C'è un Pana che conosco io, personaggio dalla grandezza monumentale e che suole ripetere "vedo la gente morta". Francamente non ho mai capito se in quei momenti di intensa attività alcoolica il Pana veda sul serio, che so, lo spirito di Victor Hugo o di Michael Jackson aggirarsi nei dintorni, o se invece la sua sia una acuta e metaforica analisi dell'apatia regnante nella nostra società. In ogni caso, il nostro Pana è unico e inarrivabile.
Poi c'è El Pana-El Pana, quello che alla Mexico aveva dedicato il toro alle puttane che lo avevano consolato e amato, quello del trincherazo più incredibile di tutti i tempi, El Pana che arriva ubriaco al paseillo, El Pana torero bohemien.
Anche questo Pana, al secolo Rodolfo Rodriguez, è un personaggio straordinario.
Di quelli che contribuiscono alla grandezza eterna della corrida.
In questa intervista, funambolica e per certi versi straziante, El Pana parla di sé in terza persona e già questo basterebbe a metterlo sul piano dei più grandi: anche Maradona parlava di Maradona. Rodolfo Rodriguez, l'uomo, in realtà fa di più: parla del Pana, il torero, come di un'entità astratta, un personaggio fittizio, un altro da sé del tutto indipendente.
Straordinario.
Il personaggio del Pana ha influenzato Rodoldo Rodriguez?
Sì, in tutto. Mi ha dato tutto quello che ho: la vita. Rodolfo fu il becchino, il gelataio, il panettiere, il ragazzo dell'autolavaggio che grazie al Pana riceve l'affetto e la riconoscenza della mia gente, la sua ammirazione e il suo rispetto.
Esiste una comunione da molto tempo tra El Pana e Rodolfo, è da due anni che sono astemio, c'è una comunione spirituale.
(foto Ronda)
mercoledì 29 febbraio 2012
El Pana parla del Pana
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