domenica 20 febbraio 2011

Tori a Fréjus


Fréjus.
Come il traforo, solo che all'altezza dell'uscita in autostrada c'è un pannello che raffigura un'arena romana.

Non sapevo nemmeno che esistesse, un paese chiamato Fréjus.
Quel nome era saltato fuori un mesetto prima, consultando quei pochi siti taurini che all'epoca facevano capolino dal monitor. Fréjus. Era in programma una corrida in un paese con quel nome, a metà luglio.
Cesar Rincon, El Cid, Castella.
Era il 2005, a marzo avevamo visto la nostra prima corsa di tori e il virus ormai stava inevitabilmente lavorando, non aggressivo ché l'aficion ha raramente la fatalità del colpo di fulmine, ma lento ed inesorabile.

C'era la fila, la gente si accalcava all'entrata per infilarsi nel circo e prendere posto.
C'era il sole e c'era caldo.

Fréjus è la magia dei primi tempi, di quelle corride a cui andavamo con l'innocenza dell'infanzia, di quei tori che inseguivamo come esploratori di terre sconosciute e ignote.
Fréjus è quella signora rotonda e rubiconda, un cappellaccio andaluso in testa, un fiore rosso tra i capelli bianchi e poco curati, che all'ingresso vendeva banderiglie ai turisti e agli aficionados.
Quella stessa signora ne vendeva poi altre, questa volta macchiate del rosso del sangue, all'uscita della corsa.
Fréjus è quella banda che si insinuava tra i tavolini del bar, sotto le frasche, dove uomini e donne e bambini cercavano refrigerio all'ombra e nei bicchieri di birra, quella banda che attaccò una melodia sontuosa ed epica, impossibile non fissarla immediatamente nella memoria.
Vino Griego, la prima volta che ascoltammo Vino Griego.
Tatatataaaaaaaa.
Fréjus è la gente in fila.
Fréjus è quella corrida, la nostra seconda corrida, al buio.
Castella che torea in mezzo alla pista e un gabbiano che volteggia lento sopra la testa del toro.
El Cid incornato.
Fréjus.

Fréjus nel sud della Francia, appena di qua dal Rodano.
La spiaggia si affaccia su quel mare che con i suoi riflessi certifica che siamo sulla Costa Azzurra, il paesino si illumina dei colori e profuma degli aromi tipici e unici di quella Provenza poco lontana da qui.

La prima corrida a Fréjus è stata data nel 1905, sotto le volte della sua arena romana, sorella minore dei circhi di Arles e Nimes: e fu dunque negli anni '50 che la tauromachia nel paesotto ebbe il suo slancio definitivo, e gente come Picasso o Cocteau frequentava assiduamente quella plaza de toros.
L'arena di Fréjus.
Quella stessa arena che giocò un ruolo fondamentale nell'inverno del 1959: si ruppe la diga di Malpasset, ed un'onda di 40 metri si scatenò giù per la valle fino a travolgere la città.
423 morti, che avrebbero potuto essere molti di più se l'arena, quell'arena millenaria, non avesse fatto da barriera spezzando la forza distuttrice di quel mostro d'acqua, proteggendo i suoi cittadini.
Non lo sapevamo, quel 16 luglio del 2005, quando ci siamo seduti su quei gradini alle prime note del paseillo.

Per la stagione 1960, quasi come sentito omaggio, le arene vennero messe a nuove e dotate di una struttura funzionale.
Qui nel '63 Dominguin assisteva ad una novigliada, seduto proprio di fianco a Picasso: Luis Rodriguez lo invitò a mettere un paio di bastoni, il numero uno saltò allora in pista ma cadde malamente e si svirgolò una caviglia. Dominguin tornò nel '72, quando ottenne un buon successo tagliando le due orecchie del suo secondo, che qualche minuto prima aveva dedicato a Romy Schneider, seduta in prima fila.
Nel corso degli anni la città si legò sempre di più alla sua arena, sulla cui pista vennero a esibirsi tutti i migliori toreri e a combattere i migliori tori.
Qui a Fréjus 1968 El Viti fu oggetto di una sonora bronca, e prima di salire sul furgoncino con i suoi subalterni si tolse le scarpette e le gettò: non voleva portare con sé, verso casa, nemmeno un granello della sabbia di quella pista.
Qui si presentò nel '74 Nimeño II, che vide il suo primo noviglio saltare le assi, sfondare una porta e trovarsi fuori dall'arena, sul prato che la circonda. A colpi di capa fu riportato all'interno, e ucciso.
Lo stesso Nimeño II combatté la sua ultima corrida a Fréjus nel 1986: alla sera, chiacchierando di fronte a un bicchiere, disse al chirurgo dell'arena che in effetti loro due facevano lo stesso mestiere. Torero e medico sono là per vincere la morte.

Quel luglio 2005 non sapevamo chi fosse Nimeño II, ma eravamo capitati a Fréjus a vedere una corrida. C'era il sole e Rincon apriva le danze.
C'era Rincon e noi non sapevamo che su quella stessa pista tanti toreri avevano lasciato il proprio sangue: Paquirri, che gravemente ferito alla coscia si rifiutò di andare in infermeria e volle stoccare il proprio toro prima di lasciarsi cadere sfinito tra le braccia dei compagni; Pepe Luis Vargas incornato al ventre nell'83; Stephane Meca che nel 2000, con l'addome aperto da un corno di un Hermanos Peralta, dovette attendere stoicamente l'ambulanza, in ritardo...perché bloccata dagli antitaurini lì fuori.
O infine l'orrore vissuto nel'98 quando Conrado Gil arrivò a un solo passo dalla morte, sotto i colpi di corna di un toro di Pedrosa e lo salvò un miracolo.

Qui a Fréjus passarono El Cordobes e Antonio Ordoñez, Paco Ojeda e Palomo Linares, e i tori di Prieto de la Cal, Palha, Nuñez del Cuvillo o anche Yonnet, Tardieu.
E' su questa sabbia che Palha vide graziare, per la prima volta nella sua storia, un suo toro.
E' qui a Fréjus il 13 agosto del 2006 Juan Bautista graziò un toro di Victoriano del Rio: e in quella stessa corrida Julien Miletto uccise l'ultimo toro della storia taurina di Fréjus.

Dal 2007 le arene sono chiuse, ufficialmente per lavori.
Ma il sindaco oggi ha le idee chiare.
Dopo aver, solo pochi anni fa, ribadito con forza e pubblicamente l'importanza della tradizione taurina per l'identità culturale e storica di Fréjus, monsieur Elie Brun nel novembre del 2010 ha dichiarato alla stampa locale che nell'arena Pablo Picasso (si chiama così dal '64) non ci saranno più corride di tori.
Non pago, qualche settimana dopo e in occasione del tradizionale appuntamento degli auguri natalizi, ad una platea nutrita ha candidamente confessato che "non me ne frega niente delle corride".
Da allora, il club taurino di fréjussien La Lidia ha attivato una vigorosa campagna di denuncia e di azioni per evitare che tutto questo straordinario patrimonio vada perduto per sempre.

Fréjus per noi è quella seconda corrida, quel sole e quella pista, quei tori che non capivamo e pure ci affascinavano enormemente, e quella versione di Vino Griego.
Fa male sapere che non ci torneremo più.


(alla storia taurina di Fréjus, la rivista Toros ha dedicato un numero monografico particolarmente interessante: è il 1895, del gennaio scorso, e quella in alto ne è la copertina)

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