martedì 5 maggio 2009

Viva Las Vegas...

...cantavano, da sotto le lunghe e sciamaniche barbe, gli ZZ Top.

Che c'entra direte voi.
C'entra, c'entra.
Sedetevi, fate un bel respiro profondo e magari bevete un bicchiere d'acqua: la società dal nome ridicolo di Don Bull ha deciso di organizzare una temporada taurina niente meno che a Las Vegas.
Casinò, gintonic e corrida.
Presenti Rivera Ordonez, Javier Conde e El Fandi come era prevedibile, ma non solo: Morante, Juli, Hermoso.

Nella città di luci e plastica, dove l'architettura è sfacciata riproduzione artificiale di luoghi altri, dove tutto è divertimento fine a sé stesso e a prescindere, anche la corrida si conformerà all'innaturalità del luogo: niente suerte suprema, tori uccisi nei corrales ed anzi niente spargimento di sangue.
Come togliere il midollo all'ossobuco.
Corride politically correct, come si dice da quelle parti.

Allecinquedellasera, pur passato lo sconcerto del primo momento, non sa bene cosa pensare.
Da un lato c'è l'istinto di rallegrarsi nel vedere che questo patrimonio immateriale dell'umanità che è la tauromachia trova altre frontiere e seminerà magari nuova aficion.
E d'altronde non è una novità che negli States non sono certo pochi gli aficionados a los toros: quanti californiani, quanti texani attraversano la frontiera per sedersi sui gradini delle arene di Tijuana, o più in giù...
Che sia un primo passo per diffondere la tauromachia in altri paesi, una volta questa sdoganata dai padroni dell'impero?
Magari, perché no.

Poi però c'è che di tutti i posti del mondo da cui poteva partire questa esportazione (ma possiamo e vogliamo, d'altronde, poter esportare la corrida?) della tauromachia...Las Vegas è in assoluto il peggiore.
Non è neanche tanto sapere che i tori non verranno uccisi, suprema (questa sì) aberrazione e riduzione della corrida: in Portogallo, paese di certificate e nobili tradizioni taurine, avviene esattamente lo stesso.
Infatti non ci piacciono le corride portoghesi, dove la dignità del toro è sottozero: piccato, banderillato e poi ipocritamente finito nei corridoi delle plazas de toros, al riparo dai sensibili sguardi del pubblico, al buio e come in un macello qualsiasi.
Tutta la dignità della corrida, tutto il rispetto per il toro vanno a farsi benedire.
Non è tanto questo, insomma, che la critica più dura è semmai per i portoghesi.
E' che è inevitabile pensare ad una operazione di tenore esclusivamente commerciale, secoli di tradizione e storia dati in pasto a rotondi giocatori di blackjack come fosse un rodeo qualsiasi, un'emozione esotica da aggiungere nel pacchetto vacanze proposto dalle agenzie di viaggi alle attempate coppie del midwest.
E poi c'è tutta la questione su cui la Francia, lì sì che sono seri, ha dibattuto per decenni: la nozione di tradizione taurina locale ed ininterrotta, sola possibilità per tollerare la corrida oltre i Pirenei, é norma sensata e logica e che ci convince.
Si uccidono i tori dove c'è consapevolezza dell'atto, dove la tradizione lo permette, dove la tauromachia è patrimonio culturale indivisibile dalla storia degli uomini.
Tutto bypassato, dagli impresari del Nevada.
Don Bull, che razza di nome.

Viva Las Vegas?

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Las Vegas è un posto divertente, una Sodoma e Gomorra disneyana, ma è il posto meno adatto per una tauromachia seria, e solo dei pagliacci come quelli capitanati dal neo medagliato delle Belle Arti possono acettare di esibirsi in quel circo.

Saluti

Marco

Sergio ha detto...

Cari Allecinquedellasera, condivido le perplessità riguardo all'esportazione della corrida in terra disneyana. Vorrei chiedervi, piuttosto, cosa ne pensate di un eventuale ritorno della tauromachia ai propri luoghi di origine, Grecia e Italia.

RONDA ha detto...

Grecia e Italia hanno vissuto epoche in cui i giochi tauromachici erano parte integrante della cultura popolare, ma si parla di secoli o meglio millenni fà.
E soprattutto la tradizione greca ed italiana non era certo quella della corrida spagnola come oggi la conosciamo: si trattava piuttosto di esibizioni circensi nelle arene romane o dei giochi cretesi.

Il bel libro di Giorgio Ponticelli ("La tradition tauromachie en Italie" - ed.UBTF, 1997)ci propone una attento e documentato panorama delle differenti forme di tauromachia e giochi con i tori che sulla penisola sono stati, nei secoli, adottati e praticati.

Tra questi, Ponticelli ci parla anche del tentativo di importare la corrida spagnola: ne abbiamo trattato qui, qui, qui, e infine qui.

Sergio ha detto...

Caro Ronda,
innanzitutto grazie per questo magnifico blog. Pur avendolo scoperto da poco, ne sono un lettore assiduo.
Vorrei proporti ancora un paio di spunti. Innanzitutto non condivido l'idea che i giochi taurini nell'antichità fossero delle semplici esibizioni circensi. Erano spettacoli diversi dalla corrida che conosciamo, ma perfettamente inseriti del tessuto religioso della società greca, per mezzo del Dionisismo e di quella romana, grazie al Mitraismo. In tal senso si discostavano molto anche dagli spettacoli con gladiatori, non essendo questi ultimi inscritti all'interno di celebrazioni rituali. Sull'esportazione della corrida nell'Italia di oggi, non credo che la cultura italiana o almeno quella del Sud Italia sia poco pronta a spettacoli cruenti. Basti pensare al fatto che tutte le rappresentazioni religiose che si svolgono a Napoli hanno per oggetto la morte e il sangue. Per non parlare dei flagellanti, ancora attivi in Campania, Calabria e Sicilia. Ho l'impressione che gli spettacoli descritti dal Ponticelli assomigliassero di più a giochi circensi che a riti taurini. Ma, per fortuna, la corrida non è circo. Ritengo che vada solo ricontestualizzata in una dimensione religiosa-popolare, piuttosto che proporla come surrogato esotico di nani e ballerine.
Perdona la lunghezza e grazie ancora per la competenza e la passione.
Un caro saluto,
Sergio

Anonimo ha detto...

Quello che manca in italia è la cultura del toro, dell'allevamento allo stato bravo, che è la materia prima ed il contesto anche cultirale da cui nasce la tauromachia iberica.
Saluti

Marco