domenica 28 febbraio 2010

Risveglio




E poi succede all'improvviso, da un giorno all'altro.
Le lancette dell'orologio si riallineano, gli elementi si riuniscono e ormai combaciano, in posizione.
Si riparte.

L'aficionado ha i sensi allenati e vigili, in questi giorni.
E' il primo ad annusare quell'aria, a riconoscere quel cielo, a capire.
Quel profumo indescrivibile di petali e umori, di ormoni e germogli, odore animale e delicata essenza.
Proustiana meccanica, evoca suoni e colori, struggimenti ed emozioni.
L'aficionado è il primo a leggere i segni del cielo, ad assaporare il timido caldo che dolcemente veste i pomeriggi, a omaggiare i pallidi raggi che trafiggono le nuvole, aprendo squarci e varchi al sole che verrà.

Cerca nei dischi messi in letargo, e i pasodobles di nuovo si impongono, eterni, dalle casse dell'autoradio, o nelle cuffie dell'Ipod.
Calle Sierpes, Manolete, La Gracia de Dios, quelli forti.

L'aficionado è il solo a indovinare, nella frizzante arietta di fine febbraio, sfumature di anice o richiami di manzanilla, afrori di sigaro e sudore e sangue, fragranze di cuoio e fritti penetranti.
Li porta il vento, o forse erano sempre lì, occorreva solo scuoterli, farli vibrare, riaffiorare in superficie.

Le praterie spagnole crescono erba fresca a nutrire quei corpi neri, si riaprono i bauli e si lucida l'oro delle giacchette, si affilano i metalli.
L'aficionado pensa anche a questo, si immagina quei gesti, ripassa e scorre il calendario, si ciba di ricordi e si abbevera di fantasie.

Disgelo, risveglio, rinascita.

La primavera è in arrivo, sta iniziando la stagione.
Tornano i tori.

(foto Ronda)

lunedì 22 febbraio 2010

Una foto (3)

IN PRIVATO


Tienta da François Andrè, giugno dell'anno scorso.

(foto Ronda)

sabato 20 febbraio 2010

Aficion del Tio Pepe


A chi folgorato sulla via di Las Ventas, al nuovo adepto che si affaccia ai misteri della tauromachia, all'aficionado all'inizio del cammino, all'appassionato in cerca di riferimenti e punti fermi...a chi mi chiedesse un libro, un solo libro sui tori da portare sull'isola deserta o tenere a portata di mano sul comodino, pronto all'uso, beh non avrei dubbi.
Un consiglio secco, senza indecisione: Aficion del Tio Pepe è il libro da leggere.

Aficion sta alla letteratura taurina come Cent'anni di solitudine sta a quella sudamericana, La Repubblica di Platone sta alla filosofia politica, il Don Chisciotte al romanzo picaresco: un testo che segna un prima e un dopo, che è paradigma e modello, completo, rigoroso, appassionante e a tratti anche divertente.

Costruito come dialogo tra un aspirante aficionado, ben poco aduso alle cose taurine, e lo stesso Tio Pepe, Aficion è un libro di carattere, che sprigiona autorevolezza dalla prima all'ultima delle sue righe, che parla e spiega a chi vuole capire, a chi già sa, a chi pensava di sapere.
Nelle risposte alle domande a volte innocenti a volte più ficcanti del suo intervistatore, Tio Pepe sciorina una sapienza non comune, ne approfitta per illustrare i fondamenti della tauromachia, per insegnare l'amore verso il toro, per dare coordinate.

il libro non è facile da trovare, fuori edizione ormai da un bel pò è reperibile solo su internet a prezzi non sempre accesibili, e pure è un libro da avere, curare, e studiare.


Querencia significa il punto della pista dove il toro si posiziona di preferenza, perché lì si trova meglio che altrove? E' cosi?

Si, e quando da lì lo si è allontanato, se non si è attenti ci ritornerà subito. Non è grave se il toro bravo ha scelto per querencia il centro della pista, che è il suo vero posto. Semplicemente, il torero dovrà fare molta attenzione alla posizione in cui si metterà lui stesso per toreare, per non trovarsi, come un ostacolo, sulla traiettoria verso questo luogo privilegiatio; sennò sarà travolto e anche ferito. Dominare un toro bravo la cui querencia sta al centro della pista è l'essenza dell'arte del toreo.

Ma le querencias in altri punti che non siano il centro?

Il problema non è lo stesso. Può darsi che un toro elegga a querencia le assi lungo la pista, o soprattutto che si rifugi nei pressi della porta del toril, dalla quale è uscito pochi minuti prima. E' soprattutto questa querencia che è fastidiosa, e spesso pericolosa.

E dunque che fare?

Non ci sono che due soluzioni: o portarlo via da là o prendersi dei grossi rischi e torearlo nella querencia.
Più spesso il torero moltiplicherà gli sforzi per allontanare il toro da questa posizione. Bisogna avanzare ben di fronte al toro, offrirgli la muleta ben salda in fondo al braccio allungato, ed essere coscienti di chiamare a sé il pericolo. Poi, pian piano rinculando, senza che il toro perda di vista il panno a portata di muso, tirarlo verso il centro della pista o tutt'al più a metà strada, nei tercios. E' per questo che questi passi si chiamano passes de tiron. La riuscita è completa quando il torero riesce a trascinare il toro fino alla parte opposta della pista. E in ogni caso, appena lo si è tirato fuori dalla sua querencia, non bisogna mai abbandonarlo a sé, altrimenti immediatamente ritornerà verso il suo angolo favorito.
Il principio è dunque di disorientarlo, ma perché l'effetto sia duraturo il torero deve immediatamente incatenare dei passi diversi fino a che non avrà imposto la sua volontà all'animale.
Quando vedrete una cosa così, applaudite con tutte le vostre forze.

Seconda soluzione: toreare nella querencia.

E' un'altra tattica. Avanzare in questo ristretto terreno e qui provocare il toro è, lo capite bene, prendere dei rischi supplementari. Spesso attaccato alle assi, il toro dispone di accresciuti vantaggi: è nel suo terrreno e su più di 180 gradi è pronto a incornare ogni intrusione nel suo territorio.
Il torero deve avventurarsi alla portata delle corna, avendo ben cura di calcolare al centimetro il margine di sicurezza. C'è, ma non bisogna commettere errori. I primi passi saranno quasi sempre secchi e brutali, come per suscitare l'istinto difensivo dell'animale in aggressività. Allora due cose potranno succedere: o il torero riesce a portare il toro verso i tercios dove lui sarà più a suo agio, oppure dovrà costruire la sua faena sul posto, approfittando del fatto che il toro ha più confidenza con quel territorio.

mercoledì 17 febbraio 2010

Rafaelillo e Despencero




Mi ricordo precisamente l'istante in cui è stata scattata questa foto: lunedì di Pasqua 2008, un freddo siberiano e pazzesco all'arena di Arles, corrida di Miura.

Della corsa, Toros dirà che fu "di una solida presenza in pista" e che esibì una "invidiabile presentazione propria della casa": non fu un pomeriggio indimenticabile ma comunque una buona tarde de toros, con 14 assalti alla cavalleria, un Fundi magistrale e un quinto toro vigliacco e assassino come solo un Miura.
La foto qua sopra immortala la grandezza di Rafaelillo, un grande torero che non sarà mai un torero grande, ma a spanne direi che gli importi poco.

Mi ricordo un freddo bastardo con tutta l'arena intirizzita e stretta nelle giacche a vento e un uomo che sudava come fosse ai tropici: Despencero, miura cardeno di 530 chili, muscoloso e due corna da paura, lo stava obbligando a un combattimento duro e senza concessioni.
Quel toro riusciva a farci sentire il freddo ancora più freddo.
Ma Rafaelillo aveva caldo, sicuro, aveva caldo, sudava e teneva la muleta dritta, i piedi piantati per terra, e si metteva davanti.

Bruno Lasnier ha scattato quella foto quando Rafaelillo, al secondo tentativo, decideva che a Despencero proprio non voleva perdonare niente.
Devi essere torero per catapultare il tuo corpo così, giù da un pozzo di cui non vedi il fondo, in mezzo alle corna di un Miura di sei quintali e due corna aperte come i rami di un baobab.
Una cannonata, bum, il colpo di testa di Despencero, il corpo di Rafaelillo che si appoggia un attimo in mezzo alle corna e poi finisce subito a rotolare per terra, tre metri buoni più in là.
Quello stesso corpo dopo qualche minuto girerà la pista, sotto un'ovazione meritata e rumorosa.

Le foto di Bruno Lasnier, questa ed altre, sono qui.

lunedì 15 febbraio 2010

Pomodoro e i suoi colleghi




Pomodoro era nato nell'ottobre del 2002, aveva vissuto pascolando la fresca erba di El Palomar non lontano da Albacete, a casa Samuel Flores, ed era andato a morire combattendo parecchi chilometri più in là, oltre le montagne, sulla sabbia del circo di Arles.
Pomodoro.
Onestamente, non è che se la fosse cavata particolarmente bene.

Chissà lo straniamento, la confusione e lo smarrimento in quel povero animale.
D'altronde, essere toro selvaggio e chiamarsi Pomodoro implica necessariamente una frattura dura da sanare, tra l'immagine che hai di te, quella del toro fiero indomito e invincibile e l'idea che di te si fa chi legge, sul pannello, il tuo nome: un tenero animaluccio, tendente a qualche rotondità, goffo e inadatto alla lotta.

A Pomodoro l'anagrafe tutta particolare della bravura in effetti non ha fatto un grande servizio, ma non è che ad altri sia andata meglio.
A ideale complemento di quel grande pezzo di Durand già trasformato in un articolo su queste pagine (qui), incuriosito e affascinato dai possibili risultati della ricerca, nel fine settimana ho aperto il bauletto dei souvenir taurini e quindi sfogliato i vari sorteo messi premurosamente da parte.
Tra i nomi dei tori che ho visto combattere, in questi anni, si annidano alcune meraviglie che era un peccato destinare all'oblio: i tori visti ad Arles, o Madrid, o Bayonne, o Bilbao, e i loro nomi bizzarri, incongrui, fantasiosi, meritavano queste righe.

Pomodoro, dunque.
E insieme a lui quel giorno pure Rosmarino e Peperoncino, e anche un Fratone e un Erbivoro.
Samuel Flores.

Pettegolo chissà se lo era davvero, Vecchio a dire il vero non ha avuto modo di diventarlo particolarmente, e Contrabbasso evocava rotonde partiture jazz: usciti a Vic Fezensac, nel 2009.

I nomi dei tori da corrida, che incredibile faccia di un mondo ancor più incredibile.
Gioielliere, Argilla, Torcicollo.
O anche Faccia Sporca, Farmacista, o Locandiere.
E poi Cercatutto, Amaro, Lunatico.
Tori usciti in questi anni nelle plazas in cui mi sedevo.

Cosa spinge un allevatore a chiamare un suo toro Mafioso?
E cosa può pensare un torero sapendo di star portando la stoccata letale al toro Pigro?

Che bella la vita degli aficionados, che inconcepibile fortuna essere stati ammessi in questa nazione di artisti, di inventori, di romantici e poeti.
Sedersi all'arena, ascoltare distrattamente le note dei pasodobles sfiatati dagli ottoni della banda, e intanto sfogliare il sorteo e dare un occhio ai soprannomi dei sei.
Alta letteratura.

Pasticciere e Zuccheraio, Scandaloso o Scroccone, Abate o Diavolo.
E ancora Zingaraccio e Nigeriano, Duca e Figo, Carceriere e Tatuatore.
Fino a Napolitano, chissà se il nostro Presidente ha servito da ispirazione.

I tori visti in questi anni, questi e tanti altri: Ostinato e Negretto, Solitario e Rissoso, Tempesta e Moresco.
Burlone, Sciocco, Violetta.

E il Garofano Bianco naturalmente, nome regale per un toro maestoso.

(foto Ronda - su la Provence di qualche settimana fa ecco Garofano Rosa, il Maria Luisa della concorso 2010: la stirpe dei garofani non si interrompe)

domenica 14 febbraio 2010

Al macello




Partiamo dalla morale, che solitamente sta alla fine: a chi continua a martellare con lo slogan che identifica la corrida con un macello consigliamo vivamente di sfogliare questa galleria di foto.
Questo è un macello, il macello.

Prima di questo bel pistolotto anti-antitaurini, in realtà c'era una magnifica immersione nel mondo della fotografia, quella che World Press Photo ci regala mettendo online i migliori e straordinari album del 2009.
Fotografie davvero emozionanti.
Al terzo posto nella sezione "Storie" ecco il servizio di Tommaso Ausili, fotografo romano che seguì il Nucci sulle orme di Idilico, e autore di questo intensa e schietta raccolta di immagini.

E viene in mente l'autorevole e duro articolo di Vargas Llosa pubblicato su El Pais qulache anno fa, La ultima corrida:
"I nemici della tauromachia si sbagliano credendo che la fiesta dei tori sia un puro esercizio di malvagità nel quale una massa di irrazionali riversano un atavico odio contro l'animale. In realtà dietro la fiesta sta tutto un culto amoroso nel quale il toro è il re."
"Se gli abolizionisti visitassero una tenuta di tori da combattimento rimarrebbero impressionati nel vedere le infinite cure, le attenzioni e gli smisurati sforzi - per non parlare dei sacrifici economici - che richiede l'allevamento di un toro bravo, da quando sta nel ventre della madre a quando esce nella plaza, e della libertà dei privilegi di cui gode. Per questo, benché a qualcuno sembri un paradosso, solo nei paesi taurini (sono otto, ndt) si ama il toro con passione."

"E' più grave, in termini morali, la violenza che può derivare da ragioni artistiche ed estetiche da quella che deriva dal piacere della pancia?
Non solo i maiali sono brutalmente torturati per soddisfare il capriccioso palato degli uomini.
Praticamente non c'è animale commestibile che, al fine di aumentare l'appetito e il piacere degli uomini, non sia sottomesso, senza che a nessuno sembri importare molto, a una barocca varietà di supplizi e atrocità, dal fegato imbottito artificialmente delle oche per produrre paté, alle aragoste o ai gamberetti che vengono fatti bollire vivi perché sembra che questo spasmo d'agonia dia un sapore unico alla loro carne, ai gamberi ai quali si amputa una zampa alla nascita perché l'altra cresca deforme e gigante, e offra più alimento al raffinato degustatore".

(foto di Tommaso Ausili)

venerdì 12 febbraio 2010

Anche i Massive Attack



Alla ricerca di notizie in rete sul nuovo album dei Massive Attack, antico e mai sopito amore, ecco la sorpresa.
Del primo singolo Splitting the Atom, al quale è affidato il delicato compito di trascinare l'album alla ribalta degli ascolti mondiali, è stato fatto un video promozionale del tutto inaspettato.

Si ascolta e si guarda qua.

giovedì 11 febbraio 2010

Carteles




Siviglia ha reso pubblico il suo programma per la stagione 2010: lo si legge qua.
Passi per la piattezza sconfortante del ciclo, che sarà di gusto sivigliano ma è parecchio conservatore e scontato, ma con tutto il rispetto per la sua storia secolare un'arena così che mette nell'abbonamento una corrida con El Cordobes, Rivera Ordonez e El Fandi induce inevitabilmente ad un sentimento di tristezza.

Ma sempre a proposito dei prossimi tori, esattamente a 50 giorni dall'inizio della Feria di Pasqua sul sito dell'arena di Arles sono stati caricati i video dei sestetti che correranno sulla sabbia dell'arena (*).
La corrida concorso è un'antologia del meglio del toro da combattimento.


(foto Ronda)

martedì 9 febbraio 2010

No ai preservativi




Non inorridite, non è una repentina adesione ai folli diktat del Vaticano: sempre di tori si parla, e nello specifico di loro corna.
Le fundas sono l'idea che ebbero a Fuente Yimbro dieci anni fa, un'invenzione sotto forma di cappucci fallici con cui proteggere le corna dei tori.
Il ragionamento era semplice: perdiamo un sacco di tori all'anno perché magari battendosi o per altri incidenti che fanno parte della normale vita del campo si compromettono l'armatura, noi allora proteggiamo le corna et voilà, niente più perdite e un sacco di soldi in più.
Prima delle corride li scappelliamo, portiamo tori con le corna integre, non abbiamo resi e magari ci si spalancano anche le porte delle grandi ferias.
Va detto che sul piano imprenditoriale l'argomento non fa una grinza: e lo dimostra il numero di ganaderos che via via hanno adottato il rivoluzionario sistema.
El Pilar, o Victoriano del Rio ad esempio, tori incappucciati.
Certo qualche allevatore inorridisce al pensiero, e si rifiuta di mettere il condom alle corna dei suoi animali: Prieto de la Cal, o Palha ("è un afeitado psicologico") tra gli altri. Non ancora per tutti, per fortuna, una ganaderias di toros bravos è solo questione di soldi.

Il punto è che non si tratta qua di vasellame di porcellana o di telefonini ultrapiatti, il toro bravo non è un prodotto industriale come qualcuno forse crede (qualche aficionado compreso).
Il toro con le fundas è un toro inevitabilmente manipolato, ancora una volta e ancor di più prodotto dell'ingegno (?) umano e non più, sempre meno, paradigma e modello di una natura pura e indomita.
Il toro con le fundas è ancora un toro selvaggio?
No.
E risulta difficile pensare che il toro infundato sia ancora un avversario intatto non solo nel fisico ma anche nel morale, quando la percezione che ha avuto delle proprie corna è stata inevitabilmente falsata e pregiudicata.
I veterinari taurini di questo blog, poi, si spingono più in là e pongono dubbi tecnici di assoluta sostanza.
Ancora una volta l'idea di una fiesta autentica e perché no romantica è calpestata dalle ragioni del mercato, dall'idea sempre più prevalente che la corrida sia uno spettacolo redditizio e non una tragedia che ha giustificazione solo se autentica.
Le fundas sono una perversione che fa allibire.

E poi diciamoci la verità, i tori con le fundas sono ridicoli e fanno pena.
Animali maestosi, imponenti e autorevoli padroni del campo, incappucciati con quei preservativi come fossero patetici zimbelli di un circo di animali: che pietà.


Burladero.com ha dedicato una lunga inchiesta al decennale delle fundas, e la lettura delle dichiarazioni degli allevatori è illuminante:
1)
2)
3)

domenica 7 febbraio 2010

Prosegue il dibattito




Per chi vuole esercitare il proprio spagnolo, su ABC di oggi è pubblicato un decalogo di argomenti a favore della fiesta.
Qualcuno di sostanza, qualcun altro meno.

(disegno di Loky)

giovedì 4 febbraio 2010

Campo 2010


Quelli di Ceret hanno messo a disposizione sul loro sito le prime foto dei tori del 2010.
Legna ce n'è, su quelle teste...

martedì 2 febbraio 2010

Sulla bravura

IN PRIVATO

Tio Pepe, le vacche sono selezionate per la riproduzione?


Che domanda! Come potrebbe essere altrimenti?
Non sapete forse che la bravura può diluirsi e anche perdersi? La bravura è un tesoro, il più prezioso di tutti.
Un allevatore può sorvolare su difetti fisici, ma per quanto concerne la bravura non sarà mai troppo esigente.
(...)

Devo pensare che la bravura non sia uniforme?

Senza dubbio. D'altronde, il concetto stesso di bravura è equivoco. Per me, per molti tra di noi, la bravura è e non può che non essere sauvagerie, aggressività senza cedimento, impulso naturale e reazione offensiva a tutto ciò che riveste l'apparenza di una minaccia o di una sfida.
Reazione naturale, ereditaria, conservata dalla selezione.
Il termine diventa equivoco quando oggi ci parlano di bravura moderna.
Strani effetti della dialettica!
Così si intende, ho paura, il contrario della bravura specifica: un cammino verso la docilità, e di cui non è difficile scorgere il livello di pericolosità.
E' comprensibile che a questa tendenza, di origini commerciali, i toreri non si oppongano ed anzi la favoriscano.
E' questa che rende possibile una faena interminabile, le lunghe serie di passi, la provocazione fine a sé stessa.
(...)

Questa ricerca della bravura moderna è dunque anch'essa opera dell'uomo?

Altroché. Gli interessi giocano la loro parte, perché si tratta così di favorire la corrida-spettacolo a scapito della corrida-tragedia. Esiste dunque, soggiacente, una volontà di dirottamento, di sviamento.
(...)

Insomma questa tendenza all'addolcimento della bravura ha per obiettivo nient'altro che proporre un toro più facile, o più docile?

E' proprio così. E' sufficiente vedere come qualche allevatore, che si è speso per preservare intatta la bravura autentica in animali dall'aspetto imponente, ha visto il proprio nome finire nella lista nera, rifiutato dalle superstar e respinto dalle seconde linee.
Perché non sbagliatevi: il toro veramente bravo, passata la soglia dei quattro anni, mette gambe all'aria la maggior parte dei toreri attuali.
Quei toreri, per farla breve, che portano il titolo di matador de toros ma che dispiegano il loro talento solo in presenza di un partner docile.

- da Aficion, de El Tio Pepe -

(foto Ronda)