La casta è in primo luogo "la razza", la razza pura del toro bravo, che lo differenzia dai bovini suoi consimili addomesticati e quindi mansi.
Non a caso ci sono, anche riconosciute dalla legislazione taurina spagnola, le "caste fondazionali" del toro de lidia: Cabrera, Vazquena, Vistahemosa, Jijona, i Toros de la Tierra, la casta Navarra, ecc.
Casta deriva dal latino "castum", che significa "puro", primitivo, il toro di casta è quindi quanto più simile al toro preistorico, al "bos primigenius" da cui derivano tutti i bovini attuali.
Nel toro de lidia, la casta è quindi il patrimonio genetico dell'animale primitivo, della fiera, per cui la differenza con i mansi è proprio la fierezza, la aggressività e l'istinto primordiale di lottare, di reagire ad ogni minima provocazione, quindi di embestir, il che permette la lidia.
Il toro di casta è dunque, o dovrebbe essere, una fiera aggressiva, poi se le condizioni fisiche glielo consentono questo istinto si traduce in poder (ci sono solo due tipi di tori, quelli che possono e quelli che non possono, diceva Gallito).
La selezione ha depurato questa aggressività, perchè non sempre la casta di per sè è buona per la tauromachia, può derivare in genio (cattivo carattere), quando il toro è offensivo ma reservon, dà colpi di testa e non la abbassa, cerca il corpo dell'uomo, attende a piè fermo il momento di incornare (e qui alcuni parlano del manso con casta).
Quando invece reagisce con franchezza e nobleza si può parlare di bravura, però la selezione ganadera degli ultimi decenni può portare a spingere troppo sulla ricerca di questo elemento di nobleza per degradarla e addolcirla, e qui la casta comincia a perdersi perchè si applica al toro una caratteristica del bue....
Insomma, i ganaderos commerciali, partendo da una base genetica di casta, con l'affanno di produrre tori graditi ai toreri si sono impegnati ad una selezione alla rovescia, cercando di ottenere tori morfologicamente simili, o forse anche più belli, dei loro antenati, ma con un carattere più mansueto, con meno poder, più trattabili e meno pericolosi, e che consentano questo torero moderno del tercer tercio, di infiniti passi di muleta.
Ovviamente ci sono ancora poche ganaderie che in qualche misura hanno cercato di conservare la casta, anche se con adattamento alle esigenze moderne, e quindi si può ancora vedere nella lidia di un toro i sintomi della sua casta.
Questi sintomi di casta sono, nel primo tercio, il modo e le volte con cui va al cavallo, se romanea, se spinge sulla zampe posteriori, se parte da lontano...
In banderillas, il toro con casta insegue il banderillero dopo la reunion e la collocazione dei pali, e non si duole degli stessi, non muggisce e non cerca di scrollarseli di dosso.
Per tutta la lidia, e fino alla morte, il toro con casta tiene la bocca chiusa, generalmente muore nel centro e non en tablas. Non è detto che sia sempre bravo, che embista e che consenta di torearlo, il manso encastado se emplaza e non consente a nessuno di avvicinarsi, oppure diventa pegagoso e non lascia respiro al torero.
Ogni toro ha la sua lidia ed un torero che sa il suo mestiere deve saper risovere anche questi problemi.
Purtroppo la tendenza umana è di eliminare i problemi invece che di risolverli, e così nel corso dei secoli alcune delle caste fondazionali, che poco si prestavano alla comodità, sono state emarginate e si sono estinte (Jijona, toros de la Tierra, quelli di Colmenar) o sono state relegate alla tauromachia popolare (Casta Navarra).
La casta Cabrera rimane nei Miura, della vazquena rimane poco (Prieto de la Cal, Fernando Pereira Palha, e rimane solo ed esclusivamente nella capa jabonera di alcuni Domecq, che non a caso inalbera il ferro di Veragua) il resto è tutto Vistahermosa, più o meno degenerato.
(foto di Laurent Larrieu, Camps y Ruedos - la placita de tienta della ganaderia di Escolar Gil; testo di Marco Coscia, aficionado)
domenica 30 marzo 2008
La casta del toro
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