Prevedibile la dinamica pure della seconda giornata di discussione al Parlamento Catalano: posizioni inconciliabili e scarsi tentativi di vero confronto.
Certo per onestà va registrata non solo l'apparente imperbeabilità delle due tesi, quella pro e quella anti, ma un accanmento e un livore nelle parole degli abolizionisti che non solo rendono impossibile qualsiasi tentativo di dialettica, ma pure toccano eccessi di volgarità non accettabili.
Così, i difensori della proposta di legge sull'abolizione delle corride hanno ora paragonato la tauromachia all'infibulazione, alla violenza sulle donne ed arrivando fino a compararla con l'olocausto. Segno forse di una povertà di argomenti, sicuramente di un fanatismo
Impossibile il dialogo, a questo punto, ma pure un dialogo evidentemente non può darsi: difficile credere di poter serenamente discutere ed arrivare ad una sintesi condivisa con chi parte da posizioni tenacemente fanatiche e incrediblimente abolizioniste. Incredibilmente perché, di fatto, chi è contrario alle corride (per ragioni etiche, personali, culturali, tutte assolutamente legittime s'intenda) non si limita ad esprimere il proprio dissenso, no, vuole abolirle tout court.
Davvero la questione, posta così, trascende nel campo ben più vasto della fisionomia democratica di un paese.
Dialogo impossibile dunque, e naturalmente non può essere che così: ma perché non ci siano errate interpretazioni, è giusto dire che se ognuno degli intervenuti a favore della corrida ha ribadito di riuscire a capire chi non ama la corrida e di rispettarne assolutamente la sensibilità e le idee, così al contrario gli abolizionisti semplicemente vogliono farla finita, la corrida è un'esperienza umana che questi non ritengono accettabile sul piano etico e questo è sufficiente per negarne un'identità e un futuro.
Molto apprezzati, giovedì, gli interventi di due francesi: Hervé Schiavetti, sindaco comunista della taurinissima Arles, e Francis Wolff, cattedratico della Sorbona.
Schiavetti ha ricordato lo straordinario patrimonio culturale ed ambientale che la corrida e la tauromachia hanno permesso al sud della Francia di accrescere e conservare.
Nella scia delle parole di Schiavetti, Wolff ha esordito affermando che la corrida è la fiesta del sud dell'Europa, dando così alla tauromachia una dimensione mediterranea che è in effetti quella che più le compete (ah, se in Italia non ci fossimo ancora una volta smarcati...).
Con il ricorso ad argomenti solidi e lucidi circa il rapporto che l'uomo deve instaurare con le differenti categorie di animali con le quali ha a che fare (animali da compagnia, domestici o selvatici), Wolff ha chiosato affermando che la corrida non è una tortura, anzi è l'occasione che l'uomo da al toro per combattere ed esprimere la sua più ancestrale natura.
E pure che se del tutto legittime sono le sensibilità di chi non ama le corse dei tori, arrivare all'idea di imporre il pensiero di una parte abolendo quindi le corride significa attraversare il confine che divide libera espressione delle proprie idee e negazione di quelle altrui, da una parte c'è la democrazia, dall'altra non più.
Chi ha voglia può andarsi a leggere il resoconto di quella giornata.
Che ha suscitato naturalmente reazioni diverse, politiche anche, ed inverventi spesso qualificati sulla stampa nazionale.
Lo stesso Wolff ad esempio, in un mano a mano con il collega filosofo Victor Gomez Pin, approfondisce in questo articolo la prospettiva e le giustificazioni dell'abolizione.
Lucido e impeccabile Antonio Lorca sempre sul Pais: la fiesta deve trovare in sé la forza di giustificarsi e difendersi, e quindi i ganaderos tornino ad allevare toros bravos e non animalucci collaboratori, gli impresari devono creare aficion e non annichilirla, i toreri devono pensare meno agli interessi personali accettando ed anzi imponendo corride vuote e ingiustificabili.
Puer le risposte politiche non sono mancate: di immediato e non casuale contrappunto a Barcellona, Madrid si è affrettata a dichiarare la fiesta Bene di Interesse Culturale, di fatto blindandola da ipotetici futuri attacchi abolizionisti. Valencia e Murcia seguiranno a ruota, e se questo è l'esito del dibattito catalano beh quello degli abolizionisti sarà un capolavoro da ricordare.
Nel bel mezzo di questo lacerante e critico dibattito, sia nella società che nelle istituzioni, un portale specializzato lancia a nove colonne: Temporadon en la Monumental.
Buona notizia, nonostante il clima pesante l'imrpesa di Barcellona ha deciso di tenere la testa alta e di programmare la sua stagione.
Perfetto.
Poi vai a vedere meglio, e leggi che la stagione alla Monumental inizierà con una corrida di Jesulin, El Cordobes e El Fandi.
Roba da Novella 2000.
Ma allora vi meritate di non vederne davvero più di corride a Barcellona.
(foto Ronda - Ceret, francese e catalana)
sabato 6 marzo 2010
Appunti sul dibattito
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2 commenti:
Infatti, se non fosse per la questione di principio e per evitare un effetto domino, non varrebbe la pena di stracciarsi le vesti per difendere la tauromachia a Barcellona.
Comunque, agli antitaurini che comparano la tauromachia con l'olocausto ricorso che Hitler era vegetariano ed animalista. Tanto "amore" per gli animali a volte nasconde insensibilità per la sofferenza umana.
Saluti.
Marco
Una volta di più, il dibattito ha messo in risalto l'insopportabile prepotenza degli antitaurini. Non fossero i fascitelli che sono, avessero un atteggiamente minimamente liberale, si limiterebbero a non andare alla fiesta. E invece no, né loro, né nessun altro. Non vorrei odiare nessuno, ma come si fa a non odiare gente del genere? Come si fa a non odiare la prepotenza?
Adios y suerte,
Francesco
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