lunedì 8 dicembre 2008

Sul descabello di un tempo



Descabello
: colpo di grazia assestato con il verdugo, spada appositache termina con un piccolo fermo orizzontale. Per estenzione è divenuto il sinonimo di verdugo.

(da La Tauromachie - HIstoire et dictionnaire, ed. Robert Laffont)


Ultimissimo atto della lidia, quando necessario, il descabello ha assai poco a che vedere con le fasi e le azioni che l'hanno preceduto: né arte né ispirazione né coraggio, il descabello ha per scopo di terminare velocemente l'agonia del toro ormai già ferito a morte.
E' il definitivo moto di rispetto del torero al suo avversario.

Una volta assestata la stoccata letale, se il toro rimane in piedi è al maestro che tocca di finirlo con il descabello. "Egli impiega, per lo scopo, il descabello. Il descabello è impartito con la spada o la puntilla. Il modo più sicuro di descabellar consiste nel cercare, con la punta della spada, l'origine della corna e di spingere fortemente per passare tra le due prime vertebre. La morte è istantanea"
Così recitava il trattato La tauromachie moderne di Leconce André, pubblicato nel 1913 a Nimes.

Oggi sappiamo che tocca al maestro il descabello quando il toro rimane in piedi e a un peone invece la puntilla quando questi invece si accasci, una volta portato il colpo di spada.
E soprattutto sappiamo che per il descabello il torero non usa né la puntilla né soprattutto la spada: ma fino al 1936 il descabello era portato con la spada ordinaria.
Quella stessa, affilata e letale, usata qualche istante prima per la stoccata.
Il problema era che il toro in un ultimo sussulto poteva assestare una frustata con il collo che non di rado respingeva e addirittura faceva volare la spada che lo stava finendo.

Ci furono addirittura degli incidenti mortali.
Nel 1915 la spada di Joselito schizzò fino ai gradini dell'arena dove uccise uno spettatore, ironia della sorte proprio un amico dello stesso torero.
Analogo il caso di Manolo Martinez, che nel '30 a Tortosa provocò così la morte di un aficionado seduto in tribuna.
A Bayonne un'identica tragedia pose fine, nel 1923, alla giovane vita di uno spettatore che finì con la spada di Antonio Marquez nel cuore, proiettata lì dall'ultimo colpo di testa del toro.

Ma l'incidente che segnò la svolta accadde il 6 agosto del 34, a La Coruna: la lama di Juan Belmonte, sfuggita al suo controllo dopo che il toro l'aveva respinta furiosamente con uno scatto del collo, attraversò il petto di uno spettatore e la coscia di un giornalista, l'uno all'altro accanto sui gradini.
Ignacio Sanchez Mejias (*) il giorno dopo dichiarò che da quel momento avrebbe portato il descabello con l'arma fissata al polso.
Fu ferito mortalmente nell'arena l'11 agosto, quattro giorni dopo, morì il 13 senza aver potuto realizzare questa idea di rendere più sicuro il momento terminale dell'uccisione.

La sua idea fu subito abbandonata, troppo pericolosa per il torero, e si arrivò dunque alla spada a cruceta di Vicente Pastor che da quel momento, con il fermo orizzontale (la piccola croce) in prossimità della punta, divenne l'arma definitiva per il descabello.
Di fatto, quella che i toreri utilizzano ancora oggi.

- la gran parte delle notizie di questo articolo sono tratte da Toros 1839 -


(foto Ronda - El Cid al descabello, a Siviglia il 25 aprile 2006 con tori di Juan Pedro Domecq)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

je trouve cette photo superbe.
un fuerte saludo
bruno

RONDA ha detto...

merci Bruno, c'était notre première tarde à la Maestranza

Anonimo ha detto...

bellissimo articolo