Capita di andare all'arena senza averlo previsto, e di farlo così, spontaneamente, sedotti dalla luce del cielo andaluso, dalla facciata elegante di quell'arena che vista dall'altra riva del Guadalquivir pare tanto distinta e tanto avvenente, dal richiamo eccitato dell'aficion che in ogni momento ti scuote, dalla storia di quelle terre che ad ogni passo incontri, per le vie e nelle taverne.
Capita di entrare in quell'arena senza illusioni, ed anzi ancora col sottile e fastidioso timore di avere appuntamento con altre due ore di vuoto amaro e marcio come quelle già vissute il pomeriggio precedente.
I venti minuti di Daniel Luque sono stati una riconciliazione, inaspettata e felice, il recupero di una fascinazione troppe volte negata, la pacificazione dei sentimenti.
Non c'è vita su Marte, ma forse c'è vita oltre Ceret.
Sette veroniche sette avanzando verso il centro e spingendo il toro in mezzo, la cappa gonfia e di comando, movimenti sicuri e precisi e il toro dentro, incapace di pensare ad altro.
Due chiusure eleganti, sicure, e la Maestranza ritrovava la grandezza che si addice ai suoi gradini, alle sue colonne, alle sue ceramiche.
Poi la stoffa rossa.
In dieci minuti Barberito e Daniel Luque fanno l'amore restituendo alla tauromachia l'assolutamente bello e l'assolutamente grande di cui può essere capace, quel patrimonio d'oro che migliaia di pomeriggi le violentano e brutalizzano mettendo insieme tori vuoti, invalidi, senza morale e toreri presuntuosi, sedicenti artisti, opportunisti.
In dieci minuti i loro corpi si attraggono e si sfiorano, si avvicinano e si respingono, si fanno centro e satellite, come nella migliore delle sevillanas.
La sabbia ocra della Maestranza diventata il tappeto sontuoso per questa danza ammaliante e tragica, colorata del rosso del sangue e ballata al suono del pasodoble.
Churumbelerias, per i taccuini.
Vita e morte insieme, la magia della tauromachia tutta che lo scrigno finalmente schiuso ora libera e infonde nelle anime e nei corpi dei presenti.
Luque domenica ha ricamato il toreo più sontuoso, lento nei suoi passi, rotondo: arte, coraggio, dominio perfettamente amalgamati, in una composizione sfaccettata e luminosa.
Faena di grazia e di autorità: fioriture barocche e gesta di autorevolezza, con la destra la forza dello scalpello che si insinua nel marmo, con la sinistra la bacchetta del direttore che dirige la più sensuale delle partiture.
A cucire, qualche trincherazo da sogno.
I passi naturali sono da soli inno perfetto alla solennità della corrida, e con la spada a terra il ritmo è scandito e imposto anche a destra, la muleta ora sola, le corna di Barberito instancabili e dentro.
L'opera si è compiuta.
Ma il torero non si è ancora definitivamente dissetato alla fonte dell'ispirazione, e Barberito ha ancora muscoli e rabbia.
Passaggio a destra, Barberito scivola da quella parte e Luque dietro le spalle sposta la muleta nella sinistra, Barberito attacca al richiamo, poi di nuovo dietro le spalle il panno nella destra, Barberito di nuovo sfila da quella parte, e ancora a sinistra, a destra, a sinistra, i piedi ben piantati nella sabbia.
La cesellatura dell'orafo più ispirato, la pennellata del pittore che fa grande una tela qualsiasi, il tocco del solista che fa cantare il violino.
Il maestro che eternizza la sua creazione.
E poi finalmente i due corpi si toccano, e lo fanno per tramite di quella lama che tributa entrambi: con la gloria l'uno, con la morte l'altro.
Riconciliazione: fortuita, e insperata riconciliazione.
Domenica 27 settembre 2009, la Maestranza di Siviglia, Daniel Luque e Barberito ci hano ricordato che la corrida sa essere anche occasione di espressione totale, arte e sentimento, sinfonia e tragedia, canto e passione.
Quando l'anima e il coraggio dell'uomo si incontrano con il muscoli e il sangue del toro vero, la corrida è esperienza sublime, incanto, grazia.
La corrida è bellezza.
ps: questo post inizialmente si intitolava Maledetti tutti i responsabili della decadenza della tauromachia, maledetti gli impresari, i manager, gli aficionados prezzolati, i toreri complici e i ganaderos conniventi che ci impongono la vergognosa parodia della corrida e che ci negano la sua grandezza e la magia dell'incontro tra l'uomo e il toro vero...ma oggettivamente sarebbe stato troppo lungo
(foto Ronda - Daniel Luque a Siviglia)
sabato 3 ottobre 2009
Riconciliazione
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2 commenti:
Bel racconto: bravi.
meraviglioso...l'incanto della corrida in parole.
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