domenica 20 giugno 2010

Cinquanta ragioni


Uscito prima in lingua originale in francese e poco dopo tradotto anche in spagnolo, e pubblicato con due azioni militanti da edizioni particolari che ne hanno reso possibile la diffusione ad un prezzo ridottissimo, Le cinquanta ragioni per difendere la corrida di Francis Wolff è un testo che merita la lettura tanto degli appassionato quanto di chiunque si interessi all'evoluzione del rapporto tra uomo ed animale.
Sì perché in queste cinquanta sezioni il filosofo francese, partendo dalla tauromachia che rimane il tema principale, di fatto compie un'operazione di analisi, discussione e critica sul sistema di relazioni che tra uomini ed animali si è nella storia sviluppato, con un attento ed equilibrato studio sugli aspetti di trasformazione e complessità che, oggi, ha questo rapporto.

Certo, è comunque la corrida al centro del testo e lo è come attività umana che per Wolff è possibile promuovere, giustificare e difendere con ragioni etiche, culturali, estetiche, umaniste, ecologiche.
Più che nel sontuoso e ridondante La filosofia della corrida (*), opera ambiziosa e densa, Wolff è con queste 50 brevi ragioni che riesce a raggiungere agilmente l'obiettivo di dimostrare lo statuto morale della corrida, e di dare spessore e sostenibilità alle idee in sua difesa.

L'onestà intellettuale che anima tutta la trattazione è nettamente esplicitata fin dall'introduzione, quando si riconosce che non c'è che un solo e vero argomento contro la corrida: quello della sensibilità. E' vero, chi non ama la corrida o anche chi ne desidererebbe l'abolizione soffre davvero all'idea delle ferite o della morte dei tori. Ogni aficionado deve riconoscerlo, questa sensibilità è del tutto legittima, oltre che del tutto normale.
Ma la sensibilità individuale non è un vero e proprio argomento, ed anzi la sensibilità contrapposta (che vede nella corrida la magnificenza della bravura o l'arte sublime del torero) deve godere della stessa legittimità e dello stesso diritto di cittadinanza.

Nel testo, una volta precisato il tema della sensibilità, Wolff si dedica a disegnare un percorso, diviso in 50 piccole tappe, lungo il quale le ragioni di essere della corrida si fanno man mano più solide, profonde, inattaccabili.
Sviluppate con lucidità e semplicità, le cinquanta ragioni restituiscono alla corrida dignità e spessore, portano dimostrazioni articolate e convincenti, respingono tutti i pregiudizi anti e gli attacchi abolizionisti, e in ultima istanza formano un corpo di argomentazioni solido e definitivo.

Un libro da leggere, rileggere, e studiare: si trova facilmente in internet, o generalmente su qualche banchetto alle ferias.
Indispensabile.


Ragione #1 - La corrida non ha per scopo di far soffrire un animale

La tortura ha per scopo di fare soffrire. Che la corrida implichi la morte del toro e in conseguenza delle ferite, questo fa innegabilmente parte della sua stessa definizione. Ma questo non significa che la sofferenza del toro ne sia lo scopo - tanto quanto la pesca, la caccia sportiva, il consumo di astici, il sacrificio di un montone durante una festa religioso, non hanno per scopo di far soffrire un animale, pur se si può credere che queste attività abbiano questo effetto.
Se vietassimo tutte le attività umane che hanno per effetto la sofferenza di un animale, bisognerebbe vietare un gran numero di riti religiosi, di attività di divertimento, e di pratiche gastronomiche, compreso naturalmente il consumo di carne e pesce.
La corrida dunque non è una tortura più che la pesca: si pesca per sfida, divertimento, passione, o per mangiare il pesce; si torea per sfida, divertimento, passione, e si può mangiare il toro.


(da Cinquante raisons de défendre la corrida, di Francis Wolff, ed. Suerte)


1 commento:

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)