La fermata della metro è quasi omonima, Ventas.
Line rossa o linea verde, a seconda.
Pochi gradini per arrivare alla luce e lì a sinistra enorme, austera, elegante, Las Ventas.
Un colosso di mattoni e ricami, un monumento vivo alla grandezza del toro e del toreo, il tempio sovrano della tauromachia.
La plaza de toros più importante del mondo il non ovviabile ritornello, abusato ma vero.
Las Ventas, la mas grande.
Las Ventas quando è piena, sol y sombra, i tendidos e le gradas di sopra, è una comunione di sentimenti, un teatro a cielo aperto per una prima irripetibile, una barocca cattedrale pagana, a suo modo e allo stesso tempo dogmatica e blasfema.
Los olés de Madrid son únicos. Y los silencios, también. Cuando te estás cruzando con el toro y la gente pide silencio, y se produce esa expectación tensa, ese runrún, y luego cada muletazo explota en un olé, no hace falta música, ha detto una volta Cesar Rincon.
Gli olé di Las Ventas sono una scarica elettrica, il primo sorprende e stordisce, ma dal secondo ti penetrano nel corpo e nello spirito per attaccarsi infine alla pelle, il ricordo più indelebile, il brivido più eccitante, la partecipazione unisona a una liturgia effimera, che mai sarà più.
Gli olé di Las Ventas sono un mormorio al primo muletazo, poi quasi un grugnito, e infine finalmente ruggito, gli olé di Las Ventas sono un ruggito sordo e cavernoso che unisce sole e ombra, che spinge le corna del toro nella stoffa rossa, che sostiene come un appoggio invisibile, dritto nel suo abito di oro e riflessi, il torero.
Gli olé di Las Ventas sono musica, e infatti a Madrid no hace falta musica, non c’è bisogno di musica, e la banda tace quando il toro è in pista.
Durante la Feria de la Comunidad se ne sono sentiti pochi, quest’anno, di olé a Las Ventas.
Ma quei pochi sono bastati a depositarsi là dove non verranno cancellati: che senza, il ricordo di Madrid e della sua plaza sarebbe meno giusto, incompleto, irrispettoso.
(foto Ronda - Las Ventas il 2 maggio 2008)
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