo nome dei Bucaré (*), ora di proprietà di Carlos Aragon Cancela, e che quest'anno sono usciti magnificamente in novillada a Ceret e Mont de Marsan.
Sangue santacoloma.
I La Quinta (*) e gli Escolar Gil (*) hanno ottenuto premi e riconoscimenti per la loro ottima stagione 2008, in particolare i secondi che hanno segnato la temporada con il livello e la continuità delle proprie corride.
Ma a suggestionare maggiormente è l'ipotesi di vedere una corrida di Fuente Yimbro (*) a Vic Fezensac: in questi anni i tori di Cadice si sono ritagliati il ruolo di ganaderia per figuras, sì, ma con forza e casta. Fino all'ottobre scorso quando per il solo di Perera (appunto) a Madrid, in sesta posizione è uscito un Fuente Ymbro che, a stare alle cronache, ha avuto più casta di tutti i Victorino del giorno dopo.
Quelli di Vic devono aver visto qualcosa, al campo, se hanno deciso di acquistare un lotto di questi tori per la loro feria: i Fuente Ymbro sono casta domecq (!), un sacrilegio per i toristi più integralisti vederli proprio a Vic, un'ipotesi quantomeno affascinante per tutti gli altri.

Vic Fezensac è con Ceret il santuario della tauromachia in Francia, qui si fanno le cose serie con tori duri, forti, con casta: la sua feria chiama a raccolta ogni anno migliaia di appassionati che qui cercano un combattimento vero, tori forti, picador leali.
Ne avevamo parlato a suo tempo, grazie al reportage scritto dal nostro inviato.
La feria 2009 sarà dal sabato 30 maggio al lunedì 1° giugno, se consideriamo che il 2 giugno in Italia è festivo...una trasferta a Vic è un bel modo per occupare il ponte.

(foto di François Bruschet per Campos y Ruedos: novillada a Vic Fezensac)

venerdì 12 dicembre 2008

Un pò meno buona



Dopo la bella sorpresa di sapere El Cid di fronte ai Victorino ad Arles, il lunedì di Pasqua, ecco che in piena linea con le spietate leggi di Murphy arriva a bilanciarla la notizia che nello stesso cartel sarà previsto...attenzione...Mehdi Savalli!

Ora, ogni aficionado dotato anche solo di un minimo buon senso e che abbia frequentato l'arena di Arles negli ultimi anni sa perfettamente che Savalli non ha ad oggi i numeri per affrontare gli albaserrada di don Victorino: non ci sono molte altre considerazioni da fare.

Un futuro radioso alle spalle, Mehdi nelle due ultime stagioni si è perso nell'affannata ricerca di un toreo di successo che ben presto è trasceso verso lidi fastidiosamente populisti.
Certo mal assistito dai suoi protettori, Savalli ha dilapidato in poco tempo il pur congruo credito di cui era arrivato a godere dopo un paio di stagioni da novillero a tratti anche esaltanti, e che avevano fatto entusiasmare anche noi.

Oggi il suo nuovo apoderado e da poco ex- torero Denis Loré sembra deciso a rimetterlo sui da lui presunti giusti binari: nel ragazzo vede tante potenzialità, come ha recentemente dichiarato.
Forse davvero Mehdi ha bisogno di qualcuno in grado di canalizzare ed ordinare la grande energia e fame di cui spesso ha fatto mostra, ma che lasciate a sé lo trascinano in prove a metà tra il circense e il rimpianto per quello che potrebbe essere ma non è.

Va bene, noi ovviamente auguriamo che il lavoro di studio e preparazione che i due stanno facendo nelle fincas di Salamanca porti presto i suoi frutti.
Ma onestamente, per ora metterlo a combattere quei tori sa di azzardo.

Poveri Victorino, commenta qualcuno, povero Mehdi qualcun altro.
Povero pubblico, i più realisti.

(foto Ronda: Mehdi Savalli al paseo nel giorno della sua alternativa, ad Arles nel settembre 2006)

giovedì 11 dicembre 2008

Sevilla 2009: l'affiche


Nel mondo dei tori evidentemente non si perde tempo.
Siamo appena a metà dicembre ed ecco che la Real Maestranza di Siviglia ha già selezionato l'opera che si farà carico di rappresentare l'intera stagione 2009.
Il dipinto, a firma di Manuel Salinas misconosciuto pittore sivigliano, a nostro modestissimo parere è semplicemente brutto: nella scala dei valori, solo un filino più dignitoso del toro trafitto di Barcelò per l'anno 2008, sinceramente terribile.

Nel 2006, anno della nostra partecipazione alla Feria de Abril e delle nostre due comparsate alla Real Maestranza (corrida di JP Domecq e di Parladé), le cose erano andate meglio: occorrerà tornare presto.

mercoledì 10 dicembre 2008

23



Quasi che anche l'aficionado stringa un rapporto particolare con il destino, e la sorte, e la morte, pari a quello del torero, la storia di Carlo Federico Aguire y Sanchez è di quelle che alimentano il mito e il fascino della tauromachia tutta.
A proposito di descabello, di cui si diceva un paio di giorni fà.

La Havana e San Sebastian sono divise da un oceano intero, di acqua profonda e di costumi mondani: la ricca ed elegante regina basca è per Carlo la porta per l'occidente, la scoperta dell'Europa.
Siamo nel 1923, Carlo è nato il 2 settembre dell'anno zero, esattamente ventitré anni fa dall'altra parte dell'Atlantico.
Ventitré anni da festeggiare, l'ardore giovanile che a fatica si reprime nella bella ma altezzosa San Sebastian che con le sue spiagge mondane e i boulevard sontuosi non è cornice adeguata per una festa da ricordare, magari anche un pò eccessiva, perché no.
Carlo si annoia presto, oggi c'è da celebrare il compleanno a dovere.
Ventitré, in Europa.

Con gli amici noleggia una macchina e passa dall'altra parte della frontiera: a Bayonne è in programma una corrida, l'hanno letto sul giornale.
L'auto fila veloce lungo la costa, sale l'eccitazione, la giornata si mette sui giusti e desiderati binari dell'evento da ricordare.

Bayonne è altra cosa rispetto a San Sebastian, l'arena si intristisce tra i palazzi quasi di periferia, ma oggi non conta.
Il gruppo si procura i biglietti, i posti sono in alto, là in alto nella loggia.
Va bene lo stesso.

No, non va bene.
Per Carlo oggi tutto deve essere speciale.
Bagarino, breve trattativa, mano al portafoglio.
Seggiolino in barrera, prima fila.
Un'occhiata al biglietto: è incredibile.
Il posto è il numero 23.

Decisamente, il caso a volte è uno sceneggiatore da premio Oscar.

Dopo una corrida non male durante la quale Chicuelo impressiona il pubblico, il fotografo al quinto toro immortala Antonio Marquez concentrato, qualche istante prima di affondare il descabello per finire il toro.
In un angolo della foto si scorge Carlo Federico Aguire y Sanchez sorridere in barrera, è il suo compleanno, è con gli amici in gita a Bayonne, la sera torneranno a San Sebastian, e la corrida è stata buona.

L'ultimo sorriso di una vita che era misura del secolo.
Antonio Marquez abbassa con forza il braccio, il toro di Saltillo risponde con un colpo di testa fulmineo, la spada non entra e schizza per aria, verso il pubblico.

La camicia di Carlo si macchia di sangue.
La spada ha scelto il suo cuore a capolinea, è conficcata lì.

Il 2 settembre 1923, seduto al posto 23 della barrera dell'arena di Bayonne, Carlo Federico Aguire y Sanchez chiudeva la sua vita con un rotondo 23, né un giorno in meno né un giorno in più, la lama di un torero spagnolo nel petto.

(foto dell'arena di Bayonne presa da Arenes, blog dell'amico Laurent)

martedì 9 dicembre 2008

Una buona notizia per Arles


Della presenza dei tori di Victorino Martin per la feria di Pasqua ad Arles si era già data l'anticipazione qualche tempo fà.
Oggi su Mundotoro (*) arriva la notizia che ne è il miglior complemento: nella terna dei toreri che affronterà la corrida ci sarà pure El Cid.

Che è senza dubbio il miglior specialista dei tori dalla A coronata di questi anni.
Sul sito della ganaderia si può leggere un esauriente resoconto degli incontri tra i Victorino Martin e il torero di Salteras, provincia di Siviglia: qui.

Sul sito ufficiale de El Cid invece, i video di due tardes historicas di fronte ai Victorino: la Puerta del Principe a Siviglia con Borgones, il toro della feria, e soprattutto il suo solo a Bilbao, probabilmente due fra i più alti momenti in assoluto della stagione 2007.

(la foto è Laurent Larrieu per CyR, El Cid a Bilbao l'anno scorso)

lunedì 8 dicembre 2008

Sul descabello di un tempo



Descabello
: colpo di grazia assestato con il verdugo, spada appositache termina con un piccolo fermo orizzontale. Per estenzione è divenuto il sinonimo di verdugo.

(da La Tauromachie - HIstoire et dictionnaire, ed. Robert Laffont)


Ultimissimo atto della lidia, quando necessario, il descabello ha assai poco a che vedere con le fasi e le azioni che l'hanno preceduto: né arte né ispirazione né coraggio, il descabello ha per scopo di terminare velocemente l'agonia del toro ormai già ferito a morte.
E' il definitivo moto di rispetto del torero al suo avversario.

Una volta assestata la stoccata letale, se il toro rimane in piedi è al maestro che tocca di finirlo con il descabello. "Egli impiega, per lo scopo, il descabello. Il descabello è impartito con la spada o la puntilla. Il modo più sicuro di descabellar consiste nel cercare, con la punta della spada, l'origine della corna e di spingere fortemente per passare tra le due prime vertebre. La morte è istantanea"
Così recitava il trattato La tauromachie moderne di Leconce André, pubblicato nel 1913 a Nimes.

Oggi sappiamo che tocca al maestro il descabello quando il toro rimane in piedi e a un peone invece la puntilla quando questi invece si accasci, una volta portato il colpo di spada.
E soprattutto sappiamo che per il descabello il torero non usa né la puntilla né soprattutto la spada: ma fino al 1936 il descabello era portato con la spada ordinaria.
Quella stessa, affilata e letale, usata qualche istante prima per la stoccata.
Il problema era che il toro in un ultimo sussulto poteva assestare una frustata con il collo che non di rado respingeva e addirittura faceva volare la spada che lo stava finendo.

Ci furono addirittura degli incidenti mortali.
Nel 1915 la spada di Joselito schizzò fino ai gradini dell'arena dove uccise uno spettatore, ironia della sorte proprio un amico dello stesso torero.
Analogo il caso di Manolo Martinez, che nel '30 a Tortosa provocò così la morte di un aficionado seduto in tribuna.
A Bayonne un'identica tragedia pose fine, nel 1923, alla giovane vita di uno spettatore che finì con la spada di Antonio Marquez nel cuore, proiettata lì dall'ultimo colpo di testa del toro.

Ma l'incidente che segnò la svolta accadde il 6 agosto del 34, a La Coruna: la lama di Juan Belmonte, sfuggita al suo controllo dopo che il toro l'aveva respinta furiosamente con uno scatto del collo, attraversò il petto di uno spettatore e la coscia di un giornalista, l'uno all'altro accanto sui gradini.
Ignacio Sanchez Mejias (*) il giorno dopo dichiarò che da quel momento avrebbe portato il descabello con l'arma fissata al polso.
Fu ferito mortalmente nell'arena l'11 agosto, quattro giorni dopo, morì il 13 senza aver potuto realizzare questa idea di rendere più sicuro il momento terminale dell'uccisione.

La sua idea fu subito abbandonata, troppo pericolosa per il torero, e si arrivò dunque alla spada a cruceta di Vicente Pastor che da quel momento, con il fermo orizzontale (la piccola croce) in prossimità della punta, divenne l'arma definitiva per il descabello.
Di fatto, quella che i toreri utilizzano ancora oggi.

- la gran parte delle notizie di questo articolo sono tratte da Toros 1839 -


(foto Ronda - El Cid al descabello, a Siviglia il 25 aprile 2006 con tori di Juan Pedro Domecq)

mercoledì 3 dicembre 2008

Il toro è un animale selvaggio




"Bisognerebbe fare un elogio circostanziato del toro selvaggio, o piuttosto dello stato selvaggio del toro da combattimento, se questo non sembrasse inutile sia presso coloro che considerano il toro come una priorità, che non hanno bisogno di essere convinti, sia presso coloro che hanno calato le braghe in favore di un animale spalla di cui già si è detto tutto.
Contentiamoci di ricordare che è la natura selvaggia del toro da combattimento che sta all'origine della corrida, e di affermare che ne rimane il fondamento. (...)
Il torismo non è attaccarsi a delle etichette, a dei nomi, è semplicemente riferirsi a una certa concezione del toro da combattimento mettendolo al centro della corrida, da ovunque esso arrivi.
Non per assegnargli un posto privilegiato rispetto a quello del torero, perché le regole del gioco vogliono che sia l'uomo che esca vincitore (sono gli avversari della corrida che vogliono il contrario), ma per dare un senso a questo combattimento.
Il toro non è, per natura, un animale domestico come il cane, il cavallo o il gatto.
E' un animale selvaggio che il torero deve affrontare.
E a volte, negli allevamenti, si incontra un toro che il tempo ha addomesticato: è fastidioso e penoso da vedere."

- dall'editoriale Le toro est un animal sauvage di Manolillo, apparso su Toros 1839, del 17 novembre -

(foto Ronda: Tomizo di Hernandez Plà a Ceret, il 13 luglio)

domenica 30 novembre 2008

Palmares 2008

Come è tradizione di fine anno di club, blog e associazioni di vario tipo, ecco anche Alle cinque della sera assegnare i propri premi per la temporada ormai conclusa.

Abbiamo partecipato a 18 tra corride e novilladas, 7 le plazas de toros visitate: Arles (5), Madrid (2), Ceret (3), Bayonne (1), Dax (3), San Sebastian (1), Nimes (3).
Certo, i numeri non sono granché e di conseguenza non sono molti gli elementi per farsi un giudizio preciso, ma tant'é: l'aficion è un mestiere difficile e soprattutto costoso, quando sei italiano...

Questi i nostri giudizi, che si riferiscono dunque esclusivamente alle corride viste dal vivo.

Toreri

Un nome su tutti: El Fundi. Di fronte ai Miura di Arles soprattutto, e poi anche a quelli di Bayonne, ha dimostrato professionalità e serietà, disposizione e tecnica, coraggio e verdad.
In ogni occasione vero direttore di lidia sempre generoso di consigli e attenzioni per i suoi più giovani compagni di cartel, si è dimostrato torero impeccabile e completo nei tre atti.
Con la spada l'iabbiamo visto regolare, preciso e senza compromessi: probabilmente il miglior matador del circuito, nel senso più puro del termine.
Se pensiamo alla definizione di torero, per l'accezione semantica ma anche ontologica, nessun altro in questo momento la evoca e la incarna quanto El Fundi: per quanto visto è lui il torero della stagione 2008. Sì, El Fundi è un torero.
El Juli per la sua incredibile performance di Nimes, pur con tutti i limiti che la corrida ha avuto e di cui si è già detto, meriterebbe un capitolo a parte e un omaggio particolare: ma nell'economia della stagione (limitatamente alle nostre esperienze dirette all'arena) rimane un gradino sotto al El Fundi. Eccelso a Nimes, è stato discreto ad Arles e pallido (questo è un eufemismo) a Dax.
Certo, l'encerrona di Nimes rimane per impatto emotivo e mostruosa dimostrazione di tecnica e poder, il pomeriggio dell'anno.


Tori


I Miura di Arles e i Bucaré di Ceret le due corride del 2008 (novillada la seconda)
Due encierros completi: i Miura di Pasqua lunghi e forti, difficili, sempre sul chi vive i tre toreri che hanno dovuto sudare parecchie camicie per venirne a capo; i Bucaré agili, enormi per essere novillos, con la bravura del sangue santacoloma e una nobiltà imprevista e sorprendente.
Dovendo menzionare il toro dell'anno direi Silleto di Miura (4°, Bayonne) e un novillo, Corsito di Bucaré, sorteggiato per primo la mattina del sabato di Ceret: una furia all'uscita, forte al cavallo nelle tre picche, capace di dare gioco alla muleta. Tra i due, meglio il secondo.
Rimane il rammarico per aver visto poco, tre su sei, e male sotto un diluvio impetuoso, i Prieto de la Cal di Ceret: magnifici per bellezza e selvaggi all'ingresso, le condizioni apocalittiche del tempo hanno impedito ai toreri di metterli in luce e (mal) consigliato al presidente di annullare la corsa al terzo toro.

Faena

Senza dubbio El Juli ha regalato a Nimes le due faenas dell'anno, al 4° e 6° toro: rispettivamente due orecchie e due orecchie e la coda. Rimarrà nella (nostra) memoria il confronto con Agualimpia, il quarto toro del pomeriggio, per il dominio totale e la profondità assoluta di ogni passo, a destra come a sinistra.
Un toro fino a quel momento insapore trasformato in un animale da combattimento dal lavoro di un torero che non ha pari in quanto a conoscenza, tecnica e potenza.
La faena del 2008.
Una menzioneè doverosa pure per quella di Juan Bautista a San Sebastian, in agosto.

Tercios

Il miglior lavoro con la capa di tutto l'anno è senza ombra di dubbio proprietà ancora de El Juli, che nel suo solo ha deliziato il pubblico con quites classiche (veroniche, chicuelinas) e con altre sorprendenti, sconosciute, effimere ed irripetibili gemme di sensibilità e tecnica.
I picador che ad Arles hanno affrontato i Miura, i sei di Fundi, Rafaelillo e Vara, sono usciti tra gli applausi: merce rara, e per questo ancora più preziosa.
I toreri banderilleros che abbiamo visto non hanno particolarmente brillato, e le due miglior paia della stagione le ha offerte invece Curro Molina della squadra di Castella: a Madrid, di fronte al 6° Vladefresno del 2 maggio, due pose secche, precise, in mezzo alle corna e uscendo al passo.
Infine, la stoccata dell'anno è da dividere tra il recibir de El Juli a Nimes, al quarto, e la cannonata di Rafaelillo al secondo Miura ad Arles, con il torero che non ha rinculato ed è rimasto in mezzo alle spaventose corna, finendo presto a terra dopo un vis-à-vis letteralmente letale: probabilmente una posa non impeccabile, ma da ricordare per l'assoluta sincerità.


In sintesi, quindi, ecco il nostro personale palmares per la stagione conclusa:

Torero dell'anno: El Fundi
Miglior corrida: Miura, Arles
Miglior novillada: Bucaré, Ceret
Miglior toro/novillo: Corsito di Bucaré, Ceret
Miglior faena: El Juli, ad Agualimpia (4°) di Daniel Ruiz, Nimes
Miglior quite: El Juli a Nimes, in tutti i sei tori
Miglior tercio de banderillas: Curro Molina della cuadrilla di Castella, 6° Valdefresno a Madrid
Miglior stoccata: Rafaelillo, Arles, 2° Miura

(foto Ronda: El Fundi a Bayonne, il 9 agosto; Corsito di Bucaré a Ceret il 13 luglio)

sabato 29 novembre 2008

Il sindaco allevatore

Nel cuore della Comunità di Castilla y Leon c'è un paesino chiamato Cubo de Don Sancho.
Sulle sue terre c'è un allevamento di toros bravos, nella ganaderia c'è una placita de tienta e il mayoral si prende cura dei tori dalla loro nascita all'epilogo della corrida.
Fin qua tutto normale, dunque.
E' la Spagna profonda, d'altronde.
Ma a rendere del tutto straordinaria la storia del Cubo è un fatto incredibile: i tori sono di proprietà degli abitanti, il mayoral è dipendente comunale e ad assistere alla tienta c'è tutto il consiglio comunale.
Cubo de Don Sancho è il primo Ayuntamento ganadero, Comune allevatore, di Spagna.

Di questa singolare e romantica vicenda hanno già parlato Terres Taurines (opus 13, luglio 2007) e Toros (n° 1832, luglio 2008), evidentemente attratti da una sceneggiatura tanto originale che un qualche regista hollywoodiano potrebbe facilmente trasformare in un blockbuster.

Facciamo un passo indietro.
A ovest di Salamanca, a pochi km da Ciudad Rodrigo, il Cubo è un modesto paese di circa 600 abitanti: la storia del villaggio è storia di facoltosi marchesi, fatiche contadine e caldo secco; alla fine degli anni 50 i gioielli di famiglia sono due scuole, due sale da ballo, due automobili e tre moto, centonovantacinque motorini e due mulini per la farina.
Politicamente, il Cubo è da sempre una roccaforte socialista in una regione saldamente conservatrice e a destra.

Sarà per i geni dell'inclinazione al collettivismo e alla proprietà pubblica, forse, che un bel giorno della primavera 1985 un centinaio di abitanti scrive un cartello e sotto vi si raccoglie: il paese vuole le terre.
Una Fondazione locale aveva messo in vendita, per finanziare le proprie opere, una tenuta che poggiava sul territorio comunale.
Non c'era un soldo in cassa, ricorda Nicasio Cid il segretario del sindaco di allora: ciononostante, e non senza un colpo di scena gustoso, il Comune riesce ad aggiudicarsi dopo un'asta sofferta la finca di Rollanejo.
877 magnifici ettari ai bordi del fuime Huebra, e 65 milioni di pesetas da pagare.

Il leniniano che fare? deve essere risuonato più volte nei bar, nelle case, nei luoghi pubblici del Cubo, dopo l'asta.
Un primo e democratico tentativo di destinare a pascolo ed allevamento delle bestie da carne degli allevatori locali gli spazi del Rollanejo, sotto la gestione delle due Società Agrarie pubbliche create per acquistare la tenuta, fallisce velocemente.
Sono gli anni dell'ingresso della Spagna nel Mercato Comune, i controlli sui bovini si fanno sempre più rigorosi, il prezzo della carne crolla: gli allevatori ritirano le bestie dalla finca.

Nel 1987 diventa sindaco Pedro Moro: i suoi racconti trasudano la sofferenza e la difficoltà di quel periodo. Cosa fare della finca, ora che è di proprietà del Comune ma che non si riesce a mettere a reddito?
Fu il consiglio comunale a prendere la storica decisione, in quell'anno: sui terreni della tenuta sarebbe stato portato del bestiame bravo!
E' proprio il sindaco a ricordare: "Abbiamo cominciato con molta apprensione...un Comune ganadero, non si era mai visto! Ma al Cubo siamo circondati da ganaderias: Dionisio, Antonio Perez, El Viti, Domingo Hernadez..."

Il capo è doppiato.
Cominciano i contatti, le ricerche, l'organizzazione prende forma.
Fino ad arrivare al 1992, anno in cui il Comune acquista da Hermanas Delgado Azqueta 62 vacche e uno stallone, e qualche anno dopo un'altra quarantina di capi della linea Raboso-Aldeanueva.
L'ayuntamento raggiunge e si iscrive all'associazione dei ganaderos (*): il ferro con la A e la R (Ayuntamiento - Rollanejo) può essere presentato in corrida.
Da quel giorno le cose iniziano a farsi serie: notti in bianco, lavoro volontario, sacrifici.
Agli inizi, quando l'investimento e il progetto sembravano più visionari che altro, le opposizioni erano tante, in consiglio comunale e tra i cittadini: ma presto la ganaderia va in utile, permette al Comune non solo di pagare l'acquisto della terra ma pure porta profitto...da quel momento la tenuta diventa a tutti gli effetti patrimonio collettivo e indiviso.
Rollanejo, dove pascolano tori per la corrida e maiali per il prosciutto, è di proprietà comune: è frequentata da pescatori amatoriali, famiglie con bambini per un pic-nic la domenica, ragazzi e ragazze che vengono a nuotare, aficionados e appassionati, curiosi che arrivano dai paesi vicini.
Tutto il Cubo se ne sente propietario, se ne fà carico, ci si affeziona.
A Rollanejo viene costruita un'Aula della Natura, capace di accogliere per la notte fino a 48 bambini: le scuole dei dintorni programmano qua escursioni e gite per portare i piccoli scolari a contatto con la natura e con gli animali, con la vita di una finca.
E' una possibilità che si dà ai bambini della città di venire a sperimentare dal vivo la vita della campagna, il lavoro al campo, le leggi naturali che regolano la convivenza degli animali, il rispetto degli equilibri ambientali.
L'Aula de la la Naturaleza ha creato un posto di lavoro, al quale si aggiunge quello del mayoral della ganaderia, che è un incarico municipale.
Il mayoral al Cubo è un posto pubblico.

Anni di duro lavoro, di selezione, di passione.
I tori marchiati AR piano piano si fanno una reputazione: le novilladas di Rollanejo sono spesso al cartel nella regione madrilena, per la bravura espressa dai tori e per l'emozione che questi riescono a portare, e sono pagate bene.
Il segretario del sindaco ormai decaduto Pedro Moro, Nicasio, è rimasto per occuparsi dei tori: le tientas sono rigorose e la selezione risparmia solo le vacche che davvero lo meritano.
Al Cubo si cerca un toro selvaggio, che si impieghi bene al cavallo: nella placita della finca sono i giovani toreri regionali a farsi vedere, e una volta pure El Cid è venuto a tientar.

Oggi, finito di pagare l'operazione finanziaria per l'acquisto, la ganaderia porta degli utili nelle casse del Comune: dopo i trasferimenti statali, è la seconda entrata per il Cubo.
Con i benefici dell'attività ganadera, il Comune ha costruito tra le altre cose un centro polifunzionale ed un ritrovo per anziani.

Torniamo all'inizio.
Il Cubo de Don Sancho è il primo comune ganadero di Spagna.
I tori sono di proprietà comunale, il mayoral è un impiegato pubblico, e i consiglieri comunali siedono sui gradini della placita per approvare le scelte di Nicasio.

Gli abitanti del comune, quando i tori con la AR sul fianco combattono nei paraggi, affittano un paio di pullman e vanno alla corrida.
E' un paese intero, che combatte.

mercoledì 26 novembre 2008

La torera gigliata


Proseguiamo decisi con il mood campanilista, quasi avessimo scoperchiato un vaso di Pandora con sorprese impreviste e continue.

Un gentile lettore ci ha segnalato la pagina web di Eva Florencia: che non solo ha un soprannome evocativo ed aggraziato, ma anche ha una caratteristica che la rende unica.
E' la prima torera italiana.
Una sorta di anormalità al quadrato.


Eva Bianchini di Firenze legge Morte nel Pomeriggio e ne rimane affascinata, visita una prima volta l'Andalusia e vi fà ritorno scappando da casa giovanissima: il suo sogno è fare la torera.
Nei primi anni di questo decennio, una volta stabilitasi nel sud della Spagna, comincia a frequentare una scuola taurina e presto debutta come novillera.
La sua serata alla Real Maestranza nel 2001 avrà un'eco anche sui nostri maggiori quotidiani: Repubblica e Corriere.
Debutterà con picadores nella provincia di Huelva il 31 agosto del 2002.

Da Portaltaurino non si hanno nuove di Eva Florencia (*) succesive al 2004: ci sembra ricordare la notizia del suo ritiro letta recentemente da qualche parte ma non ne siamo sicuri, e in ogni caso le avevamo dato scarsa importante.

Quella di Eva Bianchini è una storia curiosa, non c'è che dire, che sarebbe interessante poter approfondire: proveremo a farlo.

(a vantaggio dell'affezionato lettore viola, avaro di commenti in questo ultimo periodo, ecco una foto tratta dal sito di Eva che dovrebbe incontrare i suoi gusti)

lunedì 24 novembre 2008

A Genova



E' ancora Marc Thorel, presidente dell'UBTF, che ci invia questa affiche di una curiosa corrida romana che ebbe luogo a Genova nel 1913.
Erano in programma i butteri più forti del mondo, a leggere la locandina.

giovedì 20 novembre 2008

Il futuro dei Miura




Quello più prossimo si sta definendo in questi mesi, forse in queste settimane: siamo nel periodo in cui le varie piazze contrattano con i ganaderos l'acquisto dei lotti di tori per le ferias dell'anno dopo.

Miura dunque per la feria di Pasqua sarà ad Arles.
Insieme ai tori sivigliani saranno sulla sabbia provenzale anche i Victorino Martin: le due sole ganaderie capaci di riempire un'arena con il solo loro nome, con ogni probabilità anche le più care in assoluto.
Una buona notizia, non c'è che dire.

Sul futuro più lontano ce n'è invece una decisamente meno buona , insinuatasi su alcuni blog e forum frequentati da aficionados, e che vuole invece che Miura abbia deciso di creare una linea di tori mischiando il sangue tradizionale e mitico dei suoi animali con del sangue domecq.
Per sintetizzare, addolcire le asperità caratteriali e fisiche che hanno fatto la storia e la leggenda dei Miura attraverso un incrocio con tori tradizionalmente più collaboratori e comodi.
La maggior parte dei capi rimarrebbe consanguinea, ma a questi si aggiungerebbero i meticci frutto dell'incrocio.

Prendiamo la clamorosa soffiata con beneficio di inventario, e stiamo a vedere.

La foto qua in alto ritrae un Miura all'arena di Beziers, qualche anno fà: si commenta da facilmente da sola.

(foto presa dal sito dell'Arena di Beziers, qui)

martedì 18 novembre 2008

Mezz'ora con El Juli


Dopo la sbornia campanilista degli ultimi articoli torniamo alla tauromachia forestiera e soprattutto attuale.

La nuova puntata di Signes du Toro, in onda da sabato scorso, è quasi interamente dedicata alla corrida di Nimes de El Juli: si può vedere anche online qui.

A corollario e completamento, l'équipe della trasmissione ha reso disponibilii ai navigatori i migliori momenti delle genitrici Face au Toril e Tercios dedicati al torero madrileno: qui.

(foto Ronda - dettaglio dell'esposizione a Nimes per il decennale dell'alternativa de El Juli)

domenica 16 novembre 2008

La corrida in Italia (epilogo)



Nell'ultimo capitolo del testo di cui abbiamo trattato in questi post, l'autore Giorgio Ponticelli ci riferisce degli ultimi e più recenti tentativi per reintrodurre la corrida nel Belpaese.
Ma nell'Italia Repubblicana ogni sforzo si arena contro ostacoli insormontabili, di natura non solo legale.

La delegazione spagnola al Festival del Cinema di Venezia del '56 fece un tentativo per organizzarne una sul Lido, senza successo.
Luis Miguel Dominguin, conosciuto in Italia per le sue frequenti apparizioni sulla nostra stampa rosa, dichiarò (era il 1972) che sarebbe venuto a toreare a Verona, sulla sabbia dell'Arena.
Una decina d'anni dopo, un impresario privato di Napoli si vide bloccare la propria iniziativa.

Nel 1985 a Venezia sembrava fosse la volta buona: un'associazione culturale lagunare ottenne l'approvazione del Comune per organizzare in occasione del Carnevale di quell'anno un ciclo di tre corride.
Ne parla il Corriere della Sera, nell'edizione del 5 gennaio: "Tre spettacolari corride, successive l'una all'altra, i primi giorni del carnevale (9, 10, 11 febbraio) inaugureranno in modo eccezionale e inedito la grande festa veneziana. La notizia è ufficiale. Una plaza de toros prefabbricata, in legno e acciaio, da duemila posti con una pista di 40 metri di diametro, sarà importata direttamente da Madrid (...); undici tori andalusi, di razza Miura, potenti e aggressivi, pelo nero e occhi rossastri (...); undici toreadores tra i più esperti e pure una donna torero, della stessa scuola, scenderanno nel'arena per un carosello vertiginoso durante il quale opporranno alla furia degli animali il mestiere, l'abiltà e l'eleganza dei toreri"
Le corride previste avevano un'unica regola: non una sola goccia di sangue si sarebbe dovuta versare, il toro non avrebbe dovuto essere né ferito né ucciso.
Uscito l'articolo sul Corriere, la reazione delle associazioni animaliste fu furiosa (arrivò fino al Papa sottoforma di lettera-petizione) e fece breccia nell'opinione pubblica non solo veneziana.
Risultato, il Comune fece marcia indietro e il 13 gennaio i quotidiani annunciavano che il progetto veniva definitivamente ritirato.
Niente Miura in Italia.

Ma nell'estate del 1994 fu un'autentica bomba quella che deflagrò sulla stampa, in realtà più su quella spagnola che su quella italiana: qui un articolo sul Corriere di quell'anno.
Si trattava dell'emanazione del decreto legislativo 480 del 13 luglio, che di fatto abrogava una serie di articoli del Testo Unico di Pubblica Sicurezza.
Due di questi interessavano anche la corrida:
- la Legge Reale del 18 giugno 1930 (art. 70) che vietava tra le altre le manifestazioni che infliggono sevizie agli animali.
- la Legge Reale del 6 maggio 1940 (art. 129) che specificava quali fossero le suddette manifestazioni, e tra esse pure la corrida.

Vale la pena a questo punto tradurre e riportare pari pari le ultime righe di questo capitolo, che tra l'altro sono a chiusura di tutto il testo di Ponticelli:"Oggi non c'è, dunque, nessun ostacolo legislativo all'organizzazione di corride in Italia! Ci sarà tuttavia qualcuno che vorrà, un giorno, risuscitare nella Penisola quello che un antropologo catalano ha definito un fossile vivente della cultura mediterranea, quando la memoria stessa ne è stata persa? Sembra che questo non si auspicabile...la corrida vivrà e si evolverà ancora nella misura in cui resterà ancorata ai suoi confini naturali che sono, ad oggi, la Spagna, il Sud della Francia e l'America Latina."


(l'immagine riproduce un affiche del 1893, per uno spettacolo taurino a Verona: anche questa ci è stata inviata da Marc Thorel, presidente dell'UBTF)

sabato 15 novembre 2008

Intervallo


In attesa di pubblicare, domani, un post di conclusione sull'argomento della corrida in Italia, mostriamo qua a fianco la riproduzione dell'affiche che annunciava l'esibizione romana del 6 maggio 1923.

Ad inviarci il documento monsieur Marc Thorel, presidente dell'Unione dei Bibliofili Taurini di Francia, interessato dagli ultimi articoli sul blog: lo registriamo con orgoglio tra i nostri lettori e ne approfittiamo per ringraziarlo pubblicamente.

(cliccare sull'immagine per ingrandire)

giovedì 13 novembre 2008

La corrida in Italia (3)





Dopo le prime date, la tournée italiana di spettacoli taurini dell'anno 1923 tocca anche Torino: ne avevamo riferito qua ma curiosamente, come segnalato dall'amico Marco, il pur documentato e scrupoloso autore de La tradition tauromachique en Italie (ed. UBTF, 1997) omette di farne cenno.

Nella primavera di quell'anno, comunque, il circo itinerante di tori e toreri (una trentina di persone in tutto) prosegue dopo le prime sortite romane e bolognesi, e i giornali dedicano tanto alle cronache quanto alle analisi uno spazio crescente sulle proprie colonne.
Così è L'Arena di Verona, città che già negli ultimi anni del secolo precedente aveva dimostrato un buon feeling con la tauromachia, che aumenta la curiosità popolare con una serie di articoli che nei giorni antecedenti la prima corrida fanno salire l'eccitazione e l'interesse dei cittadini: in essi si trovano aggiornamenti sullo stato dei lavori per l'approntamento dell'arena in plaza de toros, interviste all'impresario, al ganadero o ai toreri, e note esplicative di approfondimento per preparare gli spettatori a quest'insolita rappresentazione.
Certo per chi oggi frequenta le ferias di Nimes o Arles non è difficile immaginare l'Arena di Verona con burladeros, toril e fazzoletti bianchi sugli spalti, e l'evocarlo è esercizio forse ozioso ma certo suggestivo.

A testimoniare di questo buon rapporto della città con la corrida spagnola, ecco le affiches annunciare che cinque tori saranno combattuti, "gli ultimi due saranno messi a morte".
La stampa registra il grande successo che incassa la corrida del 10 giugno: numerosi gli spettatori venuti da città vicine con i primi treni del mattino o in automobile, sui gradini "impressionarono, per il loro incredibile sangue freddo e la loro dsinvoltura, i capeadores che provocano il toro, avvicinandosi ad esso e smarcandosi sempre con delle pronte finte, camminando all'indietro, degli scarti fulminei per evitare l'incornata al pelo".
Meno fortunato fu il momento della verità: "Il quinto toro è destinato al sacrificio, e sembra averne il presentimento perché tra un esercizio e l'altro dei capeadores e dei banderilleros si attarda con nostalgia vicino alla porta del torillo (sic). Il caso designa Parejito per l'uccisione. L'estrema mobilità difficile gli rende lo sforzo difficile (...). Il colpo non riesce che solo dopo quattro tentativi tanto che la folla, alla vista del sangue e dell'agonia del toro, è percorsa da un brivido che non riesce a controllare."
La cronaca si termina con una previsione sulla scarsa presa che avrà la corrida sugli italiani, i cui gusti e la cui sensibilità mal si adattano a rappresentazioni che, pur informate di coraggio e arte, sono incompatibili per la troppa crudeltà.

La tournée sbarca a Milano, e le due ezibizioni previste sono anticipate dalle ormai inevitabili polemiche.
Il quotidiano La Giustizia nell'edizione del 23 giugno è lapidario: "Le persone di buon senso resteranno a casa loro" e, pur concedendo che questo genere di spettacoli può essere compreso e spiegato se collocato nella tradizione spagnola, " per il gusto italiano è una crudele pagliacciata (...)".
Arrivando fino al parossismo del "più noi pensiamo alla morte del toro, più siamo convinti che nel regno zoologico l'uomo è veramente il solo animale che non ha il diritto...di restare al mondo".

Dalle colonne de L'Ambrosiano del 26 giugno Augusto de Angelis riferisce con penna ironica e tagliente della corrida del giorno prima al Vigorelli.
Al termine di una dettagliata e acuta descrizione di quella che è la cornice della corrida, dalle belle signore sui gradini che avendo già visitato la Spagna si sentono autorizzate a scherzare ad alta voce alla elegante e mesta parata del paseillo, fino all'assenza dei picadores a "denicotinizzare" lo spettacolo, de Angelis si addentra nella cronaca dell'evento: "Il primo toro è piccolo, nero. Piuttosto grazioso, calmo. Ma i capeadores, i monosavios (sic), i banderilleros volteggiano attorno, rapidi, eleganti, lesti ma con dei volti così inquieti e concentrati che certo questo toro deve essere pericoloso!"
La morte di questo primo toro è solo simulata, è una coccarda posta al centro della schiena che sostuisce la stoccata letale.
Il giornalista prosegue: "Quanti credevano che la sensibilità italiana si sarebbe ribellata davanti ad una corrida formale con cornate importanti, i toreri in pericolo e una lotta serrata e piena di rischi, hanno avuto torto. Oggi il pubblico si indigna quando s'accorge che le cosas de Espana di questa plaza de toros milanese si svolgono in modo differente rispetto a quello che si vede a Siviglia, Cordoba o in Andalusia."

E si arriva alla morte del toro: "E' un torero celebre che, sembra, lo ucciderà: Parejito. Un piccolo biondo grazioso che saluta il pubblico con una certa qual arroganza spagnola (...). Il toro muore. Parejito gli ha infilato la spada nel collo, e il toro si accovaccia, si piega, si stende. Ha compiuto il suo dovere e se ne va, ora, trainato dai grossi cavalli infiocchettati (...). Perché solo lui, povero piccolo toro, tra tutti gli altri che hanno combattuto e che, almeno, sono usciti poi dalla pista con tutt'al più qualche puntura lasciata dalle banderillas? Cosas de Espana...davvero è solo da noi, nelle corride umanizzate, che la morte sceglie. Al meno là muoiono tutti. E hanno le corna affilate e vendono cara la pelle. E la corrida è un rischio, non un gioco."

"Diecimila spettatori circa. Duecentomila lire di incasso".

Si concludono qui le notizie reperibili nel testo su quella ricca e a tratti fortunata tournée del 1923.
Ponticelli segnala quindi che il successo di questo primo tour fà decidere per una ripetizione l'anno successivo con toreri di alternativa.
Una prima corrida a Cagliari pe ril primo maggio con protagonista un matador basco, Pedro Basauri Paguaga Pedrucho, presente anche in due successivi spettacoli a Roma nei quali ad esibirsi era insieme a Rafael Rubio Rodalito, della Mancia.
Nella capitale furono date quattro corride, il 22 il 24 e il 29 giugno e quindi il 6 luglio, sulle affiche delle quali oltre ai nomi già citati comparivano anche quelli di Millanito e Boltanes, un rejoneador.
Tori del marchese di Albaserrata, del Cullar e di José Bueno.

(foto tratta dal testo citato, ritratto dei toreri e delle cuadrillas al Velodromo di Milano)

martedì 11 novembre 2008

La corrida in Italia (2)


Dopo gli esperimenti della fine del diciannovesimo secolo perimportare la corrida in Italia, altri tentativi vengono fatti da organizzatori nazionali o spagnoli a cavallo delle due Guerre Mondiali, nel Ventennio del regime dittatoriale fascista.
Un circo fatto di tre novilleros, un saltatore e un rejoneador affronta una tournée che tra la primavera e l'estate del 1923 tocca Roma, Bologna, Verona, Milano e Trieste: nonostante le vive e rumorose proteste delle associazioni per la protezione degli animali, gli spettacoli suscitano la curiosità di un numero crescente di italiani, e il pubblico regolarmente riempie le plaza de toros improvvisate.

Il Corriere della Sera dà conto della corrida romana del 6 maggio, nella quale combatterono 5 giovani tori di Antonio Fuentes, e che fu del tutto incruenta.
"Una corrida innocente, coreografica, umanitaria, in cui l'uomo e l'animale, faccia a faccia, hanno fatto prova delle proprie abilità, astuzia e forza, senza farsi del male. (...) Non c'è niente da dire: lo stadio, trasformato in plaza de toros, è impressionante."
Il cronista si dilunga inizialmente ad osservare la curiosa, per le nostre abitudini, divisione dei settori in sol y sombra: malriuscita, se è vero che lui stesso osserverà a fine spettacolo parecchie donne con principi di ustione pur essendo sedute nel settore in ombra.
Il manifesto annuncia che un toro sarà ucciso, e quel giorno gli animali usciranno da un sotteraneo in cui sono ospitati, per raggiungere l'improvvisato ruedo cinto da una doppia fila di palizzate a riprodurre un callejon se non proprio con tutti i crismi, almeno quasi.

Dopo la sfilata del paseo, "la corrida comincia immediatamente. Entra per primo il toro sivigliano. I banderilleros lo circondano brandendo le banderillas d'argento dorato in un gioco serrato che rivela tutta la loro destrezza. Il pubblico applaude. Le signore agitano i propri fazzoletti. Alcune, quando la cornata pare inevitabile, liberano degli urli di spavento. (...) Parejito e Corchaito (due dei novilleros ingaggiati) lavorano magnificamente. Quando il toro si ritira sano e salvo, si ha l'impressione di essere a teatro dopo il primo atto d'una commedia. Applausi sinceri e fragorosi, con la speranza che i successivi ce ne consentiranno ancora di più".

I quattro tori successivi non sono però all'altezza del primo, e la corrida lentamente perde di interesse. Ma arriva l'ultimo toro, e il cronista non nasconde la sua eccitazione nel registare che sarà questo ad essere destinato alla morte. Tocca a Parejito portare la stoccata decisiva ma questi esita, continua nelle serie di passi, e il pubblico benché a digiuno di qualsiasi cultura ed esperienza taurina, si indispettisce. Ma nonostante gli incitamenti e gli inviti sempre più decisi e numerosi che arrivano dalle tribune, Parejto non uccide: "il povero Parejito ha l'ordine di non far del male al toro e getta la spada. La corrida sprofonda: fischi".
Pure l'esibizione di Manuel Garcia, il torero a cavallo, lascia a bocca asciutta i romani accorsi allo spettacolo.
Termina così la corrida: "i toreri sicuramente irritati per la strana situazione in cui sono stati messi, filano velocemente sotto la doccia (...). I fischi sono per coloro che hanno voluto offrire a Roma una corrida che non è una corrida".

Dopo questa prima le autorità, coscienti della delusione presso il pubblico e nonostante le pressioni e le vive reazioni degli animalisti, "di fronte alla volontà chiaramente manifestata dagli spettatori della prima corrida" autorizzano, nella seconda, la morte di un toro.
La corsa uscirà più movimentata della prima, sarà caratterizzata da momenti di intensa emozione e anche di panico tra il pubblico quando Corchaito verrà incornato (senza conseguenze gravi) e un toro salterà la prima barricata di assi.
Sarà Parejito ad uccidere, il quinto toro ed al secondo tentativo.

Qualche settimana dopo, è al velodromo di Bologna che il 27 maggio Corchaito si fà carico di posare le banderillas e uccidere, acclamato dalla folla, l'ultimo dei cinque tori di Antonio Fuentes.

Giorgio Ponticelli, l'autore del testo che qui prendiamo a riferimento ed obiettivamente saccheggiamo, ricorda al proposito che l'abitudine di uccidere un solo toro era normale all'epoca pure nelle arene francesi, dove il terreno era fertile per lo sviluppo della corrida spagnola: il sud della Francia, dal golfo di Guascogna alle città affacciate del mediterraneo, già viveva di tradizioni taurine autoctone e importante parte integrante della vita e della cultura dei suoi abitanti.

L'Italia in questa primavera del 1923 imparava invece a conoscerle, e a leggere di queste cronache sembra pure che ne fosse colpita, forse attratta.

domenica 9 novembre 2008

La corrida in Italia (1)


Ne La tradition tauromachique en Italie, l'autore grazie ad un grande lavoro di documentazione e ricerca passa in rassegna la relazione che nei secoli ha legato il paese alla cultura taurina.
L'ultima parte del testo, due capitoli ed un epilogo, è consacrata alla corrida spagnola ed alle sue apparizioni in Italia: in tre post consecutivi ne daremo conto anche su questo blog.

Nel primo capitolo di questa sezione, intitolato La corrida alla moda spagnola, Ponticelli racconta delle esperienze di importare la corrida in Italia nel periodo immediatamente successivo alla unificazione del paese, nella seconda metà del 1800.
Anche grazie alle maglie larghe di una legislazione che non normava con precisione i giochi con gli animali, verso la fine del diciannovesimo secolo si assiste all'apparizione in Italia di uno spettacolo esotico di cui si era sentito parlare ma che in molto pochi conoscevano: la corrida.

Nella primavera del 1890 arrivano a Roma un paio di novilleros spagnoli, che avrebbero dovuto essere i protagonisti di una serie di esibizioni nella capitale.
Perico Campos e José Hernandez non brillano, evidentemente, al loro debutto se il giornale spagnolo El Toreo del 19 maggio commentca che "da quanto ci dicono, le spettacolo non ha fatto segnare un buon risultato nella capitale, tanto che si rinuncerà a proseguire la serie di corride previste nella città eterna".

Due anni dopo la fiesta sbarca in Sicilia.
Su l'Illustrazione Italiana, il 4 giugno del 1892 si legge così: "La plaza era ampia e in seimila hanno assistito alla tauromachia. Uno splendido colpo d'occhio, con un gran numero di donne dagli abiti chiari e con minuscoli cappelli di paglia. (...) Ma ecco che si apre la porta dell'arena e due alguaciles a cavallo, nei loro costumi neri, entrano al galoppo e si fermano sotto la loggia delle autorità per salutare. Li seguono le cuadrillas: primi i due matadores o espadas, Juan Borrel el Murullu e José Cazanave el Morenito, due autentici spagnoli. Vengono quindi i picadores a cavallo, con i larghi cappelli e i pantaloni di cuoio, poi i capeadors con la capa, un mantello rosso che portano sulle braccia. Quindi i banderilleros e infine le mule che traineranno fuori le spoglie. (...) Si apre il recinto in cui sono chiusi i tori... Il primo toro esce al galoppo, si ferma, gli occhi interrogativi. E' un toro della Navarra, scuro, con delle corna potenti... rivestite di gomma! (...) Ma la parte più emozionante deve arrivare. L'organizzatore della corrida ha deciso di fare due corse non cruente e una invece con spargimento di sangue! Siamo proprio all'ultima corsa; suona il clarino; un bel toro andaluso, color caffelatte, esce impetuosamente dal toril. Le sue lunghe corna sono autentiche! L'animale porta, fissata sul dorso, una grossa coccarda di seta con dei lunghi nastri con i colori della Spagna. E' il segnale che la bestia è destinata alla morte. (...) Alla fine anche il toro è ferito a morte, dopo aver scosso più di un torero. E' un momento di intensa emozione. Alcuni spettatori svengono, altri se ne vanno disgustati. E' opinione generale che questo spettacolo non sia fatto per la nostra civiltà. La corrida de toros di Palermo l'ha provato!"

Dopo il passaggio isolano, è a Verona che nel 1893 delle grandi affiches annunciano ai cittadini che per la prima volta portanno assistere ad una Grande Corsa di Tori ispano-landese.
Il 3 settembre un corteo di toreri in abito di luci e di fanfare sfila per le vie del centro, promuovendo la corsa del pomeriggio
Le corride ispano-landesi erano delle corse miste, tipiche delle Lande alla fine del XIX° secolo.
Ecarteurs landesi inizialmente, poi un lavoro con la capa e le banderillas.
Per una ragione essenzialmente economica, era ucciso un solo toro al giorno.

L'esibizione dei toreri francesi , tra cui Pierre Cazenabe alias Felix Robert, un cameriere di Mont de Marsan che rifiutava orgogliosamente di tagliarsi i baffi nonostante il costume dell'epoca impedisse ai toreri di portarne (ma per andare a toreare a Madrid, dove si presentò nel '99 per l'anternativa, si presentò senza), piacque ai veronesi.
Le finte degli ecarteurs suscitarono una grande emozione, e l'esibizione inizialmente prevista per questa sola domenica, fu ripetuta cinque giorni più tardi.

Contrariamente alla prima, questa fu annunciata con "la morte del toro" a caratteri cubitali.
Che in realtà non avvenne: Felix Robert, che pure aveva fama di buon stoccatore, non volle rischiare l'ammenda di 100 lire prevista dal codice penale promulgato dal ministro Zanardelli nel 1890.
Nel testo si fa menzione ad una sanzione prevista per coloro che agiscono crudeltà o maltrattamenti nei confronti di animali: non si fà cenno a spettacoli, cruenti o no, ma a scanso di equivoci ed essendo la norma piuttosto suscettibile di interpretazione, il torero non uccise il suo sfidante.