martedì 24 marzo 2009

Sguardo animale

Domenica sera, di ritorno dal week-end romano con ancora negli occhi la disfatta azzurra al Flaminio e nella pancia gli ottimi bucatini cacio e pepe, a controbilanciare l'esito del fine settimana.
La strada è lunga, non c'è niente da fare, e nei sedili dietro i compagni dormono della grossa.
Su proposta dell'amico Remi, venuto dalle Landes per il match e tutto il resto, sull'autoradio si impone una riuscita raccolta di pasodobles taurini: ça nous fera du bien, dice.
Calle Sierpes, Nerva, Aguero, roba buona.
Inevitabilmente, le parole scivolano presto sulla passione comune.

Un suo aneddoto, in particolare, ha reso più scorrevole il percorso.
La premessa è che con lui all'arena di tanto in tanto va pure il padre: ma non sempre, perché il vecchio è assai selettivo nella selezione delle corride che meritano, a suo dire, di essere viste.
Poche, durante l'anno: Vic, Aignan, qualcosa a Mont de Marsan, ganaderias dure, senza cedimenti.
Per tutta la vita veterinario, serio aficionado, dalle nostre parti e nella mente di chi vede nella corrida nient'altro che sadica violenza questa combinazione fa di lui un inspiegabile ed esecrabile ossimoro vivente.
Mio padre dice che è al macello che ha male ad andare, non alla corrida.
Belle parole, c'è dentro tutto.

La domanda è scontata, ma fortunatamente feconda.
Voglio sapere se un medico degli animali guarda con occhi diversi una corrida.
No, non necessariamente, mi risponde: certo, la debolezza sulle zampe, lo spossamento dopo una picca mal assestata, qualche difetto nella vista, sono segnali che un occhio allenato coglie magari prima degli altri.
Ma poco altro.
Però alla corrida concorso dell'anno scorso, a Vic Fezensac, in effetti era successo qualcosa.
Mi aveva detto una cosa che mi era parsa incredibile.


Una buona corrida, con il gran toro de La Quinta che si aggiudicherà il premio.
Huracan, numero 42, e' un esemplare stupendo, fiero, che sarà completo in tutti e tre gli atti ma che brillerà soprattutto sotto la picca: vincere la concorso di Vic significa essere davvero un animale superiore, forte, bravo.
La gente se ne accorge, riconosce in lui tutto il fondamento della tauromachia, gli tributa un'ovazione enorme.
Vuelta al ruedo.
Due occhi però hanno fissato qualcosa in più, due occhi che per trenta, quarant'anni hanno visto e servito vacche e tori.
Che ne hanno visti nascere a migliaia.
Bastano pochi attimi dall'uscita dal nero del toril.
Remi, quel toro ha già avuto delle vacche
Huracan aveva già coperto delle vacche, prima di quel giorno.
Un dettaglio, una luce negli occhi, la postura fiera, altezzosa, sicura.
L'uragano era già uomo.
Messi gli zoccoli sulla sabbia dell'arena, fissato con lo sguardo tutta la circonferenza delle assi e ogni singola persona sui gradini, quel toro diceva ho i coglioni, io.
E li uso, non ci scherzo come fanno gli altri miei fratelli, che nel verde del campo simulano inutili amplessi e giocano a ingropparsi goffamente.
Sono un toro, un toro fatto.
E il veterinario lo vede con lo sguardo abituato e rotto, lo capisce per i libri mandati a memoria, lo sente con la parte animale di sè.
Ha guardato negli occhi troppe vacche per sbagliarsi.
Huracan è là, le zampe piantate per terra, la testa orgogliosamente alta, sul collo allungato, a sfidare tutto e tutti.
Lui ha guardato la schiena ad una.
Non mi fà paura niente, io sono già uomo.
Dritto, fermo, deciso.
Sono stato sopra a una vacca, ho sentito l'afrore del calore, sono Huracan.
Fissate le cape, uno scatto e poi la corsa dirompente, dritto come un treno per spazzare via ogni cosa.
Lasciate perdere gli altri, sono nient'altro che ragazzini con le corna.

Trionfo della natura, supremazia degli ormoni, superiorità dell'invincibile alchimia dei corpi, corrida di sangue e sperma.
Capita anche ai tori, di diventare uomini


(le foto di Hurracan sono di François Bruschet per CyR, in alto, e di Laurent Larroque)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che bella storia raccontata benissimo!

P.

RONDA ha detto...

Abbiamo romanzato un pò la realtà.