Venerdì 19 settembre 2008, sei tori di Daniel Ruiz per El Juli unico espada: è la corrida che celebra i dieci anni di alternativa del maestro, alternativa conseguita proprio sulla stessa sabbia dell'arena di Nimes.
Un'esposizione alla galleria dell'arena, proprio di fronte all'entrata principale, è lì a sancire l'evento.
In turchese e oro con finiture bianche, alle cinque e mezza in punto El Juli percorreva l'arena in lunghezza fino a salutare la presidenza in un paseillo un pò sottotono, che nemmeno una Carmen ben suonata riusciva a riscaldare: pure l'ovazione della gente che lo accoglieva alla rottura del paseo risultava un pò meccanica.
Dopo due ore e mezzo quello stesso pubblico uscirà dalla plaza completamente rapito, emozionato, scosso.
Il primo è Almejta (castano, 461 kg), un toro piccolo e poco armato e che mette le zampe nella capa, con lui El Juli si mostra subito ben disposto e concentrato: qualche bella veronica precisa e secca per accoglierlo.
Dopo un picotazo gentile, ecco il primo di una lunga e meravigliosa serie di quites con la capa: queste sono tafalleras, ben calibrate, il petto completamente esposto. Dedica al padre, come dieci anni prima, e dopo un tercio de banderillas anonimo la faena inizia sulla destra con il toro che segue l'invito verso il centro dell'arena.
Almejita non ha trasmissione, replica un pò tontamente alle sollecitazioni della muleta: a destra e sinistra qualche serie discreta ma né profonda né vibrante.
Un pinchazo e un'intera più il descabello per uccidere non impediscono di far cadere un'orecchia, sotto una petizione non certo roboante.
"Il faut faire monter la mayonnaise", commenta il nostro vicino piuttosto stupefatto per l'assegnazione del trofeo, e noi insieme a lui.
Qualche applauso al toro.
El Juli, evidentemente, è un diesel: con il secondo il motore è già oiù caldo. Il quite somministrato a Marismeno (negro, 505 kg), di faroles, è plastico ed elegante. Alla seconda entrata il picador si guadagna meritatamente i fischi del pubblico per un assalto fuori tempo e fuori posizione.
Il toro nella muleta dimostra una buona nobleza, cosa che permette al Juli di costruire una faena con qualche buon dettaglio che alza velocemente la temperatura del pomeriggio: un pase de pecho ben avviluppato e soprattutto un paio di cambi di mano notevoli.
Con il passare dei minuti Marismeno però si fà più riservato, El Juli prosegue in quello che è uno spettacolo anche bello ma con poca emozione, spettacolo e nient'altro.
Un colpo di cannone per chiudere e dal palco arrivano insieme i due fazzoletti bianchi.
A questo punto (con tre orecchie ai primi due, troppe) temiamo una deriva festaiola che non si addicerebbe all'importanza della corrida e all'importanza della celebrazione, dieci anni di alternativa per un grande torero che sta segnando un'epoca.
Ci pensa Nigeriano (colorado ojo de perdiz, 515 kg) a mettere le cose a posto.
Dopo le veroniche per accoglierlo, una mise en suerte eccezionale fatta camminando dal centro al cavallo e servendosi di un passo di capa meraviglioso (rogerinas, scopriremo poi), e una prima picca messa bene.
La dedica a Simon Casas (impresario dell'arena di Nimes) però evidentemente non porta molto bene.
La faena inizia con El Juli che, in ginocchio, torea e porta in centro il suo toro: maestoso, gli olé cominciano a farsi impetuosi.
Il problema è che anche Nigeriano decide di fare la faena in ginocchio.
Ma è proprio in in questo momento, paradossalmente, la svolta della corrida: dopo tre passi in croce El Juli chiude tutto, prende la spada e lo uccide.
Gesto che apprezziamo molto, quanti altri toreri (in un'occasione del genere, in più) avrebbero invece proseguito a incatenare passi su passi senza alcun significato pur di arrivare in fondo e guadagnare magari qualche trofeo ad un toro invalido?
Saluto e fischi al toro.
Poi però esce Agualimpia, un toro nero di 473 chili.
Piccolo, prende una prima picca senza spingere e una seconda che è più una puntura di zanzara che altro.
E' un toro debole, che cade più di una volta, è un toro che cerca continuamente la querencia (il riparo, ndr) al toril, è un toro distratto che non si fissa in niente e vaga per l'arena insensibile alle provocazioni.
Il pubblico, già raffreddato dal toro precedente, comincia a temere che si andrà avanti così fino alla fine e i fischi sono numerosi.
Una parte dell'arena chiede il cambio.
Ma El Juli ha visto qualcosa, in Agualimpia, lui e solo lui.
Inizia la faena, il toro è debole, cade, la prima serie a destra è povera e vuota.
Non ce n'è, pensiamo tutti.
Questo è un toro e io sono il migliore, avrà pensato lui.
El Juli prende Agualimpia e lo lascia respirare, gli fà ritrovare sicurezza in sé e voglia di attaccare.
Per la seconda serie El Juli lascia Agualimpia a venti metri, questo parte e El Juli lo incolla alla muleta, sul corno destro.
Parte la musica e partono gli olé, cavernosi, rotondi, rumorosi.
A destra la muleta per le prime serie inizia a mezza altezza per poi scendere progressivamente lungo i passi, sul buon corno sinistro di Agualimpia invece il panno è più giù ancora, basso, dominatore.
Passi invertiti avanti e indietro, un cambio di mano, un paio di progressioni circolari.
E una serie a destra con la muleta a terra, la corna dentro, e il busto del torero piegato ad angolo retto, le gambe a compasso.
Enorme.
Come inventarsi un toro, insegnargli ad attaccare, dominarlo.
Una scelta dei terreni perfetta.
El Juli cambia la spada, cuadra il toro, avanza la muleta e lo aspetta.
Recibir.
Due orecchie, il pubblico in trance.
L'emozione la senti sulla pelle.
Il toro, un toro che non valeva niente, esce sotto gli applausi.
Dopo il cambio del quinto toro, infortunatosi contro il peto del cavallo, esce Depravado, nero di 545 chili.
Quite di navarras e una faena che inizia con degli statuarios di autorità, i piedi incollati a terra.
Il toro cerca l'uomo dietro la muleta, ha una carica irregolare e si ferma a metà passo, scuote la testa.
Dalla festa si passa al silenzio concentrato e teso, sui gradini.
Ora è un'altra musica, El Juli compie uno sforzo notevole per domare Depravado, canalizzarne la carica e regolarne il disordine: il toro trasmette, c'è l'emozione di una buona tarde de toros.
Nel momento di aprire un pase de pecho il torero si trova rapidamente a terra, colpito da uno scatto di Depravado con la testa.
Si continua, ma il toro ha la carica sempre più corta.
Un pinchazo e una buona spada per chiudere una faena di merito, non bella a vedersi ma importante, con El Juli che non in un solo momento ha pensato di abdicare, valoroso.
Sono più di due ore che siamo qui, ma le emozioni non sono ancora finite.
Chiude la serata Mamarracho (negro, 510 kg), accolto da una larga in ginocchio ed una serie di veroniche perfette sostenute dagli olé di un pubblico definitivamente conquistato, sciolto, schiavo.
Il quite di lopecinas è arte allo stato puro, la capa che svolazza, si riprende e si avvolge su sé stessa, il torero sparisce e il toro passa dalla parte dove c'è solo il vuoto.
Da antologia.
La chiusura della serie, ad una mano sola, racchiude in un gesto di tre secondi tutta l'eleganza, la fierezza e l'autorità dell'essere torero.
Il problema è che da qui in avanti, attenzione, è un crescendo.
C'è gente in piedi, gente che non smette di applaudire, gente in silenzio catatonico.
Nell'incontenibile delirio generale El Juli decide di mettere, lui, le banderillas a questo toro.
Tre paia sobrie, secche, giuste.
Viene giù l'arena.
Faena dedicata al pubblico, che inizia con il toro che parte da lontano, attacca e El Juli rimane fermo, lo aggancia, lo rallenta, se lo tiene attorno e poi di nuovo lo mette lontano.
Parar, templar, mandar.
E' il toro migliore del pomeriggio, e anche questo è un segno di conoscenza e potere.
La prima parte della faena è maestosa, potente, autoritaria: il toro ha motore, non rinuncia a combattere, El Juli gli impone la sua legge ad ogni singolo passo.
Musica.
I pase de pecho chiudono catene di passi lunghi e profondi, a destra e a sinistra.
Poi vengono le ultime serie, in cui il torero si abbandona a sé, al piacere di toreare Mamarracho, con qualche concessione al bello e molto valor.
La muleta disegna traiettorie sinuose e si impone, lenta e sicura, le corna sempre lì a pochi centimetri.
L'ultimo colpo di spada è una fucilata, El Juli ancora in mezzo alle corna, una fucilata che prima ferma e poi fa esplodere diecimila cuori.
Due orecchie e la coda, e una vuelta a Mamarracho.
E' finita.
O perlomeno è finito il primo atto, quello nell'arena: si riprende poco dopo nelle bodegas e ai banconi lungo il boulevard, dove gli aficionados mimano con la mano aperta la faena al quarto, si raccontano increduli il gioco di capa, brindano pastis e vino bianco ai brividi che ancora hanno sulla pelle.
Sono mancati i tori, alla festa, perché questa corrida passasse alla storia, si eternizasse: ma si sapeva, i Daniel Ruiz erano lì per servire, e seguire.
Pure, El Juli ha dato nobiltà e importanza a questi sei.
Il 19 settembre l'arena di Nimes aveva appuntamento con la maestosa grandezza del toreo.
El Juli è un grande torero.
Completo, dominatore, potente.
Venerdì è stato anche di più.
Enorme.
venerdì 26 settembre 2008
El Juli, a Nimes
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
W la foca!!!
tori liberi!!!
Posta un commento