domenica 9 novembre 2008

La corrida in Italia (1)


Ne La tradition tauromachique en Italie, l'autore grazie ad un grande lavoro di documentazione e ricerca passa in rassegna la relazione che nei secoli ha legato il paese alla cultura taurina.
L'ultima parte del testo, due capitoli ed un epilogo, è consacrata alla corrida spagnola ed alle sue apparizioni in Italia: in tre post consecutivi ne daremo conto anche su questo blog.

Nel primo capitolo di questa sezione, intitolato La corrida alla moda spagnola, Ponticelli racconta delle esperienze di importare la corrida in Italia nel periodo immediatamente successivo alla unificazione del paese, nella seconda metà del 1800.
Anche grazie alle maglie larghe di una legislazione che non normava con precisione i giochi con gli animali, verso la fine del diciannovesimo secolo si assiste all'apparizione in Italia di uno spettacolo esotico di cui si era sentito parlare ma che in molto pochi conoscevano: la corrida.

Nella primavera del 1890 arrivano a Roma un paio di novilleros spagnoli, che avrebbero dovuto essere i protagonisti di una serie di esibizioni nella capitale.
Perico Campos e José Hernandez non brillano, evidentemente, al loro debutto se il giornale spagnolo El Toreo del 19 maggio commentca che "da quanto ci dicono, le spettacolo non ha fatto segnare un buon risultato nella capitale, tanto che si rinuncerà a proseguire la serie di corride previste nella città eterna".

Due anni dopo la fiesta sbarca in Sicilia.
Su l'Illustrazione Italiana, il 4 giugno del 1892 si legge così: "La plaza era ampia e in seimila hanno assistito alla tauromachia. Uno splendido colpo d'occhio, con un gran numero di donne dagli abiti chiari e con minuscoli cappelli di paglia. (...) Ma ecco che si apre la porta dell'arena e due alguaciles a cavallo, nei loro costumi neri, entrano al galoppo e si fermano sotto la loggia delle autorità per salutare. Li seguono le cuadrillas: primi i due matadores o espadas, Juan Borrel el Murullu e José Cazanave el Morenito, due autentici spagnoli. Vengono quindi i picadores a cavallo, con i larghi cappelli e i pantaloni di cuoio, poi i capeadors con la capa, un mantello rosso che portano sulle braccia. Quindi i banderilleros e infine le mule che traineranno fuori le spoglie. (...) Si apre il recinto in cui sono chiusi i tori... Il primo toro esce al galoppo, si ferma, gli occhi interrogativi. E' un toro della Navarra, scuro, con delle corna potenti... rivestite di gomma! (...) Ma la parte più emozionante deve arrivare. L'organizzatore della corrida ha deciso di fare due corse non cruente e una invece con spargimento di sangue! Siamo proprio all'ultima corsa; suona il clarino; un bel toro andaluso, color caffelatte, esce impetuosamente dal toril. Le sue lunghe corna sono autentiche! L'animale porta, fissata sul dorso, una grossa coccarda di seta con dei lunghi nastri con i colori della Spagna. E' il segnale che la bestia è destinata alla morte. (...) Alla fine anche il toro è ferito a morte, dopo aver scosso più di un torero. E' un momento di intensa emozione. Alcuni spettatori svengono, altri se ne vanno disgustati. E' opinione generale che questo spettacolo non sia fatto per la nostra civiltà. La corrida de toros di Palermo l'ha provato!"

Dopo il passaggio isolano, è a Verona che nel 1893 delle grandi affiches annunciano ai cittadini che per la prima volta portanno assistere ad una Grande Corsa di Tori ispano-landese.
Il 3 settembre un corteo di toreri in abito di luci e di fanfare sfila per le vie del centro, promuovendo la corsa del pomeriggio
Le corride ispano-landesi erano delle corse miste, tipiche delle Lande alla fine del XIX° secolo.
Ecarteurs landesi inizialmente, poi un lavoro con la capa e le banderillas.
Per una ragione essenzialmente economica, era ucciso un solo toro al giorno.

L'esibizione dei toreri francesi , tra cui Pierre Cazenabe alias Felix Robert, un cameriere di Mont de Marsan che rifiutava orgogliosamente di tagliarsi i baffi nonostante il costume dell'epoca impedisse ai toreri di portarne (ma per andare a toreare a Madrid, dove si presentò nel '99 per l'anternativa, si presentò senza), piacque ai veronesi.
Le finte degli ecarteurs suscitarono una grande emozione, e l'esibizione inizialmente prevista per questa sola domenica, fu ripetuta cinque giorni più tardi.

Contrariamente alla prima, questa fu annunciata con "la morte del toro" a caratteri cubitali.
Che in realtà non avvenne: Felix Robert, che pure aveva fama di buon stoccatore, non volle rischiare l'ammenda di 100 lire prevista dal codice penale promulgato dal ministro Zanardelli nel 1890.
Nel testo si fa menzione ad una sanzione prevista per coloro che agiscono crudeltà o maltrattamenti nei confronti di animali: non si fà cenno a spettacoli, cruenti o no, ma a scanso di equivoci ed essendo la norma piuttosto suscettibile di interpretazione, il torero non uccise il suo sfidante.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Vraiment Luigi tu bosses dur et bien,perso comprends pas tout ...sinon ta grande aficion.
Ciao
bruno


NB/Tu sais que le petit fils de Félix Robert habite sur Dax

Roberto ha detto...

Vorrei sapere come mai il mio indirizzo di posta elettronica compare su questo blog che non ho creato.
Roberto elpincel