martedì 16 ottobre 2012

La patata intera

E' un'antologia di delizie, il numero 1936 di Toros: andrebbe distribuito gratuitamente fuori dalle arene e gli abbonamenti si impennerebbero, non c'è dubbio.
La copertina passa a colori, in virtù di una scelta imposta da spietate leggi tipografiche, e questo è l'unico neo di un'edizione altrimenti perfetta: sarà difficile non rimpiangere l'austero bianconero della facciata, screziato solo da quella testata rossa e bianca, altrettanto austera e seriosa. Certo è che il passaggio alla quadricromia regala al lettore una splendida veduta aerea di Ronda (che, non fosse altro per il nome, è evidentemente la città più bella d'Europa), e la malinconia si attenua. La perfetta rotondità della Real Maestranza si affianca al chirurgico taglio del Tajo, e subito tornano alla memoria le serate fresche e felici passate lassù, in quell'estate altrove torrida, e le parole giuste di Hemingway. Ronda è la città dove fuggire con un'amante, diceva papa Ernesto.
La base di questa nuova tiratura della rivista è proprio Ronda e la sua corrida goyesca: Joel Bartolotti e Pierre Dupuy, due pesi massimi dell'aficion francese e mondiale, picchiano duro e confezionano un servizio appassionante e perfettamente documentato sulla scuola rondeña, sulle prime dinastie torere della città, sulla genia degli Ordoñez. 
In effetti l'entusiasmo che queste pagine suscitano nell'aficionado si stempera e deprime subito dopo, leggendo l'impietosa cronaca della goyesca di settembre (la 56° edizione), uno spettacolo ormai ridotto al barzelletta mondana: e pensare che un tempo la corsa settembrina di Ronda radunava i migliori toreri e i migliori tori.

Ma poco male, la Vecchia Signora prosegue snocciolando nelle sue pagine grigie e vintage le reseñas complete e didattiche delle corse principali del settembre transalpino: ad Arles la goyesca ("è un'occasione unica per far piacere alla propria suocera, invitandola") e la concorso ("un profondo sentimento di saldi di fine stagione, quando invece una corrida concorso dovrebbe essere il massimo, il nec plus ultra della corsa di tori"); a Dax il successo di Ivan Fandiño grazie al suo toreo sincero ("donando costantemente la priorità al toro, permettendogli di esprimersi nel primo tercio, mettendolo convenevolmente in suerte e non lasciandolo sfiancarsi contro il cavallo, chiamandolo da lontano per mettere in evidenza la sua casta, non proponendogli altro che un toreo fondamentale"; "due orecchie e un successo enorme e meritato") e il leit-motiv delle corride commerciali ("arena piena e delusione"); a Nimes tutta la feria delle Vendemmie, tra un Morante preso a mal partito dal pubblico ("bronca di gala"), parole di rispetto per Lescarret all'ultima corrida della carriera ("per sintetizzare in una sola parola: dignità! Merci, monsieur") e naturalmente la cronaca della storica encerrona di José Tomas, dall'indicativo titolo di Quia nominor leo!; a Ceret, infine, per una corrida "molto seria" di Prieto de la Cal: "tutti pesavano più di 500 chili, muscolosi, ben armati; tre di essi con più di cinque anni di età, sono morti tutti con la bocca chiusa".

Ecco, ce ne sarebbe per leggere e rileggere tutto l'inverno.
Se non che, a rendere davvero antologico e unico questo numero 1936, c'è in seconda copertina l'abituale editoriale di Manolillo.
E in poco più di una cinquantina di righe si arriva all'estasi.

La storia è già un poco conosciuta, ma a leggerla così dettagliatamente raccontata si gode ancora.
Dunque succede che, come ogni anno, il sodalizio degli Amici della Goyesca offra la Chiave d'Oro del parador di Ronda a una personalità legata all'evento: quest'anno l'onore toccava a Rafael de Paula, come omaggio alla carriera e per celebrare il suo debutto nell'arena rondeña, avvenuto 55 anni or sono.
Ma Rafael Soto Moreno non è un personaggio qualunque, era imprevedibile e geniale di fronte ai tori e resta imprevedibile e geniale a 72 anni di età: in dieci minuti di leggendario capolavoro quel vecchio gitanaccio ha dato una lezione di protagonismo e arte unica e commovente nella sua follia, dieci minuti di surrealità perfetta, di toreria d'altri tempi.
C'è un video che circola in rete e che Manolillo sintetizza bene nel suo fondo, quando chiude il pezzo descrivendo l'esibizione del vecchio torero come un atto militante.
Esatto, un atto militante di anticonformismo, di sincerità, di lotta a qualsiasi comoda ipocrisia.
Un fanculo torero al  politically correct.

Il sindaco della città, attesa alla cerimonia, è in ritardo? Rafael de Paula dà fuoco alle polveri e dichiara senza imbarazzi ai giornalisti e agli invitati: "il sindaco è il sindaco, ma qui il personaggio principale sono io".
Il sindaco non arriva ancora? "Bene, me ne vado, sono venuto ma adesso vado".
Un inizio straordinario.
E si prosegue meglio: al direttore del parador, tutto occupato a giustificare il ritardo della signora sindaco, Rafael de Paula ricorda invece che "dovrebbe invece preoccuparsi di trovare da sedere per quelle ragazze là in fondo alla sala, costrette a stare in piedi; questo è il suo dovere".
Al sindaco finalmente giunto, dedica allora queste parole: "non so se comanda lei o no in municipio, dipenderà dal numero dei vostri consiglieri; però grazie per la sua presenza" .
Questa è arte, signori.
I giornalisti con ogni probabilità si stavano fregando le mani, qualcuno in sala rideva, ma sul tavolo delle autorità le facce erano tirate e nervose. Ma ancora non era si era alla fine.
Rigirandosi in mano il biglietto di invito alla cerimonia, Rafael il torero si rivolgeva direttamente a Humberto Parra, il pittore che aveva disegnato l'immagine in copertina: "Lei non sa dipingere, vi auguro che Dio vi tenga in vita abbastanza per imparare".
E infine, con i taccuini dei giornalisti ormai in cortocircuito, la stoccata finale.
Il figlio di De Paula, anch'egli presente alla cerimonia, aveva pubblicato poco tempo fa un libro biografico sulla vita e la storia torera del padre: il titolo non essendogli andato a genio, il nostro non esitava e concludeva questo enorme show invitando tutti "a non comprare neanche una copia di questo libro".
Genio.
"Ciò che c'è da avere nella vita è carisma; come sono venuto io me ne vado, perché qua è tutto malo: il libro è mal titolato e falso, il quadro sul biglietto è brutto e la sindachessa non so se comanda o no; e adesso torno a Jerez de la Frontera dove si mangia la patata intera".

Un atto militante di genialità.

Ecco, tutto questo sta nel numero 1936 di Toros.


4 commenti:

Anonimo ha detto...


Rafael de Paula un mito. Per chi vuol vedere il video:
http://www.youtube.com/watch?v=byPYJR9x6Jg
Michele

RONDA ha detto...

Va bene essere il capoufficio stampa di Alle 5 della Sera, ma il video è già linkato nel testo.
Sei lucido come il figlio di Rafael de Paula.

Anonimo ha detto...

ho il computer in bianco e nero e non leggo le scritte in verde....
Purtroppo il fino non era di grande qualità. Mi cospargo il capo di cenere e chiedo umilmente venia. Michele

Anonimo ha detto...

Questo e Arte " Non comprare neanche una copia di questo libro".
De Paula, sempre De paula Genio e Figura!!!!

Javier Carli..