Sud della Francia, Graud-du-Roi, nella provincia del Gard.
Pochi abitanti in inverno, che a stare alle parole del barista Mezy vanno moltiplicati per cento nei periodi estivi: e chi meglio di un barista per avere un occhio preciso sulla folla dei mesi caldi.
Graud-du-Roi è una stazione balneare, costumi, ciabatte, telline.
Un sacco di telline.
Telline.
Che non esistono né sulla costa Basca né nei ventiquattro volumi dell'Enciclopedia Britannica di Adam e Charles Black, edizione 1932.
Qua ce n'è un mare, di telline, preda estiva di pescatori, poi di frigoriferi e cartocci, infine di sonnecchiosi bagnanti che le gustano una ad una al fresco dell'ombrellone.
Un luogo inadatto alla tragedia, insomma, questo Graud-du-Roi.
Ciononostante, lì si danno di tanto in tanto delle corse di tori.
Corride lineari, modeste, senza particolari slanci o scariche di adrenalina, così come le vacanze al mare, la spiaggia e le stuoie, o così come l'arena di recente costruzione, sempliciotta, banalotta.
L'aficionado, costituzionalmente inquieto, qui mai vive la deliziosa e implacabile tortura di sapere se troverà o no un biglietto.
Il 17 maggio del 1992 l'arena balneare di Graud-du-Roi accoglieva una novillada.
Pochi minuti prima del paseo in quel corridoio sacrificato e stretto che conduce alla pista, Ramon Soto Vargas, banderillero gitano del novillero Marcos Sanchez Mejias, mostrava ai colleghi la macchia che ornava i pantaloni del suo abito di luci verde e nero, rifinito delle tradizionali palline bianche.
Si era pisciato addosso.
Dalla paura, lo faceva regolarmente.
L'incongruità di questo sentimento strideva col dolce rumore dei pedalò di Graud-du-Roi, appena di là dalle mura dell'arena, e faceva ridere anche lui.
Ramon Soto Vargas, banderillero modesto, quel giorno si era modestamente occupato dei novillos di Gilbert Mroz.
Nello stesso costume verde e nero, il 13 settembre, toreava a Siviglia agli ordini del debuttante Leocadio Dominguez.
Secondo paio di bastoni ad Avioncito, novillo di Conde de la Maza.
Ramon Soto Vargas si fa prendere, giravolta, cade.
Ma si rialza velocemente, riprende la sua capa, e si rimette all'opera: un paio di passi per fissare Avioncito, il suo mestiere.
E' a quel punto che un altro subalterno, Juan de Triana, si accorge di una piccola macchia di sangue sulla camicia del collega.
Gli consiglia di andare all'infermeria, Ramon Soto Vargas esita ma poi ci va, a piedi, camminando.
E borbottando tra sé e sé per quel fastidioso contrattempo, dà un occhio all'orologio della plaza: otto meno dieci.
Alle dieci e tre quarti Ramon Soto Vargas moriva sul lettino dell'infermeria.
Il corno di Avioncito gli aveva bucato i polmoni, e accarezzato il cuore.
(foto Ronda)
domenica 17 gennaio 2010
Macchie
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