venerdì 31 agosto 2012

Diego Urdiales alla domenica

Giornata assai poco bilbaina, domenica scorsa.
Fin dal mattino il cielo si era colorato di un azzurro intenso e meridionale, poche e candide le nuvole a punteggiarlo, qui e là: si aggiunga una temperatura prima piacevole e poi decisamente calda nelle ore del mezzogiorno e, se non fosse stato per il balletto dei giganti e le intemperanze dei testoni, si sarebbe potuto pensare di stare ad una qualche feria del sud.
Domenica a Bilbao era la giornata dei Victorino Martin, posti in chiusura di un ciclo fino a quel momento assai povero di tori ed emozioni, e nei bar la sera prima si parlava di una settimana che di grande aveva solo due cose: la imprevista generosità del presidente Matias nel distribuire trofei e nel far sfiatare gli ottoni, e la insospettata pazienza di un pubblico un tempo più rigoroso ed esigente.

Bene, domenica insieme al sole a Bilbao è tornata anche l'emozione, quella che dal centro della pista si irradia sulle gradiante, quella che unisce migliaia di persone in una unica aritmia cardiaca, quella che fa trasalire e poi rinascere, quella che grida que vivan los toros!.

Non siamo stati certo al cospetto della corrida del secolo, questo no, ma i sei victorinos sono arrivati sulle sponde del Nervion con una qual certa casta nelle vene e imprevedibilità nelle intenzioni
Di presentazione non certo eccelsa, restii a piegarsi e chinare il collo fatta eccezione per un quinto (no hay malo) ordinato e stucchevolmente nobile, i tori della A coronata hanno comunque evidenziato qualità e personalità a diversi gradi. Quattro sono usciti sotto gli applausi, uno si è guadagnato l'ovazione dei presenti.
Giornata di poca fatica per i picadores, ché i tori di domenica avevano poco interesse per il cavallo e poca bravura nelle vene: e pensare che il sangue albaserrada, nella sua versione Escolar Gil, è capace di dare spettacolo autentico nel primo atto (cfr Ceret, of course). I tori, dopo un tercio de varas perlopiù anonimo, prendevano aria alle banderiglie e si presentavano rinfrancati e cocciuti nell'ultimo balletto, obbligando gli uomini a sudare per venire a capo delle loro complicazioni.

Javier Castaño ha avuto a che fare con un autentico farabutto, quel Conducido uscito in seconda posizione e che gli ha regalato un bel ricovero in ospedale: la ricezione alla capa era un naufragio, con il victorino che ad ogni passo spingeva sempre più il torero contro le assi, fino a disarmarlo e quasi inchiodarlo, letteralmente, al legno. Strumenti in mano, l'uomo doveva affrontare un avversario vigliacco e duro, sempre pronto a colpire con montanti spaventosi: muleta per aria, torero per aria, un corno infilato nei pantaloni e due costole rotte. Scosso e instabile, Castano trovava comunque la forza per portare il colpo di spada prima di salire sull'ambulanza.

Luis Bolivar ha prima patito la casta frenetica e isterica del terzo della giornata, al quale sono bastate poche galoppate per mandare l'uomo per farfalle: quattro assalti alla picca e una rabbia costante nell'ultimo atto, Esoterico rimane per noi il toro della giornata, fischi e sconfitta per il torero; così maltrattato, il colombiano deve aver tirato un bel sospiro di sollievo al vedere le buone maniere di Bostecito, uscito penultimo,  che ha permesso al suo torero di montare una faena gradevole benché di scarsa sostanza, incatenando passi armonici ma mai caricando sulla suerte, pur se con un'apprezzabile distanza offerta ad un toro che amava le cavalcate.

Un toro dunque per Castaño, due per Bolivar e tre per un Urdiales che si doveva evidentemente occupare anche dell'eredità dell'infortunato.
Ecco, Diego Urdiales è un torero. Un torero valoroso, sincero, pulito, vero.
Tanto Perera il giorno prima accompagnava superficialmente la corsa del toro, senza piegarlo, con il compasso delle gambe oscenamente aperto e rettilineo, tanto Urdiales domenica rimaneva verticale, in mezzo, cesellando i passi uno a uno, obbligando i suoi opponenti a torcersi, vincendoli.
Veder tirare dei passi uno alla volta, per costruirli giusti e profondi, per poi ricollocarsi e di nuovo servirne, uno per uno...che piacere, che sapore di toreria autentica e antica.
Diego Urdiales domenica ci ha insegnato che una faena, per essere bella, può anche essere di dominio schietto, può essere lenta e misurata e punitiva, può essere sincopata e sobria: e ci ha ricordato che il toreo puro attira dentro, e non spinge fuori, che il toreo puro non ha bisogno di barocchismi e frivolezze.
Tre tori per lui, neanche a farlo apposta tre lavori in crescendo, fino all'acme finale.
Il pomeriggio bilbaino era aperta da Dirigido, il cui carattere aspro e riservato lasciava al torero poche possibilità ed anzi gli regalava un brutto spavento quando il toro, a metà lavoro, gli si faceva addosso. Con pazienza e mestiere Urdiales riusciva a trovare i giusti argomenti per sottomettere un animale che nel corso della faena si scomponeva fino a diventare oltremodo intrattabile. Ovazione per lui.
Terminato l'agonia di Bolivar a metà spettacolo, il toril sputava fuori i 568 chili di Hechicero, che andava a mettere le corna nella capa autoritaria ed elegante di Urdiales. Arrivato appesantito all'ultima giostra, il toro seguiva soprattutto a destra la muleta e gli inviti, Urdiales avendo trovato con mestiere il terreno giusto. Le spirali sempre più strette, Hechicero assestava all'uomo una voltereta spaventosa che lasciava con il fiato sospeso per alcuni interminabili secondi tutta l'arena.Un'intera efficace, applausi al toro, una vuelta applauditissima.
La feria del nord era chiusa da Pachuqueño, non certo indimenticabile sotto il ferro del picador.
Con lui Urdiales instrumentava una faena d'altri tempi, fatta di passi ricamati e limpidi benché maschi e dominatori, un circo che di artistico aveva poco se non la ricerca del bello, ammirevole, con cui Urdiales ingentiliva alcuni passaggi a sinistra, ma che era essenzialmente vero ed efficace. Proprio a sinistra, con la muleta tenuta in punta di polpastrello e la figura verticale, arrivavano i momenti migliori della giornata.
Alla suerte suprema, Urdiales metteva a disposizione di Pachuqueño la propria vita, entrando dritto e rischiando tutto. Un'orecchia di peso.

Al termine di tutto questo, mentre qualcuno sui gradini scandiva torero-torero, mentre l'alguacil a passi lenti si avvicinava, Diego Urdiales, in mezzo all'arena, piangeva compostamente.


(foto Ronda - Bilbao)


3 commenti:

fabian ha detto...

salve! mi piace tanto il tuo blog! sono aficionado a los toros da circa un anno solo, ma imparo sempre più cose, grazie anche a te! per altro, vivendo in un paese talmente poco taurino come la germania è difficile trovare la gente per condividere le emozioni che dà un quite o una bel muletazo. immagino in italia non sia tanto differente. per questo fa piacere ogni tanto leggere le riflessioni di chi se ne intende! un caro saluto!

Anonimo ha detto...

Bravissimo blog y bravissimo Urdiales.Ho avuto la fortuna di essere lí per poter vederlo !!
Saluti dalla Spagna!!

RONDA ha detto...

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