mercoledì 12 marzo 2008

Pamplona, 10 luglio 1947

L'encierro (*) è una delle forme più popolari della tauromachia, è la sfida ostentata dell'uomo, di un uomo qualsiasi, al toro, alle sue corna, alle sue forze
Per le strade del paese, della città, di fronte agli amici, alla donna, al padre o alla madre.
A Pamplona ogni anno, durante la feria di San Fermin (*), si corrono gli encierros più conosciuti al mondo, quelli ripresi anche dai media italiani, quelli più popolati e tragici.

Pamplona, Navarra, 10 luglio 1947.
Fà caldo, molto caldo, il pomeriggio sta volgendo al termine, e l'arena è piena.

Il pubblico quel giorno è meno scatenato del solito, meno festaiolo, meno eccitato.
Il pubblico quel giorno è cupo, isterico, teso.
Furioso addirittura, quando nell'arena esce Semillero.
Semillero è un toro della ganaderia di Uruijo, nero, corna sufficientemente limpide e larghe, e adesso è là, orgoglioso e impertinente in mezzo alla plaza, altero.
Il mattino era ancora giovane, gli eccessi della notte da poco abbandonati, e l'encierro percorreva le strette strade del percorso solito, dai corrales all'arena, che ogni anno da sempre e per sempre a Pamplona segna le albe della feria.
Le strade strette, umide, scivolose.
Semillero correva insieme ai suoi fratelli, altri tori di Urujio destinati alla corrida del pomeriggio, e uomini vestiti di bianco e rosso davanti, uomini vestiti di bianco e rosso ai lati, stesso panorama di dietro.
Semillero, improvvisamente e per meccanica o necessità, perde il contatto con il convoglio, con la corsa obbligata e ordinata, con la linea retta.
E in calle Estafeta è solo, spaventato, elettrico, i reni e le corna l'unica forma di riparo e primitiva difesa.
Casimiro Heredia, pamplonese, in calle Estafeta era nato.
Casimiro Heredia, pamplonese, in calle Estafeta quel 10 luglio del 47 va a morire, il polmone perforato dal corno di Semillero.
Che prosegue, istinto animale, la sua corsa.
Arriva all'arena, entra, di fronte centinaia di corridori esausti ma ancora adrenalinici, entra in quell'arena dove qualche ora più tardi sarà destinato a combattere e morire.
Julian Zabalza, navarrese, incrocerà in quel formicaio, in quell'incredibile e schizofrenico movimento di corpi, le corna di Semillero.
A niente valgono gli aiuti dei compagni di sempre, anche per lui la morte.

Arriva l'ora della corrida, implacabile e giusta.
Il sorteo attribuisce Semillero a Manolete, Manolete il mostro, Manolete la star, Manolete l'idolo di Spagna.
Ma quel giorno, nel cartel, c'è anche un torero navarrese.
Anonimo, inspido forse, mai più famoso.
Ma navarrese.
Julian Marin fa un gesto tanto banale quanto eccezionale, si avvicina a Manolete il mostro e gli chiede un cambio: a me Semillero, a te uno dei miei.
Per vendetta.
Per giustizia.
Per quel silenzio insostenibile dai gradini dell'arena.
Perchè due ragazzi di Navarra sono morti stamattina.
Manolete acconsente, Semillero va a Marin.
E il pubblico, commosso e svuotato, capisce, il pubblico tace davvero, il pubblico segue ogni passo, ogni figura, ogni momento di quel confronto.
Non passerà alla storia nulla di quella faena, di quel combattimento, nulla di artistico, nulla di eccezionale, nulla di indimenticabile, se non che Julian Marin, navarrese, aveva fatto giustizia.
Un torero navarrese di Tudela aveva voluto combattere e uccidere, lui, Semillero.
Ogni altra cosa sarebbe stata sbagliata.
E nella notte che imperiosa si faceva largo, con la festa incrontrollabile nelle strade, Pamplona si sentiva finalmente consolata.

(immagine: Encierro, quadro di Alain Lagorce, pittore e aficionado parigino, amico)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

la città sale che nell'encierro. complimenti, complimenti anche al pittore.

RONDA ha detto...

Bella storia, in effetti: è presa da "Sous le sable des arènes", ed.Timée, 2004.
E' un bel libretto di storie e racconti legati alla corrida: la lettura è consigliata a chi ama leggere del lato più romantico, umano, passionale della tauromachia.
E' appena uscito un secondo volume, che però ancora non conosco.

Anonimo ha detto...

Luigi emozionante sia il racconto che il quadro.Grazie.
Ti leggo sempre.
Dona

RONDA ha detto...

Grazie a te.
Credo metterò altre immagini di quadri di Alain, alcune cose sono davvero belle.

Anonimo ha detto...

Vorrei condividere con te, Gigio la sorpresa che oggi ho avuto sfogliando la gazzetta dello sport. Tra gli sport minori, verso l'ultima pagina, c'era un articoletto con due o tre foto. Mi ha subito attirato. Parlava di El Calabres, un brillante attendente torero che sta completando i suoi studi presso la scuola di tauromachia di Valencia.
Se non fosse che El Calabres è italiano. Il suo nome è un omaggio ai suoi natali calabresi, anche se da qualche anno è emigrato a Valencia per aiutare il padre nel suo lavoro di ristoratore. El Calabres è stato selezionato insieme ad altri due scolari eccellenti della locale scuola taurina per combattere la loro prima tauromachia pubblica (nell'arena di Valencia appunto), una cosiddetta novillada senza picadores dove, vestito di rosso fiammante, El Calabres ha combattuto 2 tori. Ha preso tre cornate El Calabres. Il primo toro l'ha sollevato da terra e gli ha strappato i calzoni mentre la folla ammutoliva. Il pubblico credeva mollasse, ferito.Ai primi combattimenti capita, e invece si è sempre rialzato El Calabres. E' stato beniamino del pubblico, che dai giovani scolari non si attende la perfezione, ma solo un combattimento sincero e leale. El Calabres è piaciuto, nonostante le cornate, nonostante qualche posa mediterranea, come mettersi in ginocchio davanti al toro, col petto a un tiro di corna, invocando la carica. Ha fatto simpatia, ha ucciso il toro e pazienza se il presidente non ha ordinato che tagliassero l'orecchio. Il Calabres è uscito lo stesso tra rose e cappelli, mentre la madre, venuta apposta dall'Italia, si sfogava in un pianto liberatorio. Perchè il coraggio dei figli e la disperazione delle madri. Il giornalista della gazzetta l'ha incontrato dopo la corrida, El Calabres. Scrive che in jeans e anfibi e zainetto sembrava soltanto un ragazzino. Un ragazzino di meno divent'anni che aveva da poco preso tre cornate.
Ma sorrideva lo stesso.

Anonimo ha detto...

"Toros" in un quotidiano sportivo, che sproposito, in Spagna le notizie taurine si pubblicano nelle pagine culturali.

Comunque non preoccupatevi per El Calabres, nelle novilladas sin picadores i novillos hanno le corna arrotondate (per regolamento) e il mestiere si impara a cornate, a questo livello non sono tanto gravi, sono come cadute dalla bici.

Saluti

Marco

tomwa ha detto...

Uhuu, bello il racconto su Pamplona, non lo conoscevo. Io a Pamplona sono nato, taurinamente parlando, e non lo conoscevo. Ma quando arrivai a Pamplona, nel 2000, sapevo del giovane Peter Mattew Tassio, ucciso por asta de toro, qualche anno prima. Nell'encierro che corsi io, da codardo, un altro norteamericano, di nero vestito, ma con faja e panuelo rossi, fu, più prosaicamente, incornato alle terga dal toro di Cebada Gago. O era Adolfo Martìn? Ma io non lo sapevo, mentre correvo, e disgraziatamente i tori mi raggiunsero, e fortunatamente e giustamente non mi ritennero degno di uno sguardo. E quando giunsi nella plaza mi sembrò che tutta la gente applaudisse solo me e mi guardasse mentre vomitavo la paura e la tensione.
Il tuo blog è bellobellissimo. Anche io ti leggerò sempre, come la mia amica Dona, anche se per sempre non c'è niente. Tomwa