sabato 28 febbraio 2009

Festival per Adrian


Di Adrian Gomez avevamo parlato qualche mese fà.
La differenza tra lui e Nimeno II è che Gomez non si è ancora suicidato: per il resto è la stessa tragica traiettoria.

El Fundi, nella cui cuadrilla Gomez figurava, ha deciso da qualche tempo di organizzare questo festival benefico nell'arena madrilena di Vistalegre: il ricavato andrà alla famiglia, perché possa permettersi di sperare o meglio finanziare il miracolo.

Certo un festival non è una corrida formale, certo i tori sono un pò sistemati e saranno stati scelti comodi e collaborativi, certo manca tutto il pathos e la verità di una corsa tradizionale: ma insomma l'impatto emozionale della giornata sarà notevole.
E poi, soprattutto dice qualcuno, tutti i più grandi hanno risposto alla chiamata e il cartel è di quelli che nessuna arena riuscirà mai a permettersi, se non nei sogni degli aficionados: Ventura a cavallo, poi Joselito il grande di ritorno sulla sabbia di un'arena, El Fundi, Ponce, Morante, El Juli.
Qualche giorno fà El Fundi ha comunicato che rimanevano da vendere poche centinaia di entrate, e che si prevedeva il no hay billetes.
José Tomàs non ci sarà ma le indiscrezioni dicono che al suo posto abbia inviato centomila euro, per la famiglia di Adrian.

Il festival è domani, domenica 1 marzo alle ore 12.
Se qualcuno fosse a Madrid potrebbe valerne la pena: per tutti gli altri la corrida si può vedere in diretta o in differita via internet acquistandola qui.


giovedì 26 febbraio 2009

A cavallo


Questo blog, e forse si sarà capito, non è particolarmente attratto dalla corrida a cavallo.
Abbiamo visto una corsa di rejon un paio di anni fà, fu un successo rotondo e programmato di Pablo Hermoso de Mendoza (*), in un'arena che era là tutta per lui: 4 orecchie, forse anche la coda, o forse quella fu in occasione di una mista cui assistemmo pochi mesi dopo.
Occorre riconoscere che il rejon è oggettivamente spettacolare: la fusione e la simbiosi tra cavallo e cavaliere sono fantascientifiche, di una purezza e di una totalità sorprendenti, a strappare alla fisica dei corpi tutte le sue secolari certezze e inventandone di nuove ogni volta, e centauro è qui termine spogliato di qualsiasi accezione mitologica per diventare dato di fatto.

Ma al netto di questa spettacolarità (che quella volta ci ha sinceramente colpito e anche entusiasmato, pur se le sfumature circensi della giostra a cavallo sono francamente censurabili), ci rimase quel giorno una sensazione di incompiutezza, il retrogusto amaro della delusione.
Qualcosa non torna, nella tauromachia a cavallo.
Il punto è che il toro è nella corrida di rejon nient'altro che mero comprimario, vittima predestinata senza nessun'altra alternativa concessa se non quella di trotterellare stupidamente in tondo, a rincorrere goffamente un animale dieci volte più agile e veloce, addestrato per compiere evoluzioni incredibili e al di fuori della portata del suo avversario.
E passiamo sulle corna, che sì sono regolate e limate a norma di regolamento (troppo offensive per il cavallo altrimenti), ma che comunque fanno di quel toro un toro diminuito, corretto, neutralizzato.

Insomma, spettacolo e spettacolarità (anche grande, sul serio) ma nient'altro.
Nessuna traccia di quella drammaticità, di quell'epica profondità, di quella tensione che fanno la grandezza del toreo a piedi nel quale gli aficionados (a los toros, va sottolineato) ogni volta cercano la verità.

Tutto ciò premesso, queste righe altro non sono che un astuto pretesto per pubblicare questa immagine: è la copertina dell'ultimo numero di Toros che il postino ha diligentemente recapitato, un paio di giorni fà.
La foto, Diego Ventura in sella a Guaranà (Nimes, il maggio scorso), è semplicemente meravigliosa.

martedì 24 febbraio 2009

Buon compleanno





Alle cinque della sera compie il suo primo anno, esattamente oggi .
12 mesi, 365 giorni esatti.
Era il 24 febbraio del 2008 quando abbiamo messo in rete il primo post: quella sera Cesar Rincon a Bogotà avrebbe dato il suo addio alle corride, di fronte ad aficionados arrivati da tutto il mondo per tributargli l'ultima grande ovazione, e più romantica e importante coincidenza non avremmo potuto sperare.
Quel primo articolo era un primo e timido tentativo di cantare un sentimento, di fissare per quanto possibile la fuggevole e straziante bellezza della corrida, di mettere ordine nei pensieri e nella confusione delle emozioni e trovare un canale per lasciarle parlare di sé.
E' stato, dopo quella prima volta, un fluire sciolto, autonomo, facile.

Centottantadue titoli e più o meno un numero doppio di commenti sono le cifre che fanno da cornice a questo primo anniversario.
Sulla tela, dentro la cornice, ci stanno tutte le frasi che abbiamo messo a raccontare questa passione, a raccontare di tori e uomini, di dure fatiche e insperati trionfi, di lacrime corrosive e barocche sevillanas, del profumo dell'erba del campo e del rosso della muleta.
A giusiticare a noi e a chi ha la pazienza di leggerci perché ogni volta, alle cinque della sera, ogni aficionado è pronto a farsi rapire dall'emozione, a perdersi e sublimarsi nel mistero del toro, a partecipare ancora una volta alla liturgia della morte che si fà arte.

Ci sono state in questo anno non solo le parole ma anche tante immagini, e fra queste le nostre, prese dai gradini delle arene o per le strade di una feria: senza di loro, probabilmente, A5DS non avrebbe visto la luce, vetrina più preziosa per la loro esposizione.

Sarebbe spocchioso, forse, ricordare gli articoli che più ci hanno soddisfatto e che più ci è piaciuto scrivere, e che a volte ci sorprendiamo rileggere.
Sarebbe poco elegante, dicono.
E' vero ma fa lo stesso, ad una festa di compleanno si perdona tutto: il primo paseo a Ceret (*), gli olé di Las Ventas (*), l'encerrona di Nimes (*), la prima corrida (*), i tori di Rollanejo (*), l'intervista a JB (*) , El Gallo (*), la tonaca e l'encierro (*), Civilon (* e **)... qualche titolo per l'ideale sommario di una piccola antologia di quei pezzi che scrivere è stato lieve e semplicemente bello, a suggellare questo primo compleanno.
Senza dimenticare i brani da Volapié, i preziosi interventi dei nostri collaboratori da Vic o Saragozza o Pamplona, le foto da CyR, la saggezza di Toros, che hanno reso più ricco e completo il nostro blog.




Alle cinque della sera è da un anno a questa parte compagnia ideale e sicura, prima per noi e poi anche per qualche lettore che segue le nostre pagine ogni giorno e che magari via mail ci impegna in discussioni vere e appassionanti, per gli amici che tornano a questo indirizzo per leggere delle imprese di un miura o per commentare una storia.
E' questo, certamente, il più grande risultato di questo blog: sapere di aver riunito una piccola ma calorosa comunità di appassionati, di affezionati lettori di queste pagine, di aficionados italiani.

Un anno...è già tanto e pure ci auguriamo che le candeline da spegnere siano tante ancora, nonostante l'impegno che A5DS , ogni giorno più grande e ogni giorno più prezioso da crescere, ci chiede.

E, apoteosi, per festeggiare degnamente l'importante evento un'accolita di amici e lettori di A5DS si è data appuntamento domenica scorsa nelle terre monferrine: il risultato, come spesso accade quando si frequentano gli aficionados, è stata una giornata semplice e intensa al tempo stesso, lunga e leggera.
A scandire lo scorrere del tempo una regia eccezionale che ha permesso di godere di un pranzo davvero strepitoso, con vini enormi e una cucina di incredibile bontà.

Grazie a chi era con noi domenica, grazie a chi ci legge, grazie a chi ci troverà per caso, un giorno, e tornerà il giorno dopo a leggere ancora.

Si quieres torear bien, olvida que tiene cuerpo
se torea con el alma

como se suena o se juega

como se baila o se canta.


(Juan Belmonte)





(nell'immagine un dettaglio del primo gadget ufficiale de A5DS, distribuito domenica e che sarà oggetto di doni mirati nelle prossime ferias: la grafica, superba, è del Lettore Gigliato, che pubblicamente ringraziamo; cliccare per apprezzare appieno)

domenica 22 febbraio 2009

Lamentosa invocazione




"Si può uccidere anche per amore, e gli spagnoli amano perdutamente l'animale toro.
Durante il tornero, la cosa che il matadore più ama è il suo toro, se nobile e bravo.
Osservate l'espada (il torero, ndr) quando, dopo la stoccata, attende la caduta del toro: sembra chiedergli scusa se gli ha fatto male, spesso lo accarezza o lo accompagna passo a passo lungo il cammino dell'agonia, sempre tenendogli una mano sulle corna.
E il pubblico non protesta forse ogni momento contro quelle canaglie dei piccadori perché fanno troppo male a un toro che deve morire dieci minuti dopo?
(...)
Nell'ultima sorte del torneo quando la lotta fra l'uomo e la fiera supera i vertici di una danza rituale (la tauromachia, oltre a certe leggi geometriche ed alcuni termini tecnici - piroetta, molinete etc. - ha in comune con la danza alquanti atteggiamenti plastici tradizionali ed ha talora le stesse necessità musicali. Infatti se per una improvvisa ispirazione o esaltazione del torero la giostra diventa più serrata e vorticosa, subito intervengono i musicanti dell'arena ad accompagnare con una jota o un pasodoble il fiammeggiare della muleta e i lampi della spada);
nell'ultima sorte del tornero dunque, quando il toro si avventa contro il piccolo drappo rosso che protegge il torero, ed ha così inizio la parte più emozionante del combattimento genericamente detta faena, il volto dei toreri ha sempre un identico tragico atteggiamento: occhi stretti, mascelle contratte, narici vibranti. E tengono il collo duro piegato in avanti, la testa reclinata a sinistra, il braccio libero lievemente sollevato, dita tese e staccate, mezzo busto superiore inarcato, e la bocca quasi sempre tanto aperta da toccare il petto con il mento.
Il torero parla al suo toro; urla, o pensa o discute col suo toro. Oppure lo chiama, lo invoca, svelto svelto: toroo, toroo, ehhh, ahhh, vamos, valiente.
Non è un grido forte o scomposto: è piuttosto una lamentosa invocazione talvolta intonata al lugubre muggito del toro che dal fondo sale alla bolgia rovente della plaza e si spande e trabocca sull'anima del pubblico."

- brano liberamente tratto da Volapié di Max David, ed. Bietti -


(foto Ronda - novillada senza picadores, Arles 2008)

giovedì 19 febbraio 2009

Meno 50


Quando mancano cinquanta giorni al debutto della féria di Arles (qua il countdown), il comitato organizzatore ha reso pubblico il programma della festa di Pasqua.

Come al solito si tratterà di quattro giorni intensi, durante i quali sarà difficile trovare il tempo per riposare un pò.
Per quanto riguarda le tradizioni taurine camarguesi e provenzali, di cui la feria di Arles è orgoglioso e tenace baluardo, la giornata sarà scandita come al solito da encierro, bandido e abrivado per i boulevard della città: la nostra preferenza va alle corse serali, dopo la corrida e all'ora dei primi pastis, quando il sole comincia a calare.
Spazio anche alle tenere ambizioni degli imberbi allievi della scuola taurina locale, che nella piccola arena di tubi e assi piazzata poco lontano dall'anfiteatro, al pomeriggio si esibiranno di fronte a becerros (vitelli) o giovani tori camarghesi.
E immancabile sarà anche l'animazione musicale per le strade, con le multicolori bande di ottoni che da mattina a sera sfileranno per le vie del centro suonando pasodobles o Vino Griego.
Novità di quest'anno una grande jam-session di tutte le fanfare riunite, al Teatro Antico di Arles.

A condimento di tutto questo saranno in programma alcune esposizioni (fotografia, pittura, scultura) a tema taurino in alcune sale e luoghi importanti della città.
Infine e ovviamente, la festa nelle bodegas, tra musica e sangria, sarà l'imprescindibile corollario notturno di ogni giornata.

In tutto questo occorrerà trovare tempo anche per corride e novilladas...insomma, programma quantomai ricco ancora una volta.

mercoledì 18 febbraio 2009

Due orecchie a uno per Ponce




Quando il giorno muore e il sole infiamma ancora una volta la sabbia dell'arena, un nugolo di uccelli bianchi sbatte le ali sulle gradinate.
E' l'ora dei fazzoletti che danzano, l'ora in cui la folla felice reclama il primo trofeo.

- da Toros, di Jacques Maigne -

Tra i momenti di più intensa e vera compartecipazione e vicinanza tra il pubblico tutto e il torero, senza dubbio un posto privilegiato lo merita lo sventolio dei fazzoletti bianchi a chiedere un trofeo per il matador.
E' un'esplosione fragorosa a volte, un impercettibile click che libera come fosse molla una tensione tenuta repressa per tutta una faena, ed ora finalmente libera di esplodersi; è un crescendo impetuoso altre volte, un'onda che monta inarrestabile e contagia tutto quello che incontra sui gradini, fino a inghiottire tutta l'arena.
E' vero, quei fazzoletti bianchi sono uccelli che sbattono le ali, una cascata di fiocchi di neve che ammanta le gradinate, una candido e ritmico tremolìo della plaza de toros.
E quanto più quei fazzoletti sono espressione di un'emozione vera, di quel brivido unico che solo toro e torero insieme, insufficienti a sé, riescono a dare, di quella passione che unisce i gradini e la pista...quanto più tutto questo è vero, tanto più quelle pezze bianche diventano importanti, danno senso ad un'opera, fanno grandi le cose.
Eternizzano l'effimero.

Per queste ragioni da queste pagine censuriamo con vigore la leggerezza, ingenua o maliziosa a seconda dei casi, con cui il pubblico, in un numero sempre più elevato di plazas, agita il suo fazzoletto, a prescindere.
Quasi per dovere, o quasi come inalienabile diritto da esercitare avendo un paio d'ore prima pagato il proprio biglietto.
Come se aver partecipato ad una corrida da 7 orecchie faccia degli spettatori degli aficionados migliori.
Non aiuta nessuno questa spettacolarizzazione della tauromachia, e con essa anche e soprattutto la deriva calcistica che sta travolgendo la corrida, la riduzione di un atto irrepitibile e unico, che non ha pari nell'esperienza umana, in un dato esclusivamente statistico.
La castrazione di un gesto che per far sbattere le ali deve essere enorme e che viene regredito a puro e semplice score, nulla più di un tabellino.
E di conseguenza la corsa a leggere sui giornali o sui portali cosa ha fatto Ponce a Siviglia, quanto ha tagliato Tomàs a Barcellona, quante ne ha prese Perera al Puerto.
Come se quello che è successo prima, come se del confronto tra uomo e toro, tra la brutalità dell'istinto e la forza della ragione, non interessasse più niente a nessuno.
Conta solo il risultato.
Due orecchie e la coda.

Siamo poco indulgenti su questo punto, niente da fare.
Ci è capitato, certamente, di sbandierare il nostro, di fazzoletto bianco, e ci auguriamo di poterlo fare altre volte ancora.
Ma non meccanicamente e sempre, che altrimenti non avrebbe nessun valore.
Deploriamo questa abitudine nociva, questa mediatizzazione della corrida, questo moderno cedimento alle ragioni dello spettacolo a tutti i costi.
Gli olè di Las Ventas, gli applausi di Ceret o un'ovazione a Bilbao non fanno notizia forse, non strappano le nove colonne sul mundotoro di turno, ma conservano e restituiscono alla tauromachia quella dimensione così umana di comunione e passione che le migliaia di fazzoletti bianchi di Dax o Valencia, Nimes o Granada, stanno lentamente ma preoccupantemente erodendo.

(foto Ronda - arena di Arles)

lunedì 16 febbraio 2009

Palinsesto


Signes du toro (*) ha messo online le sue puntate più recenti.
Tra una retrospettiva sulla stagione 2008 di José Tomàs e la prestazione del Fundi a Dax, passando per una visita a qualche ganaderia o per interviste e altri servizi, le edizioni di SdT sono spesso piacevoli e interessanti.
La rivoluzione della televisione francese, con la messa al bando della pubblicità sulle reti pubbliche, avrà per effetto una sensibile riduzione del numero delle trasmissioni: sui blog taurini transalpini si chiacchiera di una possibile soppressione, o perlomeno di un notevole ridimensionamento, di questa trasmissione.
Finché sono in rete queste puntate, meglio darci un occhio.

giovedì 12 febbraio 2009

Greetings from Ceret




L'Adac di Ceret ha messo online un pò di foto della feria dell'anno scorso, si possono vedere a questo link.
Raro esempio di come bastino delle immagini a definire una concezione stessa e intera di tauromachia, nello specifico di quell'aficion: le foto trasudano bravura, emozione, tensione.

Confezioniamo questo post con un paio di immagini della corrida del sabato pomeriggio, di cui avevamo parlato qua: ci sarà difficile dimenticare quel sublime incontro tra le apocalittiche condizioni climatiche, la bellezza pura e il furore orgoglioso dei tori, la palpitante passione sui gradini.
La nostra macchina fotografica quel giorno era prudenzialmente rimasta sotto k-way e mantella, troppa la pioggia dal cielo, ci rifacciamo così.


martedì 10 febbraio 2009

I tori del 2008

La ganaderia che ha più combattuto i suoi tori l'anno scorso è quella di Alcurrucen, 131: certo, di questi addirittura 100 e tutti i novillos sono finiti nelle plazas di terza categoria, e solo 13 in quelle di prima. I numeri sono quelli da ganaderia super commerciale, e nonostante dei risultati irregolari, gli Alcurrucen hanno dato buone prove nelle mani di Ponce, Bautista o Luque, fino all'apoteosi della corrida di Cenicientos (un superbo sestetto, come ci aveva raccontato il nostro inviato).

Seguono per numero di capi portati all'arena i Nunez del Cuvillo (129), questo sì un allevamento di solida e comprovata garanzia per le star: deboli e senza trasmissione a San Sebastian, presto spenti a Pamplona, la loro carica innocente e assidua ha permesso i trionfi di un José Tomas che non fà mistero della sua totale predilizione per il ferro. Nelle arene più esigenti per blasone e aficion, il ganadero ha saputo intelligentemente inviare gli esemplari migliori: a Madrid, Bilbao, Saragozza e Barcellona ne hanno approfittato Morante e Cayetano, Ponce e El Fandi, José Tomas ancora con l'indulto barcellonese di Idìlico.

Peggio è andata ai Zalduendo (129), per i quali la quantità non si è mai coniugata alla qualità: vuoti, con molte fatiche a stare in piedi, inconsistenti, con una bontà insultante.

Al quarto posto ecco i Victorino Martin, la prima ganaderia dura di questa particolare classifica: 122 tori, di cui ben 55 in piazze di prima categoria, più di qualunque altra casa. Non sono mancate le delusioni (Nimes, Santander, Segovia), ma don Victorino è capace come nessun altro di onorare gli appuntamenti che contano: a Siviglia escono due victorino superiori, uno dei quali riceve il premio di toro della feria (ucciso da Pepin Liria); a Madrid per l'ultima della San Isidro Colombiano e El Cid hanno infiammato l'arena; a Bilbao soprattutto un encierro bravo, solido, mobile e con casta, che riceverà il premio della Aste Nagusia.

In un percorso idealmente contrario, dalle stelle alle stalle, seguono i Juan Pedro Domecq, il paradigma del toro sputtanato per le figuras, lentamente ed inesorabilmente spogliato di ogni suo tratto più aggressivo, selvaggio, combattivo. Il doppio e fragoroso fiasco di Siviglia riassume il tenore di una stagione intera. Con un piccolo spiraglio di luce, due ottimi tori usciti un mattino a Nimes, uno dei quali premiato con una vuelta giustificata, e prova che resta sempre qualche insperata goccia d'acqua con cui dissetarsi, anche dalle fonti più aride.

Fuente Ymbro è una ganaderia ogni anno più interessante e che sta provando a misurarsi con l'impegnativa sfida di trovare un toro bravo che possa però incrociare i gusti dell'aficion moderna. 86 tori combattuti nel 2008, metà dei quali in prima categoria, deludenti a Murcia e Logrono, duri a Madrid, Alicante e Santander, più un'ottima corrida a Bilbao. Nell'insieme sono però le individualità ad emergere: Pelicano a Pamplona, Ibicenco a Bilbao, Heroe a Saragozza per la corrida concorso.

Segue nel gruppone una pletora di ganaderias commerciali sulle quali passiamo velocemente, non essendo propriamente quelle che maggiormente stimolano il nostro interesse.
Victoriano del Rio ha portato a Madrid due buone corride, in quella plaza dove già nel 2007 permise un rotondo successo a El Juli: quest'anno Morante de la Puebla e soprattutto José Tomas hanno saputo giovarsi della bravura dei suoi tori, il secondo soprattutto in quel 5 giugno che rimarrà nella storia della tauromachia. Per i victorianos (78 tori in tutto) una seconda parte della stagione assai poco entusiasmante, coronata dall'indulto di Desgarbado a Dax, grazia che invero ha sconcertato ben più di un aficionado.
Sorvoliamo sull'inscindibile e inspido duo Garcigrande/Domingo Hernandez per citare invece i tori de El Ventorillo, che a Pamplona hanno sorpreso tutti per generosità e pugnacità, e già a Siviglia si erano messi in luce in una buona tarde.

Sempre in un registro puramente commerciale El Pilar, di cui conserviamo un pessimo ricordo (Arles 2007), ha addirittura brillato nella San Isidro madrilena, dopo aver già portato un ottimo e pericoloso lotto a Nimes.
Valdefresno, Los Bayones, Torrealta, Montalvo e tutti gli altri hanno piazzato corride generalmente deludenti, dalla casta irrimediabilmente diminuita e che poco hanno saputo trasmettere alle gradinate.
Tonfo rumoroso per i Samuel Flores tanto a Madrid quanto ad Arles che a Dax, e invece soddisfazioni che si sono trasformate anche in autentico entusiasmo per due ganaderias di proprietà di ex-toreri: gli El Torreon di Cesar Rincon e soprattutto i tori di Joselito (La Reina e El Tajo), che a Bayonne verranno ricordati per tanto tempo ancora dopo la splendida corsa del 15 agosto.

Veniamo piuttosto ai marchi toristi, sui quali ormai e irrimediabilmente è concentrata la nostra maggiore attenzione.

Gli orchi cattivi, i portoghesi Palha, si sono espressi sotto le sapienti mani de El Fundi a Siviglia, a Madrid hanno regalato vera emozione e a Bayonne hanno fatto, letteralmente, paura.

La Quinta (27), come tradizione, ha piazzato novilladas serie e impegnative, e pure con i quattro anni gli esiti della stagione sono decisamente positivi: Contador alla corrida concorso di Arles e Huracan che si è aggiudicato quella di Vic Fezensac hanno mostrato bravura al cavallo e tenuta negli altri tercios, ricevendo la fragorosa ovazione del pubblico; di qualità superiore l'encierro di Mont de Marsan, va segnalato come neo della temporada la corrida di Bilbao, quella dell'inconto con le figuras, salvata solo dalla grande scienza de El Juli.

Se c'è una ganaderia che più di ogni altra ha dominato la stagione, questa porta il ferro di Escolar Gil (31 tori), che in Francia ha addirittura sbancato: a Vic Fezensac la corrida è stata molto buona, quella di Ceret addirittura ottima, con sei vere e proprie tigri capaci di attaccare e crescere per tutto il combattimento. Ad Arles Secretario si è aggiudicato il titolo di miglior toro della concorso, la corrida di Istres ha ottenuto il premio come miglior corsa del sud est, e di là dai Pirenei sei esemplari hanno fatto correre la propria bravura a Cenicientos.
La ganaderia del 2008, per qualità e serietà dei propri esemplari e per gli esiti delle corse, è Escolar Gil.

I Dolores Aguirre, prototipi del manso con casta, ad Alès hanno dato vita ad una corrida dura, difficile, tesa, regalando agli aficionados ben più di un brivido.
Dopo un'altra esibizione fatta di tenacia e coriaceo carattere a Pamplona, a Saragozza i Dolores Aguirre sono stati pericolosi come pochi, sempre nell'attesa che l'uomo si esponesse il sufficiente per prenderlo.

Cuadri ha deluso a Siviglia e a Las Ventas invece si è portato a casa il titolo di toro della feria (Aragones); per Cebada Gago una stagione transitoria, suggellata da un buon encierro a Pamplona e qualche buon toro isolato, e idem per Adolfo Martin.
Altre case toriste hanno evidenziato una pericolosa deficienza di casta, lasciando spesso con l'amaro in bocca gli aficionados: Hoyo de la Gitana, Guardiola, Valverde, fino agli Hernandez Plà di Ceret, magnifici per trapio ma senza trasmissione e nel complesso soporiferi.
Corsa d'altri tempi invece quella del 4 maggio a Madrid grazie ai tori di San Martin, uno dei quali assolutamente notevole: Luis Bolivar, peccato, non ne ha saputo approfittare.

Restano i Miura, che su 51 tori in totale ne portano 44 in piazze di prima categoria.
Sempre pericolosi (Javier Valverde si prende tre cornate entrando a matar uno di questi a Estepona), a volte al di sotto delle aspettative dell'aficion (Siviglia, Mont de Marsan e, ça va sans dire, Nimes), sono usciti onorevoli a Beziers e in novillada a Carcassonne. La corsa di Bayonne è stata dura e difficile, e buona e intensa la miurada di Arles a Pasqua, dove sono usciti tre miura-miura, solidi, lunghi, intelligenti e pericolosi, di fronte ad uno dei quali El Fundi si è superato.
A Saragozza altra buona corrida, contraddistinta da una pugnacità continua, anche se l'apice della stagione rimane la corsa di Pamplona: una vera corrida di Miura, spaventosa per presentazione, emozionante in ogni tercio, terribile per i toreri e quindi deliziosa per gli aficionados, una corrida fatta di coraggio autentico nei tre uomini e di indomita volontà di lottare nei sei cornuti.

- per questo articolo ci siamo serviti di un servizio apparso su Toros (1844) e delle tante e preziose informazioni pubblicate su Terresdetoros -

(foto Ronda - tori nei corrales di Arles e Ceret)

domenica 8 febbraio 2009

Un pò matta




El Tio Pepe, al secolo Jean Pierre Darracq, diceva che l'aficion diventa facilmente e presto una passione, una volta contagiati dall'implacabile febbre.

Chissà cosa direbbe el tio a sapere che c'è una tipa russa, tale Anna Nelubova in arte Loky, che da Mosca pubblica due siti: i quali, per la loro provenienza, hanno del sorprendente.
Il primo è interamente dedicato a El Cid, e l'indirizzo punto ru fa perlomeno sorridere.
Il secondo è un blog su cui Loky, che si diletta di fotografia (obiettivamente senza risultati eccelsi) e di altre forme d'arte, pubblica i suoi schizzi e acquarelli a tema taurino: Loca un poco, appunto.

Personalmente trovo i suoi disegni davvero molto buoni, assai più evocativi ed espressivi della tradizionale retorica figurativa legata al mondo dei tori: sfogliate le pagine del blog, ve lo consiglio.
Occorre avere aficion per guidare la mano e il pennello lungo quelle linee, a ricordare le plazas andaluse così lontane dalle sponde della Moscova.

(un disegno di Loky)

venerdì 6 febbraio 2009

Una foto




Feria di Arles, Pasqua 2007: bande davanti all'arena, prima della corrida.

(foto Ronda)

mercoledì 4 febbraio 2009

Parole sulla bravura



Nel linguaggio corrente bravo è l'animale selvaggio, non sottomesso, ed è termine che si oppone a manso, l'animale addomesticato.
Ma nel linguaggio taurino, bravura è una qualità legata al comportamento offensivo, proprio del toro bravo: si oppone alla mansedumbre, che indica un toro codardo, sulla difensiva, spesso più temuto dai toreri che non il bravo, in ragione delle sue reazioni imprevedibili.
Certo oggi il toro bravo, che vive in fincas recintate allevato per giochi e corse, dopo un buon mezzo secolo di aspra selezione che ha cercato di ridurne se non azzerarne le caratteristiche più selvaggie per adattarle alle esigenze del toreo moderno, oggi insomma il toro da combattimento è sì un prodotto della natura selvaggia ma anche una sua rappresentazione, quasi una metafora.

Nel bel libro di Durand (op. cit.) di cui abbiamo parlato pochi giorni fà, il terzo capitolo è dedicato ad analizzare e provare a comprendere davvero, grazie alle parole degli interlocutori dell'autore, il concetto e l'esperienza della bravura.

Così per Victorino Martin la bravura, lungi dall'essere una facilitazione per il torero, è la pietra di paragone: "Il toro bravo è quello che crea il pericolo, e che fa che l'uomo che è davanti a lui guadagni dei soldi o si metta a correre".
Se l'idea di bravura ha tratti non ben definiti, le sue manifestazioni sono invece di più facile individuazione: innanzitutto non protestare (non lamentarsi) sotto il castigo di picca e banderiglie, od anche humillar, verbo spagnolo che perde qua tutta la sua connotazione morale e che descrive invece l'azione dell'abbassare la testa per la carica.
E' poi nelle qualità dello slancio e dell'assalto che si concentrano le virtù della bravura: "E' fondamentale che il toro voglia prendere la muleta", per Fernando Domecq.
Lapidario un altro Domecq, Juan Pedro, a cui si deve questa sintesi riuscita che forse però converrebbe far leggere e rileggere al suo proprio autore: "L'essenza del toro è la bravura, e per me la bravura è la capacità di lottare durante tutto il combattimento. Punto".

Secondo le parole di un'aficionada abbonata de Las Ventas, la bravura si misura non alla prima picca, quando la bestia attacca per inesperienza e cieco istinto: "Se alla seconda picca lo si piazza ancora al cavall, il toro si ricorda che prima gli si è procurato del male, e quando torna alla carica malgrado tutto questa è la bravura".

Chi dà, anche, una connotazione estetica alla bravura: il trotto è inadeguato e pesante, è il galoppo che svela il bello nella bravura, secondo un altro allevatore andaluso.
E il comportamento del toro, secondo il ganadero Perez Tabernero, deve comunicare al pubblico che "c'è, nell'arena, qualcosa di fuori dal comune".

La bravura è dunque l'essenza stessa del toro da combattimento.
Ciononostante, tra bravura, casta, razza, tutti termini dal significato non sempre chiaro e spesso usati per esprimere delle nozioni complementari e l'un l'altra prossime, la gerarchia è assai difficile da stabilire.
Quali di questi termini definisce la sostanza, l'ontologia del toro da corrida, e quali invece non sono che accidenti? La questione è di molto difficile soluzione.
Così, se per Alvaro Domecq la bravura non è che il "condimento" della razza brava, e la casta una sorta di ground zero della bravura, una bravura brusca, pericolosa, disunita, per Mariano Aguirre (aficionado madrileno presidente della Federazione delle Società Taurine di Spagna) è la casta l'elemento essenziale, il fondamento stesso dello spettacolo: "la bravura non ne è che una manifestazione secondaria".
Se per Celestino Cuadri (i suoi tori saranno a Ceret, in luglio) la casta è "desiderio costante per la lotta", Victorino Martin si rifiuta di usare altri termini che non siano la bravura, categoria suprema che interpreta e definisce lo statuto del toro.

Certo occorre riconoscere, e denunciare anche, che negli ultimi decenni gli allevatori hanno troppo voluto investire su una selezione al contrario: che indubbiamente ha permesso loro di perfezionare un toro più collaboratore e meglio adatto all'idea moderna di corrida, e pure di intascare una buona somma di denaro, dalle vendite, ma che parallelamente e inevitabilmente ha annacquato il portato originario di casta e bravura.
Occorre chiedersi se il processo sia irreversibile, ormai.
Luis Francisco Esplà è senza sfumature: "la selezione ha spogliato il toro della sua animalità".
E' necessario e vitale un ritorno alle origini, proposito che sulla carta sembrerebbe mettere d'accordo finanche gli allevatori che hanno scelto la via più commerciale: Juan Pablo Jimenez Pasquau riconosce che si è reduci da anni assai duri in termine di qualità delle corride, in termini di trasmissione (la capacità del toro di dare emozione al pubblico).
I tori cadono, e con loro cade tutta la fiesta.
Ma sono in molti a dubitare che la rinascita da questo selvaggio processo di selezione al ribasso sia davvero nelle corde e nelle idee dei ganaderos: il torero cerca sempre più un toro collaboratore, e sono poche le arene o gli allevatori con uno status tale da poter imporre le proprie scelte.

Il futuro della bravura appare dunque dipinto a tinte fosche, ma le parole di Victorino Martin jr., che non condivide il pessimismo imperante, riportano un pò di lucidità e speranza.
Questo ritorno alla natura primitiva è sì possibile, ma deve essere il frutto di una ricerca instancabile presso i ganaderos.
La sua argomentazione sfiora e si accavalla al paradosso, ma risulta eloquente: la bravura naturale e antica è un ideale da ritrovare e ricostruire, deve essere oggetto di un lavoro e di una ricerca incessanti. Deve essere rimodellata poco a poco dall'uomo, e questo percorso costituirà di per sé un grande fatto culturale.
Per Victorino Martin jr si tratta di trovare un toro adatto alle regole del toreo moderno, ma che conservi la sua forza bruta e la sua capacità di sorprendere: "amo cercare il toro primitivo, quello che riserva delle sorprese".

La corrida è, in conclusione, lo spettacolo e la mostra della bravura.
Le circostanze attuali fanno sì che questa misteriosa qualità, oggi minacciata e quasi aleatoria, debba a tutti costi essere recuperata, pena la sicura e veloce fine della fiesta.
La nuova temporada che sta per iniziare ci dirà se l'inversione di rotta è iniziata.


(foto Ronda - San Sebastian)

lunedì 2 febbraio 2009

Il programma di Arles


Sabato è stato reso ufficiale il programma della feria di Pasqua ad Arles: lo leggete sul sito dell'arena.
Partiamo subito dalla nota dolente, che ha creato un certo scompiglio nell'aficion francese essenzialmente ma nonsolo, seguita da una polemica a tratti anche dura rimbalzata tra blog, siti, giornali, club taurini.
El Fundi non è previsto in nessuna corrida.
L'impresa, spalleggiata dal prezzolato André Viard dalle colonne di Terres Taurines, sostiene che l'assenza del torero spagnolo sia dovuta alle sue eccessive pretese economiche.
El Fundi risponde dichiarando di aver dato la sua totale disponibilità ai gestori dell'arena per trovare un accordo, ma di aver trovato una eccessiva rigidità alla quale non ha inteso piegarsi.
In mezzo, gli aficionados giustamente delusi e incapaci di spiegarsi per quali ragioni l'impresa Jalabert non abbia fatto ogni sforzo per programmare un torero che nella plaza di Arles non si è mai risparmiato, combattendo sempre corride dure, salvando ben più di un pomeriggio e soprattuto che ha regalato l'anno scorso di fronte ai Miura una prestazione emozionante e di grandissima scienza torera.
Delizioso l'intervento scomposto del funambolico Viard, che rimproverava al Fundi di essere torero incapace di portare gente all'arena e quindi di non gratificare il botteghino a sufficienza: secondo il direttore di Terres Taurines, la presenza del torero alla corrida concorso dello scorso settembre non ha impedito di registrare solo una mezza entrata sugli spalti.
Geniale, considera che in realtà El Fundi quel giorno non era ad Arles.
L'epilogo della vicenda, molto torero, è che El Fundi (non programmato nemmeno per la feria di settembre) ha deciso di presentarsi comunque alla cerimonia ufficiale per la comunnicazione del programma, sabato ad Arles: un gesto che sembra aver gettato nell'agitazione totale lo staff organizzativo, e mandato invece in sollucchero gli aficionados presenti.

Ma torniamo al programma della feria.
Al netto della sopraccitata ed insipiegabile assenza, per il resto l'impresa è riuscita a confezionare un cartel di indubbia qualità, che riesce a conciliare esigenze imprenditoriali, appetibiità e originalità delle combinazioni, soddisfazione delle diverse aspettative che albergano negli appassionati.

La tradizionale corrida di rejon del lunedì mattina presenta la sfida tra Hermoso de Mendoza e Diego Ventura: scommettiamo fin da ora sul no hay billetes.

Detto della novillada senza picador che come sempre darà spazio a giovani allievi delle scuole taurine franco-spagnole, le due novilladas del sabato e domenica mattina offrono cartels ad alta connotazione transalpina.
Al sabato il ferro sarà infatti quello di Margé, reduce da una temporada confortante tanto in corrida quanto in novillada: tori assai ben presentati e non senza un certo motore. Davanti a loro le due promesse locali Marco Leal e Roman Perez e il salmantino Juan del Alamo, che farà la sua presentazione in novillada piccata.
Alla domenica mattina sarà protagonista una ganaderia provenzale: Dos Hermanas, sangue domecq. Di nuovo Marco Leal al cartel (ce lo ricordiamo debuttante in novillada con picador nell'aprile 2006, questo sarà probabilmente l'anno del suo passaggio alla categoria superiore), accompagnato questa volta dal concittadino arlesiano Tomasito e da Luis Miguel Casares.
Sulla carta due buoni programmi, considerando tra l'altro che Arles è abituata a dare novilladas di spessore e interessanti, regolarmente fra le cose migliori della feria.

Piatto forte del ciclo pasqua, ovviamente, le quattro corride pomeridiane.
Si parte forte, perlomeno sul piano mediatico, con il pluriannunciato mano a mano tutto francese tra Juan Bautista e Sebastien Castella, al venerdì. Torneremo nelle prossime settimane su questa sfida che prova a riportare nella tauromachia la grande ed ormai perduta tradizione di dualismi e rivalità: certo è che mettere in apertura di feria un cartel del genere significa puntare subito la barra in alto e candidarsi ad orientare tutta la stagione delle altre arene nazionali.
Tori di Domingo Hernandez, comodi e inclini al trionfo (quello dei toreri, non il loro): non si poteva pensare ad altro.

Seconda corrida per le figuras quella del sabato: Daniel Luque, di recente alternativa, si vedrà accompagnato al paseillo da El Juli, che ha sulla sabbia di Arles una sorta di giardino privato, e Miguel Angel Perera, il trionfatore della stagione passata, che punta convintamente e da qualche tempo al trono di numero uno.
Se i tori tengono (Jandilla, ancora e ovviamente domecq) potremmo vedere delle buone cose.

La corrida di Pasqua è per i Miura, allevamento che i lettori di questo blog dovrebbero ormai conoscere. Sarà la prima volta di fronte ai tori di Zahariche per il giovane francese Julien Lescarret, al suo fianco il veterano ed eccessivo Padilla e Rafaelillo, che si è ritagliato per coraggio e pundonor uno spazio tra i grandi e pure nel nostro personale clan dei preferiti. La famiglia Miura ha un solido e decennale rapporto con Arles, fatto di corride tragiche e trionfali: possiamo sperare che abbia tenuto da parte un buon lotto per la corsa pasquale.

Si chiude il lunedì con la A coronata di Victorino Martin, per tante ragioni ganaderia-feticcio dell'aficion europea. Apre il cartello Antonio Ferrera, che l'anno scorso è stato il torero ad aver affrontato più victorinos in assoluto, e di cui si ricorda un trionfo epico ed eroico a Pamplona nel 2006, di fronte a questi tori. Secondo al paseillo El Cid, in questo momento il miglior specialista in fatto di victorinos, capace di chiudersi da solo contro sei nell'arena di Bilbao, o incantare l'aficion di Madrid o Siviglia in combinazione con questa divisa. Infine Mehdi Savalli, di Arles, che con questa corrida si gioca davvero molto: da alcuni mesi nelle esperte mani di Denis Loré, l'ex enfant prodige della città provenzale deve rilanciare una carriera negli ultimi tempi finita in un pantano senza troppi sbocchi, e ha scelto la strada delle corride dure con allevamenti di rispetto per provare a farlo. E' difficile immaginare che lotto abbia selezionato la casa per la corrida di Arles, certo è che don Victorino conosce come pochi altri allevatori i suoi tori ed è in grado di piazzare regolarmente il toro della feria nelle mani migliori. Saremmo quasi pronti a scommettere che almeno uno dei sei sarà un esemplare dalle ottime qualità, e che capiterà in sorte proprio a El Cid.

Una feria che in quattro giorni riesce a programmare una corrida di Miura e una di Victorino (con El Cid al cartel), due corse con nomi come Perera, Castella, Juli e JB, una corrida a cavallo con quei protagonisti di cui si è detto, più due novilladas con picadores e una non piccata...è secondo noi una feria assai ben costruita, non solo equilibrata ma anche decisamente appetibile.
Certo come ogni programma anche questo ciclo lascia spazio ai rimpianti e a qualche recriminazaione: non ci sono Tomas né Ponce direbbe qualcuno, non ci sono gli Escolar Gil o i La Quinta direbbe qualcun altro, non c'è El Fundi diciamo tutti.
Ma è indubbio che l'affiche, se proviamo a dimenticare l'orribile uovo di pasqua con i tori a mò di fiocchetti che vi campeggierà, darà ben più di una soddisfazione a leggerla tutta insieme.
Arles si conferma quella che a noi sembra da tempo, un'arena senza le punte di eccellenza di altre (che siano qualitative o quantitative) ma nei fatti solida, di garanzia, capace di disegnare ferias ogni anno più attraenti.
Un buon inizio di stagione.

(foto Ronda - non l'uovo - l'arena di Arles, 22 marzo 2008)