martedì 21 aprile 2009

Savalli e i Victorino

Il lunedì di Pasqua segnava il ritorno del ferro di Victorino Martin sulla sabbia di Arles, dopo anni di esilio forzato: se si aggiunge che il cartel prevedeva di fronte agli albaserrada di don Victorino la presenza di due autentici specialisti (Antonio Ferrera e soprattutto quell'El Cid universalmente riconosciuto come il miglior interprete di questa ganaderia) si capisce perché il pomeriggio aveva fatto venire l'acquolina in bocca, da subito, a parecchi aficionados.
Il sole finalmente ritornato a illuminare il cielo provenzale aveva fatto il resto: arena piena.
Dopo poco più di due ore tutti i pronostici erano ribaltati: i Victorino erano sì usciti magnifici per presentazione ma ripensando ai Miura del giorno prima erano sembrati più una buona corrida commerciale che altro, El Cid abbandonava il circo romano sotto una fragorosa e giusta selva di fischi, ed era invece Mehdi Savalli a passare con il sorriso sulle labbra e le due orecchie in mano sotto le volte della porta grande.

Questo blog è inutile nasconderlo ha un affetto particolare e spontaneo per il torero arlesiano, di origini italo-marocchine, che seguiamo dai tempi delle novilladas, che abbiamo applaudito all'alternativa, che abbiamo visto progressivamente soccombere alle tristezze di uno stile volgarmente populista.
Non nascondiamo che pure noi, alla lettura del programma della feria che associava il nome di Savalli alla A coronata dei Victorino, abbiamo avuto ben più di un dubbio: opinione condivisa da tutti gli appassionati con cui avevamo avuto modo di parlare, e rimbalzata su blog e forum, Savalli non sembrava avere ancora né i numeri né la maturità sufficiente per affrontare quei tori.
Si sarebbe fatto mangiare, insomma.
E che sorpresa vederlo invece così sobrio, classico, fermo e sicuro, dominatore, ispirato ma contenuto di fronte ai suoi due, e così buono con quel sesto che gli permetterà di raccogliere un trionfo rotondo.
Bravo, Mehdi, e ora suerte.

I Victorino li avevamo visti ai corrales al giovedì: era di gran lunga il lotto più bello, tori proporzionati, corna importanti e orientate verso l'alto, leggeri ma donando un'impressione di bravura e carattere.
Perlopiù cardenos (quando cioè il colore grigio del manto è dato dall'insieme di peli bianchi e neri), tutti sopra ai cinque anni, i tori spagnoli da decenni feticcio dell'aficion mondiale erano di nuovo ad Arles: un apprezzabile equilibrio nel peso (dai 500 del più leggero ai 550 del più pesante) aggiungeva una sensazione di compattezza al sestetto che, sia detto, è uscito tutto sotto gli applausi (ovazione per il quarto, silenzio per il secondo).
Il comportamento in pista è stato omogeneo, se si eccettuano le intemperanze del secondo e le asprezze del quinto: al cavallo una discreta forza ma poca bravura, con punte di reticenza anche, e alla muleta una straordinaria determinazione e continuità nella carica.
Era la nostra prima corrida di Victorino e abbiamo trovato nei suoi tori delle incredibili macchine da assalto, testa bassa a partire dal primo muletazo, muso incessantemente nella sabbia e corna a cercare il panno rosso o le caviglie del torero, a girare e rigirarsi continuamente.
Certo è che gli albaserrada oggi non sono più quei mostri terrificanti con cui don Victorino esordì negli anni settanta: con ancora negli occhi le durezze della miurada del giorno prima, questi sono sembrati più dolci e prevedibili.
Per sintetizzare in una sola frase, una buona corsa, viva e vibrante, ma alla quale è mancato il piccante, l'emozione, il brivido.
E non siamo i soli, probabilmente, ad essere usciti con un piccolo retrogusto di delusione e incompiutezza.

La corrida è stata guastata poi dai due toreri più attesi, quelli che perlomeno per curriculum avrebbero dovuto e potuto approfittare della casta mista a nobiltà nella carica dei sei.
Passiamo velocemente sulla prova di Ferrera, a tratti addirittura irritante per l'idea che si debba toreare il pubblico prima che il toro: un continuo vociare a chiamare gli olé, passi coreografici ma senza nessun dominio, tercios di banderillas più pallidi del solito.
Pellero (520 kg), il primo del pomeriggio, in altre mani avrebbe lasciato in Provenza orecchie, coda e chissà cos'altro: Ferrera lo sciupa, lo ignora, lo amministra goffamente, uno scempio.
Un'orecchia al suo secondo, al quale pure è riuscito a tirare qualche buona serie con la destra e soprattutto con la sinistra: segno che evidentemente Ferrera quando vuole sa toreare e lo sa fare anche discretamente bene.

El Cid in questi anni è uscito in trionfo nelle corride di Victorino a Siviglia a Bilbao e a Madrid: quali migliore combinazione, oggi, di quella che inserisce il suo nome in una victorinada?
Bene, ad Arles il torero è uscito a piedi sotto una bordata di fischi, non uno solo di questi ingiustificato, riservatigli da un pubblico che si è sentito letteralmente derubato e insultato.
E' vero sì che il suo primo avversario dal nome bizzarro e poco profetico di Muchamiel (510) poneva parecchi problemi: dopo aver spinto forte e bene al cavallo in due incontri, il toro arrivava alla muleta oggettivamente complicato.
Dando l'impressione di aver capito tutto e subito, Muchamiel alternava colpi di testa indifferentemente a destra e sinistra, a mezza altezza dritti alla cintura del Cid e insensibile ai richiami della muleta, e a questi alternava cariche dritte ai polpacci del torero.
Toro difficile, nessuno lo nega.
Ma questo non autorizza a disfarsene dopo due-serie-due, spedendolo al creatore peraltro malamente, e dopo aver inscenato una sorta di pantomima facendo no no col testone, a voler convincere il pubblico che non c'era nulla da fare.
Brutto.
Il quinto, dopo essersi poco impiegato alla picca, alle banderillas non perdonava il minimo errore dei peones. Nel terzo atto Muleto (non proprio nomen omen) vendeva cara la pelle, impegnandosi ad attaccare senza esitazione qualsiasi cosa si muovesse di fronte alle sue corna, fosse un panno rosso o le gambe del torero.
El Cid riusciva a risolvere solo in parte i problemi posti da un toro difficile, e in un paio di serie a destra ci mostrava di cosa è capace. Un'intera al primo assalto, e qualche applauso.

Entra per terzo Madanero, 500 kg, e con quattro veroniche classiche, eleganti e precise, Savalli ci dice che il pomeriggio sarà diverso da come ce lo aspettavamo.
Alla muleta il toro è molto buono a destra, con una carica lunga e senza soluzione di continuità, e quasi inabbordabile a sinistra: faena inevitabilmente incompleta del giovane arlesiano, ma che pure mostra a tutti i progressi del torero e i frutti del lavoro svolto in inverno con il suo nuovo maestro Denis Loré. Un paio di serie a destra, potenti e profonde, sono quanto di meglio visto fino a quel momento. Caporetto alla spada, 4 entrate più due descabellos, e qualche isolato applauso nel silenzio dell'arena. Ma qualcosa nella testa degli aficionados più attenti ha cominciato a macchinare.
Col sesto cambia tutto, la féria trova "la" faena del ciclo, Savalli ritrova fiducia e toreria e forse anche un futuro.
Dirigido, con i suoi 540 chili, è di gran lunga il migliore dei sei victorinos del pomeriggio: alla capacità di caricare instancabilmente di tutti gli altri aggiungeva anche quel brio e quel carattere che ne facevano un toro se non completo perlomeno parecchio interessante..
Confessiamo che la ricezione in ginocchio alla barrera (doppia larga afarolada) di Savalli ci faceva temere il peggio, un ritorno alle soluzioni populiste e fanfaronesche del (recente) passato: ma presto in piedi, il torero somministrava tre veroniche notevoli, di gusto e potenti, a Dirigido, e tutto si rimetteva sui nuovi e promettenti binari.
Amici presenti nel callejon ci diranno poi che tra le due figure con la capa, in mezzo ci sia stato tempo per un Denis Loré che a denti stretti e con sguardo torvo ruggiva a Mehdi di non fare pagliacciate. Bene.
Al cavallo Dirigido si abbandonava in un duplice assalto ben contenuto dal picador di turno, e alle banderillas pur se con alterni risultati (il secondo il migliore) Savalli dava una nuova dimostrazione di sobrietà e sincerità.
I dieci minuti successivi saranno un crescendo di dominio e attitudine torera: muleta bassa, bassissima, Savalli approfitta dell'ottimo corno destro di Dirigido per imporre la sua legge, il terreno giusto è presto individuato e i passi disegnano traiettorie ipnotiche e suadenti.
Il toro a destra regolato, dall'altra parte arrivano due serie anche queste molto buone, tre naturales penetranti e luminosi scatenano gli olé del pubblico.
E', di tutta la feria, il miglior accoppiamento tra un uomo e un toro: alla faena manca qualcosa, sì, forse un pò di ritmo e un pò di scioltezza (quasi che Savalli fosse concentrato più sul far bene che sul fare in sé), ma le serie si susseguono pulite e potenti, puntuali, limpide, e pure armoniose e dolci come non ci saremmo aspettati..
Dirigido, molto mobile e instancabile, non smette un attimo di lanciare le corna nella muleta, la testa sempre bassa e il braccio di Mehdi altrettanto, ma alla fine è dominato, vinto, battuto.
Sospira Savalli prima di entrare con la spada, sospirano con lui tutti i dodicimila presenti.
In Dirigido oltre a tutte le speranze di Savalli entra anche la spada intera, certo non perfetta e evidentemente caduta (uno scarto del toro all'ultimo istante ha impedito di meglio collocarla): ma il pubblico giustamente esplode la sua emozione pretendendo le due orecchie per il torero, che il presidente alla fine concederà.
Confrontate alle due di Padilla o a quelle del venerdì per il mano a mano, ne valgono quattro.
La faena della feria, senza ombra di dubbio, e forse la rinascita di un torero che la sua città ha amato fin dall'inizio e che lunedì ha sostenuto prima con affetto (al paseo) poi con vero entusiasmo.
E' l'anno della svolta per Savalli, o dentro o fuori, e meglio non poteva iniziare.

(foto Ronda - Savalli il lunedì di Pasqua ad Arles)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

sono contento che savalli stia pian piano conquistando il tuo credito. dall'alternativa ad oggi (credo di averlo visto 5 volte) sempre qualche piccolo miglioramento (+serietà -pagliacciate). non stento a credere all'aneddoto su lorè. mai stato un fenomeno, ma sempre elegante coraggioso e rispettoso dell'avversario oltrechè maestro del bestiame "lourd". (lo ammetto: uno dei miei preferiti).
così come sono contento (vedi articolo miura) che ti stia ricredendo sulla qualità media del pubblico e della aficion arlesiana. (anche i turisti stanno imparando a non fare troppa caciara?).
il tuo blog (complimenti) non può che migliorare questo aspetto.
in mezzo al delirio di baggianate (sia chiaro, a favore o contro) che infestano il web, servirebbero più siti come il tuo che stimolino il dibattito a patto che gli interventi siano supportati da una minima informazione di base.
ripeto! a favore o contro!

RONDA ha detto...

Non mi sto ricredendo né su Savalli né sul pubblico di Arles.
Abbiamo visto Mehdi all'apice della condizione di novillero e poi l'abbiamo visto precipitare, da torero, in uno stile populista ed imbarazzante: la prova di Arles con i Victorino conferma che il giovane torero, se messo nelle mani giuste, può fare bene.
Il pubblico di Arles ho sempre pensato fosse mediamente più colto, attento e conoscitore di altre aficion francesi o spagnole che mi è capitato di conoscere: anche per quello ci piace tornare, ogni anno, a Pasqua.