mercoledì 7 ottobre 2009

Visita alla ganaderia di Sanchez Arjona (1)

Abbiamo spedito il nostro inviato speciale Marco a farsi un giro nelle terre taurine, la scorsa estate: pian piano i suoi scritti ci relazioneranno sulla bontà del viaggio.
Ecco il primo, diviso in due puntate per ragioni di spazio.

Visita alla ganaderia di Sanchez Arjona


Mi rendo conto che la metà di agosto non è il momento migliore per visitare una ganaderia spagnola di tori da corrida.
Senza contare il caldo soffocante, è come piombare a casa di un vignaiolo nel bel mezzo della vendemmia. Infatti è il periodo di massima attività taurina, i tori devono essere consegnati alle arene, molti lo sono già stati, e quindi non sono più nel campo. Ma trovandomi per turismo dalle parti di Salamanca, non posso resistere alla tentazione di fare una puntatina nel Campo Charro, la zona ganadera per eccellenza della provincia.
Tramite un amico aficionado francese mi sono messo in contatto con un allevatore della zona che ha accettato di ricevermi per mostrarmi i suoi tori. Ed eccoci quindi nel caldo pomeriggio dell’11 agosto imboccare la superstrada che da Salamanca va a Ciudad Rodrigo per uscire a Martin de Yeltes e dirigerci alla tenuta Collado, di proprietà di Javier Sanchez Arjona.

Questi possiede due allevamenti di origine diversa, uno si chiama Coquilla de Sanchez Arjona e raggruppa un piccolo numero di esemplari di quello che resta dei mitici santacoloma di Salamanca creati da Paco Coquilla (l’altro residuo spezzone di questa gloriosa stirpe è dei cugini Sanchez Fabres).
Si tratta di un encaste molto interessante, ma poco gradito ai toreri d’oggi, che il ganadero ha mantenuto, ai minimi termini, praticamente solo per il mercato francese, che considera di veri intenditori.
Con un centinaio di vacche e due riproduttori, ne ritrae una novillada, e quando va bene due, all’anno. Per poter sostenere la redditività dell’allevamento, si è quindi orientato sull’encaste Domecq, che forma la base dell’altro ferro, quantitativamente più numeroso (oltre 500 capi, che danno circa 8 corride l’anno) denominato Sanchez Arjona.
In condizioni analoghe altri hanno preferito eliminare completamente i vecchi encastes di famiglia per far posto al mezzo-toro di moda, ma Don Javier ha conservato un angolo del suo cuore di aficionado per questi particolari santacoloma che la sua famiglia ha ormai da tre generazioni, e solo per questo merita la nostra ammirazione.
Allevare gli uni e gli altri costa la stessa fatica e richiede lo stesso impegno, è un peccato che la deriva che ha preso il toreo moderno obblighi a queste scelte.
Ovviamente la mia speranza è di poter vedere i Coquilla, ma per farlo avrei dovuto andare in Francia, a Collioure, dove il 16 agosto è prevista l’unica novillada dell’anno (secondo le cronache hanno dimostrato casta, ma non molta forza), oppure a Parentis, dove un esemplare si è dignitosamente comportato nella novillada-concorso del 9 agosto (*).
Insomma, nel campo per quest’anno non ce ne sono più, solo vacche, vitellini e riproduttori. E poi li tiene in un’altra finca, a mezz’ora di viaggio.
Quindi, niente Coquillas.

Al nostro arrivo al Collado ci accoglie il ganadero, e veniamo fatti accomodare nel salotto della casa, una sobria residenza signorile di campagna più simile a quella delle nostre parti che a un cortijo andaluso. Nell’aia prospiciente sonnecchia una tribù di variopinti graziosi gattini, che - maliziosamente - immagino gli siano stati più volte richiesti dai veedores (persone di fiducia di imprese e toreri che vanno a scegliere i tori per conto dei loro committenti), anche se devo riconoscere che finora non si ha notizia che siano mai stati venduti per spettacoli taurini.
Conosciamo anche uno dei figli del ganadero, un simpatico ragazzo intento in quel momento a cercare di ubicare gli esemplari in viaggio per Collioure collegandosi con il computer al GPS del camion, ma invano, data la precarietà della connessione.
Comunque, a parte la piccola delusione per non poter vedere i tori dell’encaste più raro, la visita all’allevamento si rivela ugualmente interessante. Don Javier ci ha gentilmente scarrozzati per due ore sul suo fuoristrada per tutta la sua vasta tenuta, mostrandoci l’allevamento in tutti i suoi dettagli, e prodigandosi in spiegazioni. Ho perso il conto di quanti cancelli ho dovuto aprire e richiudere, scendendo dalla vettura, per passare da un recinto all’altro, fra distese di pascoli ed encinas (le tipiche querce della prateria), ovviamente con gli animali a poche decine di metri che mi osservavano, fortunatamente tranquilli.

Nel primo recinto, quello dei vitelli di un anno, abbiamo una sorpresa: un toro di quattro anni deve essere curato da una ferita, e proprio sotto i nostri occhi cade addormentato da un dardo con l’anestetico sparatogli dai vaqueros con una carabina ad aria compressa.
Il toro è reduce da una trasferta a La Coruña, dove il 6 agosto era prevista una corrida del ganadero, ed è ritornato vivo in quanto era il sobrero (la riserva), ma una volta nel campo, i vaqueros nella loro quotidiana rivista degli animali hanno notato che aveva una brutta ferita da cornata “proprio lì…sulla punta”, ricevuta non si sa dove né quando.
Perciò l’hanno sospinto nel recinto dei più piccoli, perché un toro ferito è la vittima predestinata dei suoi coetanei (la legge del branco è molto dura) ed ora si accingono a curarlo.
Una volta assicuratici che la bestia è profondamente addormentata ci avviciniamo, e con il ganadero osserviamo l’intervento: oltre alla ferita “proprio lì”, molto brutta, se ne scopre un’altra, all’innesto della zampa anteriore sinistra. Si procede alla medicazione, disinfestazione generale, iniezione di antibiotici e/o vaccinazione con un siringone a pistola, ed approfittando dell’anestesia, alla ricollocazione delle fundas, le protezioni delle corna (in questo caso un cappuccio di metallo trattenuto da bende gessate) invenzione recente e non ben vista da tutti, che il ganadero sostiene di utilizzare non su tutti i tori ma solo su quelli di quattro anni che prendono il vizio di sfregare le corna nel terreno, e così se le rovinano.
Ci accompagnerà nel punto della ganaderia dove hanno sviluppato questa querencia ed in effetti vediamo ampie buche nel terreno sabbioso profonde anche mezzo metro, scavate dai tori con la testa e le corna. E ci fa notare come nei recinti dei quatreños ( i tori di quattro anni) non tutti gli animali hanno le fundas, ma solo quelli che ne hanno bisogno.
Insomma, ne fa un uso selettivo e non indiscriminato.

Lasciamo il toro curato ancora addormentato, e ci accingiamo a visitare gli altri recinti, ma in quello che stiamo per lasciare notiamo che da lontano un altro toro adulto "che non dovrebbe essere lì" ci osserva.
Si tratta di un amico del ferito, che non si sa come, è riuscito, saltando i muretti e le recinzioni, a seguirlo quando ha visto che veniva separato dal branco, ed ha vigilato a distanza per tutto il tempo sul suo compagno.

- continua -

(testo e foto di Marco Coscia)

* reportage sui Coquilla (pdf)
* scheda dei Sanchez Arjona su Terredetoros
* scheda dei Coquilla su Terresdetoros

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